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Pre e Post Pandemia: come la vita di tutti noi è stata colpita?

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In questo articolo diamo spunti di riflessione e consigli utili per fronteggiare il post lockdown, con uno sguardo particolare rivolto ai bambini, che più di prima hanno bisogno di adulti presenti, autorevoli e coerenti e di ristrutturare una routine ormai perduta nel corso della pandemia.

di Susanna Frigerio e Chiara Filipponi

Pre e Post Pandemia come la vita di tutti noi è stata colpita

Introduzione

Data la situazione emergenziale attuale a causa del COVID-19, la vita di ognuno di noi è stata stravolta e, anche se, attualmente la situazione emergenziale sta lentamente rientrando, è doveroso chiedersi cosa si porterà dietro nei mesi a venire, perché è ancora ben lontana la normalità intesa come ritorno ad una vita precedente la pandemia.

Per oltre due mesi abbiamo vissuto in isolamento forzato con il mondo esterno, ma altrettanto forzato è stato lo stretto contatto con i membri della famiglia che, per quanto possa essere unita, ha sicuramente risentito di questa vicinanza continua e duratura obbligata, quasi “claustrofobica”.

Ma cosa succede quando la realtà che conosciamo cambia in modo imprevedibile e drastico?  Possibile che questo periodo passi senza lasciare tracce su di noi?

Ovviamente la risposta è no. Anche se non sono sempre fisicamente evidenti le conseguenze e gli strascichi dell’isolamento, della convivenza forzata, delle minacce alla vita, dell’esposizione alla morte o alla privazione economica, tutti questi eventi definiti “traumatici” si ripercuotono inevitabilmente sulla salute mentale di tutti noi.

Chi di noi, infatti, non ha accusato in questo periodo un aumento di stati di allerta o allarme, di tensione o agitazione e di stress psicofisico? La mancanza di certezza per il futuro, l’impossibilità di dare un ultimo degno saluto ai nostri cari e di elaborarne il lutto, l’impossibilità di sentirsi capaci ed efficaci svolgendo il proprio lavoro, sono tutti fattori che hanno contribuito a far crescere in noi il disagio provocato dall’isolamento.

Uno studio recentemente pubblicato su Lancet (Brooks et al., 2020) ha infatti rilevato gli effetti dannosi della quarantena sul benessere psicologico di persone che sono state sottoposte a isolamento forzato, riscontrando un aumento dei sintomi di stress post-traumatico, ansia, depressione, insonnia, paure di infezione, confusione e rabbia, frustrazione, noia, e di stigmatizzazioni. Un altro studio (Mucci, Mucci, & Diolaiuti, 2020), specificamente rivolto alla presente pandemia e condotto sulla popolazione generale, ha rilevato come, nonostante le misure restrittive adottate abbiano contenuto il diffondersi del COVID-19, la salute psico-fisica di molti di noi è stata minacciata dal propagarsi di sentimenti di incertezza, paura e disperazione e, per tali ragioni probabilmente in un futuro prossimo, i professionisti della salute mentale saranno chiamati ad affrontare una “pandemia parallela” caratterizzata da disturbi da stress acuto o post-traumatici, disturbi emotivi, alterazioni del sonno, depressione, e anche suicidi.

Pertanto, ora che la situazione emergenziale sta lentamente rientrando è il momento di fermarsi un attimo a pensare all’impatto di questa esperienza sulla nostra salute fisica e psichica e a come poter meglio contenere i conseguenti effetti dannosi sui sistemi emotivi, comportamentali, di pensiero e relazionali che risultano essere stati messi a dura prova negli ultimi mesi. In particolare, occorre dedicare un’attenzione specifica ai minori, che sono tra i soggetti più fragili della nostra società e ai quali purtroppo molto spesso non si dà la giusta importanza.

