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L'importanza dell'intelligenza emotiva

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Intelligenza emotivaIn Italia negli ultimi anni troviamo i segni di un crescente malessere emozionale, soprattutto fra i giovani, come possiamo osservare con atti sempre più frequenti di violenza, soprattutto immotivata, dovuti a gravi carenze relative all'autocontrollo.

Inoltre l'Italia sta sperimentando un aumento dell'incidenza della depressione e proprio l'estate appena scorsa è stata nominata "l'estate nera dei giovani", in quanto sono morti tre ragazzi in meno di 20 giorni a causa dell'assunzione di droghe nelle discoteche in cui stavano passando la serata. Questo clima suggerisce la necessità di insegnare ai bambini quello che potremmo definire "l'alfabeto emozionale", introducendo nelle scuole dei programmi di "alfabetizzazione emozionale" che trasmettino ai bambini le capacità interpersonali essenziali.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) già nel 1993 ha inserito la gestione delle emozioni tra le life skills indispensabili per vivere. Per essere in armonia con se stessi e con gli altri, infatti, risultano fondamentali proprio quelle capacità, indicate come "intelligenza emotiva". Questa capacità può venir insegnata ai bambini fin da piccoli, ma attualmente l'educazione emozionale non avviene, in quanto si dà per scontato che i bambini, dato che possiedono emozioni innate, siano anche in grado di gestirle. Per un bambino invece non è così ovvio saper riconoscere quello che prova, dargli un nome e sapere che presto passerà. La difficoltà che prova quando gli si presenta una senzazione a lui sconosciuta può tramutarsi in paura o la può sfogare con reazioni di rabbia. Inoltre, se un bambino non sarà in grado di riconoscere le proprie emozioni, tanto meno saprà capire lo stato d’animo degli altri ed agire in corretta relazione con loro. La speranza è che un giorno sarà compito normale dell'educazione quello di spingere l'individuo verso comportamenti quali l'autoconsapevolezza, l'autocontrollo, l'empatia, l'ascolto degli altri e la cooperazione. Per il momento insegnanti e genitori possono comunque fare qualcosa attraverso dei percorsi come quelli di “alfabetizzazione emotiva”, che le scoperte scientifiche finora hanno dimostrato essere utili per prevenire diverse problematiche e vivere più serenamente con se stessi e con gli altri.

Ma che cos’è questa intelligenza emotiva?

Già nel 350 a. C. Aristotele esortava a controllare la vita emotiva con intelligenza. Nel 1990 Salovey e Mayer definirono intelligenza emotiva come la capacità appresa di percepire, comprendere, esprimere e gestire le emozioni, in modo che queste lavorino per noi e non contro di noi. In pratica per Intelligenza emotiva si intende sapere che cosa si sta provando, che cosa stanno provando gli altri, essere capaci di assegnare un nome alle nostre emozioni, a quelle degli altri, di controllarle e gestirle accuratamente pechè non sfocino in comportamenti errati.

L’Intelligenza Emotiva per Goleman, autore del testo “Intelligenza emotiva. Che cos’è, perchè può renderci felici.”, è un costrutto che racchiude cinque domini principali:

  • Autoconsapevolezza;
  • Autocontrollo;
  • Automotivazione;
  • Consapevolezza sociale (empatia);
  • Gestione delle relazioni sociali.

La competenza emotiva è un’abilità complessa che richiede sia la consapevolezza del proprio stato emotivo, sia la capacità di condivisione e di empatia con le emozioni altrui; consente di fronteggiare adeguatamente lo stress prodotto dalle emozioni negative con strategie che ne diminuiscano la durata e l’intensità.
Alla base dell’intelligenza emotiva troviamo l’empatia, concetto con il quale si intende “la capacità di immedesidarsi in stati d’animo e con i pensieri delle altre persone sulla base della comprensione dei loro segnali emozionali, dell’assunzione della loro prospettiva soggettiva e della condivisione dei loro sentimenti” (Bonino, 1994). Per riconoscere le emozioni degli altri però bisogna innanzitutto essere consapevoli delle proprie, far risuonare dentro di sé i sentimenti altrui senza confonderli con i propri. Dunque la base dell’empatia troviamo l’autoconsapevolezza: quanto più siamo aperti verso le nostre emozioni, tanto più sapremo leggere i sentimenti altrui.

Fortunatamente l’intelligenza emotiva può essere migliorata per tutta la vita, e per farlo bisogna partire imparando a lavorare con le proprie emozioni. Quest’ultime sappiamo essere fondamentali per l’uomo in quanto rappresentano dei segnali che ci aiutano a reagire davanti ad una situazione di pericolo (non per niente il termine “emozione” viene dal latino “moveo” che significa “muoversi da”).

