L'impatto dell’alienazione parentale sui bambini
L’ alienazione parentale comporta la “manipolazione” di un minore, il quale si allea con un genitore denigrando e rifiutando emotivamente l’altro senza una reale motivazione.
Dopo un divorzio, il bisogno fondamentale di un bambino è quello di mantenere un rapporto sano e amorevole con entrambe le figure genitoriali.
Molto spesso, però, tale diritto viene negato da parte di un genitore, il quale, mette in atto una meschina vendetta contro l’ex coniuge, privandogli di qualsiasi tipo di relazione con il proprio bambino.
L’alienazione parentale comporta la “manipolazione” di un minore, il quale si allea con un genitore denigrando e rifiutando emotivamente l’altro senza una reale motivazione.
Essa si manifesta principalmente nel corso di un divorzio ed è segno, da parte di chi mette in atto il fenomeno della manipolazione, di incapacità di scindere il conflitto con il partner, dalle reali esigenze e desideri del bambino e del genitore alienato.
Richard Gardner definisce la sindrome di alienazione genitoriale, come "un disturbo che si pone principalmente nel contesto delle controversie sull’ affidamento dei figli". La sua manifestazione principale è la denigrazione da parte del figlio nei confronti di un genitore, una campagna che non ha alcuna giustificazione.
È il risultato di una combinazione di indottrinamento, una programmazione (lavaggio del cervello) di un genitore e dal contributo del figlio, verso la figura bersaglio.
Il bambino comincia ad avere una considerazione del genitore quasi esclusivamente negativa, al punto che quest’ultimo viene “demonizzato” come il male. (Gardner, 1985)
Come scrive Amy Baker, l’alienazione comporta una serie di strategie, messe in atto dal genitore alienante, tra cui:
- limitare il contatto del propro figlio con quel genitore;
- cancellare l'altro genitore dalla vita e dalla mente del bambino;
- costringere il figlio a rifiutare il genitore alienato, creando l'impressione che sia pericoloso;
- costringere il bambino a scegliere tra i genitori, per mezzo di minacce ,di ritiro di affetto.
Una ricerca condotta da Kruk, nel 2011 ,dimostra come alcuni genitori vittime di alienazione parentale hanno una maggiore difficoltà a ritrovare strategie alternative e costruttive, per instaurare il contatto con i propri figli, rispetto a altri genitori che, nel corso della propria vita, perdono il contatto con questi ultimi per altre ragioni.
L’alienazione parentale è un fenomeno più comune di quanto si possa immaginare.
Tale piano di vendetta, genera non solo gravi ripercussioni sul genitore alienato, ma anche, danni oggettivi che possono influire sulla crescita e sulla serenità dei figli.
Baker paragona la tattica manipolativa a un maltrattamento psicologico dove il bambino viene terrorizzato, isolato, danneggiato o sfruttato.
Nel bambino prendono forma false credenze sul genitore alienato, considerato come pericoloso e indegno.
Gli effetti a lungo termine più gravi sulla prole sono ben documentati:
- bassa autostima e odio di sé;
- mancanza di fiducia;
- depressione e abuso di sostanze e altre forme di dipendenza;
- perdita di capacità di dare e accogliere l'amore da un genitore.
I bambini che hanno subito la separazione forzata da uno dei genitori, in assenza di abusi, compresi i casi di alienazione parentale, sono altamente soggetti a stress post-traumatico, e gli sforzi di riunificazione con il genitore alienato, in questi casi, dovrebbero procedere con cautela e con sensibilità.
Un genitore che insegna al bambino ad odiare o ad aver paura dell'altro rappresenta un pericolo grave e persistente per la salute mentale ed emotiva di quest'ultimo.
I bambini alienati non sono meno danneggiati psicologicamente rispetto ad altri vittime di conflitti estremi (bambini rapiti, bambini violentati o costretti a combattere) che si identificano con i loro aguzzini per evitare il dolore e mantenere un rapporto con loro.
Tratto da Psycology Today
(Traduzione e adattamento a cura della dottoressa Addorisio De Feo Ilaria)
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