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Cinema e Psicologia. Sergio Stagnitta ci racconta la sua passione

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on . Postato in Le interviste di Psiconline® | Letto 7290 volte

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Cinema e Psicologia spesso viaggiano a braccetto e si scambiano ruoli e trame. Il Cinema attinge alla Psicologia e la Psicologia trae dal Cinema esempi e metafore. Un connubio incredibile che Sergio Stagnitta esplora quotidianamente e che Psiconline ha voluto esplorare con questa intervista.

sergio stagnitta cinema e psicologiaAncora una volta Psiconline cerca di portare i suoi lettori a contatto con quanto di meglio caratterizza oggi la psicologia italiana affrontando, volta per volta, temi particolari ma di grande interesse.

Incontriamo oggi Sergio Stagnitta, psicologo e psicoterapeuta, grande appassionato di cinema che ha trasportato la sua passione all'interno della sua professione coniugando insieme proprio il cinema con la psicologia.

Binomio davvero interessante perché il cinema, come forma d'arte e di espressione, non può non essere caratterizzato da contaminazioni con una materia così poliedrica e pervasiva come la nostra Psicologia e con Sergio vogliamo approfondire questa pervasività e come la stessa si caratterizza ed emerge all'interno di una trama, di un racconto, di una storia narrata sulla pellicola.

Come è nata, prima di tutto, la tua passione per il Cinema?

La mia passione del cinema non è stata folgorante come molte persone spesso affermano. In me è cresciuta lenta e costante nel tempo. Rispetto ad altre forme d’arte, mi sono accorto che il cinema riusciva ad entrare dentro di me con una forza prorompente. Molto spesso, un tempo come oggi, quando guardo un film particolarmente bello mi rimangono dentro le immagini, i dialoghi e per diverso tempo mi ritrovo a fantasticare sulla storia. Mi capita che mi incuriosisce un attore, un attrice o il regista e allora cerco di procurarmi qualche libro, meglio se una biografia, per conoscere di più quella persona.

Per descrivere la potenza del cinema vi racconto di un mio ricordo da adolescenze, quando per la prima volta, con mio fratello, abbiamo visto in tv il film “Rocky”, il primo naturalmente. Ricordo quella serata in maniera ancora vivida: eravamo entrambi sudati, eccitatissimi dai pugni dati e ricevuti, tifavamo per Rocky Balboa. Noi in quel momento stavamo veramente assistendo ad un incontro di pugilato e non ad un film, stavamo provando delle forti emozioni come se stessimo noi stessi a combattere, soffrendo per i pugni ricevuti e scaricando la rabbia per quelli dati. Alla fine del film eravamo entrambi privi di forze ma felici, credo che quella notte ho dormito come poche volte nella mia vita! Lo stesso non si può dire per un altro film vissuto così intensamente, ovvero: “Profondo rosso”.

Per una settimana circa, pur non essendo piccoli, sempre con mio fratello, abbiamo dormito nella camera dei nostri genitori. Anche se poi, durante la giornata, giocavamo a chi resisteva di più nella stanza, completamente al buio, ad ascoltare la “terribile” musica del film. Avevamo paura ma, nello stesso tempo, cercavamo di tenere alta l’eccitazione che ci aveva lasciati il film, riproducendola dal vivo. 

Mi ricordo che quando ero adolescente spesso mi capitava di innamorarmi di qualche attrice, una vera e propria cotta che durava anche diverse settimane.

Scrive Musatti: “Dal buco della serratura lo spettatore penetra in un’altra realtà, che è diversa dalla realtà comune della sua vita […] Ed ecco che in questa evasione dalla nostra vita reale e in questo nostro introdurci in una vita fittizia, consentitoci dalla contemplazione del film, abbiamo modo, attraverso le identificazione con i vari personaggi, di soddisfare – in modo innocuo, senza senso di colpa e senza stabili conseguenze su quella che è la nostra vita reale – le nostre tendenze erotiche e i nostri impulsi aggressivi”.

Come analizzare una storia, una trama da un punto di vista psicologico. Cosa carpire, cosa lasciar perdere in un film?

Spesso le persone mi chiedono se sono un esperto di cinema, un critico e o cinefilo accanito. Nulla di tutto questo! Mi piacciono i film e li guardo con molto interesse. Credo di avere anche maturato una discreta sensibilità cinematografica, per cui riesco a capire se un film è ben fatto, ma le mie analisi si fermano qui. A me piace leggere nei film le dimensioni psicologiche, rintracciare le dinamiche, le relazioni, i processi psicologici alla base della storia, e mi piace raccontarli attraverso il mio blog nel sito di cinema e psicologia (www.cinemaepsicologia.it) dove troverete anche una rassegna di film suddivisi per tematiche psicologiche, e attraverso altri canali, tra cui un gruppo Facebook (https://www.facebook.com/groups/cinemaepsicologia/) che si chiama appunto “Cinema e psicologia”.

Cosa potrei suggerire ad uno spettatore? Di lasciarsi penetrare dal film, non ci sono aspetti da carpire o lasciar perdere. L’accostamento più efficace con la psicologia è certamente quello della dimensione onirica. Le immagini, la musica, la trama, i personaggi, tutto concorre affinché noi possiamo vedere il film esattamente come assisteremmo ad un sogno. Non a caso la sala cinematografica è costruita proprio per simulare, se ci pensate, una dimensione onirica: il buio della sala, le poltrone comode, L’architettura della sala, in teoria, ci dovrebbe isolare dal rapporto con gli altri e concentrarci verso un luogo comune: lo schermo.

