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La Tecnica degli Assi Emozionali

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Perché non esistono Emozioni buone ed Emozioni cattive?

di Tiziana Persichetti Auteri

La Tecnica degli Assi Emozionali

“Tutti sanno cosa è un emozione fino a che non si chiede di definirla in questo caso sembra che nessuno lo sappia” (Feher, Russel 1984)

Litri di inchiostro versati per scrivere delle e sulle emozioni da poeti, sceneggiatori e filosofi, psicologi, scienziati. Studiate da molteplici punti di vista si sono sviluppate nel corso degli anni diverse teorie, dalle teorie evoluzioniste alle teorie cognitiviste e le teorie neurofisiologiche fino alle più attuali teorie dell’Embodied Cognition e dell’Emozione Enattiva.

Eppure oggi più che mai, nell’era del progresso sfrenato e della tecnologia futurista, le emozioni vengono vissute nell’immaginario collettivo come una debolezza e assolutamente secondarie. In effetti è tutt’ora presente l’influenza del pensiero Cartesiano e la conseguente convinzione di una superiorità della mente sul corpo, dove l’intelligenza si associa al successo e all’incisività personale e sociale.

L’emozione è vissuta come il bimbo piccolo senza freni e controllo che ci rovina tutto con strilli e capricci nel momento in cui dobbiamo arrivare ai nostri obiettivi.

Questa sorta di limbo in cui vivono le emozioni dal punto di vista dell’immaginario della collettività, peraltro tramandato da generazioni, è in parte correlato alla superficiale modalità con cui l’individuo vive il proprio corpo.

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Partendo dal principio, ormai provato da diverse evidenze scientifiche, che il corpo ha un ruolo centrale per il suo coinvolgimento totale nell’esperire le emozioni e per lo sviluppo cognitivo, possiamo intuire che per l’uomo di oggi considerare le emozioni è un’impresa piuttosto ardua vista la modalità con cui viene trattato e considerato il corpo. Un corpo da guardare, perfezionare fino all’esasperazione, da vestire e da mostrare niente di più.

Corpo che diviene merce e unità di misura, nella sua forma ideale, di un valore personale che mai si potrà misurare. Un corpo del tutto muto, senza possibilità di replica, che si ammala e inevitabilmente distorce i pensieri causando emozioni e sentimenti racchiusi in un unico enorme e incomprensibile disagio. Disagio che difficilmente si saprà ascoltare, motivare e risolvere senza una modificazione del modo di vivere il senso del corpo.
Paradossalmente è di fatto il più grande sconosciuto. Sfugge che dal corpo sentiamo, ascoltiamo, percepiamo, dal corpo passano tutti gli apprendimenti, il corpo è la nostra memoria, con il corpo ci relazioniamo ed interagiamo con il mondo. Dal corpo passano tutte le emozioni e i sentimenti.

“To me, body and mind are different aspects of specific biological processes.” (Damasio,1999)

“E-MOTUS”

Risulta essere una buona abitudine, al fine di avere una base di partenza per conoscere concetti o processi complessi, partire dall’etimologia delle parole implicate nel concetto o nel processo che si vuole comprendere, ovvero dall’origine documentata e ricostruita, che ci fa da guida nel sentiero della comprensione.

La parola Emozione deriva dal latino E-Motus: muovere verso, trasportare fuori. Non casualmente l’origine della parola ci rimanda al “movimento” e alla metafora corporea del “Motus”.

La componente “incarnata” delle emozioni è facilmente intuibile a partire dal significato originale della parola per arrivare alle metafore corporee utilizzate per descrivere l’accadimento emozionale.
” Avevo molta paura e mi batteva forte il cuore”, “rimasi a bocca aperta dalla sorpresa”, “gli saltai al collo dalla gioia”, “gli avrei dato un cazzotto”, “ero spinto solo dalla rabbia”, “mi sono spaventato nel sentire quelle grida”, “mi sentivo sotto un treno”.

Semplici esempi tra le possibili infinite metafore corporee che l’individuo produce quotidianamente per esprimersi sul proprio e altrui vissuto emozionale.

Le Emozioni sono risposte complesse ad eventi interni ed esterni, caratterizzate da una articolata attivazione biologica, sono brevi ed intense.

Sono attivanti a livello comportamentale e leganti rispetto al processo di apprendimento e memorizzazione. Con il termine “risposta” non ci si riferisce evidentemente ad un corpo che si limita a rispondere ad uno stimolo in senso lineare, lasciando alle funzioni cognitive, definite “superiori”, il processamento dello stimolo che produrrà una conseguente risposta comportamentale.

