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Competenze situate, variabili educative e dimensione europea: sviluppi di un partenariato Erasmus Plus

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Il progetto Erasmus Plus denominato “NewS – New Skills New Schools, Common Standards and Skills in Education”, disamina il concetto di variabili situazionali nello sviluppo delle competenze chiave di cittadinanza, nonché le metodologie curricolari e la loro integrazione in contesti Formali, Non Formali e Informali.

sviluppi di un partenariato Erasmus PlusABSTRACT

Il progetto Erasmus Plus denominato “NewS – New Skills New Schools, Common Standards and Skills in Education”, disamina il concetto di variabili situazionali nello sviluppo delle competenze chiave di cittadinanza, nonché le metodologie curricolari e la loro integrazione in contesti Formali, Non Formali e Informali. Il contributo adotta il benchmarking comparando dati primari (le rilevazioni del progetto) e dati secondari, evidenziando la correlazione tra le peculiarità dei sistemi scolastici nazionali e la rilevanza di specifici indicatori. Evidenzia altresì alcune difficoltà di giudizio sommativo e formativo e propone una traslazione del focus dalla relazione docente/discente al setting educativo quale “luogo in valutazione”, dove le competenze emergono e agiscono.

Keywords: competenze chiave; Erasmus Plus; valutazione scolastica; competenze situate; professionalità docente; partenariati scolastici.

Le competenze emergono dal contesto

Tra i fattori socio-ambientali che concorrono a costruire la resilienza (competenza indispensabile per agire in contesti caratterizzati da profonda instabilità) la scuola ricopre un ruolo primario data la sua funzione prosociale, valoriale e cognitiva. In concordanza con i contenuti del Rapporto della Commissione Europea Ripensare l'istruzione: investire nelle abilità in vista di migliori risultati socioeconomici (Commissione Europea, 2012), il progetto Erasmus Plus denominato NewS-New Skills New Schools, Common Standards and Skills in Education[1] accoglie l’invito, rivolto a tutti gli Stati Membri, di promuovere lo sviluppo di quei fattori individuali e ambientali che radicano le premesse di una futura cittadinanza europea costruita su nuove competenze professionali e di vita. Invero il Rapporto investe di questa responsabilità ogni ordine e grado di scuola, già dall’educazione primaria, delineando una continuità verticale via via più articolata e complessa. Pertanto dalle direttive comunitarie emerge una visione educativa che stimola un’osmosi tra approcci all’insegnamento innovativi e creativi, compiti di realtà, apprendimento esperienziale e scambio continuo tra educazione Formale, Non formale e Informale (Consiglio Europeo, 2000). Il partenariato annovera sette scuole ubicate in Finlandia, Grecia, Italia (capofila e promotore), Lituania, Polonia, Romania e Spagna[2].

Il progetto può offrire un caso studio particolarmente utile in quei paesi (quali l’Italia) dove il tema della valutazione delle competenze evoca scenari ancora incerti. Il contributo raffronta alcune rilevazioni precipue del progetto e dati strutturati afferenti ai sistemi scolastici dei rispettivi paesi, secondo lo standard ISCED[3] dal livello 0 al livello 3, ovvero gli ordini di scuola infanzia, primaria, secondaria di I e II grado, per l’appunto l’arco educativo che rappresenta tutti gli ordini delle scuole nel partenariato. Nel nostro contributo adottiamo il termine “competenza” nell’accezione diffusa dal Parlamento Europeo[4] e maggiormente accettata dalla prassi scolastica, nonostante siano ormai condivise ulteriori enunciazioni (come vedremo più avanti) che ne dilatano l’ampiezza semantica e ontologica.

Il progetto nasce dalla constatazione che l’orientamento empirico attorno alla valutazione delle competenze sia incentrato quasi esclusivamente su due figure:

  1. il discente quale “soggetto valutato” che evolve ed esteriorizza le competenze;
  2. il docente quale “attore della valutazione”.

Nondimeno le proposte di valutazione per la scuola italiana[5] lasciano ancora intravedere tracce di una dicotomia cognitiva interno/esterno, poiché continuano a concepire l’alunno come unità che prima interiorizza e poi agisce (cfr. Lave e Wenger 1991). Di contro riteniamo che il ruolo delle dinamiche ambientali e relazionali non sia adeguatamente considerato nelle proposte valutative.

Può accompagnare il prosieguo delle nostre riflessioni una calzante osservazione di Baldacci (2010, p. 93), che, nelle sue ricerche, analizza molteplici aspetti teoretici dei processi cognitivi e di costruzione della conoscenza:
"Quando si impara qualcosa, supponiamo alcune conoscenze e come usarle in certi compiti, collateralmente si tende ad apprendere il contesto di tale apprendimento. Questo apprendimento del contesto è di livello logico più elevato di quello di quello relativo alle conoscenze."

Gli elementi contestuali sono appunto l’oggetto di confronto e analisi del progetto Erasmus Plus qui descritto. Ricordiamo che accanto alla definizione del Parlamento Europeo, che identifica le competenze come <<una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto[6]>> altre proposte similmente ne rimarcano gli aspetti di <<proprietà emergenti strettamente legate ai contesti>> (Cepollaro, 2008, p. 30) ed enfatizzano la natura di <<processo situato>> (Trinchero 2012, p. 45), pertanto sarà opportuno considerarle <<all’interno di un contesto sociale e temporale>> (Cantoni, 2014, p. 62). Anche la progettazione del curricolo scolastico deve ormai tener conto degli <<apprendimenti conseguiti in contesti formali e non formali>> (Da Re, 2013, p. 27), in quanto le competenze in valutazione <<non possono essere isolate dalle interazioni all’interno delle quali emergono>> (Cepollaro, 2018, p. 50). L’idea delle competenze come frutto di un apprendimento situato[7], inscindibile da una dimensione sociale manifesta nel tempo e nello spazio, sembra non abbia ancora permeato il dibattito europeo, pertanto gli stessi docenti che stanno confrontando i rispettivi ambienti scolastici del partenariato, debbono fare i conti con l’assenza di strumenti valutativi pensati per correlare competenze e situazioni.  Di fatto le consuetudini delle comunità scolastiche sembrano persistere sul binomio dei protagonisti già identificati: docente e discente. In verità riteniamo che oltre alla situabilità sociale, le competenze si pongano in stretta relazione anche al setting educativo, che si costruisce modulando fattori materiali e immateriali, variabili in gradienti di relazione, sostanza, effetto, forma, numero, carattere di originalità e replicabilità; pertanto un approccio epistemologico deve necessariamente circoscriverli. A questo aggiungiamo che una definizione di competenza non è quasi mai un passepartou che consenta di accedere con disinvoltura ad altre dimensioni educative extra-nazionali, al contrario è sempre azzardato de-contestualizzare da circostanze antropologiche, storiche e socio-economiche.

