cipollaNegli ultimi giorni imperversa in rete una significativa citazione di Daniel Pennac: "I nostri studenti [...] non vengono mai soli a scuola. In classe entra una cipolla: svariati strati di magone, paura, preoccupazione, rancore, rabbia, desideri insoddisfatti, rinunce furibonde accumulate su un substrato di passato disonorevole, di presente minaccioso, di futuro precluso. Guardateli, ecco che arrivano, il corpo in divenire e la famiglia nello zaino. La lezione può cominciare solo dopo che hanno posato il fardello e pelato la cipolla. Difficile spiegarlo, ma spesso basta solo uno sguardo, una frase benevola, la parola di un adulto, fiduciosa, chiara ed equilibrata per dissolvere quei magoni, alleviare quegli animi, collocarli in un presente rigorosamente indicativo".

Scrittore e insegnante appassionato Pennac ci invita a riflettere in chiave psicologica i merito ai vissuti degli studenti quando entrano in classe. Uno studente infatti non è mai solo uno studente ma ha una sua storia che lo caratterizza e lo condiziona nel bene e nel male nei confronti della scuola e dell’apprendimento. In questa prospettiva le emozioni che lo accompagnano fanno sì che la scuola più che un luogo di apprendimento sia un luogo di relazioni, che possono aiutare a crescere o essere d’ostacolo a un sereno sviluppo.

In questa prospettiva mi piace citare un proverbio napoletano che diceva  mia nonna che paragona la testa a una cipolla e questo per vari ordini di motivi:

Questo è tanto più vero per gli studenti adolescenti, che vivono le emozioni in maniera forte e senza filtri. Ciò può generare spirali virtuose o perverse ed è il contesto adulto che deve vigilare affinché un disagio passeggero non si trasformi in qualcosa di più strutturato.