Le emozioni hanno un ruolo importantissimo nelle prime interazioni madre–bambino, in quanto consentono al bambino di comunicare i suoi bisogni a chi si prende cura di lui costituendo una sorta di “luogo relazionale primario”. La risposta della madre ai bisogni espressi dal figlio ha un enorme valore perchè consente al bambino di iniziare a discriminare tra il Sé e il non-Sé. Il bambino tanto più è piccolo tanto più avrà difficoltà a dare un nome a quello che prova e questo puù creare in lui un forte disagio. Quando i genitori non sono in sintonia con il figlio, la situazione induce in lui un profondo turbamento e, in caso che questo si prolunghi nel tempo, impone un costo enorme in termini emozionali. Il bambino a questo punto può essere portato a evitare di esprimere le proprie emozioni o, adirittura, a non provarle proprio più. Nell’arco di tutta la vita il prezzo da pagare per la mancanza di sintonia durante l’infanzia può essere molto alto, a meno che questo non verrà riparato più tardi.  

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Negli esseri umani nessuna emozione fa la sua comparsa in maniera del tutto improvvisa, ma ognuna transita da una fase ad un’altra fino ad assumere cambiamenti quantitativi e qualitativi che rispecchino le riorganizzazioni che hanno avuto luogo nello sviluppo cognitivo e, parallelamente, nello sviluppo sociale.
L'uomo possiede due modalità di conoscenza che interagiscono tra loro per costruire la vita mentale: la mente relazionale e la mente emozionale. La mente razionale è la modalità di comprensione della quale siamo solitamente coscienti ed è più riflessiva rispetto alla seconda più. Le due modalità agiscono lungo un continuum: tanto più è intenso un sentimento, tanto più dominante è la mente emozionale e più inneficace quella razionale. Di solito mente razionale e mente emozionale operano con equilibrio, ma quando le passioni aumentano d'intensità la mente emozionale prende il sopravvento travolgendo quella razionale.

La regolazione emotiva svolge un compito di primaria importanza nell’adattamento dell’individuo al proprio ambiente. La disregolazione emotiva può manifestarsi:

  • Con gravi difficoltà nella modulazione dell’intensità e della durata dell’emozione;
  • Con la perdita di gradualità e fluidità nella transizione tra uno stato emotivo e l’altro;
  • Con l’incapacità di esprimere le emozioni in modo flessibile al variare del contesto;
  • Con l’incapacità di integrare stati emotivi differenti componendo un quadro complesso di emozioni diverse, a volte incompatibili, e tollerando l’ambivalenza.

Un periodo dell’arco della vita dove troviamo un’aumento dell’intensità delle emozioni è quello dell’adolescenza, che potrebbe portare la persona a compiere gesti pericolosi più facilmente o ad esasperare certe situazioni apparentemente “senza motivo”.

Dunque, le emozioni possono avere su di noi sia effetti positivi che, quando risultano eccessive, negativi; tuttavia, è comunque possibile riportarle sotto il nostro controllo. La nostra cultura si fissa sulle capacità accademiche, ignorando l’intelligenza emotiva, immensamente importante ai fini del nostro destino personale. La destrezza di una persona nella vita emotiva è fondamentale per comprendere come mai alcuni soggetti abbiano successo mentre altri, intellettualmente non da meno, imbocchino vicoli ciechi. Gli individui con capacità emozionali ben sviluppate hanno anche maggiori probabilità di essere contenti ed efficaci nella vita, essendo in grado di adottare gli attegiamenti mentali che alimentano la produttività.

Gardner, nel suo libro “Formae mentis” del 1983, sosteneva che non esisteva un unico tipo monolitico di intelligenza fondamentale ma per avere successo nella vita, ma piuttosto che ce ne fosse un’ampia gamma, della quale individuava sette varietà fondamentali. Gardner si rese conto di quanto le capacità emozionali e di relazione siano fondamentali per affrontare la lotta della vita. Nella realtà quotidiana nessuna intelligenza è più importante di quella interpersonale, in quanto aiuta a prendere la decisione giusta riguardo alla persona da sposare, il lavoro da fare, e così via. Dobbiamo addestrare già a scuola le intelligenze personali dei bambini. L’educazione socioemotiva rappresenta la trasposizione in ambito educativo e didattico dell’intelligenza emotiva e si basa sulla costruzione di cinque competenze chiave: autoconsapevolezza, consapevolezza sociale, problem solving e capacità decisionali, autocontrollo e gestione delle relazioni sociali. Questo è il senso da attribuire all’educazione socioemotiva: dedicare lo stesso tempo alle emozioni e alla socialità rispetto a quello dato ora per le materie scolastiche di base. “Insegnare l’alfabeto delle emozioni è un processo simile a quello in cui si impara a leggere, poiché comporta la promozione della capacità di leggere e comprendere le proprie ed altrui emozioni e l’utilizzo di tali abilità per comprendere meglio se stessi e gli altri” Intelligenza emotiva per un bambino che diventerà uomo (Kindlon e Thompson, 2000).