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La Romania è entrata ufficialmente nell’Unione Europea nel 2007, la Lituania nel 2004. La volontà di confrontarsi con due paesi emersi dall’orbita sovietica post-guerra fredda, nasce dal desiderio di comparare sia i rispettivi sistemi scolastici lungo l’asse delle priorità educative comunitarie, sia di distinguere quali effetti sono immediatamente riconducibili alla strategia 2020[8] e quali invece ad una genetica educativa stratificatasi in antecedenti storici diversi dai nostri. I parametri che hanno motivato l’individuazione di due scuole nei paesi succitati ricadono nel benchmarking dei risultati scolastici relativi a Lettura, Matematica e Scienze, (fonte: Eurostat)[9] laddove i due paesi presentano parametri nettamente superiori all’Italia (Romania) e invece poche posizioni più in alto (Lituania), in quest’ultimo caso una situazione prossimale.

Altro fattore che ha guidato la scelta dei partner riguarda i risultati di apprendimento della lingua inglese. Nei gradi d’istruzione obbligatoria compresi tra VI e VIII[10], Romania e Polonia distanziano di molto l’Italia, mentre la Lituania è nuovamente poche posizioni più in alto nei grafici Eurostat[11]. In tutte le graduatorie di valutazione la Finlandia viene invece collocata sempre nelle posizioni più alte, pertanto si palesava, fin dalle prime fasi di costituzione del partenariato, un enorme interesse (da parte di tutti coordinatori partner) nei riguardi delle metodologie scandinave.

Strumenti, obiettivi e indicatori

Ogniqualvolta riduciamo dei concetti complessi, come quello delle competenze, a costrutti didascalici e circostanziati (Da Re 2013, pp. 8-11), allora cominciamo a pensare che quelle entità siano localizzabili, si trovino in un luogo preciso, che siano oggetti, cose, con un peso e una forma (Cepollaro, 2008, p. 64), quindi assoggettabili a metodi di misurazione standardizzati. Piuttosto il substrato delle competenze si stratifica grazie a eventi e situazioni, anche non formali e informali, che accompagnano tutti gli aspetti della vita (cfr. Lave e Wegner 1991). In realtà le competenze sono per loro natura entità sfuggenti in costante divenire, gradienti infinitamente variabili rispetto alle sollecitazioni e alle situazioni hic et nunc, possono essere misurate solo in termini complessivi in quanto rappresentano un concetto che <<non ammette riduzionismi>> (Trinchero 2012, p. 65). Per tali motivi i nostri criteri progettuali si orientano alle competenze quali capacità “situate” e “situabili” in precise condizioni ambientali e sociali, quindi sempre contestualizzate. Questo perché le variabili situazionali si approssimano al carattere di oggettività, ad esempio: la presenza di adeguati supporti informatici, l’ampiezza del gap generazionale docente/discente, l’organizzazione dell’orario scolastico o piuttosto il numero di ore di lingua inglese nel sillabo. Queste dimensioni sono inscrivibili in rapporti di interazione particolari, laddove si identificano le leve utili a stimolare o inibire lo stimolo di determinati atti cognitivi. Pertanto il partenariato ha circoscritto cinque macro-aree di lavoro, ritenute foriere di attività pertinenti agli obiettivi e funzionali agli indicatori adottati:

  • Forma mentis dei docenti, definita dalla relazione in essere tra le esperienze professionali pregresse e l’evoluzione dell’approccio didattico, secondo le raccomandazioni prevalenti (nazionali e comunitarie) per il XXI secolo.
  • Incremento delle capacità gestionali e critiche nel momento di osservazione/valutazione di determinate competenze: sociali e interpersonali, multiculturali, spirito di iniziativa, imparare ad imparare, compiti di realtà, competenze nelle TIC, comunicazione in lingua straniera.
  • Interazione di tutte le risorse disponibili (interne ed esterne alla scuola) cui ci si può affidare per ri-progettare il processo di insegnamento/apprendimento.
  • Coinvolgimento, consapevolezza e interazione della comunità scolastica e di tutti i portatori di interesse: famiglie, docenti, discenti, partner extra-curricolari, autorità locali, Ministeri.
  • Ampiezza del gap tra i diversi sistemi educativi nazionali e un "modello europeo ideale" condiviso tra i partner.

Il principale strumento di valutazione è il SAT-School Assessment Tool[12], ovvero una matrice di 168 indicatori descrittivi, opportunamente creata per monitorare l’evoluzione dei contesti scolastici[13]. Il SAT non rappresenta uno strumento per valutare le competenze individuali, piuttosto è finalizzato a misurare quanto un ambiente educativo sia idoneo a catalizzare particolari sequenze cognitive. L’idea del SAT è nata non solo per parametrare fattori educativi e contestuali, invero si propone anche come innesco per dibattiti e discussioni rispetto la potenziale interdipendenza (aree di contatto) tra gli ambiti Non Formali e Informali all’interno dei contesti Formali (scuola pubblica).

Un elemento che viene vagliato con frequenza nell’analisi dei fattori ambientali è la figura del docente in qualità di orientatore delle variabili situazionali e non come mero “somministratore” di valutazione. Di volta in volta viene chiamato in causa (come vedremo più avanti) come promotore di una coscienza europea, utente e facilitatore di strumenti TIC, fautore di raccordi intra-, trans- e multi-disciplinari, sostenitore di approcci multiculturali e portatore di innovazione. Pertanto abbiamo da subito enucleato due aspetti che riteniamo siano funzionali a un successivo confronto con altri indici qualitativi:

  1. la carriera docente;
  2. la valutazione in servizio.

Verosimilmente le opportunità di avanzamento di carriera a disposizione dei docenti, sia in termini di funzioni sia in fatto di esperienze e responsabilità, potrebbero rappresentare una robusta leva motivazionale in un ambiente socio-educativo (quello italiano) in perenne mutamento normativo ma che non vede rivalutato con altrettanta ciclicità il trattamento economico. La valutazione, in molti paesi con struttura di carriera multilivello, è orientata a fini determinati, come ad esempio fornire feedback agli stessi insegnanti o decidere su un’eventuale promozione e progressione salariale, mentre notiamo che non viene adottata sistematicamente per esaminare i bisogni di sviluppo professionale. È sempre aperto il dibattito, in Italia, circa il decentramento dell’analisi dei bisogni professionali, ovvero se tale istanza sia più compatibile con i poteri pubblici locali. Questo consentirebbe di tessere una continuità (in autonomia) tra percorsi di studio/formazione e successiva abilitazione in armonia con le vocazioni territoriali (Cocconi, 2015, p. 657) e anche il presente contributo sembra doversi inclinare verso questa ipotesi, al termine dell’analisi.

TABELLA 1. Struttura della carriera dei docenti e regime di valutazione nei 7 paesi del partenariato, (fonte: nostra elaborazione dei dati esposti da Commissione europea/EACEA/Eurydice 2018)

Indicatori estrapolati dalle analisi Eurydice[14]

FI

GR

IT

LT

PL

RO

ES

Struttura di carriera gerarchica (multilivello)[15]

     

 

Struttura di carriera piatta (livello singolo)[16]

     

Tutti gli insegnanti sono valutati in servizio[17]

   

Solo alcuni insegnanti sono valutati in servizio[18]

   

       

Nessuna valutazione degli insegnanti in servizio[19]

 

         

E’ d’uopo ricordare che in Italia i criteri utilizzati per la valorizzazione del merito dei docenti sono suggeriti dalle linee guida come base di riferimento e riguardano le seguenti aree:

  • qualità dell’insegnamento (innovazione didattica e metodologica, inclusione e accoglienza, successo formativo e scolastico degli studenti, attuazione del progetto Trentino Trilingue, collaborazione alla ricerca didattica, documentazione e diffusione delle buone pratiche, flessibilità oraria);
  • positivo assolvimento delle responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico;
  • attività di sviluppo professionale.

