Disagi emotivi e disturbi fisici
Nella moderna visione della medicina psicosomatica, la psiche e il soma sono una unità inscindibile, in cui tutto quello che succede in una parte, inevitabilmente, condiziona e influenza l’altra.
Gli studi più recenti hanno riportato che alcune malattie possono essere causate da disagi emotivi e una frequenza elevata di questi ultimi, unita a una certa intensità e durata di avvenimenti stressanti, possono essere corresponsabili di alcuni disturbi.
Peraltro, stimoli costanti e ripetuti possono essere maggiormente dannosi di singoli eventi stressanti circoscritti e limitati in un breve periodo di tempo comportando un’attivazione cronica del sistema nervoso vegetativo.
D’altra parte, l’ambiente caotico delle nostre realtà quotidiane, sia cittadine che lavorative, caratterizzato da elevati livelli di rumore, traffico, inquinamento, non solo acustico, può svolgere un ruolo importante nella formazione di alcuni sintomi poiché pone sollecitazioni varie e continue alle quali non sempre siamo pronti a fare fronte e reagire.
Uno studioso di nome Toffler, alcuni anni fa, parlò di una situazione che poteva presagire un “futuro schock”, poiché, secondo lui, la velocità prodotta dai cambiamenti prodotti dalla tecnologia è di gran lunga superiore alla velocità del nostro adattamento psicobiologico, aggiungendo, che potremo crollare, in un futuro sempre più probabile, nel tentativo di adattarci ai continui cambiamenti che potrebbero avvenire in futuro.
Purtroppo, l’uomo contemporaneo è orientato sempre più verso l’ideologia dell’avere, del denaro, del successo ad ogni costo, all’esteriorità e spesso basa la sua vita principalmente nel soddisfare le sue esigenze più esteriori allontanandosi dalla sua interiorità più profonda ed esponendosi in tal modo al rischio di disagi psicologici più o meno gravi.
Occorrerebbe allora ridimensionare questi bisogni e dare a loro il giusto peso per rimettersi sulla pista che conduce ai nostri bisogni più autentici e veri allo scopo di recuperare noi stessi e la nostra interiorità.
Nella moderna visione della medicina psicosomatica, la psiche e il soma sono una unità inscindibile, in cui tutto quello che succede in una parte, inevitabilmente, condiziona e influenza l’altra.
In questi ultimi miei articoli qui pubblicati, ho fatto riferimento anche al ruolo che ricoprono gli ormoni dello stress che produciamo quando siamo di fronte agli eventi dolorosi ai quali a volte la vita ci espone; queste sostanze, è stato riferito, possono essere responsabili di svariati disturbi e malattie, a volte anche importanti. E’ proprio il nostro sistema nervoso, infatti, che attraverso le sue componenti ortosimpatiche e parasimpatiche, è capace perfino di influenzare la nostra reattività immunitaria.
Per questo voglio fare riferimento ad un caso che destò interesse e scalpore qualche decennio fa: tre donne mastectomizzate da circa venti anni morirono solo in seguito alla comparsa di metastasi a pochi mesi di distanza dalla morte dei loro rispettivi coniugi. Questo caso fece parlare di sé in quanto poteva dimostrare l’effetto che possono avere alcuni eventi devastanti che possono insorgere nel corso della vita sulla salute psicofisica e sulla riacutizzazione di alcune malattie.
Molte ricerche attuali, inoltre, riferiscono che le persone che sono più aperte alla espressione di sentimenti ed emozioni e che non sono disposte a “mandare sempre giù”, sono risultate soggetti più a lunga sopravvivenza.
Secondo l’interpretazione analitica psicocorporea, l’esteriorizzazione del malcontento e dei sentimenti negativi, attraverso apposite e collaudate esperienze psicofisiche messe a punto, in particolare dall’analisi bioenergetica, in questi ultimi anni, può davvero aiutare a sciogliere le tensioni emotive accumulate quotidianamente nel corso degli anni e sedimentate nel corpo e può restituire all’organismo quella fiducia e quella vitalità che sembravano essere perdute.
Alcune ricerche nel campo della psicologia oncologica hanno appurato anche che i soggetti che presentano maggiore sopravvivenza appaiono individui meno stressati e più reattivi nei confronti della malattia e sono risultati maggiormente capaci di utilizzare i meccanismi proiettivi di difesa.
(Articolo a cura del Dottor Alfredo Ferrajoli)
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