Counseling. Una nuova sentenza della Cassazione
Pronunciata dalla Cassazione una nuova sentenza che riserva il counseling agli iscritti all'Ordine degli Psicologi
La sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha bocciato, con una sentenza dello scorso 15 marzo 2016, il ricorso di una donna di Ravenna, già condannata dal Tribunale ed in Appello, per aver “esercitato abusivamente la professione di psicologo” in quanto i clienti che si rivolgevano alla ricorrente “a causa di disturbi di natura psicologica ottenevano sulla base di sedute fondate sul dialogo, una guida comportante l’indicazione dei rimedi volti alla prevenzione del disagio e/o guarigione del paziente”.
La donna si era qualificata, sia direttamente che attraverso il suo sito internet come ‘psicomatista di impresa’ ed offriva, secondo quanto sostenuto, counseling psicologico che, a suo dire, era sottratto alla competenza ordinistica e quindi poteva essere liberamente esercitato.
Nella sentenza la Suprema Corte accetta quindi la tesi della “Corte territoriale che esclude dunque coerentemente la ricorrenza nel caso di specie, connotato di fatto da attività di diagnosi e cura, dell’attività di counselling psicologico”. Attività quest’ultima che è esclusiva dello Psicologo iscritto all'Albo.
Infine la Corte non riconosce alla ricorrente la "non punibilità per particolare tenuità del fatto" poiché afferma, invece, che "al contrario, i giudici di merito hanno concordemente descritto modalità del fatto tali, per continuità, onerosità ed organizzazione, da creare l'oggettiva apparenza di una attività professionale posta in essere da persona con competenze specifiche e regolarmente abilitata, sicché appare preclusa ogni possibile valutazione delle copndotte contestate nel senso di una loro particolare tenuità".
Naturalmente la ricorrente è stata anche condannata al pagamento delle spese processuali.
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