L’autonomia scolastica emerge nella misura in cui il dirigente determinerà il peso degli indicatori, con attenzione allo sviluppo dell’offerta formativa e agli obiettivi di miglioramento della propria istituzione scolastica[20]. Ne consegue che gli indicatori qualitativi del merito docente saranno una proiezione della vision dell’ecosistema Scuola di cui sono portatori il Dirigente e il Comitato per la valutazione.

Meglio valutare le competenze o i contesti?

La prima sfida da affrontare è stata quella di osservare i diversi tentativi di valutare quelle competenze che mai prima di allora (nei rispettivi Istituti) erano rientrate nella valutazione formativa di routine. Dopo un consulto i partner hanno deciso di raggruppare due ambiti in un primo esperimento valutativo: competenze sociali-interpersonali e spirito di iniziativa. Si è ritenuto infatti che questi aspetti fossero ben osservabili durante lavori di gruppo, piccoli progetti realizzati nell’ambito di varie discipline, compiti da svolgere in orario non curriculare ovvero quando gli alunni possono incontrarsi in orario extrascolastico (ambito non formale e informale). Sono state adottate griglie di valutazione per rilevare risposte comportamentali pre-definite e assegnarvi un valore funzionale all’efficacia della competenza osservata[21]. E’ stato disorientante, per una forma mentis tradizionale, identificare gli alunni che raggiungevano obiettivi soddisfacenti nell’attività didattica (quindi con votazione positiva) ma non ottenevano un identico risultato nelle competenze valutate. In altre parole, si tratta dei casi in cui un alunno didatticamente “bravo” manifestava, ad esempio, scarse competenze interpersonali o assenza di spirito di iniziativa e, vice versa, un alunno didatticamente “debole” esprimeva spiccate competenze sociali che gli consentivano, ad esempio, di coordinare un gruppo di pari con autorevolezza e disinvoltura. L’ipotesi di far confluire questi punti di forza e di debolezza in un portfolio dell’alunno, che lo accompagni fino all’uscita dal ciclo scolastico obbligatorio, consentirebbe un ampliamento dell’approccio educativo tale da travalicare il mero feedback disciplinare, a beneficio di un approccio “olistico” che includa aspetti Non Formali e Informali. L’attuale dibattito all’interno del partenariato verte sull’approccio riduzionistico del portfolio, che potrebbe rivelarsi un mero strumento informativo da tramandare ai successivi ordini di scuola. Nel contesto italiano tutto si ridurrebbe ad una versione reinterpretata e ampliata del “Modello di Certificazione delle Competenze”[22]. Esattamente in quel punto riconosciamo un limite che il progetto intente travalicare e sfidare, pertanto questa linea epistemologica è particolarmente insidiosa.

Anche i casi di osservazione/valutazione orientati al contesto e al setting sono numerosi, ci limiteremo a descrivere uno dei più rappresentativi, perché veicola aspetti di comunicazione, multiculturalità e compiti di realtà, insomma esprime il carattere europeo e cross-curricolare del progetto. L’introduzione emotiva al contesto è iniziata a dicembre 2018 e ha previsto due fasi distinte:

  1. ogni partner ha allestito un “albero di Natale Erasmus+” addobbato con decorazioni create dalle altre scuole partner;
  2. è stato calendarizzato una evento in videochiamata Skype con più scuole partner connesse contemporaneamente, per condividere canti tradizionali, auguri e presentazioni in lingua inglese[23].

Pertanto alcuni gruppi classe di I e II media (con la supervisione dei rispettivi docenti di Arte e Immagine) hanno creato degli elaborati artistici destinati agli alberi di Natale dei sei partner stranieri (compito di realtà). Nelle settimane che precedevano l’inizio delle vacanze natalizie, ogni partner ha spedito, a mezzo posta prioritaria o corriere, il pacco contenente le proprie decorazioni e biglietti augurali (con messaggi in lingua inglese degli stessi ragazzi) ad ognuno dei rispettivi sei partner. Lo scambio degli addobbi ha alimentato l’attesa di incontrare in videosessione gli alunni autori dei manufatti ricevuti.

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L’esperienza di videochiamata rappresenta un vissuto multiculturale verso cui gli alunni hanno sempre mostrato grandissimo interesse. L’evento natalizio in multipresenza ha giustificato a priori l’abbandono delle schede di valutazione individuale per favorire il fluire spontaneo dell’evento di gruppo, vissuto quale “primato dell’esperienza”. L’evento ha visto cinque scuole del partenariato collegarsi simultaneamente per scambiarsi performance canore e musicali, presentazioni in lingua inglese e auguri (gruppi classe compresi tra 3° e 8° grado di Finlandia, Grecia, Italia, Polonia, Romania). Alcune scuole partner avevano pianificato l’avvicendamento di gruppi-classe di grado diverso, altre avevano optato per raggruppare più gruppi-classe nello spazio scolastico meglio connesso. L’esperienza ha consentito agli alunni di trasmettere, in tempo reale, un evento di routine (i canti natalizi e gli auguri) in una dimensione internazionale. Tra i vari contributi, quello della scuola primaria greca è degno di nota, in quanto gli alunni (appartenenti a gruppi classe diversi) avevano imparato un canto natalizio tradizionale degli altri paesi in ognuna delle rispettiva sei lingue, lasciando tutti i partecipanti visibilmente sorpresi. Si vuole riportare questo contesto in particolare poiché, come dichiarato in precedenza, i docenti avevano deciso di non valutare il coinvolgimento dei singoli alunni tramite l’azione di specifiche competenze (sociali, spirito di iniziativa, multiculturalità, lingue straniere), al contrario l’osservazione era posta sull’evento-ambiente che intrecciava e connetteva l’esperienza individuale e collettiva. Erano sotto osservazione alcune dinamiche di gruppo quali il contesto d’uso della lingua inglese, il continuum dell’atto espressivo e comunicativo, il suo co-testo, le situazioni socio-culturali (aspetto informale) entro le quali si innestava l’esperienza (background, status e ruolo degli interlocutori, informalità della comunicazione, ecc.), la facilità di accesso ad ambienti connessi (che variava moltissimo tra gli Istituti coinvolti) e, soprattutto, il coinvolgimento emotivo degli alunni (elevatissimo). Ne è scaturita un’ulteriore scheda di valutazione (in via sperimentale) appositamente creata per assegnare un valore agli elementi che caratterizzano il setting di una videosessione con uno o più partner stranieri.

Risultati della prima valutazione scolastica comparata

Tornando al principale strumento di rilevamento, il S.A.T. School Assessment Tool, le fasce di avanzamento degli indici progettuali sono così suddivise:

  • DEVELOPING (-): il parametro è ancora troppo debole, l’ambiente scolastico ha bisogno di maggiori input e strategie per avviare uno sviluppo condiviso.
  • BUILDING (+): la dimensione è in via di consolidamento, già si ravvisa una presenza tangibile e condivisa nell’ambiente scolastico.
  • SUSTAINING (++): la dimensione è diffusa e radicata, è già parte della routine scolastica.
  • DON’T KNOW (¿?): non è stato possibile rilevare la dimensione in modo soddisfacente.

