Funzionamento cognitivo in soggetti con esperienze psicotiche
Recenti ricerche suggeriscono che le persone che presentano esperienze psicotiche, ma nessuna diagnosi di malattia psicotica, presentano un'alterazione del funzionamento cognitivo rispetto a persone che non vivono le stesse esperienze.
Una sostanziale minoranza della popolazione generale, circa il 6%, sperimenta esperienze psicotiche subcliniche, riferisce la ricercatrice del King's College di Londra, il cui studio è stato pubblicato sulla rivista JAMA Psychiatry.
“Le prove suggeriscono che le esperienze psicotiche subcliniche possono trovarsi su un continuum con sintomi psicotici clinicamente significativi, e quindi essere istruttive per la ricerca sulla causa della malattia psicotica”, hanno affermato i ricercatori.
Entrambe le psicopatologie condividono fattori di rischio come basso QI, maltrattamento infantile ed eventi di vita stressanti, così come risultati analoghi della scansione cerebrale come deficit nella materia bianca e grigia del cervello.
I ricercatori hanno esaminato il funzionamento neuropsicologico e le esperienze psicotiche negli adulti, tenendo conto delle caratteristiche socio-demografiche e dell'età.
Hanno utilizzato informazioni raccolte da indagini condotte su famiglie che coprivano 1.677 persone di età pari o superiore a 16 anni, che vivevano in due aree di Londra, nel Regno Unito.L'età media era di 40 anni.
Le esperienze psicotiche dei partecipanti sono state misurate utilizzando il Psychosis Screening Questionnaire. Questo test valuta le esperienze psicotiche dell'anno precedente, coprendo il disturbo del pensiero, la paranoia, le esperienze strane e le allucinazioni.
Lo strumento copre anche l'ipomania, una forma lieve di mania, caratterizzata da euforia e iperattività, ma questo non è stato valutato in quanto l'attenzione era rivolta prevalentemente alle esperienze psicotiche.
Il funzionamento cognitivo è stato misurato con una serie di test sulla conoscenza verbale, utilizzando un test di lettura, memoria di lavoro, memoria generale e velocità di elaborazione cognitiva.
Da questo, è stato calcolato un punteggio di QI complessivo. Un partecipante su dieci aveva precedentemente avuto esperienze psicotiche.
Dall'analisi dei risultati è emersa la presenza di disturbi medio-gravi nel funzionamento cognitivo in partecipanti di età pari o superiore a 50 anni con esperienze psicotiche.
“Il profilo del deterioramento cognitivo negli adulti con esperienze psicotiche differiva da quello osservato negli adulti con disturbi psicotici, suggerendo importanti differenze tra psicosi subcliniche e cliniche”, hanno proseguito i ricercatori.
Commentando lo studio, la ricercatrice Josephine Mollan afferma:
“I sintomi psicotici, come allucinazioni e deliri, sono caratteristiche fondamentali dei disturbi psicotici. Una significativa minoranza della popolazione generale riporta anche esperienze psicotiche subcliniche. Abbiamo utilizzato dati di indagine basati sulla popolazione per caratterizzare il funzionamento cognitivo negli adulti con esperienze psicotiche, adattandoci a importanti caratteristiche socio-demografiche e investigando l'effetto dell'età”.
Da ciò si è osservato che soggetti con esperienze psicotiche subcliniche non hanno mostrato una riduzione della velocità di elaborazione, che è gravemente compromessa nei pazienti psicotici, suggerendo che i deficit di velocità di elaborazione indicano vulnerabilità alla psicosi.
Inoltre, le esperienze psicotiche, insieme ai deficit cognitivi, possono essere più gravi in coloro che hanno 50 anni o più.
Anche le esperienze psicotiche subcliniche lievi, se combinate con gli effetti dell'invecchiamento, possono mettere a dura prova le riserve cognitive e portare a deficit cognitivi ampi e gravosi.
In conclusione, la Mollon aggiunge:
“I nostri risultati suggeriscono un continuum di esperienze psicotiche e deficit cognitivi in una percentuale molto più ampia della popolazione rispetto a quella osservata nella pratica clinica. Un trattamento efficace di tali deficit potrebbe quindi essere utile per molte persone”.
Raccomanda che la ricerca futura sull'argomento debba includere studi a lungo termine “per chiarire come le esperienze psicotiche interagiscono con i deficit cognitivi durante tutto il corso della vita e per identificare i fattori di rischio e di resilienza”.
Questo studio è il primo a studiare l'effetto dell'età sul deterioramento cognitivo associato alle esperienze psicotiche negli adulti.
Alcuni studi precedenti suggeriscono che queste esperienze sono prevalenti nell'adolescenza e nella vecchiaia, mentre altri non hanno riscontrato differenze di età significative.
Tra i partecipanti a questo studio, le esperienze psicotiche erano più probabili nel gruppo più giovane, ma sono rimaste considerevoli nelle altre fasce d'età.
Poiché i dati di questo studio provenivano da indagini condotte su famiglie, i ricercatori hanno potuto ipotizzare possibili meccanismi di familiarità rispetto alla relazione tra esperienze psicotiche e cognizione.
A tal proposito evidenziano come “i parenti di primo grado erano significativamente compromessi nel dominio della conoscenza verbale, mentre i conviventi non imparentati non mostravano alcuna menomazione. I nostri risultati suggeriscono una complessa interazione di fattori genetici, biologici e psicosociali dietro l'associaizone tra esperienze psicotiche e compromissione neuropsicologica”.
Pertanto, secondo i ricercatori, questo modello di compromissione della conoscenza verbale suggerisce fattori ambientali genetici e/o familiari comuni.
A cura della Dottoressa Giorgia Lauro
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