La trappola dell’empatia
Quando troppa empatia danneggia chi la prova
Per empatia si intende la capacità dell’individuo di “sentire dentro” comprendendo i diversi stati d’animo e i vissuti altrui, attraverso un atteggiamento intuitivo, autentico e non giudicante.
Da sempre, “la capacità di immedesimarsi nei panni dell’altro” rappresenta una dote preziosa e essenziale per l’istaurarsi di relazioni siginficative.
"La comprensione empatica delle esperienze di altri esseri umani è dote importantissima dell’uomo pari alla capacità degli altri organi di senso come la sua visione, udito, tatto, gusto e olfatto", afferma Heinz Kohut.
Esistono circostanze, però, in cui questa stessa capacità diventa una trappola tanto da farci sentire come in ostaggio dei sentimenti altrui.
Spesso, infatti, ci si dimentica che, per poter comprendere le emozioni altrui, è necessario avere una buona gestione delle proprie emozioni, poiché, quando l’empatia diventa l’unica modalità di relazionarsi con l’altro, il benessere psicologico della persona empatica ne viene impoverito.
L'empatia coinvolge non solo i sentimenti e i pensieri. Per "immedesimarci nei panni degli altri", bisogna trovare un equilibrio tra emozione e pensiero e tra il sé e l'altro.
L'arte dell’empatia, dunque, richiede di prestare attenzione alle esigenze altrui senza sacrificare le proprie e destrezza mentale per entrare in sintonia con l’altro.
Essa invita alla consapevolezza di sé, alla capacità di distinguere i propri sentimenti da quelli degli altri, di accogliere il punto di vista dell’altro e riconoscere le emozioni altrui come le proprie.
Le persone eccessivamente empatiche possono anche perdere la capacità di sapere quello che vogliono o di cui hanno bisogno, riducendo la capacità di prendere decisioni nel proprio interesse e vivendo esperienze di stanchezza fisica e psicologica.
L'empatia senza fine crea vulnerabilità; coloro che danno priorità regolarmente ai sentimenti dell’altro, negando i propri bisogni, spesso sperimentano ansia o depressione di basso livello e vivono un senso di vuoto e di alienazione.
Le radici dell’empatia
L’empatia come capacità di cogliere e gestire l’emozione dell’altro trova le sue radici più profonde nelle relazioni infantili; i bambini molto piccoli piangono in risposta alla sofferenza degli altri e imparano a comprendere e rispondere ai bisogni altrui, confortando o offrendo piccoli aiuti.
Per quanto la capacità empatica sembra che abbia una componente genetica e una base ormonale essa può essere anche appresa, in particolare da parte dei genitori amorevoli che riflettono i sentimenti sui loro figli.
Una corretta educazione emozionale passa attraverso la capacità dei genitori di entrare in risonanza e comprendere i bisogni del bambino identificando e denominando i suoi stati emotivi affinché egli possa gradualmente imparare a riconoscerli, differenziarli e comprenderli.
Ma molto spesso, sin dall’infanzia i bambini sono chiamati regolarmente a ignorare i propri sentimenti al fine di "essere lì per gli altri." Quando ciò si verifica in maniera frequente può essere difficile per loro sviluppare un equilibrato senso di empatia.
Anche la socializzazione può contribuire a uno squilibrio dello sviluppo empatico.
Molte persone sono portate a credere che l'empatia è sempre appropriato per sviluppare relazioni sociali significative, così, pertanto, essa diventa l’unica modalità predefinita di rispondere agli altri, trascurando i propri sentimenti.
Prendiamo in considerazione una condizione estrema, La sindrome di Stoccolma, in cui alcuni ostaggi rapiti, nella fase di salvataggio esprimevano comprensione per le azioni dei rapitori e desiderio di rimanere in contatto con o per servirli.
Purtroppo, nelle relazioni segnate da potere, coloro che si trovano nella posizione più bassa hanno più probabilità di non considerare le proprie esigenze a favore di coloro che hanno una posizione di maggior potere.
Ma come è possibile capire quando si è a rischio di essere intrappolati dall’empatia?
Ecco alcuni segnali dall’ allarme
• Si spende più tempo a considerare e soffermarsi sui sentimenti del proprio partner o degli altri individui a discapito dei propri;
• Ci si concentra maggiormente su ciò che dice l’altra persona a discapito di ciò che si vorrebbe esprimere;
• Non si spende più tempo a cercare di capire perché qualcuno ci ha deluso, ma si decide di comprendere a tutti i costi i sentimenti e le ragioni altrui.
Occorre ricordare che l'empatia richiede intelligenza emotiva ;ossia, quella capacità di riconoscere in maniera consapevole e ragionevole le emozioni altrui, senza farsi assorbire dai sentimenti negativi.
L’abilità di fondo dell’ empatia è la consapevolezza di sé.
È necessario sempre essere pronti a esplorare e soddisfare le proprie esigenze.
Ogni volta che l' empatia si "risveglia", bisogna considerarla come un segnale per accendere i riflettori sui nostri sentimenti e sulle nostre emozioni.
Naturalmente, tale capacità aiuta a coltivare i rapporti con le persone che sono consapevoli dei bisogni degli altri.
Per aiutare a gestire i sentimenti contrastanti che un moto di empatia può creare, si può cambiare il modo di comunicare; se la persona ha empatia per voi, la conversazione può portare ad un collegamento più stretto.
Uno dei modi per permettere all’empatia di farci agire correttamente è quello di convertirla in compassione, ossia, quella capacità di agire comprendendo la sofferenza dell’altro garantendo un aiuto concreto, un sentimento più freddo e razionale, un modo più distaccato di amare e di essere gentili e preoccuparci per gli altri.”
Come ha scritto il comico Jack Handey, prima di criticare qualcuno fatti una passeggiata di un chilometro nei suoi panni, così sarai a un chilometro di distanza e potrai tenerti i suoi panni. Ma se vuoi aiutarlo, forse ti conviene tenerti i tuoi vestiti. Invece di provare il suo dolore, non sarebbe meglio fare qualcosa?
Tratto da Psicology Today
(Traduzione e adattamento a cura della dottoressa Addorisio De Feo Ilaria)
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