Tabella 2. Risultati della prima rilevazione progettuale tramite la matrice SAT, all’avvio del progetto.

DIMENSIONI DEL S.A.T.

FI

GR

IT

LT

PL

RO

ES

1/Forma mentis dei docenti circa il ruolo che rivestono per promuovere una coscienza europea

(+)

(++)

(-)

(+)

(+)

(-)

(-)

2/Flessibilità del curricolo scolastico in correlazione alle competenze richieste dal contesto comunitario

(+)

(++)

(-)

(+)

(+)

(-)

(-)

3/Competenze sociali e interpersonali degli alunni

(+)

(+)

(+)

(+)

(+)

(+)

(+)

4/Comunicazione in una o più lingue straniere comunitarie

(-)

(¿?)

(+)

(+)

(+)

(+)

(+)

5/Competenze multiculturali degli alunni

(-)

(+)

(+)

(-)

(-)

(-)

(++)

6/Competenze TIC dei docenti

(++)

(+)

(-)

(++)

(++)

(-)

(+)

7/Competenze TIC degli studenti

(+)

(¿?)

(+)

(++)

(++)

(+)

(+)

8/Attitudine imparare ad imparare

(+)

(-)

(-)

(-)

(-)

(-)

(+)

9/Spirito di iniziativa e imprenditorialità

(+)

(+)

(+)

(+)

(+)

(-)

(-)

10/Compiti di realtà

(+)

(+)

(+)

(+)

(+)

(-)

(+)

11/Introduzione di metodologie innovative (CLIL, Coding, Flipped Classroom…)

(++)

(-)

(+)

(+)

(+)

(-)

(-)

12/Inclusione delle categorie svantaggiate

(++)

(-)

(++)

(++)

(++)

(+)

(++)

13/Uso di molteplici canali di comunicazione per cercare e condividere informazioni

(++)

(-)

(+)

(+)

(+)

(-)

(+)

14/Coinvolgimento della comunità scolastica e degli altri stakeholder

(++)

(-)

(++)

(++)

(+)

(-)

(+)

 

Le sfumature inerenti i 164 indicatori (16 per ognuna delle 14 dimensioni) necessitato di una trattazione più approfondita di quella che stiamo qui articolando, nondimeno possiamo fare del benchmarking comparando in particolare le cinque aree che spiccano per il bisogno di essere “potenziate”. Se raggruppiamo le scuole seguendo la rilevanza del parametro Developing, ovvero la dimensione di partenza laddove le comunità scolastiche hanno rilevato una distanza ancora eccessiva dagli obiettivi proposti, spiccano: (1) forma mentis europea dei docenti; (2) flessibilità del curricolo; (5) competenze multiculturali degli alunni; (8) imparare ad imparare. Intanto colpisce le simmetria del rilevamento rispetto alle dimensioni 1 e 2, di Italia, Romania e Spagna; mentre il parametro 5 restituisce una situazione già nota, ovvero bassa propensione al multiculturalismo di aree geografiche (Finlandia, Lituania e Polonia) dove la presenza di alunni stranieri nel tessuto sociale è ancora numericamente bassa[24], soprattutto nei casi in cui l’ubicazione territoriale delle scuole è lontana da grandi centri urbani[25]. Invece la dimensione numero 8, imparare ad imparare, che spicca con ben cinque istituti lontani dagli obiettivi progettuali, crediamo meriti un approfondimento in quanto genera molte perplessità.

Imparare ad imparare

Il Parlamento Europeo identifica “imparare ad imparare” innanzi tutto come una metacompetenza, in quanto comprende <<la consapevolezza del proprio processo di apprendimento[26]>>. Si tratta indubbiamente di un atteggiamento cognitivo auto-cosciente in cui convivono e agiscono più abilità e competenze acquisite in precedenza. Ancora il Parlamento Europeo circoscrive lettura, scrittura, calcolo e uso delle TIC nel gruppo delle abilità di base senza le quali non è possibile <<acquisire, procurarsi, elaborare e assimilare nuove conoscenze e abilità[27]>>, inoltre vengono menzionate anche due soft skill quali motivazione e fiducia a completare il corredo necessario a gestire una consapevolezza metacognitiva.

Abbiamo motivi di ritenere che la nebulosità evocata da questa competenza/metacompetenza dipenda da molti fattori legati, soprattutto nei gradi della scuola secondaria, al numero di ore ripartite tra le singole discipline e dal fatto che la metacognizione, sebbene sia un tema onnipresente nella formazione docente, non si concretizzi fattivamente nell’azione didattica in aula. Una percezione condivisa tra i partner è quella di un orario curricolare insufficiente a introdurre con regolarità processi di auto-valutazione e stimolare riflessioni sull’apprendimento[28]. Occorre attuare particolari strategie per rendere manifesti i processi cognitivi profondi del discente, il suo monologo cognitivo interiore (Baldacci 2010, p. 108). Affinché un docente possa approfondire le strategie di apprendimento adottate da tutti i suoi alunni, sono richiesti innanzi tutto tempi medio-lunghi e soprattutto un rapporto numerico docente/discente ragionevole[29]. Le formule affini all’apprendistato cognitivo non sono attuabili in un contesto, come quello dell’istruzione secondaria, che esprime il proprio ruolo formativo attraverso la diversificazione disciplinare ripartita tra più docenti.

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Stiamo parlando, nello specifico, di sviluppare un’auto-consapevolezza circa i meccanismi profondi che si attivano per sintetizzare informazioni, attivare processi di inferenza, costruire grafici e tabelle, diversificare gli strumenti di consultazione e utilizzarli al meglio, collegare concetti, rielaborare, formulare ipotesi (Da Re, 2013). Nella scuola secondaria italiana di I e II grado le strategie di apprendimento si frammentano all’occhio dell’osservatore per distribuirsi secondo le specificità richieste da ogni docente, e solo i momenti di confronto collegiale consentono di ri-assemblare le diagnosi cognitive provenienti dai percorsi delle diverse discipline. Da questo punto di vista, i gradi d’istruzione che ricadono nella scuola d’infanzia e primaria generano consuetudini cognitivo-relazionali (tra insegnante e alunno) fondate su un continuum quotidiano e meno parcellizzato, verosimilmente più favorevole a esplorare le peculiarità cognitive di ogni singolo alunno.

Erasmus o non Erasmus? Questo è il problema

Vogliamo cogliere ulteriori spunti di riflessione dai risultati precedentemente esposti circa le dimensioni 1 e 2 della matrice del SAT (Tabella 2). Se rileviamo la popolarità del programma Erasmus Plus nel settore istruzione, i dati ci restituiscono un quadro che sembra, al principio, destabilizzare l’impostazione della nostra ricerca. Infatti Italia, Romania e Spagna, emergono per l’elevato numero di progetti approvati nel settore scolastico. Il programma Erasmus Plus venne avviato nel 1987. Vale la pena ricostruire la cronologia di adesione dei paesi del nostro partenariato:

Tabella 3. Anno di adesione al Programma Erasmus Plus dei rispettivi paesi membri del partenariato[30].