Ognuno di noi, infatti, è stato chiamato ad affrontare e sopportare per il bene di tutti cambiamenti sostanziali, bambini compresi, dai più piccoli fino ai ragazzi alle prese con l’età adolescenziale.  Se è vero che a noi adulti è data la possibilità di reperire informazioni e spiegazioni leggendo, ascoltando le notizie e informandoci in modo adeguato, questo non lo è stato per i bambini. Anzi, l’unico strumento intermediario che i più piccoli hanno a disposizione con il mondo esterno sono proprio i genitori. Ecco perché è fondamentale che quest’ultimi siano in grado di dare comunicazioni chiare, semplici e coerenti, evitando informazioni minacciose che possono essere fonte di stress ed allarme in quanto poco comprensibili per i più piccoli. I genitori, oggi più che mai, devono svolgere la funzione di contenimento e rispecchiamento emotivo (Fonagy & Target, 2001), devono rappresentare un porto sicuro (Bowlby, 1989) in mezzo alle incertezze del momento storico che stiamo vivendo. I bambini e i ragazzi hanno bisogno di adulti presenti, autorevoli e coerenti.

Il lockdown e la perdita di routine

Vivere in un ambiente mediamente prevedibile è fondamentale per il benessere di ognuno, soprattutto per i più piccoli.

Le routine permettono ai bambini di trovare un ordine nelle giornate e di prevedere con certezza ciò che sta succedendo, offrendo un senso di sicurezza e controllo sulla realtà che li circonda. Ed è proprio grazie ai modelli di comportamento di riferimento, ossia i genitori o figure di riferimento primarie (Bandura, 1986), che i bambini imparano a strutturare il proprio comportamento e, grazie alle routine, riescono ad adattarsi alla realtà circostante vivendola come più conosciuta, tangibile e meno incerta.

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Ma vediamo insieme il ruolo della routine…innanzitutto, creano stabilità e regolarità, permettono di conoscere sé stessi, gli altri e l’ambiente, fungono da regolatori emotivi e di controllo, garantiscono il benessere e la vita relazionale e consentono nuovi apprendimenti e autonomie.

Pertanto, le routine costituiscono riferimenti concreti e sicuri per garantire uno sviluppo sano dei nostri processi cognitivi, emotivi, comportamentali e relazionali.

E con la pandemia?

La nostra vita, fino a poco fa, era scandita e caratterizzata da ritualità, che ne definiva le giornate. Con l’esplosione della pandemia, invece, le famiglie hanno dovuto ristrutturare tali ritualità e rielaborare i tempi della quotidianità.

Lo stesso Bessel Van der Kolk, uno dei maggiori esperti di trauma psicologico a livello internazionale, ha definito questa fase di emergenza come una condizione pre-traumatica. Tra gli aspetti caratterizzanti tale condizione, infatti, egli individua proprio la rinuncia forzata alle nostre attività routinarie in quanto genera mancanza di prevedibilità e perdita del senso di agency, ossia la sensazione di poter esercitare un controllo sulle proprie azioni e, attraverso esse, sul mondo (Van der Kolk, 2020).

Tutto ciò è stato esacerbato dalla completa chiusura e allontanamento dalle situazioni di vita precedenti. La chiusura dei posti di lavoro, e ancor di più la chiusura delle scuole, così come il blocco di ogni attività sociale e sportiva, hanno generato stati di caos e insicurezza, hanno alternato le nostre routine (Lee, 2020) e generato difficoltà a cui prima non si pensava minimamente, ossia come riempire le nostre giornate?

Dunque, è di fondamentale importanza, soprattutto in situazioni di emergenza, ritrovare una propria stabilità e regolarità al fine di ritornare a normali ritmi circadiani e a ristrutturare una propria routine perduta.

Ma come possiamo recuperare una routine perduta?

Vediamo insieme alcuni esempi…innanzitutto, è doveroso chiedersi cosa facessimo prima della pandemia, tale capacità di auto-riflessione e introspezione rispetto a ciò che rendeva le nostre giornate “normali” potrebbe incrementare la nostra consapevolezza, autonomia e senso di agency fondamentali per ristabilire un equilibrio psichico personale. Poi, è necessario difendere i normali ritmi biologici, perduti durante la quarantena e lo si può fare a partire dalla scansione organizzata della giornata, dai pasti alle attività, e ad ogni altro dovere e piacere da assolvere.

Ma, aspetto da non trascurare è anche il mantenimento e la ristrutturazione dei propri spazi personali e individuali, che sono risultati intaccati negativamente dall’aumentata (e obbligata) condivisione degli spazi comuni. Ogni componente della famiglia, grande e piccolo che sia, deve ritagliarsi un proprio momento personale e, nel caso dei bambini, sono i genitori a dover permettere che questo accada. Non lasciamo che i bambini perdano la possibilità di sperimentarsi attraverso il gioco e, cosa altrettanto fondamentale, cerchiamo di far parte e di condividere con loro, per quanto possibile, quegli spazi di gioco nel quale i bambini spesso si rifugiano per dare voce ai propri bisogni e sofferenze.

