Il desiderio in una prospettiva evolutiva
Perché uno psicologo psicoterapeuta dovrebbe mantenere un atteggiamento critico verso il mondo contemporaneo, nei confronti dello spirito del suo tempo, mettendo ad esempio in discussione un legittimo desiderio di maternità e/o paternità?
DOTT. SERGIO STAGNITTA
“Alle volte l’anima desidererà ed effettivamente desidera una veduta ristretta e confinata in certi modi, come nelle situazioni romantiche. La cagione è il desiderio dell’infinito, perché allora in luogo della vista lavora l’immaginazione, e il fantastico sottentra al reale. L’anima s’immagina quello che non vede, che quell’albero, quella siepe, quella torre gli nasconde, e va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe se la sua vista si estendesse da per tutto, perché il reale escluderebbe l’immaginario.” (Giacomo Leopardi, Lo Zibaldone)
Generalmente noi associamo la parola desiderio a un oggetto tangibile, concreto, che vorremmo avere. Desiderio di una donna, di un uomo, desiderio di una casa, un viaggio, dei figli, un buon cibo, e così via. Da questo punto di vista l’assenza dell’oggetto desiderato produce una frustrazione che può farci provare una profonda sofferenza. Questo modello di desiderio di basa su di un processo che può essere descritto così: mi manca un oggetto specifico, lo desidero, metto in atto dei comportamenti per ottenerlo, se lo ottengo sono soddisfatto ma se non lo ottengo sono insoddisfatto, triste, frustrato e quindi mi blocco, sembra che la vita non mi dia più piacere, o peggio non abbia un senso.
Secondo questo modello la spinta vitale è legata al benessere personale, alla ricerca del piacere che ci deriva dall’ottenimento di qualcosa di tangibile.
Esiste però, in psicologia, un secondo modello di desiderio che pone gli esseri umani in una prospettiva evolutiva che tiene conto anche della dimensione immaginifica e spirituale oltre che di quella del reale.
In questa prospettiva il desiderio ha una radice diversa; non è una mancanza di un oggetto, sostanza o comportamento concreto, ma un vissuto, un processo, un’azione psichica che tende verso qualcosa. Il desiderio non ci porta alla soddisfazione immediata di qualcosa e nemmeno ci lascia immobili in attesa passiva. È una spinta che ci mette in cammino verso una determinata direzione. La differenza tra il primo e il secondo modello di desiderio sta nel modo di concepire il limite, l’impedimento. Nel primo caso il limite è un ostacolo da superare, da eliminare, per giungere alla meta. Nel secondo caso, il limite, ‘la siepe’ per dirla con Leopardi, è una risorsa, è l’elemento che ci consente di entrare in contatto con qualcosa di più profondo: “in luogo della vista lavora l’immaginazione, e il fantastico sottentra al reale”[1]
L’energia che attiva il desiderio nasce proprio dalla capacità di tollerare il vuoto, l’assenza dell’oggetto desiderato.
L’obiezione a questa mia riflessione potrebbe essere: “ma questa è una visione romantica della vita, un modo poetico per parlare di qualcosa di intangibile: l’infinito; non si potrà mai applicare alla vita concreta!”
Questa probabile obiezione mi consente di rispondere alla domanda iniziale che ci siamo posti, soprattutto riguardo al punto centrale della questione: "Perché uno psicologo/psicoterapeuta dovrebbe mettere in discussione un legittimo desiderio di maternità e/o paternità?"
Risponderei che la società moderna si sta sempre di più configurando come una società che deve a tutti i costi rompere il limite, considerarlo come un impedimento e non come una opportunità di crescita. Tutto ciò che si frappone tra me e la realizzazione del mio desiderio va contrastato, combattuto, anche quando non siamo sicuri se questo desiderio sia un bene per noi e la società stessa nella quale viviamo. Il limite, la siepe, è quell’elemento che ci consente di fermarci a pensare prima di compiere un’azione, ecco perché molti psicoanalisti sostengono che non esiste un desiderio senza la presenza di un limite. Collegare un desiderio alla legge, alle regole, consente quel giusto equilibrio, quella tensione creativa che ci permette di pensare a strade alternative laddove potrebbe esserci anche solo il rischio che il piacere personale crei disagio ad altri. Il desiderio, in sintesi, non può prescindere dalla relazione con l’altro.
[1] Ancora citiamo Giacomo Leopardi, Lo Zibaldone.
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