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Affrontare il rapporto madre-bambino. Intervista a Maria Amati

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on . Postato in Le interviste di Psiconline® | Letto 2620 volte

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Abbiamo incontrato e intervistato Maria Amati, psicologa e psicoterapeuta, autrice per i tipi delle Edizioni Psiconline del volume NELLA PELLE DEL BAMBINO. FIGURA MATERNA E COSTRUZIONE DEL SE', appena pubblicato e fresco vincitore della Sezione di Saggistica del VII° PREMIO EDITORIA ABRUZZESE.

nella pelle del bambino intervista con maria amatiUn libro interessante che affronta un argomento particolarmente complesso che può incidere profondamente nella vita delle persone e della stessa società per i riflessi che comporta.

All'autrice abbiamo chiesto di rispondere ad alcune domande che sono state sollevate dalla lettura del testo e, con grande cortesia e disponibilità, la Dottoressa Amati ha accettato di sviscerare con noi gli argomenti presenti nel suo libro e di approfondirli così da consentire a tutti di avvicinarsi ad un argomento particolare e coinvolgente come il rapporto fra madre e bambino.

Dottoressa Amati, lei afferma nelle prime righe del libro, che l'emozione di scoprirsi madre per una donna è "inebriante, un'emozione che genera un mondo". Sembra una realtà ovvia ma poi, nella realtà quotidiana, ci troviamo costantemente di fronte a problemi, fatica, delusioni, paure relative alla stessa maternità. Perché, a suo giudizio, esiste questa contraddizione così forte?

La maternità è un’esperienza intensa, che coinvolge la donna sul piano emotivo e relazionale. Ed è un’esperienza unica per ogni donna e, proprio per questo, imprevedibile, nessuno può sapere prima quali emozioni proverà, quali pensieri e quali sensazioni potrà generare. Inoltre tutti si aspettano che la maternità provochi gioia e serenità, prontezza d’azione e consapevolezza, dunque nessuno è preparato a vissuti contrastanti ed opposti. La maternità coinvolge profondamente i vissuti più intimi della donna, oltre che mettere a dura prova la resistenza fisica. Genera dubbi ed incertezze sulle proprie capacità, fa emergere ricordi dal passato inerenti al rapporto con la propria madre, ricordi che possono anche non essere lieti e minare il senso di autoefficacia della donna. Il mondo di cui parlo nel libro riguarda proprio questa ampia gamma di emozioni e vissuti contrastanti, che sono legati strettamente ad ogni donna, alle sue esperienze, al suo vissuto emotivo, alle relazioni che ha ed ha avuto, alle risorse interiori ed alle risorse esterne, ai legami che ha creato.

Nulla di tutto ciò è prevedibile e nessuna esperienza di maternità può essere ripetibile, e probabilmente è questo il bello di questa esperienza. La non prevedibilità implica il disorientamento dovuto al non sapere cosa si proverà e come si saprà reagire. Se a tutto ciò aggiungiamo lo squilibrio ormonale che subisce la donna dopo il parto e lo stereotipo che vorrebbe ogni donna felice con il suo bambino tra le braccia, il risultato è un profondo senso di colpa e vergogna della donna che subisce un periodo di maternity blues o depressione post-parto e che genera vissuti emotivi difficili da superare se non si ha il supporto di esperti. Molto spesso la solitudine, anche se non fisica ma emotiva, della donna dopo il parto è la premessa ad eventi spiacevoli che riempiono le pagine di cronaca.

Lei afferma che le storie di famiglia ruotano intorno alla maternità, quasi che la figura paterna non abbia particolare importanza nella genesi emozionale del bambino. E' così, oppure abbiamo interpretato male il suo pensiero?

Ognuno di noi è il prodotto, unico ed irripetibile, della combinazione di due relazioni, quella materna e quella paterna. L’importanza che entrambi hanno nella costruzione della personalità, del bagaglio relazionale, del bagaglio emotivo, è ugualmente distribuita. In questo libro ho voluto concentrare l’attenzione sul ruolo materno, perché è la prima relazione che ogni essere umano sperimenta ed è la relazione che più incide sulla costruzione dell’identità e della personalità, del senso di sicurezza e di autoefficacia. La mamma è il “primo oggetto d’amore”, il primo specchio nel quale riconoscersi e riconoscere la propria immagine, la prima persona da cui è importante trovare amore ed approvazione per poter creare un’immagine di sé come soggetto amabile e degno di essere amato.