E la scuola?

Anche la chiusura delle scuole ha accentuato il problema della perdita di una normalità nei bambini, così come negli adulti. 

La scuola a distanza, seppur strumento doveroso in situazioni di emergenza, si porta dietro numerose problematicità, prima fra tutte la possibilità di accesso agli strumenti digitali da parte delle famiglie. Si è già riscontrato un aumento delle distanze di apprendimento tra i bambini con famiglie di basso ceto sociale rispetto alle altre ed è molto probabile che assisteremo, nei mesi futuri, ad un’esacerbazione della differenza e incremento dei fenomeni discriminatori e stigmatizzanti. I bambini che vivono in famiglie povere infatti si ritrovano in condizioni che rendono difficile il proseguimento della scuola da casa. Gli ambienti di apprendimento online tipicamente richiedono un computer e un collegamento alla connessione internet affidabile, che spesso le famiglie più povere non hanno.

Ma guardiamo nel dettaglio i dati...in Italia gli ultimi dati ISTAT disponibili parlano di un 42% dei minori che vive in una condizione di sovraffollamento delle proprie abitazioni e di un 7% di bambini e adolescenti vittima di un grave disagio abitativo. Ed è soprattutto in queste case, con famiglie in condizioni economiche ulteriormente disagiate, che i bambini e gli adolescenti cercano uno spazio per studiare e concentrarsi. La didattica a distanza infatti non è stata in grado di raggiungere tutti. Si stimano infatti ben 9.040.000 studenti, tra bambini e ragazzi, e oltre un milione di bimbi dei nidi e dei servizi educativi della prima infanzia, che hanno interrotto la scuola. Nello specifico, il Ministero dell’Istruzione riporta che mancano all’appello circa oltre 500mila studenti, ossia il 6% della popolazione scolastica rappresentata da studenti che vivono in famiglie con maggiori difficoltà socioeconomiche e culturali (Marchetti & Guiducci, 2020). Dato allarmante per un Paese come l’Italia, inserito in un’Europa sempre più competitiva anche dal punto di vista scolastico ed educativo.

Oltre alle sfide educative, tuttavia, le famiglie a basso reddito dovranno affrontare un’ulteriore minaccia: la pandemia, ancora in corso, potrebbe portare ad una recessione economica che aumenterà il livello di povertà delle famiglie più disagiate, con ulteriori conseguenze dannose a lungo termine sulla salute, sul benessere e sugli obiettivi di apprendimento dei più piccoli (Van Lancker & Parolin, 2020).

In aggiunta a ciò, bisogna considerare i limiti indotti dalla quarantena rispetto all’esercizio fisico. Nonostante l’attività sportiva sia uno dei fattori che garantiscono il mantenimento del benessere psicofisico e uno sviluppo adeguato di bambini e ragazzi, quest’ultima non è stata in alcun modo contemplata, salvo rare situazioni. I bambini costretti a casa, infatti, difficilmente hanno raggiunto i 60 minuti al giorno di attività fisica da moderata a vigorosa, consigliati dall’OMS (Ganzit & Regis, 2020). Tutto questo ha mette a rischio non solo il benessere fisico e mentale di bambini e adolescenti, ma aumenta il rischio di consolidare abitudini di salute pericolose, come l’incremento del tempo passato davanti ad uno schermo digitale e alterazioni del comportamento alimentare, con le note conseguenze negative che ne potrebbero derivare (Lee, 2020).  Ed è per questo che sarebbe opportuno soffermarsi a riflettere e pensare se abbiamo fatto lo stretto necessario per dare ai giovani ciò di cui avevano e hanno tuttora bisogno. Uno spazio in cui dare libero sfogo alle proprie emozioni, sentimenti e pensieri e aumentare le capacità di regolazione e di controllo dei propri comportamenti. Perché uno dei fondamenti propri dell’attività sportiva è quella educativa. Oltre alle lezioni didattiche a distanza, quindi sarebbe stato auspicabile attivare dei corsi di allenamento fisico a distanza.