Il superamento del dualismo Cartesiano Mente-Corpo ha portato a ridefinire la risposta emozionale nel suo significato funzionale/evolutivo in un circuito ad anello, dove corpo-cervello-mente-ambiente sono in continua interazione circolare. Questa circolarità è stata spiegata dal punto di vista neurofisiologico dal neuroscienziato Statunitense J.Le Doux con “la teoria della doppia via”(1987).

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La stimolazione sensoriale raggiunge il Talamo che invia gli impulsi all’amigdala lungo una via “breve (bassa)” e alla corteccia lungo una via “lunga (alta)”.

Il primo è un processamento veloce ed automatico, è una via “rozza” che necessita di poche risorse attentive e produce risposte di tipo vegetativo. Dipende da una memoria sensoriale e motoria legata a schemi di azione fissi.

Il secondo è un processamento mediato dalle aree del lobo frontale, conscio, verbale. E’ lento e flessibile, richiede risorse attentive e produce risposte più adeguate alla situazione.

E’ stata definita da alcuni studiosi anglosassoni “freak out first, ask question later”.

L’amigdala svolge il doppio compito di generare risposte corporee immediate e automatiche in base agli stimoli permettendo una elaborazione non consapevole e una risposta istintuale, ma successivamente è essa stessa la promotrice di una risposta più elaborata e consapevole proveniente dalla via lenta. Il Sistema Limbico nel suo complesso è responsabile dei meccanismi che attribuiscono valore e significati agli stimoli interni ed esterni e questo suo ruolo confermerebbe l’universalità di quelle che sono state individuate come emozioni di base, che non necessitano di consapevolezza e ragionamento.

Fu Darwin “ The Expression of the Emotions in Man and Animals” (1872) il primo a sostenere l’universalità delle emozioni legate fondamentalmente all’evoluzione della specie.

Definite come atti motori con elevato valore adattivo caratterizzate da espressioni che si sono evolute per assolvere appunto a funzioni adattive. Sono associate alla soddisfazione dei bisogni primari connessi alla sopravvivenza. Le funzioni cognitive entrano in gioco ripercorrendo la struttura Limbica e ripassando dal corpo sottoforma di pianificazione e previsione di un comportamento. E’ da tale interconnessione circolare che si svilupperanno le emozioni secondarie e i sentimenti.(P. Ekman, 1992).

Date queste premesse si possono facilmente intuire due considerazioni.

La prima riguarda il superamento del dualismo Cartesiano, che ha fortemente influenzato la scienza e la cultura moderna. Si può affermare con sicurezza che dal punto di vista dell’evoluzione delle Scienze Cognitive tale superamento sia avvenuto, ma non con la stessa certezza dal punto di vista dell’individuo nella collettività.

La seconda è che tali considerazioni sulla natura delle Emozioni iniziano a suggerire almeno una ragione del perché non abbia alcun senso la classificazione delle Emozioni in buone e cattive, sebbene invece profondamente radicata nel comune modo di interpretare gli stati emozionali.

Queste due considerazioni insieme portano ad una delle principali motivazioni per cui è così diffuso il disagio emozionale e così poco compreso e consapevole.

Emozioni di Base

Paul Ekmann è considerato uno dei 100 psicologi più importanti del ventesimo secolo e tra le 100 persone più influenti del mondo. Ha dimostrato che le emozioni e le espressioni facciali ad esse connesse sono universali con la Teoria Universale delle Emozioni (1967) e non determinate alla cultura di appartenenza.

Già Darwin, come accennato, nel 1872 scrisse che tutte le persone a prescindere dalla loro provenienza possiedono la capacità di esprimere le emozioni allo stesso modo. Negli anni 50 la teoria di Darwin era considerata superata. La nota antropologa Margaret Mead, contemporanea di Ekmann, sosteneva che tutti i comportamenti umani, comprese le emozioni, derivano dalla particolarità delle singole culture. Ekmann trovò durante i suoi lunghi peregrinaggi una cultura isolata dalle altre così da poter verificare la teoria della Mead. Una popolazione che non avesse mai visto fotografie, film, televisione e nessuno o pochissimi estranei.

"Così sarei stato certo dell’assenza di elementi di disturbo come un film di Jhon Wayne o altri eventi generatori di interferenze culturali”.

Ekmann riuscì a trovare il gruppo adatto in Nuova Guinea, si trattava di una popolazione che aveva vissuto in isolamento. La metodologia utilizzata per identificare le differenti emozioni consisteva nel raccontare una storia semplice poi mostrare tre fotografie e chiedere di scegliere quella che gli sembrava correlata.

