Neurobiologia del Disturbo post-traumatico da stress: correlati neurali dell’abuso sessuale infantile
L’esposizione ad un trauma quale l’abuso sessuale in donne con e senza disturbo post-traumatico da stress comporterebbe differenze di gruppo nei modelli di attivazione della corteccia prefrontale mediale, cingolo posteriore, corteccia motoria e parietale, ippocampo e corteccia adiacente.
L’abuso sessuale infantile è ormai diventato un serio problema sociale, ma ad oggi poco si sa circa gli effetti a lungo termine dell’abuso sul funzionamento cerebrale.
La proposta di questo studio è quindi quella di misurare i correlati neurali delle memorie dell’abuso infantile in donne sessualmente abusate con e senza una diagnosi di Disturbo post traumatico da stress.
Da un punto di vista statistico, il 16% delle donne in generale sono state vittime di stupro, tentato stupro, o molestie sessuali prima di aver compiuto 18 anni.
L’abuso sessuale infantile è la causa maggiore del disturbo post-traumatico da stress: donne che sono state sessualmente abusate da piccole riportano spesso ricordi ricorrenti e intrusivi delle loro esperienze infantili e problemi di “paralizzazione emotiva” che influenzano le loro relazioni interpersonali.
Nonostante l’elevata prevalenza della correlazione tra abuso sessuale infantile e Disturbo post-traumatico da stress, poco si sa circa gli effetti a lungo termine di tale esperienza sul cervello.
Gli studi effettuati sugli animali hanno tracciato diverse interconnessioni tra quelle regioni cerebrali che sono coinvolte nei processi emotivi e di risposta allo stress.
Le aree del cervello, che sembrano attivarsi in soggetti con disturbo post-traumatico da stress o come modalità di risposta alle minacce ambientali, hanno in comune il fatto di mediare i diversi aspetti della memoria e dei processi di elaborazione visuo-spaziali.
La corteccia prefrontale mediale si compone di altre aree connesse tra cui la corteccia orbitofrontale, il cingolo anteriore (area subcallosa) e corteccia prefrontale anteriore.
Il sistema dopaminergico dell’area prefrontale mediale è una delle aree cerebrali più sensibili nel fronteggiare anche gli stress più lievi.
Lesioni in quest’area determinano infatti un minor rilascio di cortisolo così come una minore risposta allo stress da parte del sistema nervoso simpatico.
Quest’area svolge inoltre un ruolo di inibizione degli input all’amigdala che mediano l’estinzione di una risposta connessa alla paura.
Gli animali con lesione della corteccia prefrontale mediale non sono infatti in grado di estinguere risposte di paura dopo essere stati sottoposti a processi di condizionamento alla paura.
Soggetti umani con lesioni in tale area mostrano disfunzioni emotive e incapacità di relazionarsi in quelle situazioni sociali che richiedono una corretta interpretazione delle espressioni emotive degli altri.
Questi risultati hanno pertanto suggerito che una disfunzione della corteccia prefrontale mediale possa svolgere un ruolo importante nella codifica di quelle emozioni “patologiche” determinate dall’esposizione a fattori di stress estremi come appunto l’abuso sessuale infantile.
Le altre aree interconnesse con la corteccia prefrontale mediale giocano un ruolo importante nella risposta allo stress.
L’amigdala è fondamentale in quelle condizioni di risposta alla paura; le funzioni della memoria dichiarativa dell’ippocampo sono importanti nell’identificare accuratamente il segnale di minaccia durante situazioni di stress.
L’ippocampo è coinvolto nelle risposte di paura nel contesto di situazioni stressanti e lo stress, liddove provochi un danno ai circuiti neuronali ippocampali, è inoltre associato a deficit di memoria.
La corteccia motoria, parietale, cingolata anteriore, e il cervelletto sono infatti correlati alla corteccia prefrontale anterolaterale, con il compito di mediare i processi visuospaziali che sono fondamentali per la sopravvivenza in situazioni di pericolo di vita.
La vigilanza eccessiva osservata in pazienti con Disturbo post-traumatico da stress può essere associata ad un aumento delle “richieste” di quelle aree cerebrali coinvolte nell’elaborazione visuospaziale e del funzionamento della memoria, così come alla pianificazione della risposta a stimoli potenzialmente minacciosi.
Studi di neuroimmagine hanno infatti dimostrato anormalità nelle aree cerebrali connesse alla memoria in pazienti con Disturbo post-traumatico da stress.
Molti di questi studi hanno riscontrato nei veterani di guerra, la presenza di un disturbo post-traumatico da stress correlato ad un minore volume ippocampale rispetto a soggetti di controllo sani.