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Le criticità discusse fino ad ora, purtroppo, si ritrovano ulteriormente amplificate nelle famiglie con bambini che presentano problemi di apprendimento e/o disabilità e che nella stragrande maggioranza dei casi hanno interrotto qualsiasi forma di sostegno (Marchetti & Guiducci, 2020). Un’indagine specifica [RADAR (EspeRienze nell’emergenzA COVID-19 nei bAmbini con disabilità e nei loro genitoRi); (Montirosso et al., 2020)] condotta dall’IRCCS Eugenio Medea in collaborazione con i centri presenti in 6 regioni italiane (Lombardia, Veneto, Friuli, Liguria, Puglia e Campania) ha preso in esame 1630 bambini di età compresa tra 0 e 10 anni con varie disabilità (disturbo del linguaggio, dell’apprendimento, deficit motori, disturbo dello spettro autistico e disabilità intellettive) riportando un incremento significativo di comportamenti problematici. In particolare, per un bambino su tre si rileva un aumento di comportamenti internalizzanti, ansioso-depressivi, problemi di attenzione e comportamenti aggressivi.

Bisogna pertanto attivarsi al fine di rassicurare e garantire il ritorno ad una quasi-normalità o nuova-normalità, perché ormai dobbiamo accettare che in un modo o nell’altra tale esperienza rimarrà segnata nella nostra memoria affettiva.

Post lockdown: considerazioni conclusive

In relazione a quanto rilevato nei paragrafi precedenti, lasciamo alcune riflessioni che possono essere utili per integrare una continuità che è stata spezzata in tutti i piani della vita personale e sociale. 

Quali ulteriori problematiche dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi? Davvero questo lockdown ci lascia impoveriti e senza risorse?

Difficile quantificare i danni e le problematiche che ci troveremo ad affrontare nei prossimi mesi, nonostante come precedentemente evidenziato ci possiamo prospettare un impatto negativo della pandemia sulla nostra salute fisica e mentale.  Quanto ci lascerà segnati questa pandemia dipende in gran parte dall’individualità di ciascuno di noi, dalle capacità personali di gestire situazioni stressanti e non, dal supporto e dalla rete sociale presenti e così via. Tuttavia, ponendoci a fare un bilancio tra aspetti positivi e negativi, sicuramente qualcosa questa pandemia ci ha lasciato. Costretti in casa, abbandonati i ritmi frenetici della vita quotidiana, destrutturate le nostre giornate e allentate le scadenze lavorative o scolastiche, se non del tutto interrotte o in parte ridotte, è aumentato il tempo in sospeso, un tempo che potrebbe sembrare perduto ma che, a chi ha saputo farne tesoro e risorsa, ha lasciato qualcosa di positivo.  

Il lato positivo della pandemia: uno sguardo personale

Esistono diversi modi di percepire e vedere le cose, e ciò determina il modo in cui ci rappresentiamo la realtà e di conseguenza ci adattiamo alla stessa. Non esiste un modo giusto o sbagliato di vedere le cose, ognuno ha il proprio modo e anche in situazioni traumatiche, come quella vissuta e che continueremo a portarci dietro, ci sono coloro che hanno tratto profitto dalla stessa o potranno un domani farne tesoro.

E cosa potremmo aver imparato o potremmo imparare dalla stessa?

  • Sicuramente abbiamo imparato a fermarci, a respirare e ad ascoltarci. Abbiamo imparato a dare voce al tempo e a non tenere monitorato l’orologio e il calendario.
  • Abbiamo imparato sulla nostra pelle cosa conta davvero nella vita di tutti i giorni, rivalutare le nostre priorità, riconsiderare il valore delle piccole cose.
  • Abbiamo avuto il tempo di ripensare e rivedere le scelte fatte, abbiamo avuto la possibilità di cambiare o di non farlo.
  • Abbiamo imparato ad apprezzare la nostra libertà, abbiamo riconsiderato il valore che ha per noi il nostro lavoro, il nostro ruolo nella società.
  • Abbiamo deciso di intraprendere una nuova strada o di ripercorrere una vecchia.
  • Ci siamo scoperti capaci di creare nuove routine, nuovi apprendimenti, nuove gestioni della quotidianità.