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Ma gli stessi meccanismi che valgono per la trasmissione materna dell’esperienza passata e presente, vale anche per la sfera paterna: anche i padri portano nella relazione con il figlio la propria esperienza con la figura paterna e l’idea che da questa deriva sul ruolo genitoriale. Il messaggio che voglio passare riguarda la complessità della relazione genitoriale, tanto materna quanto paterna. È come se assistessimo ad un intreccio di vite, esperienze ed esistenze che generano un individuo unico nelle sue espressioni interiori. A tutto ciò aggiungiamo anche che l’esperienza materna e paterna interagiscono con la personalità del bambino che a questa reagisce, e dalle prime prende qualcosa, mantenendola e replicandola in un nuovo intreccio relazionale, mentre altre le scarta.

L'istinto materno è una delle "mitologie" che quotidianamente vengono in qualche modo messe in discussione. Quando sentiamo eventi di cronaca così efferati da parte di mamme siamo portati a chiederci se esista davvero oppure no. Lei dedica un intero capitolo all'argomento. Che ne pensa?

Credo che l’idea che esista in ogni donna una parte innata che predispone al rapporto con il proprio figlio sia un’idea rassicurante. Credo anche che l’idea che si ha dell’istinto materno, come una sorta di guida innata interiore tendente spontaneamente alla reazione positiva ed efficace nella cura del neonato, sia fuorviante. L’idea di relazione materna che esprimo nel libro è legata più alla dinamica relazionale che a qualcosa di innato. Le donne non sono programmate per essere madri, bensì sono più o meno portate ad intessere una buona relazione materna, anche in seguito all’esperienza con la propria madre. La maternità è relazione, non istinto, è un legame che si costruisce giorno dopo giorno in un gioco di scoperta, crescita e costruzione reciproca.

Diversi studi scientifici dimostrano che la comunicazione fra madre e figlio inizia fin dalla gestazione, il feto inizia già nel grembo a conoscere e riconoscere la mamma, questo dimostra quanto la relazione materna sia più legata alla comunicazione intersoggettiva ed emotiva, piuttosto che ad un istinto primordiale. Madre e figlio comunicano senza parole non perché una predeterminazione genetica li porti a farlo, ma perché hanno iniziato a creare il loro “linguaggio personale” durante i nove mesi di gestazione.

Ma le mamme "cattive" esistono? E se si, perché? Cosa le spinge ad esserlo davvero?

Quando parliamo di “cattive madri” l’aggettivo “cattive” può essere inteso in modi diversi: cattive madri sono considerate le donne che non vivono serenamente il ruolo genitoriale, non provano gioia nell’accudire ventiquattro ore su ventiquattro un neonato, vivono come una costrizione la dipendenza che le lega al piccolo nei primi mesi, e sostanzialmente non si sentono gratificate dal ruolo materno. Questi sentimenti le portano ad avere una relazione emotivamente distaccata col neonato. A loro volta potrebbero vivere la maternità in questo modo a causa della relazione distaccata che la loro madre ha riservato loro, situazione per cui questo è l’unico modo che conoscono di accudire un bambino. Oppure semplicemente non sentono questo legame come soddisfacente o sintonico alla propria personalità.

Oppure ancora affrontano la maternità in un momento sbagliato della vita. E poi ci sono madri violente ed aggressive, che riversano nella relazione col figlio i loro sentimenti negativi e una rabbia la cui origine è legata all’esperienza specifica di ogni donna. Dunque cosa spinga alcune donne ad odiare, anziché amare, i propri figli non si può dire a priori, la risposta va cercata nei singoli casi, nelle singole storie. Comunque anche se non è facile da ammettere esistono madri cattive, più o meno consapevolmente, e lasciano segni profondi.

E le mamme che "soffocano" i figli, che tipo di ruolo hanno nella costruzione di una corretta relazione con se stessi e con la propria vita quotidiana?