Mediante la tomografia ad emissione di positroni (PET) è stato invece osservato un decremento dell’attività metabolica nella corteccia temporale e prefrontale in soggetti con disturbo post-traumatico da stress correlato all’esperienza di guerra, e nella corteccia parietale in quei soggetti con disturbo post-traumatico da stress e comorbidità con dipendenza da sostanze.
L’ assunzione farmacologica di “Yohimbina”, alcaloide con effetti stimolanti il sistema nervoso centrale e con azione psicoattiva determinante risposte alterate quali ansia e reazioni maniacali, ha determinato un relativo fallimento dell’attivazione della corteccia orbitofrontale in pazienti con disturbo post-traumatico da stress rispetto a soggetti di controllo, nonché delle risposte funzionali differenti nella corteccia prefrontale, parietale e temporale.
Questi risultati sono consistenti e coerenti con un incremento della risposta noradrenergica alla Yohimbina nel pazienti con disturbo post-traumatico da stress
L’esposizione di pazienti con tale disturbo a script traumatici determinano inoltre in incremento del flusso sanguigno nelle regioni limbiche (insula, amigdala, corteccia orbitofrontale e cingolata anteriore), e un decremento del flusso sanguigno nella corteccia frontale inferiore sinistra e in quella temporale centrale, come misurato mediante la PET.
Pazienti con disturbo post-traumatico da stress riportano inoltre un incremento del flusso sanguigno nella corteccia motoria, corteccia parietale inferiore, cingolato posteriore, giro linguale (giro paraippocampale posteriore) e un decremento del flusso sanguigno nel giro temporale centrale.
Studi su soggetti con disturbo post-traumatico da stress legato all’abuso hanno mostrato la presenza di un minore volume ippocampale rispetto a soggetti sani.
Lo scopo di questo studio è stato quindi quello di utilizzare la PET nell’esame dei correlati neurali delle memorie e ricordi dell’abuso sessuale infantile.
Le donne con una storia di questo tipo hanno ascoltato degli script autobiografici inerenti l’esperienza traumatica, e l’afflusso di sangue al cervello è stato confrontato in donne con e senza Disturbo post-traumatico da stress.
Sulla base dei risultati appena esposti, gli autori hanno ipotizzato che l’esposizione ad un trauma quale l’abuso sessuale in donne con e senza disturbo post-traumatico da stress comporterebbe differenze di gruppo nei modelli di attivazione della corteccia prefrontale mediale, cingolo posteriore, corteccia motoria e parietale, ippocampo e corteccia adiacente.
Metodi
Sono state selezionate 22 donne con una grave storia di abuso sessuale infantile (stupro, molestie sessuali, tentato stupro prima del compimento dei 18 anni).
Le partecipanti erano suddivise in 10 con Disturbo post traumatico da stress legato all’abuso e 12 con una storia di abuso sessuale infantile, ma senza tale diagnosi.
La diagnosi è stata effettuata mediante la Structured Clinical Interview for DSM-IV (SCID); non presentavo malattie mediche gravi sulla base della storia e di un esame fisico, né la presenza di abuso di sostanze o alcool negli ultimi sei mesi; non assumevano farmaci da almeno un mese, e tale sospensione non era dipesa dalla partecipazione allo studio.
Tutti i soggetti con una malattia medica o neurologica grave, disturbi mentali organici o comorbidità con disturbi psicotici, trauma cranico, perdita di coscienza e dislessia sono stati esclusi.
L’età media complessiva del campione era di 35 anni.
La storia dell’abuso sessuale infantile è stata valutata con l’Early Trauma Inventory, un’intervista composta da 56 item che indaga rispettivamente: abuso sessuale, fisico ed emotivo, così come eventi traumatici in generale.
Per indagare più dettagliatamente la storia inerente l’abuso sessuale è stato utilizzato un ulteriore strumento, “ Early Trauma Inventory Abuse Severity Index”.
Sulla base della valutazione dell’abuso infantile mediante il primo strumento, il soggetto, con l’assistenza dell’intervistatore, preparava uno script personalizzato rispetto all’evento traumatico vissuto.
Sono stati preparati due script, della lunghezza di un minuto ciascuno, che potevano essere o quello descritto dalla paziente, o due aspetti di un unico evento traumatico che la paziente ha esperito o due eventi diversi.
Questi script venivano successivamente letti ad alta voce al soggetto durante la sessione di scansione cerebrale.
L’80% delle 10 pazienti con Disturbo post-traumatico da stress legato all’abuso soddisfava inoltre i criteri per la depressione maggiore, come risultato dalla SCID; il 10% presentava una storia passata di distimia; il 20% presentava una storia di vita caratterizzata da disturbo di panico con o senza agorafobia; il 30% presentava una storia di vita con dipendenza da sostanze, polidipendenza, dipendenza da alcool e cocaina.