Anno di adesione

FI

EL

IT

LT

PL

RO

ES

1992

1987

1987

1999

1998

1998

1987

Contiamo tre paesi che hanno aderito al programma nello stesso anno della sua nascita ufficiale (17 giugno 1987), mentre la Romania, per note vicende storico-politiche, si aggiunge quasi un decennio dopo. Ebbene, nonostante il ritardo, il sistema educativo rumeno sembra aver metabolizzato con stupefacente rapidità le opportunità offerte del programma comunitario.

Tabella 4. Numero di progetti Erasmus Plus approvati nel settore scolastico e della formazione, nel triennio 2015-2017. (Fonte: elaborazione personale dei dati estrapolati dalle proiezioni della Commissione europea)[31]

Anno 2015 - Cooperation projects

FI

GR

IT

LT

PL

RO

ES

N° di Istituti scolastici coinvolti

91

105

364

109

339

218

558

Progetti del settore Istruzione

19

14

52

19

69

34

111

 

Anno 2016 - Cooperation projects

FIN

GR

I

LT

PL

RO

SPA

N° di Istituti scolastici coinvolti

105

128

408

97

437

244

631

Progetti del settore Istruzione

23

19

70

16

88

39

127

 

Anno 2017 - Cooperation projects

FIN

GR

I

LT

PL

RO

SPA

N° di Istituti scolastici coinvolti

139

197

619

120

538

311

755

Progetti del settore Istruzione

29

35

101

21

112

55

152

Potremmo chiederci come sia possibile dunque che i docenti in questi paesi facciano fatica a plasmare una visione didattica Europe-oriented. Se ci rivolgiamo all’Italia e interroghiamo i report relativi ai progetti approvati, per poi confrontare il numero delle scuole coinvolte con il numero degli istituti presenti sul territorio nazionale, otteniamo un bilancio con un attivo in crescita.

Tabella 5. Numero di istituti scolastici pubblici coinvolti in progetti Erasmus Plus.

Anno 2015 - Cooperation projects

 

N° di Istituti scolastici coinvolti

364

N° di scuole sul territorio nazionale[32]

8509

% delle scuole coinvolte in partenariati

4.2%

 

 

Anno 2016 - Cooperation projects

 

N° di Istituti scolastici coinvolti

408

N° di scuole sul territorio nazionale[33]

8281

% delle scuole coinvolte in partenariati

4.9%

 

 

Anno 2017 - Cooperation projects

 

N° di Istituti scolastici coinvolti

619

N° di scuole sul territorio nazionale[34]

8348

% delle scuole coinvolte in partenariati

7.4%

Nel triennio esaminato, ogni 100 scuole italiane circa 5 (media 5.5%) hanno partecipato a un partenariato Erasmus Plus[35], la percentuale è in costante aumento, segno che l’interesse verso la dimensione transnazionale è vivo e diffuso. Diversamente se agganciamo il quesito alla dimensione numero 2 del SAT (Tabella 1), relativa alla flessibilità curricolare, potremmo avviare una riflessione su ulteriori difficoltà non sempre ufficializzate. Infatti i docenti riscontrano delle criticità nel calare la “dimensione europea” nella loro routine didattica, a causa di un sillabo non sempre agile e troppo legato a priorità formative calate dall’alto. Se la vision didattica si concretizza nell’azione educativa, nella selezione dei temi e nella cadenza delle tappe cognitive, accade che un autonomia didattica conservatrice non generi alcuna ri-modellazione del proprio ruolo e dell’immagine professionale. A questo punto si è tentati di mettere in relazione una forma mentis ancora conservatrice con le prospettive “piatte” di carriera (Tabella 1) ma per l’appunto stride, con questa idea, la presenza di ben quattro Istituti provenienti da contesti professionali dove la progressione di carriera piatta forse non invoglia (né apparentemente consente) di sperimentare out-of-the-box. Ed ecco rivelarsi una chiave di lettura inaspettata della progettualità europea legata alla scuola, infatti, nel nostro caso, quest’attività sembra rivestire la funzione di un enzima che attiva una vera e propria “speciazione professionale”. Dopo tutto,  i docenti attivamente coinvolti in uno o più Erasmus Plus, oltre a vivere esperienze didattiche, motivazionali e umane irripetibili, divengono un valore aggiunto per il proprio Istituto, per gli alunni e per la comunità tutta. Insomma la progettualità europea consente di esplorare vocazioni e interessi altrimenti preclusi in un orizzonte professionale nettamente circoscritto e, per alcuni docenti, poco sfidante.

Una trattazione separata meriterebbe l’uso della popolare piattaforma eTwinning[36], il cui uso in continua espansione, consente di attuare uno scambio di buone pratiche con agilità e flessibilità, senza avviare complesse progettualità d’Istituto come quelle di un Erasmus Plus. Nondimeno la diffusione di questa piattaforma è indissolubilmente legata all’adeguamento digitale dell’ecosistema scolastico italiano e, soprattutto, alle competenze digitali dei docenti (cfr. Tabella 2), infatti la diffusione delle LIM e la facilità di attuare approcci basati sulle TIC non si riverberano ipso facto sulla proliferazione della didattica digitale e multimediale.

In Europa i docenti riscontrano criticità nel valutare le competenze transdisciplinari e uno dei fattori di successo di eTwinning è legato anche all’opportunità di adottarlo per diversificare i parametri valutativi[37]. Il presente partenariato ritiene che un progetto sviluppato sulla piattaforma contribuisca a creare un’estensione dello spazio scolastico (aula) e che possa anche espandere la percezione del continuum cognitivo (tempi e dinamiche di blended education). In altre parole, eTwinning è un elemento significativo per ampliare l’ambiente e le variabili educative qui analizzate. A questo scopo il progetto ha calendarizzato, come topic dell’ultimo semestre, una convergenza di tutti i partner sull’uso condiviso della piattaforma, attraverso scambi di unità didattiche brevi, gemellaggi di gruppi-classe e di singole discipline (lingua inglese, scienze, geografia), scambi di tematiche transdisciplinari (ecologia, educazione civica, memoria storica e European Heritage). Inoltre il team di coordinatori si proporrà anche come gruppo-tutor in webinar e live event per disseminare e confrontare le idee legate alla matrice del SAT e alla necessità di situare le competenze.

Il Ruolo dei docenti di lingua straniera

Un dato ambientale degno di nota è rappresentato dal profilo dei docenti che hanno assunto il ruolo e la responsabilità di coordinamento, ovvero un coordinatore capofila e sei coordinatori partner. Il numero reale dei docenti coinvolti nel coordinamento in realtà sale a nove, se consideriamo che nella scuola spagnola il coordinamento è condiviso in modo continuativo tra due docenti, e nella scuola finlandese troviamo la stessa situazione. Come mostra l’Interim Report[38] del progetto, di questi nove docenti ben sei sono insegnanti curricolari di lingue straniere (cinque di inglese e uno di seconda lingua comunitaria) e tutti assunti a tempo indeterminato (secondo le rispettive normative nazionali).