Aree concettuali e obiettivi specifici afferenti al PATHS, uno dei più famosi programmi di promozione emotiva e sociale utilizzato nelle scuole degli Stati Uniti:

  • Autocontrollo -> comprendere e saper applicare i tre step dell’autocontrollo: 1 calmarsi, 2 fermarsi a riflettere, 3 agire
  • Autoconsapevolezza emotiva -> comprendere ed usare un vocabolario per esprimere emozioni e stati d’animo; riconoscere e comprendere le proprie e altrui emozioni; promuovere la considerazone e il rispetto per gli altri; riconoscere e capire come il proprio comportamento può avere influenza sugli altri e quello degli altri influenzare il proprio
  • Autostima positiva -> promuovere un atteggiamento positivo verso se stessi da diffondere con gli altri e nei vari contesti sociali
  • Relazioni sociali -> promuovere un clima di classe positivo per migliorare risultati e relazioni interpersonali
  • Problem solving interpersonale -> utilizzare le abilità di problem solving interpersonale per risolvere problemi e superare conflitti

Per ridisegnare una nuova professionalità occorre riconoscere due piani di analisi: quello delle conoscenze e quello delle competenze. L’ambito delle conoscenze si riferisce a quelle pedagogico-didattiche e a quelle relative allo sviluppo e all’apprendimento. Le competenze possono essere inquadrate in quattro categorie di abilità: abilità personali, abilità di programmazione didattica, abilità di conduzione dell’insegnamento, abilità relazionali. Il terzo livello di abilità fa riferimento alla capacità di creare un clima adeguato per l’apprendimento, di promuovere l’educazione socioemotiva all’interno di ogni curriculum formativo, di organizzare e gestire opportunamente gli spazi e i tempi, di implementare momenti di osservazione e valutazione e di adattare il progetto didattico in relazione ad essi. Un aspetto centrale nel programma educativo risiede nel far comprendere ai bambini che le emozioni e i comportamenti sono due elementi che fanno parte della vita di ogni giorno ma che sono anche aspetti profondamenti diversi: mentre le emozioni, di qualsiasi tipo siano, vanno comunque accettate perchè segnali importanti che ci stanno comunicando qualcosa, i comportamenti possono, invece, essere positivi o negativi.

La classe è un microcosmo nel quale si intrecciano storie e vissuti personali differenti, in cui abitano insegnanti e alunni che vanno a formare un’unità che, come ricorda la teoria di campo di Lewin, è molto più della semplice somma delle parti. Ciò vale a dire che ogni comportamento di un allievo è una funzione regolata da due fattori: la sua personalità e l’ambiente che lo circonda e per comprendere il comportamento dell’individuotenuto conto del contesto. Il primo passo da fare è lavorare sulla costruzione di un clima cooperativo, dove tutti si sentano parte del gruppo senza alcun tipo di esclusione o di rifiuto.

Dunque, se vogliamo sperare che in futuro ci sia un aumento di persone in grado di gestire la propria emotività e di sintonizzarsi con i sentimenti degli altri, con una conseguente diminuzione di atti nocivi per se e/o per gli altri, non possiamo che iniziare insegnando a sviluppare l’intelligenza emotiva ai nostri bambini fin dalla loro nascita, e continuando il suo accrescimento attraverso la scuola.
“Ovviamente nessun percorso è una risposta al problema. Ma data la crisi che i bambini si trovano a fronteggiare, e data la speranza alimentata dai percorsi di alfabetizzazione emozionale, non dovremmo, ora più che mai, insegnare ad ogni bambino queste abilità, che sono essenziali per la vita? E se non ora, quando?” (Goleman, 1996).


Bibliografia:

  •  Goleman D., “Intelligenza emotiva. Che cos’è, perchè può renderci felici.”; 1996, Ed. Rizzoli, Milano.
  •  Morganti A., “Intelligenza emotiva e integrazione scolastica.”; 2012, Ed. Carocci, Roma

 

(a cura della Dottoressa Eleonora Mercadante)

 


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Tags: emozioni empatia intelligenza emotiva alfabeto emozionale autoconsapevolezza autocontrollo automotivazione competenza emotiva regolazione emotiva

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