Bambini e ragazzi, studenti e figli ci hanno insegnato e ci hanno aiutato a trasmettere nozioni, apprendimenti ed emozioni attraverso uno schermo.  Ci hanno aiutato ad essere più presenti, più coerenti, più responsabili, ad essere più creativi e riflessivi, e a dare spazio alle emozioni e agli affetti.

Ecco cosa questa pandemia in mezzo a tanta sofferenza ha fatto fiorire: la consapevolezza di poter essere resilienti.

E tutto questo non deve andare perduto. Deve essere coltivato e annaffiato ogni giorno. La vita non ci viene regalata per una seconda volta e dobbiamo prendercene cura.

E proprio per diverse prospettive da cui la realtà può essere vista, percepita, o sentita, cerchiamo di imparare a vedere le cose da un altro lato, quello positivo, evitando di rimanere bloccati in circuiti di pensieri negativi e privi di via di uscita. Questo non vuol dire cambiare le cose, ma elaborarle ed accettarle per quelle che sono, scovando nelle stesse degli spunti da cui crescere sia interiormente che esteriormente.

E se non siamo in grado di farlo da soli, chiediamo aiuto, senza vergogna e timore perché ognuno di noi ne ha bisogno e non per questo deve sentirsi più fragile. L’aiuto permette non solo il supporto e la trasmissione di strumenti o mezzi per far fronte a situazioni difficili, ma anche e soprattutto il rinforzo di risorse già presenti che spesso dimentichiamo di avere o a cui non diamo importanza.

 

Bibliografia

  • Bandura, A. (1986). Social Foundations of Thought and Action: A Social Cognitive Theory. New Jersey, NJ: Prentice-Hall.
  • Bowlby, J. (1989). Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento. Milano: Raffaello Cortina Editore.
  • Brooks, S. K., Webster, R. K., Smith, L. E., Woodland, L., Wessely, S., Greenberg, N., & Rubin, G. J. (2020). The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence. The Lancet, 395(10227), 912–920. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)30460-8
  • Fonagy, P., & Target, M. (2001). Attaccamento e funzione riflessiva. Milano: Raffaello Cortina Editore.
  • Ganzit, G. P., & Regis, G. (2020). Osservatorio Attività ginnico-sportiva : i benefici sulla salute in periodo di emergenza CoViD-19 . Come organizzare una rapida ripresa. Recenti Progressi in Medicina, (111), 1–5.
  • Lee, J. (2020). Mental health effects of school closures during COVID-19. The Lancet Child & Adolescent Health, 4(6), 421. https://doi.org/10.1016/S2352-4642(20)30109-7
  • Marchetti, F., & Guiducci, C. (2020). COVID-19 e bambini: Le due facce di una diversa medeglia. Medico e Bambino, (4), 219–221.
  • Montirosso, R., Mascheroni, E., Guida, E., Piazza, C., Sali, M. E., Molteni, M., & Gianluigi Reni. (2020). RADAR (EspeRienze nell’emergenzA COVID-19 nei bAmbini con disabilità e nei loro genitoRi). Retrieved from https://emedea.it/medea/en/news-archiviate/11-news/329-covid-e-distanziamento-sociale-il-disagio-psicologico-nei-bambini-con-disabilita-e-nelle-loro-famiglie
  • Mucci, F., Mucci, N., & Diolaiuti, F. (2020). The relevance of COVID-19 pandemic to psychiatry. World Psychiatry: Official Journal of the World Psychiatric Association (WPA), 19(2), 261. https://doi.org/10.1002/wps.20764
  • Van der Kolk, B. (2020). Nurturing our mental health during the COVID-19 pandemic. Webinar 3rd April 2020. Retrieved from https://www.besselvanderkolk.com/blog/how-we-can-nurture-our-mental-health-during-the-covid-19-pandemic
  • Van Lancker, W., & Parolin, Z. (2020). COVID-19, school closures, and child poverty: a social crisis in the making. The Lancet Public Health, 5(5), e243–e244. https://doi.org/10.1016/S2468-2667(20)30084-0

 

(Articolo a cura di Susanna Frigerio, neuropsicologa, psicoterapeuta in formazione,
e Chiara Filipponi, assistente di ricerca, psicologa in abilitazione.

Dipartimento di Psicologia, Università degli studi di Milano, Italia)

 

 

 


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Tags: routine adulti bambini, benessere psicologico covid-19

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