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La prevalenza dei docenti di lingua straniera, in qualità di promotori delle tematiche europee e degli scambi di buone pratiche, ne consolida il ruolo nodale nella capillarizzazione di progettualità legate al programma Erasmus Plus. Infatti tra le competenze imprescindibili per gestire le dinamiche di un progetto siffatto, emerge la rilevanza di un’efficace comunicazione in lingua inglese, soprattutto necessaria durante le mobilità formative (Teacher Training)[39]. Gli stessi docenti-coordinatori assurgono al compito di veicolare gli obiettivi progettuali all’interno della propria comunità scolastica dinamizzando e motivando i gruppi di lavoro, pertanto manifestano spiccate competenze relazionali, di mediazione e di leadership, doti spesso intrinseche all’afferenza disciplinare. Sempre l’Interim Report indica, tra le motivazioni che spingono i rispettivi coordinatori a cercare contatti di partenariato Erasmus Plus, il desiderio di confrontarsi con realtà extranazionali al fine di ampliare i propri orizzonti professionali e personali, nonché di rivisitare i propri approcci educativi. Abbiamo rilevato altresì una netta consapevolezza in merito alle innovazioni metodologiche di cui i propri Istituti hanno bisogno per meglio affrontare le nuove sfide educative, accanto a una coscienza critica (non sempre indulgente) nei confronti dei rispettivi sistemi d’istruzione nazionali.

Conclusioni

I dati che emergono da questo partenariato Erasmus Plus stanno talvolta ri-confermando alcune rilevazioni già diffuse su più ampia scala, talaltra inducono a pensare che un atteggiamento troppo ottimista, da parte delle agenzie educative, celebri gli incrementi valoriali di qualche punto percentuale come un surrogato di incompiute mediazioni ministeriali e normative. Pertanto ricapitoliamo i dati principali che abbiamo voluto evidenziare e in particolare relativi all’Italia:

  • carriera dei docenti “piatta” ma che riscatta una nuova vision di Scuola grazie ai progetti europei;
  • crescente percentuale di istituti coinvolti in partenariati Erasmus Plus;
  • valutazione in servizio decentralizzata e quindi soggetta al rischio di personalismo (Tabella 1);
  • simmetrie nella matrice SAT riconducibili a similitudini dei sistemi d’istruzione nazionali (Tabella 2);
  • modelli di aggiornamento professionale top-down, rigidamente normalizzati e chiusi alle opportunità della open education;
  • scarsità di specifiche linee formative strutturate nell’area dell’internazionalizzazione scolastica[40].

Quello che emerge, oltre al confronto sul terreno della valutazione, è un corpo docente europeo in grado di esprimere eccezionali capacità progettuali, che sta metabolizzando il confronto transnazionale come un “attributo naturale” della carriera docente. Di contro è tangibile, nelle realtà nazionali del partenariato, la mancanza di una forte autonomia organizzativa legata al territorio. Tranne il caso di Finlandia e Lituania, in cui l’autonomia territoriale e scolastica è nettamente delineata (Commissione europea/EACEA/Eurydice, 2018, p. 57, 59, 87) negli altri paesi la trasmissione top-down è una costante. Non è un caso che i due paesi citati siano quelli che raggiungono nell’analisi del SAT l’indice Sustaining con maggiore frequenza (Tabella 2), segno che insinua una correlazione tra il controllo decentrato e il raggiungimento degli obiettivi comunitari. Un paradosso che sembra indicare nelle autonomie locali le leve per equilibrare l’attuazione dei parametri europei. A questo proposito l’autonomia scolastica in Italia non ha ancora tradotto in prassi diffusa i propositi del legislatore[41], semmai spostando l’obiettivo sul setting educativo si profila un dubbio, ovvero che alcune difficoltà all’interno dei nostri ambienti scolastici scaturiscano direttamente da malformazioni strutturali, piuttosto che dal fattore umano.

Circa la valutazione sommativa e formativa delle competenze, le proposte maggiormente attuate al momento in Italia, per l’educazione primaria e secondaria di primo grado, prevedono una certificazione alla fine dei rispettivi cicli, ovvero 5° e 8° grado. I tentativi di affiancare la normale routine scolastica alla valutazione delle competenze, implicano un ventaglio di aspetti che, se ri-modulati in funzione degli obiettivi valutativi, rivoluzionerebbero il contesto e l’ambiente educativo fino a trasformarlo in qualcosa di totalmente inedito (e forse utopico). Elenchiamo di seguito alcuni ambiti che riteniamo dovrebbero essere riformati.

  • Una nuova vision che ri-pensi i percorsi educativi al fine di integrare la maturazione delle competenze all’interno di cicli d’istruzione fondati su una relazione docente/discente meno parcellizzata[42].
  • Una valutazione più approfondita del background dei discenti (anche non formale e informale),  in relazione ai percorsi esperienziali e cognitivi antecedenti (verticalità olistica) al fine di proporre rotte formative personalizzate e più motivanti. Tale opportunità viene sabotata ordinariamente per il rapporto numerico docenti/alunni, soprattutto nell’istruzione secondaria inferiore, dove la frammentazione disciplinare si riflette in una frammentazione relazionale.  
  • Necessità di una maggiore conoscenza e comprensione dell’evoluzione educativa in atto nell’area comunitaria. Basti citare il ruolo che la progettazione europea ha acquisito negli ultimi anni per l’internazionalizzazione della Scuola e, di contro, la speculare (cronica) carenza di iniziative formative pertinenti all’interno dell’offerta di aggiornamento accreditato.
  • Riconoscimento di eventi di formazione “alternativi” e ri-qualificanti, anche non immediatamente correlati all’aggiornamento accreditato. Una tale ipotesi cozza con il PNF (Legge 107/15) e più in generale con la normativa che sancisce ipso facto la iper-specializzazione della classe docente, obbligata a frequentare esclusivamente corsi su pertinenze e aree tematiche riconosciute ai fini dell’aggiornamento. Tutto ciò che non ricade nell’area accreditata non è cumulativo per la carriera docente (obblighi di aggiornamento e/o punteggio in graduatorie), in quanto i dispositivi normativi italiani non contemplano le dinamiche della open education.
  • Una generale maggiore consapevolezza delle interazioni cognitive tra educazione formale, non formale e informale.

Riteniamo che il legislatore non stia adeguatamente raccogliendo i segnali provenienti dalla progettualità Erasmus Plus del settore scolastico. Oltre alle periodiche analisi, doverose, dell’INDIRE[43], non rileviamo una traslazione di quei risultati in nuove strategie ministeriali ad hoc per valorizzare le dinamiche di internazionalizzazione della professionalità docente. Già abbiamo assistito a come il tema dell’abilitazione all’insegnamento conseguita all’estero (area comunitaria) abbia generato, negli ultimi decenni, non poche difficoltà procedurali e perplessità sindacali, che nulla possono obiettare quando il percorso abilitante rispetta i requisiti minimi di accesso alla professione presupposti dall’impianto legislativo italiano[44]. Lo stesso atteggiamento che regge una vision della figura docente imbrigliata in vincoli nazionali e centralizzati, impedisce di aprire l’ambito dell’aggiornamento e della formazione continua ai nuovi scenari  che costruiscono la Società della conoscenza. Riteniamo pertanto che l’istruzione militante si stia ben allineando (con tutte le difficoltà immaginabili) alle istanze che l’Unione europea sta trasferendo alla Scuola, inclusi i bisogni di lavorare in una logica di netwoking internazionale. Per converso le politiche di valorizzazione della professionalità docente recepiscono, sì, gli obiettivi comunitari, ma non adeguano i percorsi di carriera che stanno dimostrando di poter esprimere, in seno alla Scuola, capacità in tutto e per tutto assimilabili al middle-management aziendale.