Ogni singolo soggetto è stato sottoposto a quattro scansioni giornaliere. Il soggetto veniva posto nello scanner con la testa inserita in un supporto per ridurre al minimo il movimento e posizionato parallelamente ad una luce laser esterna. È stato inserito una cannula endovenosa per la somministrazione di H2O.
I soggetti sono stati sottoposti a scansione durante la lettura di stimoli neutri e traumatici correlati alle loro trascrizioni personali dell’abuso sessuale infantile.
Tutti gli script erano di 1 minuto di lunghezza e venivano letti a voce alta dal ricercatore che avevano aiutato i soggetti a preparare la “narrazione traumatica”.
Per prima cosa, i soggetti sono stati sottoposti a due scansioni, durante le quali ascoltavano due storie diverse ma neutre precedute dall’istruzione di formare nella loro mente immagini della narrazione nel tentativo di ricordare gran parte delle scene.
Successivamente, i soggetti sono stati sottoposti ad altre due scansioni, durante le quali hanno ascoltato gli script personalizzati dell’evento traumatico infantile; gli script erano preceduti dalle stesse informazioni di cui sopra.
È stato utilizzato un ordine fisso per tutti i soggetti, ossia uno script neutro seguito da uno traumatico, per evitare l’ansia connessa alla persistenza di script traumatici rispetto a quelli neutri.
Seguendo la logica del disegno dello studio, le differenze di flusso sanguigno cerebrale tra gli script infantili traumatici e quelli neutri sarebbero secondarie agli effetti dei ricordi specifici dell’abuso sessuale infantile, che coinvolgono altri fattori tra cui l’attenzione, la percezione uditiva e la comprensione di una narrazione verbale coerente.
Una certa quantità di H2O veniva somministrata ai soggetti prima della lettura dello script e successivamente effettuata una scansione mediante tomografia ad emissione di positroni (PET) per una durata di 80 secondi.
L’inizio dell’acquisizione tramite PET corrispondeva al punto di aumento massimo di captazione del tracciante iniettato nel cervello.
Lo script è stato programmato per aumentare il livello dei sintomi del disturbo post-traumatico da stress nel momento di massima captazione del tracciante nel cervello.
I feedback comportamentali legati al tempo di presentazione dello script sono stati poi misurati attraverso alcuni strumenti quali il Panic Attack Symptom Scale, Clinician Admistered Dissociative States Scale, Subjective Units of Distress Scale, e così via.
Le immagini sono state ricostruite ed analizzate su una stazione di lavoro denominata “SunSparc” attraverso una mappatura dei parametri statistici.
Infine, il flusso di sangue regionale, mediante la covarianza con il flusso di sangue globale, è stato confrontato nelle diverse condizioni in cui venivano presentati script neutri e script traumatici infantili, e tra i diversi gruppi di donne.
DISCUSSIONI
Dall’analisi dei risultati è emerso che donne con disturbo post-traumatico da stress che sono state vittime di abusi sessuali hanno avuto maggiori risposte cerebrali per gli script traumatici rispetto all’altro gruppo.
L’esposizione agli script inerente l’abuso sessuale infantile ha determinato un aumento del flusso sanguigno nel cingolato anteriore e corteccia prefrontale antero-laterale (giro frontale centrale e superiore).
Vi erano anche differenze significative tra i due gruppi rispetto all’attivazione della corteccia motoria sinistra; le donne con disturbo post-traumatico da stress presentavano infatti una diminuzione del flusso sanguigno nella corteccia prefrontale mediale, corteccia parietale, porzione destra dell’ippocampo, corteccia associativa visiva e corteccia prefrontale dorsolaterale.
Non vi è stata un’osservazione e differenze specifiche nell’attivazione del cervelletto, talamo e polo temporale nei due gruppi di partecipanti.
Durante l’ascolto degli script inerenti l’abuso sessuale infantile, le donne con Disturbo post-traumatico da stress mostrano una maggiore attivazione del cingolato posteriore, corteccia prefrontale antero-laterale e corteccia motoria.
Queste mostravano inoltre una disattivazione nella regione del cingolato anteriore, con un fallimento nell’attivazione delle aree adiacenti, così come una disattivazione nella porzione destra dell’ippocampo, giro temporale inferiore e corteccia visiva associativa.
Questi cambiamenti erano maggiori rispetto a donne con una storia di abuso sessuale infantile ma senza disturbo post traumatico da stress.
In linea generale donne abusate sessualmente con o senza disturbo post-traumatico da stress mostrano un’attivazione nel cervelletto, polo temporale, giro frontale inferiore destro e talamo, suggerendo che questa sia una risposta neurale generalizzata alle memorie sconvolgenti delle esperienze legate all’abuso sessuale infantile che non si configura pertanto come uno stato specifico e patologico del solo Disturbo post-traumatico da stress.