“Era stata raccontata la storia di un uomo a cui era morto il figlio e dovevano scegliere a quale persona ritratta nelle foto era capitato tale evento. In un mese sono stati fatti centinaia di test e i risultati clamorosi, Darwin aveva ragione”.

Ekmann confermò con “la teoria delle Emozioni di base o fondamentali” (1992) che esistono sei emozioni universali che vengono riconosciute in tutte le culture del mondo: gioia, rabbia, paura, disgusto, tristezza e stupore.

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Le Emozioni di base sono presenti in tutte le specie ed in tutte le etnie e hanno permesso la sopravvivenza, rispondendo ai bisogni primari. Sono attivate da specifici stimoli e promuovono comportamenti adattivi. Tutte le altre emozioni esistenti derivano da queste sei e si sviluppano in base alla cultura e all’apprendimento.

Nel 2015 è il consulente scientifico psicologico del film di animazione Inside Out. Il film mette in azione 5 delle emozioni di base: Gioia, tristezza, rabbia, disgusto, paura. Lo stupore ha avuto varie riflessioni scientifiche nel corso del tempo e, pur rimanendo una emozione di base, sembra essere un precursore dell’attivazione delle altre emozioni in molte condizioni del corpo e dell’ambiente in stretta interrelazione reciproca.

Il film risulta molto utile da un punto di vista psicoterapeutico, soprattutto in corrispondenza alla possibilità di acquisire consapevolezza sul piano emozionale, fornendo immagini semplice che possano stimolare domande coerenti sul proprio funzionamento sul qui ed ora.

Emozioni Secondarie

Le Emozioni Secondarie vengono definite tali non perché classificate di minore importanza ma perché derivano dalle Emozioni di Base (Ekmann, Freiser 1992). Tali emozioni hanno una durata variabile e si sviluppano rispetto a diversi fattori. Sono intrise nello specifico contesto di appartenenza, sociale e culturale, sono filtrate dal processamento cognitivo e legate al processo di apprendimento.

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Provare Emozioni secondarie vuol dire aver già fatto più di qualche bagaglio di esperienza e aver raggiunto un sufficiente sviluppo del Sé. Nella definizione di tali emozioni la persona è capace di astrazione e ragionamento.

La derivazione dalle Emozioni di Base è piuttosto evidente dall’espressività corporea con la quale vengono manifestate, sono più complesse e raffinate le posture, il movimento, le espressioni facciali ma non lasciano dubbi circa la loro origine. Non raramente sono una contaminazione di due o più emozioni di base a dare vita al vissuto emozionale secondario nella sua complessità.

Pensiamo a quando si cerca di spiegare come ci si sente. Non è raro che venga utilizzato un concetto invece di una emozione.

Grazie al processo di astrazione, che permette di concettualizzare ciò che si sente, tendiamo ad essere disconnessi dall’emozione nell’autodefinirci. Il rischio è il perdere di vista l’aspetto emozionale – esperienziale, tanto da rimanere spiazzati quando qualcuno insiste a voler sapere che emozione proviamo.

Ad esempio mettiamo che ci sentiamo soli. La solitudine è un concetto astratto con profonda radice emozionale che tendiamo a non vedere, ovvero l’emozione di base che ha generato tale concetto ci è ignota, non ha nome e cognome anche se l’abbiamo provata.

Ciò che riconosciamo è il concetto di solitudine che magari ci accompagna per anni e a cui non sappiamo dare spiegazione. Dal punto di vista emozionale siamo dunque “analfabeti”.

In numerose condizioni di disagio continuiamo perciò ad astrarre e ragionare sempre più immersi nell’ inconsapevolezza del nostro stato emozionale, impedendoci di scorgere la matrice emozionale di tale disagio e di intraprendere un cammino lastricato di domande adeguate e funzionali ad interrompere i circoli viziosi in cui ci ha incastrato il sintomo.

Umore e Sentimenti quali differenze?

Per fare un po' di chiarezza apriamo una breve parentesi su Umore e Sentimenti che spesso vengono utilizzati come sinonimi di Emozioni, creando non poca confusione nel processo di comprensione e consapevolezza individuale sul piano emozionale.

UMORE dal latimo HUMOR, HUMERE: essere umido, indica una sostanza semiliquida in senso figurato. E’ un atteggiamento provvisorio e transitorio, privo di alcuna stabilità. Solitamente l’umore è condizionato da eventi poco definibili dalla persona ed è di bassa-media intensità e durata variabile. Si tende a definire con termini aspecifici. Ad esempio potrebbe essere attivato, a distanza di giorni, da un emozione intensa a cui è seguita una elaborazione cognitiva successiva che ha lasciato uno stato “umido”.

