Pillole di educazione socio affettiva ai tempi del CoVid-19
Il difficile compito di gestire tutto quello che stiamo provando in questa emergenza legata al Covid-19 (Coronavirus) ci porta a riflettere sul concetto di intelligenza emotiva.
La chiusura delle scuole e l’interruzione forzata di qualsiasi attività ha costretto milioni di famiglie italiane a ridefinire spazi, tempi e luoghi di condivisione. L’impossibilità di uscire, la riduzione dei rapporti interpersonali, la paura al solo pensiero di contrarre il virus sono tutti elementi in grado di destabilizzare l’equilibrio psicologico ed emotivo di adulti e bambini.
Ci troviamo in un periodo storico che comprensibilmente genera forti e differenti emozioni che hanno necessità di essere espresse, accolte e condivise. Questo vale soprattutto per bambini e adolescenti, i quali probabilmente non hanno ancora imparato a dare un nome o ad attribuire un significato a ciò che provano e sentono. I nostri figli potrebbero sentirsi spaventati, confusi, tristi, impauriti, angosciati, arrabbiati e allo stesso tempo avere difficoltà a capire il perché. In questa emergenza, è l’adulto di riferimento che ha l’arduo compito di fornire ai propri figli l’aiuto necessario per leggere ciò che sta accadendo dentro e fuori di loro.
Paura, tristezza, rabbia, sono emozioni che si provano quando non si è in grado di controllare e gestire la situazione in cui ci troviamo. Uno psicologo statunitense di nome D. Goleman (1997) fornisce uno strumento di supporto a tutte quelle figure di riferimento che in questo momento si trovano a dover regolare non solo il proprio, ma soprattutto lo stato emotivo dei propri figli: l’intelligenza emotiva, abilità chiave per lo sviluppo e mantenimento del benessere individuale e collettivo. Per possederla bisogna innanzitutto saper riconoscere le proprie ed altrui emozioni, dargli un nome e capire la loro funzione.
Lo sapevate che l’essere umano sin dalla nascita è predisposto a ricordare, e anche molto bene, gli eventi spiacevoli e le informazioni negative? Ebbene si, l’evoluzione ha ritenuto vincente che le reazioni prodotte sul nostro organismo dalle emozioni spiacevoli fossero così intense da indurci subito ad attaccare o scappare (Fight or Flight Response) da tutto ciò che temiamo, o che potrebbe mettere in pericolo la nostra stessa esistenza. In questo caso un neuroscienziato di nome J. Le Doux (1996, 2003) viene in nostro soccorso, spiegandoci che abbiamo un’aria specifica deputata per questo, l’amigdala (la regione del cervello che regola emozioni e motivazione) e che essa impiega pochissimi millisecondi a rilevare quello che percepiamo come pericolo ed emergenza. E’ una reazioni ancestrale e primitiva che il nostro organismo orchestra meravigliosamente per fronteggiare una situazione che temiamo.
In questo momento il rischio percepito a livello globale proviene da un virus a noi sconosciuto, che minaccia di mettere in pericolo qualcosa di molto prezioso: la nostra salute e quella dei nostri cari. Anche il contatto sociale improvvisamente è fonte di timore e preoccupazione. L’altro è diventato potenzialmente pericoloso perché percepito come possibile untore. A questa situazione bambini e adolescenti potrebbero rispondere in diversi modi, mostrando ad esempio cenni di preoccupazione e paura, oppure di irritabilità e irrequietezza.
Tutte queste sono risposte emotive, cognitive e comportamentali normali con funzioni ben specifiche. Quella della paura è di riconoscere subito la situazione temuta e scappare velocemente da essa, predisponendo il nostro corpo alla fuga. La funzione della rabbia è quella segnalare la presenza di una minaccia (fisica o simbolica) che ostacola il raggiungimento di uno scopo importante. Prepara il nostro corpo ad attaccare ciò che percepiamo pericoloso. La rabbia ha un’altra caratteristica, quella di spostare l’attenzione dalle nostre sensazioni di vulnerabilità all’altro: è tutto colpa dell’altro se ci troviamo in una situazione così catastrofica.
Anche la tristezza, lo sconforto, l’isolamento sono emozioni del tutto normali che bambini e adolescenti potrebbero esprimere in seguito ad esperienze di deprivazione delle attività didattiche e dei legami sociali abituali con i pari. Anche questa è una reazione normale con la quale non possiamo che fare i conti comprendendo la sua natura e funzione, cioè di comunicare che abbiamo perso qualcosa di importante (uno scopo, una persona) e necessitiamo di un periodo di riflessione costruire la nostra esistenza attorno a nuove priorità o scopi.
Mentre trascorriamo questi giorni di isolamento interminabili troviamo dei momenti della giornata per offrire a noi stessi ed ai nostri bambini uno spazio di ascolto, d’espressione e condivisione dei loro stati d’animo, delle loro sensazione ed emozioni del momento.
Attraverso fiabe, giochi e storie è possibile attribuire loro un nome e un significato, che altro non comporta che la comprensione del perché quello stato emotivo si è attivato in quel preciso istante. Educare alle emozioni è un esercizio utile a riequilibrare sentimenti e sensazioni troppe intense, che per questo diventano dannose.
Cogliamo l’aspetto positivo della pausa forzata che nostro malgrado stiamo vivendo.
References
- Goleman, D., (2011). Intelligenza emotiva. Rizzoli: Milano.
- Le Doux, J., (2003). The emotional brain, fear, and the amygdala. Cellular and molecular neurobiology, 23(4-5), 727-738.
- Le Doux, J., (1996). Il cervello emotivo, alle origini delle emozioni. Milano.
(Articolo a cura di Francesca Mangano, Psicologa Psicoterapeuta)
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