 

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

  • Baldacci M. (2010). Curricolo e competenze, Milano, Mondadori.
  • Bonazza V. (2018). Apprendimento situato e progettazione didattica per competenze, in Ricerche Pedagogiche, n. 207, pp. 142-161.
  • Cantoni F. (2014). La resilienza come competenza dinamica e volitiva, Torino, Giapichelli Editore.
  • Cepollaro G. (2008). Le competenze non sono cose, Milano, Guerini e Associati.
  • Cocconi M. (2015). Gli ingredienti necessari per la ricetta di una buona autonomia scolastica, in Istituzioni del Federalismo, ANNO XXXVI - luglio/settembre, pp. 647-675.
  • Commissione europea/EACEA/Eurydice (2018), Teaching Careers in Europe: Access, Progression and Support. Rapporto Eurydice. Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione Europea.
  • Da Re F. (2013). La didattica per competenze, apprendere competenze, descriverle, valutarle, Milano, Pearson.
  • Eurydice-European Unit (2004). Integrating Immigrant Children into Schools in Europe, Brussels, in: https://www.indire.it/lucabas/lkmw_file/eurydice/Integrating_immigrant_children_2004_EN.pdf
  • Eurostat-Statistics Explained (2014), Foreign language learning in general upper secondary education, by country, in: https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=File:Foreign_language_learning_in_general_upper_secondary_education,_by_country_Fig_6.PNG&oldid=209614
  • Trinchero R. (2012). Costruire, valutare, certificare competenze. Proposte di attività per la scuola, Milano, Franco Angeli.

PROVVEDIMENTI NORMATIVI, ATTI AMMINISTRATIVI E ATTI GIURISDIZIONALI CITATI

  • Commissione europea (2012); Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Ripensare l'istruzione: investire nelle abilità in vista di migliori risultati socioeconomici, Strasburgo, 20.11.2012.
  • Consiglio Europeo di Lisbona 23 e 24 marzo 2000, Conclusioni della Presidenza, in: https://www.europarl.europa.eu/summits/lis1_it.htm
  • Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, LEGGE 13 luglio 2015, n. 107, Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti. (15G00122) in GU Serie Generale n.162 del 15-07-2015.
  • MIUR, D.M. 742 del 03/10/2017, Finalità della certificazione delle competenze, (allegati A e B).
  • Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/CE), in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 30 dicembre 2006, in: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32006H0962&from=IT.

 

Note

[1] Codice di progetto 2017-1-IT02-KA219-036511, identificabile nell’elenco dei progetti approvati e pubblicati da INDIRE (2017).

[2] Il profilo dettagliato dei 7 Istituti è consultabile in https://neweducationskills.blogspot.com/p/blog-page.html

[3] A causa delle differenze (a volte molto significative) tra i diversi sistemi scolastici nazionali, in Europa i livelli di istruzione si basano sull’International Standard Classification of Education (ISCED), elaborata dall’Istituto delle Statistiche UNESCO nel 2011. Si distinguono i seguenti livelli: • ISCED 0: Early Childhood Education - scuola della prima infanzia; • ISCED 1: Primary Education - scuola primaria; • ISCED 2: Lower Secondary Education - istruzione secondaria di primo livello; • ISCED 3: Upper Secondary Education - istruzione secondaria di secondo livello; • ISCED 4: Post-secondary non-tertiary education - corsi tecnici post-diploma di specializzazione; • ISCED 5: Short-cycle tertiary education - laurea breve; • ISCED 6: Bachelor - laurea di primo livello; • ISCED 7: Master - laurea di secondo livello; • ISCED 8: PhD - dottorato di ricerca. Convenzionalmente, la locuzione Educazione Terziaria indica i livelli compresi tra ISCED 5 e ISCED 8.

[4] Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio (2006). Si veda il paragrafo Competenze Chiave dell’Allegato .

[5] Vedasi i saggi di Da Re (2013) e Trinchero (2012.

[6] Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio (2006). Si veda il paragrafo Competenze Chiave dell’Allegato .

[7] Il concetto di apprendimento indissolubilmente situato in un contesto relazionale/sociale è stato introdotto dagli studi di Jeane Lave e Etienne Wenger.

[8] L’agenda della strategia europea 2020 indica e circoscrive obiettivi generali di crescita e occupazione per l’area comunitaria. Il  tasso di occupazione della popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni è stato fissato al 75% entro l’anno 2020. Gli aspetti maggiormente enfatizzati riguardano una crescita inclusiva, sostenibile e  intelligente, al fine di incrementare la resilienza del sistema socio-economico Europa per meglio affrontare le sfide future del mercato globalizzato. Un’occupazione dignitosa è un elemento cardine della strategia, correlata alla qualità della vita e all’inclusione sociale che generano benessere non solo individuale ma collettivo. Lo scopo essenziale della strategia 2020 relativo agli ambiti istruzione e formazione è di incoraggiare il miglioramento dei sistemi d’istruzione e di formazione dei Paesi UE, i quali si impegnano a fornire i mezzi necessari per porre tutti i cittadini nelle condizioni di realizzare appieno le proprie potenzialità, garantendo nel contempo una prosperità economica sostenibile e l’occupabilità. Il quadro strategico intende così abbracciare i sistemi di istruzione e formazione nel loro complesso, in una prospettiva di apprendimento permanente, contemplando l’apprendimento in tutti i contesti, siano essi non formali o informali, e a tutti i livelli.

[9] Rilevazioni dell’Ufficio Statistico dell’Unione Europea (Eurostat) cit.

[10] Che in Italia corrispondono alla scuola secondaria di I grado.

[11] Rilevazioni dell’Ufficio Statistico dell’Unione Europea (Eurostat), proiezioni del 2014.

[12] La matrice del SAT annovera 14 dimensioni: (1) Forma mentis dei docenti circa il ruolo che rivestono per promuovere una coscienza europea; (2) Flessibilità del curricolo scolastico in correlazione alle competenze richieste dal contesto comunitario; (3) Competenze sociali e interpersonali degli alunni; (4) Comunicazione in una o più lingue straniere comunitarie; (5) Competenze multiculturali degli alunni; (6) Competenze TIC dei docenti; (7) Competenze TIC degli alunni; (8) Attitudine imparare ad imparare; (9) Spirito di iniziativa e imprenditorialità; (10) Compiti di realtà; (11) Introduzione di metodologie innovative (CLIL, Coding, Flipped Classroom…); (12) Inclusione delle categorie svantaggiate; (13) Uso di molteplici canali di comunicazione per cercare e condividere informazioni; (14) Coinvolgimento della comunità scolastica e degli altri stakeholder. Ognuna delle precedenti dimensioni è ulteriormente definita da 12 indicatori descrittivi che ne misurano l’evoluzione in tre stadi. Per raccogliere i dati da convogliare nel SAT il progetto prevede 6 questionari da somministrarsi ai docenti con cadenza annuale. Questionario #1 su elementi di cittadinanza attiva (sociali, interpersonali, spirito di iniziativa, IT). Questionario #2 relativo alla coscienza europea (focus particolare su multiculturalismo e lingue straniere). Questionario #3 per valutare l’incidenza dell’attitudine “imparare ad imparare” nei programmi e negli approcci didattici. Questionario #4 sulla motivazione ordinaria di alunni e docenti e sulla percezione del progetto. Questionario #5 sul livello di coinvolgimento degli stakeholder. Questionario #6 relativo all’introduzione di metodologie innovative.