SENTIMENTO: dal latino SENTIRE: percepire con i sensi, è’ uno stato duraturo e focalizzato, rivolto in maniera relativamente stabile ad un oggetto o classe di oggetti, implica consapevolezza e valutazione cognitiva. Non è una risposta ad uno stimolo ma piuttosto una risposta a dei bisogni ben ponderati e valutati dalla persona. Si può attivare partendo da emozioni di base ma evolve e matura rispetto appunto ai bisogni e alle valutazioni della persona.

Ad esempio l’amore è un sentimento inizialmente attivato dall’attrazione fisica e da alcune emozioni di base come la gioia, in cui inizialmente la persona trova la soddisfazione di bisogni primari e basilari quali il sentirsi desiderato sessualmente e sentirsi amato. In quella fase passiamo velocemente a sperimentare emozioni secondarie quali la felicità, la serenità. In una fase successiva subentra il sentimento arricchito da numerose valutazioni cognitive. Il sentimento inoltre passa anche da processi di astrazione come le emozioni secondarie.

LA TECNICA DEGLI ASSI EMOZIONALI

Che emozione sto provando ora?
Non lo so!
Possiamo constatare sulla nostra pelle che il semplice fatto di provare le emozioni non significa conoscerle, distinguerle, comprenderle. Saper riconoscere e chiamare le emozioni con il loro nome ci permette di fare chiarezza sui nostri reali bisogni, identificare il disagio che non raramente ci invade e che altrimenti inquinerebbe la nostra qualità di vita.

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La Consapevolezza Emozionale ci orienta verso strategie funzionali per la realizzazione dei nostri obiettivi e stimola ad un fronteggiamento assertivo e resiliente.
“ E’ facile confondere gli stati d’animo con i pensieri…come regola generale una sola parola descrittiva può identificare gli stati d’animo” (D.Greenbenger,C.A Pamesky, 2017 ).

In effetti dopo un “non lo so”, su pressante richiesta di specifiche relative al proprio sentire, è molto comune che la persona si dilunghi in descrizioni per spiegare il suo stato emozionale.

Facilmente, in questi casi, si sta descrivendo un pensiero e non un’emozione.

Come fare?

Per stimolare la Consapevolezza Emozionale ovvero la possibilità di identificare e comprendere le emozioni è stata strutturata la “Tecnica degli Assi Emozionali”, una delle innovative tecniche ideata all’interno del nuovo metodo Psicoterapeutico della Dott.ssa Tiziana Persichetti Auteri affiancata dalla Dott.ssa Rosanna Delle Monache: la Psicoterapia Corporea Ri-Percettiva Cognitivo Comportamentale.

Tale tecnica è attualmente in uso e in corso di validazione, nel protocollo terapeutico multidisciplinare integrato presso il Centro Medico dell’Obesità del Policlinico Torvergata di Roma per il trattamento dei DCA e Obesità, con ottimi riscontri sul piano psicoterapeutico.

Per attuare tale Tecnica c’è prima di tutto la necessità di aver chiarissimi alcuni passaggi presentati sopra:

  • Il corpo è centrale. Le Emozioni di Base sono Universali. Hanno permesso la sopravvivenza rispondendo a bisogni primari.
  • Ogni Emozione di Base è attivata da uno stimolo specifico facilmente identificabile.
  • Tutte le altre emozioni esistenti, definite secondarie, e i sentimenti hanno origine dalle Emozioni di Base e dalla loro mescolanza.
  • Emozioni Secondarie e Sentimenti si sviluppano concettualmente sul piano Cognitivo (valutazioni, credenze, cultura, convinzioni ecc)

La complessità del vissuto emozionale sta nel fatto che è un vissuto incarnato dove corpo, mente e ambiente sono intrecciati in un funzionamento totalmente integrato. Quando esperiamo e sperimentiamo le emozioni si intrecciano sensazioni, bisogni, credenze, valutazioni, convinzioni culturali capaci di nascondere e confondere il piano emozionale con il piano cognitivo.

Quando la persona sente una attivazione emozionale a cui non sa dare una identità tenta lunghe ed estenuanti spiegazioni per descrivere cosa sta provando. Facilmente subentra il disagio che non raramente viene attenuato e reso ancora meno riconoscibile dal sintomo.

