WAR DISTRUZIONE AMORE PRIMARIOGuerra è sinonimo di distruzione e morte. Quando c’è la guerra emergono elementi ontogenetici e filogenetici di morte del singolo, del gruppo, della comunità: distruggere per non essere distrutto, annientare per non essere annientato, uccidere per non essere ucciso, combattere per vincere.

Nel mondo animale l’atto di uccidere è funzionale al processo del mantenimento della specie, per l’umano è un aspetto secondario: la guerra è combattuta non per dei bisogni primari come cibo, acqua ma per fattori sociali, etnici, politici culturali e altro.

Le guerre, per gli etologi Irenäus Eibl-Eibesfeldt e Konrad Lorenz, sono delle predisposizioni biologiche innate rispetto alle motivazioni razionali. La guerra, per Eibl-Eibesfeldt, in seguito all'evoluzione culturale e all'aumento dell'integrazione sociale nei nostri antenati pre-umani, è connessa col prevalere della selezione di gruppo sulla selezione individuale. La guerra è l'espressione estrema della concorrenza tra comunità culturali distinte e conduce alla selezione delle culture più forti; è in questo che consiste il suo profilo adattativo come risposta all'esigenza di operare un'allocazione dei beni e dei territori tra le comunità limitrofe. La guerra, per Von Clausewitz, è la continuazione sul piano culturale dell'evoluzione biologica con altri mezzi.La guerra è il prodotto dell'evoluzione culturale, è il rappresentato del conflitto tra gruppi.

Le guerre in atto in Europa e non solo, secondo l’approccio etologico, si possono classificare come guerre territoriali (difesa del territorio): è riduttivo leggere con questa chiave interpretativa quello che sta accadendo tra Russia e Ucraina. La comprensione del perché della guerra richiede un approccio interdisciplinare multiplo: il fenomeno è complesso, articolato e supera la dimensione ontogenetica e filogenetica o il principio della pulsione di morte.

Per Balint, prima della pulsione di morte, c’è quello di vita che origina nell’“amore primario”, che si manifesta nella vita intrauterina e riguarda l’amore passivo, il bisogno cieco e violento di essere amati sempre per tutto quello che si è senza contraccambio. E’ questa richiesta di vita, questo bisogno di vivere, questa sollecitazione primordiale che fa scattare la reazione a difendersi dall’intrusione di parti distruttive. Ad una azione aggressiva corrisponde una reazione di attacco-fuga (Bion) funzionale a proteggere, salvare, sviluppare i propri spazi psichici relazionali.

Balint usa la metafora del pesce nell’acqua per dimostrare che non c’è separazione tra io e ambiente: l’acqua nelle branchie del pesce è parte del pesce. La vita del soggetto è inscindibile dall’ambiente. Tutto ciò che contrasta e aggredisce questa unità (io-ambiente) fa scattare delle reazioni per la sopravvivenza.

Questa dinamica non riguarda soltanto l’io-ambiente ma anche il gruppo-ambiente, il gruppo-comunità. La guerra mette in atto elementi biologi-psichici-ambientali-etnici-politici che si mischiano anche con processi evolutivi e regressivi distruttivi. La parte difensivo-pulsionale distruttiva nella guerra è altra cosa dell’aggressività individuale e/o di gruppo o della violenza urbana, dell’omicida, del killer seriale.

L’atto distruttivo coinvolge l’individuo, il gruppo, la comunità, l’ambiente, l’habitat sociale e le cose: distruggere risponde a un desiderio di potenza e di annientamento simbolico/reale dell’amore primario. L’atto del distruggere coincide con quello di scindere, spezzare, dividere l’individuo, il gruppo, la comunità dagli oggetti rassicurativi, affettivi, vitali e gratificanti.

Gli oggetti, le case, gli spazi sono elementi che compongono la scena primaria dell’io-ambiente. L’individuo, la comunità, l’ambiente, con la distruzione della scena primaria, cadono in uno stato dissolutivo e si sentono esuli disgregati nel proprio habitat. L’atto distruttivo determina la disseminazione di nuclei psicotici.