[13] È possibile scaricare il SAT dal blog del progetto https://neweducationskills.blogspot.com/p/project-tools.html

[14] Commissione europea/EACEA/Eurydice (2018).

[15] Ivi, p. 102. Generalmente nei paesi con carriera multilivello, ad ogni passaggio gerarchico corrisponde un adeguamento stipendiale.

[16] Ibid.

[17] Ivi, p. 137.

[18] Ibid. In Italia sono soggetti a valutazione in servizio soltanto gli insegnanti assunti con contratto a tempo indeterminato, ai fini dell’assegnazione del bonus di merito, mentre quelli con contratto a tempo determinato (precari) non vengono valutati in quanto non destinatari del bonus.

[19] Ibid.

[20] Art. 1, commi 124-129, Legge 13 luglio 2015, n. 107 in GU (2015). In particolare con l'articolo 1 comma 126, si mette a disposizione un fondo da 200 milioni all'anno per la valorizzazione del merito del personale docente, ripartito tra le scuole prendendo in considerazione la dotazione organica, i fattori di complessità delle istituzioni scolastiche e delle aree soggette a maggiore rischio educativo. Ogni anno il Dirigente scolastico assegna ai docenti una somma del fondo sulla base di criteri stabiliti dal Comitato per la valutazione dei docenti, che tengono conto a loro volta di alcuni criteri generali e modalità comuni a cui attenersi.

[21] Campioni delle griglie utilizzate sono visibili nella pagina Project Tools del blog: https://neweducationskills.blogspot.com/p/project-tools.html.

[22] MIUR (2017).

[23] Per visionane contributi video e immagini dell’esperienza visitare il blog di progetto, il materiale è pubblicato nell’archivio di dicembre 2018: https://neweducationskills.blogspot.com/2018/12/.

[24] Per l’analisi circa il livello di multiculturalità dei sistemi scolastici in Europa, si veda Eurydice (2004).  https://www.un.org/en/development/desa/population/migration/publications/migrationreport/docs/MigrationReport2017_Highlights.pdf.

[25] Il profilo dei 7 Istituti è consultabile in https://neweducationskills.blogspot.com/p/blog-page.html.

[26] Allegato a Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio (2006), vedi la sezione 5 “Imparare ad imparare”.

[27] Ibid.

[28] Soprattutto i docenti di discipline con poche ore settimanali per gruppo classe.

[29] In Italia il dibattito attorno alle “classi pollaio” è sempre in agenda e ancora non è stato trattato in maniera risolutiva. E’ possibile reperire numerose indicazioni del MIUR, interventi, articoli e proposte di legge al riguardo.

[30] Dati disponibili in:  https://ec.europa.eu/programmes/erasmus-plus/about/factsheets_en.

[31] Abbiamo isolato il numero di progetti approvati negli ordini di scuola Infanzia, Primaria e Secondaria di I grado, ovvero dai livelli  ISCED-0 a ISCED-3: https://ec.europa.eu/programmes/erasmus-plus/about/factsheets_en

[32] MIUR-Ufficio di Statistica (2015).

In ogni rilevamento del MIUR citato il numero di istituzioni scolastiche principali è calcolata sul numero di sedi di direttivo, comprese le sedi sottodimensionate, includendo i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti. Teniamo presente che, nel caso degli istituti comprensivi od omnicomprensivi, l’entità legale che partecipa a un Erasmus Plus coincide con la nomenclatura dell’intero Istituto, ovvero un Istituto Comprensivo che partecipa a un Erasmus+ destinato solo alla scuola primaria ed escludendo la secondaria di I grado, risulta interamente assegnatario di quel progetto, come se tutti i suoi ordini di scuola ne fossero beneficiari, anche se all’atto pratico non è così. 

[33] MIUR-Ufficio Statistica e Studi (2016).

[34] MIUR-Ufficio Statistica e Studi (2017).

[35] I dati non possono scorporare i casi di quelle scuole che hanno beneficiato di più co-finanziamenti nel triennio; infatti il programma Erasmus Plus consente di ottenere l’approvazione di un progetto anche quando il precedente è ancora in corso.

[36] eTwinning è la comunità delle scuole europee, conta circa 500,000 docenti iscritti e 182,000 scuole. Fino al 2017 si contano più di 61,000 progetti realizzati, che hanno coinvolto circa 2,000,000 di alunni nell’arco dei 12 anni di vita della piattaforma (Kearney e Gras-Velázquez 2018, p. 79).

[37] Ivi, p. 23.

[38] L’Interim Report, disponibile sul Twin Space del progetto, include 28 quesiti sottoposti ai 7 coordinatori alla fine del primo anno di attività, ed è consultabile all’indirizzo https://twinspace.etwinning.net/files/collabspace/2/52/352/44352/files/c9116ecbe.pdf.      

[39] Ibid

[40] Evidenziamo la scarsità di offerta formativa accreditata dal MIUR nell’area della progettazione europea e in particolare sul programma Erasmus Plus. Le pochissime iniziative riconosciute si riducono a formule week-end, moduli a distanza od offrono un monte ore insufficiente per una materia così complessa. 

[41] Per approfondimenti sulle occasioni mancate dell’autonomia scolastiche rimandiamo alle riflessioni di Bonazza  (2018); Mattei e Vertecchi (2017).

[42] Durante lo scambio delle mobilità, abbiamo notato come in altre realtà nazionali dell’educazione secondaria, la legislazione consenta in molti casi ad uno stesso docente di insegnare due materie anche di aree non affini. Questo riduce sensibilmente il numero di docenti assegnati allo stesso gruppo classe. Sebbene in Italia l’autonomia già consenta, nei gradi di secondaria, di modulare l’orario scolastico raggruppando e concentrando le ore di determinate discipline in periodi ravvicinati, al fine di potenziarne il fattore “continuità” e garantendo comunque il monte ore annuale di tutte le altre materie, questa opzione viene raramente contemplata.

[43] INDIRE, Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa. Responsabile per l’Italia del programma europeo Erasmus Plus.

[44] Si veda il caso dei precari italiani abilitati in Spagna fino al 2009 tramite il CAP-Curso de Aptitud Pedágogica (non più attivo) e i più recenti casi di abilitazione in Bulgaria e Romania.

 

 

Articolo a cura del Dottor Salvatore Nizzolino

Insegna lingua inglese presso “La Sapienza” – Università di Roma – Corso di Laurea in Ingegneria dell’Informazione, Facoltà di Ingegneria dell’Informazione, Informatica e Statistica – sede di Latina. Docente di lingua spagnola in ruolo nell’istruzione secondaria di primo grado. Europrogettista, formatore e sostenitore dell’apprendimento permanente per mezzo delle piattaforme MOOC e della Open Education.

 

 


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Tags: resilienza erasmus

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