La Tecnica degli Assi Emozionali ci permette di semplificare la comprensione emozionale partendo da quelli che vengono considerati gli attivatori delle emozioni di base. Tali attivatori corrispondono allo stimolo specifico di ogni singola emozione di base da cui prenderanno vita, come abbiamo visto emozioni secondarie e sentimenti, che pur nella complessità manterranno un asse principale. Seguendo lo schema riportato (fig.1) ognuno avrà la possibilità di personalizzare tale schema seguendo gli assi corrispondenti ad ogni emozione di base.

Un esercizio importante che non solo da nome a tante sfumature emozionali ma anche fa emergere una propria personale narrativa sul vissuto emozionale. Una volta chiaro lo schema e il ruolo degli attivatori tale tecnica permetterà di individuare le domande adeguate perché la risposta alle domande “cosa provo?” “come mi sento?” siano chiare e riducibili ad “una parola”. Inoltre una volta identificata l’emozione, grazie a questa Tecnica, la persona sarà in grado di chiarire il ruolo di quella specifica emozione in quel momento della sua vita ponendosi domande mirate relative all’attivatore dell’emozione in questione.

Fig 1

Difficile?

La prima regola è fare un po' di pratica poiché come abbiamo già evidenziato non basta provarle le emozioni per saperle definire e comprendere. Per la pratica di questa tecnica viene indicato durante la terapia un vademecum semplice con cui in breve tempo ognuno avrà gli strumenti utili per una spiegazione funzionale del proprio e altrui vissuto emozionale.

La comprensione profonda del ruolo che le emozioni hanno nella nostra vita ci permetterà di guardare sotto il velo dicotomico che socialmente viene applicato alle emozioni, che spinge ad una spasmodica ed inutile ricerca della felicità a tutti costi e ad un terribile e angosciante evitamento (peraltro impossibile) della tristezza e di tutte quelle emozioni considerate ingiustamente “negative”.

A tale dicotomia si aggiungeranno tutta una serie di distorsioni cognitive nell’intento di sostenere la mission impossible di una vita perfetta e sempre al massimo.

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“Conoscere le emozioni infatti ha voluto dire non essere più in balia di esse e degli eventi, dei pensieri o meglio di quelle credenze e quelle idee irrazionali e disfunzionali che mi avevano guidata fin’ora. Ho finalmente capito che non esistono emozioni negative e positive, giuste o sbagliate. Esistono semplicemente le emozioni e sono il pensiero che vi è nascosto e la risposta comportamentale che esse producono che possono essere funzionali o non funzionali. Di conseguenza giorno dopo giorno ho smesso di giudicarmi sempre di più.” C.O.

“Conoscere le emozioni mi ha spalancato una finestra sul mio mondo interiore e da qui, finalmente, le cose iniziano ad avere un senso.” F.M.
“Prima di iniziare questo percorso non riconoscevo le emozioni. In particolare non riconoscevo la Rabbia, la confondevo con la Tristezza. Questo percorso mi ha insegnato ad individuarle, e a sentirle attraverso il corpo.” A.T.

“…ho capito che quella che provavo non era Rabbia, ma Paura! Ritenevo erroneamente che alcuni miei comportamenti "aggressivi" fossero dovuti alla Rabbia e invece no, erano dettati dalla Paura che mi portava e mi porta ad avere un'aggressività difensiva. E questo l'ho capito perché quando mi osservavo mi domandavo ma che ingiustizia hai subito? Nessuna.” A.L

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Damasio A.;”L'errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano”, Adelphi, 1995, ISBN 978-88-459-1181-1; ed. orig.: Descartes' Error: Emotion, Reason, and the Human Brain, Putnam, 1994.
  2. Damasio A. “Emozione e coscienza”, Adelphi, 2000, ISBN 978-88-459-1568-0; ed. orig.: The Feeling of What Happens: Body and Emotion in the Making of Consciousness, Harcourt, 1999.
  3. Colombetti G.; Thompson E.;“Il corpo e il vissuto affettivo: verso un approccio “enattivo” allo studio delle emozioni”,La neurofenomenologia; 2008; p.77-96 ttps://journals.openedition.org/estetica/1982
    https://www.tsw.it/journal/ricerca/doppia-via-ledoux-come-reagisce-cervello-a-stimoli/
  4. Darwin, C.; “The expression of the emotions in man and animals”;1872 first edition; https://pure.mpg.de/rest/items/item_2309885/component/file_2309884/content
  5. Ekman, P.; “F.A.C.S microespressioni facciali”; documentario https://www.youtube.com/watch?v=FNbmscj8KNg
    Padesky,C.A.; Greenberger,D.; “Penso dunque mi sento meglio”; 2017; Erikson; ISBN: 9788859012443

 

(Articolo a cura della Dott. Tiziana Persichetti Auteri)

 


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