Una madre troppo presente, che “soffoca” l’espressione dell’identità del figlio ne ostacola la costruzione di un’idea di sé efficace. Dobbiamo pensare che il ruolo del genitore è camminare accanto al figlio come se fossimo rotaie che definiscono la giusta direzione, ma con tante deviazioni per quante sono le aspirazioni che con la crescita esprimono i nostri figli.

Fare da guida, accompagnarli anche ella scoperta di se stessi e di quello che vorranno essere nella loro vita. Immaginiamo che un individuo non viaggi sui suoi binari ma su binari predisposti dalla madre, la conseguenza è che non potrà fare scelte autonome e questo individuo vedrà la sua vita condotta da un’altra persona, come se fosse una marionetta. Una madre opprimente non lascia al figlio la libertà di esprimere pienamente la sua personalità, i suoi talenti, le sue ambizioni, e fare della propria vita ciò che più desidera in sintonia con la sua identità; il risultato a livello emotivo potrebbe essere un scarso livello di autostima ed autoefficacia ed un graduale distacco del soggetto dal suo mondo interiore ritenuto non degno di credibilità e di valore.

L’effetto campana prima o poi lascia il soggetto senza ossigeno, ossia senza la vitalità e la voglia di chiedere alla vita ciò che si desidera.

Insomma, essere mamma è davvero complesso e non sempre si riesce a comportarsi in modo giusto e/o corretto. E' così oppure invece si deve essere "naturali" senza preoccuparsi troppo delle conseguenze che ci saranno?

L’idea di base che ho cercato di esprimere in questo libro è che il rapporto fra madre e figlio deve essere inteso come una relazione, un legame che va creato, costruito, mantenuto. In questa mia visione non contano i singoli momenti quanto piuttosto il percorso, il viaggio che madre e figlio compiono insieme. Essere consapevoli di quello che si è, del proprio passato, delle proprie emozioni di quanto e come tutti questi fattori possono entrare ad influenzare il rapporto con il proprio figlio, ritengo che sia importante per evitare di compiere azioni che possono inficiare la relazione stessa, e di conseguenza il sereno sviluppo della personalità del minore.

Dunque posso affermare che sicuramente essere “naturali” è fondamentale, anche perché non potrebbe essere altrimenti e costruire e pianificare ogni azione per il resto della vita, ma la naturalezza deve implicare la consapevolezza della complessità del ruolo genitoriale, di quanto questa sia importante nella costruzione di una personalità sicura e solida.

Il mondo adulto, come emerge dal suo volume, è fortemente influenzato dal ruolo materno. Cosa fare per renderlo migliore e per evitare di cadere in errori evitabili?

Ritengo che la chiave sia nell’educazione emotiva, accrescere tutti la consapevolezza che educare un figlio significa anche insegnargli a comunicare emotivamente in maniera adeguata; essere madre, e padre, non vuol dire solo dare regole ma anche insegnare a gestire le emozioni.

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Essere una guida morale e relazionale per il figlio vuol dire accompagnarlo nella costruzione ed espressione della propria personalità. Noi comunichiamo molto di più attraverso il canale non verbale, e dunque anche attraverso le emozioni, soprattutto quelle inespresse ed irrisolte, piuttosto che con le parole; ed allo stesso modo si ferisce più con le azioni che con le parole. Essere consapevoli di questo e del proprio mondo emotivo, rende più rispettosi del mondo emotivo dell’altro, e più attenti alle reazioni che i nostri modi di essere od esprimerci hanno sulle persone con cui interagiamo.

A questo punto ci sembra di aver davvero scandagliato tutto il volume e le sue profonde implicazioni e grazie alla sua cortesia siamo riusciti, crediamo, a far meglio comprendere ai lettori di cosa si tratta. La ringraziamo della sua cortesia e buona fortuna per il suo libro.

 

NELLA PELLE DEL BAMBINO. FIGURA MATERNA E COSTRUZIONE DEL SE'

Autore: Maria Amati
Pagine: 110
Editore: Psiconline (21 novembre 2019)
Collana: Punti di vista
ISBN-13: 978-8899566265
Prezzo: € 14.00

 

 

 

 


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