Gli autori sottolineano che questi risultati sono consistenti e in linea con gli studi presentati precedentemente sui combattenti veterani affetti da disturbo post-traumatico da stress.
In entrambi gli studi si è infatti riscontrato un incremento dell’attivazione della corteccia motoria e del cingolato posteriore, così come un fallimento nell’attivazione del cingolato anteriore e un decremento del flusso sanguigno nel giro subcalloso e nella corteccia visiva associativa rispetto a stimoli traumatici in soggetti con Disturbo post-traumatico da stress.
È stato trovato che il cingolato posteriore gioca un ruolo fondamentale nel processo delle emozioni in soggetti normali, in cui è altresì presente un incremento del flusso sanguigno nella porzione destra del cingolato posteriore liddove i soggetti ascoltino delle narrazioni autobiografiche; tutto questo è simile in soggetti con disturbo post-traumatico da stress nel momento in cui ascoltano gli eventi traumatici autobiografici.
Il cingolato posteriore è inoltre coinvolto nel processo di codifica ed elaborazione delle informazioni visuo-spaziali ed è quindi una componente fondamentale per la scelta di quelle strategie di coping in situazioni di minaccia fisica; tale risposta appare intensificata nel Disturbo post-traumatico da stress.
L’attivazione della corteccia motoria potrebbe così rappresentare il correlato neurale che consente di prepararsi all’azione; la corteccia parietale è invece coinvolta nei processi di memoria spaziale ed elaborazione visuo-spaziale.
Nello studio condotto precedentemente, gli autori avevano riscontrato una maggiore attivazione nel lobo parietale inferiore sinistro in soggetti con Disturbo-post traumatico da stress, mentre il presente studio ha mostrato un decremento dell’afflusso sanguigno nell’area parietale adiacente
Il lobo parietale è coinvolto nella modulazione dell’arousal, e lesioni della porzione inferiore sinistra di tale lobo correlava con il fallimento del processo di identificazione delle emozioni negative.
Nel presente studio si è inoltre osservato un incremento del flusso sanguigno nella corteccia prefrontale.
Generalmente il giro frontale inferiore/mediale è implicato nella codifica e recupero delle memorie verbali e molti studi mostrano una lateralizzazione emisferica sinistra per la codifica e una lateralizzazione emisferica destra per il recupero.
Nel presente studio gli autori hanno riscontrato un incremento dell’attivazione di tale area in soggetti con disturbo post-traumatico da stress, che potrebbe così rappresentare il correlato neurale della “resistenza” del ricordo in questo specifico gruppo di pazienti.
Le aree revisionate precedentemente (corteccia motoria, parietale, prefrontale, visiva-associativa e cingolato posteriore) sono quindi collegate e funzionalmente sono coinvolte nella mediazione dei ricordi traumatici nei pazienti con disturbo post-traumatico da stress.
Mediante la Tomografia ad emissione di positroni gli autori hanno riscontrato un’alterazione nella corteccia prefrontale mediale in condizioni emotive e di stress.
Quest’area è implicata nel comportamento sociale ed emotivo, regola il rilascio dei glucocorticoidi periferici ed è mediatrice delle risposte allo stress da parte del sistema nervoso simpatico.
La corteccia prefrontale mediale svolge anche un ruolo inibitorio delle connessioni con l’amigdala, che è fondamentale per l’estinzione di risposte connesse alla paura.
Una disfunzione in tale area rappresenta pertanto un correlato neurale del fallimento dell’estinzione di risposte alla paura così come altre emozioni patologiche riscontrate nei pazienti con disturbo post-traumatico da stress.
Gli autori hanno anche trovato una riduzione del flusso sanguigno nella corteccia visiva associativa nelle donne con disturbo post-traumatico da stress, a differenza dell’altro gruppo che invece mostra un aumento del flusso sanguigno in quest’area durante la lettura degli script inerenti l’evento sessuale traumatico.
Le donne con disturbo post-traumatico da stress sembra quindi che riescano meglio nel tentativo di dissipare le immagini visive di eventi sconvolgenti in misura maggiore rispetto alle donne con una storia di abuso sessuale ma senza Disturbo-post traumatico da stress.
Sulla base di questi risultati gli autori si sono comunque chiesti come mai persone differenti esposte allo stesso livello di stress non sviluppino il disturbo post-traumatico da stress.
Una lettura che è stata proposta è che probabilmente sono i diversi livelli di suscettibilità e vulnerabilità a determinare l’insorgenza o meno del disturbo, così come le differenze nella gravità di esposizione al trauma.
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Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro
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Tags: aree cerebrali Disturbo Post Traumatico da Stress neurobiologia abuso sessuale review correlati neurali del ricordo traumatico PET script narrativi