A distanza ma vicini: come affiancare bambini e adolescenti ai tempi del coronavirus
Il COVID-19 purtroppo è diventato pandemico e in Italia stiamo tutti a casa. All’interno dell’equipe del Progetto Educreando Binazionale Argentina-Italia è nata l’esigenza di trasmettere delle idee riguardo a come affrontare momenti come questo.
“A volte le parole non bastano.
E allora servono i colori.
E le forme.
E le note.
E le emozioni”
(Alessandro Baricco)
Nel post del 3 marzo del blog Psicologi a scuola si parlava de La paura ai tempi del Coronavirus: come affrontarla a scuola. Le scuole erano ancora aperte e quindi si ipotizzava un intervento possibile in ambito scolastico.
Il COVID-19 purtroppo è diventato pandemico, in Italia stiamo tutti a casa e anche in Argentina ci sono i primi casi. All’interno dell’equipe del Progetto Educreando Binazionale Argentina-Italia è nata l’esigenza di trasmettere delle idee riguardo a come affrontare momenti come questo, in cui la cura della vita in alcuni paesi impone dalle politiche pubbliche: il non potersi riunire come di solito facciamo, soprattutto nelle scuole.
Nel nostro staff ci occupiamo di capire e di rispondere al modo in cui la logica e gli affetti dei bambini sono influenzati dalla forma di comunicazione degli adulti, in momenti in cui loro stessi sono angosciati e cercano di prendersi cura delle paure sono solo dei bambini ma anche di se stessi.
Nel cercare la consapevolezza della comunità riguardo l’argomento, agli organismi di prevenzione risulta di aiuto un certo livello di attenzione. Ci preoccupa la tendenza immatura, presente in qualsiasi attore sociale, a confondere “attenzione” con “allarme” quando non si capisce tutta l’informazione. Questo risulta dall’intensa angoscia che può provocare l’informazione su tutta la comunità, poiché la paura potrebbe diventare panico e ciò potrebbe diventare epidemia di panico.
Consigliamo pertanto:
- Ascoltare cosa succede nei bambini e nei giovani con l’informazione ricevuta e le proprie teorie: cosa hanno capito, cosa sentono, cosa pensano e cosa fanno con tutto quello.
- Che l’adulto che si trova coinvolto in questo processo di mobilizzazione emozionale lavori su sé stesso nell’auto-dominarsi e oggettivare l’informazione per poter contenere i bambini e i giovani e modulare quell’informazione per poterla diffondere rendendola adeguata a seconda dell’età di chi ascolta.
- Ascoltare soltanto gli organismi ufficiali affidabili per badare alla salute con esito positivo e sviluppare una genuina difesa contro l’angoscia derivante dalla rottura delle routine e dalla tendenza a farsi trascinare dal panico altrui.
I dispositivi da usare sono tutti quelli che permettono di mantenere una comunicazione dinamica, produttiva e creativa, dove si possano confrontare le proprie idee con l’informazione diffusa dagli organismi autorizzati e affidabili, affinché questo momento e le sue conseguenze possano essere mentalizzate e non derivino esacerbazioni della paura assolutamente non necessaria, anzi dannosa, e diventino una vera e propria prevenzione dell’angoscia.
Tra le tecniche da utilizzare per favorire questo processo virtuoso annoveriamo il disegno di cosa i bambini sentono a livello emotivo quando si parla del coronavirus, la narrazione, la fotografia, la creazione di canzoni .. o di un rap… e tutte quelle modalità espressive che permettono di esternalizzare l’angoscia per consegnarla all’altro: un genitore, un insegnante, un nonno, insomma ad un soggetto più maturo che attraverso la rêverie (Bion) può rendere più accettabile un contenuto angosciante.
In questa prospettiva ben vangano iniziative come quella spontanea sorta in Italia #andràtuttobene# dove si invitano le famiglie a disegnare un arcobaleno su un cartellone o un lenzuolo, con la scritta “tutto andrà bene” per poi appenderlo su finestre\balconi o terrazze. L’obiettivo è “lanciare un’onda di positività e in più i bimbi si divertiranno a dipingere Fate girare questo messaggio. Iniziativa ludica per dare un po’ di colore a questa situazione grigia”[5].
A cura di di Isabel Ines Mansione[1], Diana Zac[2] & Annamaria Improta[3], Traduzione: Carla Raschia[4]
Note
[1] Isabel Ines Mansione: Phd. Coordinatrice del team di ricerca del progetto in Argentina. Psicoanalista e Ricercatrice e Docente presso Istituto Universitario di Salute Mentale di Associazione Psicoanalitica di Buenos Aires - Istituto di Formazione Docente n° 1 di Avellaneda - Istituto di Formazione Docente e Tecnica n° 43 di Lobos – Membro dell’Associazione Psicoanalitica di Buenos Aires. Consulente Segreteriato di Istruzione Superiore città autonoma di Buenos Aires. Ideatrice e Coordinatrice del progetto “Gemellaggio Teggiano Lobos”, che ha dato il via al percorso di collaborazione.
[2] Diana Zac: Medico Psichiatra, Psicoanalista specializzata in infanzia e adolescenza. Consulente Segreteriato di Istruzione Superiore città autonoma di Buenos Aires. Docente presso Istituto Universitario di Salute Mentale di Associazione Psicoanalitica di Buenos Aires. Membro della Segreteria di Psicoanalisi e comunità nella Commissione Direttiva di APdeBA
[3] Annamaria Improta: Psicologa Clinica di Comunità e Psicoterapeuta presso il Centro di Psicologia Clinica Territoriale essebi di San Giorgio a Cremano e lo Studio Multidisciplinare per l'infanzia l'adolescenza e la famiglia di Portici – Formatrice, Pedagogista Docente di sostegno e Coordinatrice delle attività per l’Inclusione presso I.C. 1° “Don Bosco – Melloni” di Portici (NA). - Vicepresidente Associazione Tanos. Docente a contratto presso l'Università degli Studi di Salerno e Suor Orsola Benincasa di Napoli. Autrice del libro Intervento psicologico per la scuola e metodi narrativi. Strategie per la costruzione dell’intervento.
[4] Carla Raschia: Docente di italiano LS. Direttrice della scuola d’italiano “Leonardo Da Vinci” di Lobos. Insegnante d'italiano seconda lingua straniera nel quarto anno del profesorado d'inglese Istituto di Formazione Docente e Tecnica n° 43 di Lobos – Argentina
[5] Dal messaggio che gira sui social che lancia l’iniziativa.
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