Quando arrivano i titoli di coda, spesso ci troviamo in quella strana sensazione che proviamo appena svegli, ancora intrisi di quelle immagini. Se la storia è stata particolarmente bella vorremmo portarcela con noi, se ha un finale triste, drammatico, a forte impatto emotivo, vorremmo liberarcene proprio come con gli incubi. Nei miei laboratori tutte questi vissuti posso essere ripresi nel lavoro successivo che si fa in gruppo. Riprendere la storia, raccontare ciò che ci ha colpiti, un po’ come facciamo con i sogni, ascoltare i punti di vista degli altri partecipanti…

Tu svolgi corsi di apprendimento su Cinema e Psicologia. Quali i vantaggi per un professionista psicologo dalla frequentazione di un tuo Corso. Quali le implicazioni di tipo lavorativo, se ce ne sono.

Io ho una formazione, prima che di psicoterapeuta individuale, di conduttore di gruppo. Ho lavorato come assistente per molti anni con la cattedra del prof. Claudio Neri che proponeva agli studenti dei gruppi esperienziali nei quali vi era un oggetto di mediazione, in quel caso un libro. Oggetto di mediazione nel senso che nei gruppi può essere di grande utilità utilizzare degli strumenti creativi per facilitare una dinamica, ad esempio, le foto, lo storytelling, la pittura, ecc. All’Università utilizzavamo un testo di letteratura, proposto dal conduttore durante il primo incontro. Ho chiesto al prof. Neri se potevo utilizzare invece che il libro dei film ed è stato così che nei primi anni del 2000 ho iniziato a sperimentare l’uso dei film o delle sequenza cinematografiche all’interno dei gruppi di formazione e poi anche nei gruppi clinici. Ho sviluppato un particolare format che ho chiamato: Laboratorio esperienziale di cinema e psicologia.

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Mi sono accorto da subito che il dispositivo che stavo sviluppando era efficace. Da subito intento proprio durante la visione del film e non solo dopo, durante la discussione. Sentivo che la qualità della visione fatta in gruppo, e con il mandato già dato di parlarne subito dopo, era diversa. Avvertivo un’eccitazione e nello stesso tempo un legame più intenso con le persone con le quali stavo condividendo questa esperienza.

Vedere un film o una sequenza cinematografica insieme avvia più velocemente l’esperienza di coesione tra le persone che partecipano all’esperienza. Questo aspetto è molto importante per il nostro lavoro con le immagini. Pensate ad esempio alla proiezione di un film all’interno di un gruppo classe o in una azienda nelle quale ci sono dei problemi relazionali tra alunni o colleghi. Già solo fare l’esperienza comune di stare nella stessa stanza a condividere qualcosa è facilitante per rinforzare il senso di appartenenza e quindi l’idea, magari sopita nel tempo, che le persone hanno molte cose in comune. Discutere, anche animatamente dopo aver visto qualcosa insieme, ha una qualità differente rispetto all’idea di avviare una dinamica gruppale senza alcun oggetto di mediazione.

In quali contesti, lavorativi o ludici, si può applicare questo strumento?

Mi immagino, ad esempio, un relatore che durante la conferenza oltre all’esposizione teorica dei suoi concetti e l’ausilio di qualche grafico, ad un certo punto inserisce una sequenza video, brevi spezzoni inerenti all’argomento descritto, rendendo certamente più interessante l’esposizione e favorendo un maggiore livello di apprendimento grazie all’associazione del testo con le immagini. Penso gli insegnati che utilizzano le immagini, spezzoni di film o film interi, in un gruppo classe, all’alto coinvolgimento che ne trarrebbero in termini di attenzione e, anche in questo caso, di apprendimento. Penso al loro utilizzo tra gli psicologi, e formatori in generale, nei loro gruppi di formazione, esperienziali o terapeutici, ai manager nella propria azienda per approfondire alcuni concetti legati al proprio business. Agli studenti che potrebbero utilizzarle per i loro lavori espositivi.

Sto proponendo, in estrema sintesi, una modalità di comunicazione più in linea con i tempi moderni. Tenendo conto che, grazie agli innumerevoli dispositivi elettronici oggi presenti sul mercato, cercare, scaricare, catturare, riprodurre e condividere le immagini è diventato estremamente semplice.

Ci puoi dare una definizione dei tuoi laboratori esperienziali di cinema e psicologia?

Si tratta di una esperienza vissuta in gruppo nella quale grazie all’oggetto di mediazione filmico, viene facilitata la coesione gruppale e l’emergenza di vissuti profondi. Il film si trasforma nell’’oggetto comune del gruppo che ci permette di sollecitare alcuni elementi personali: le emozioni che il film attiva in ciascuno di noi, il rapporto che costruiamo con i personaggi durante la visione del film, le sollecitazioni che ci arrivano dalla trama e dai contenuti che il regista vuole trasmetterci ed inoltre le sensazioni silenti che passano tra i partecipanti. Tutti questi elementi verranno utilizzati da ciascun partecipante come “un diario di bordo” per l’intera durata dell’esperienza. Questo diario emotivo che parte dalle sollecitazioni che arrivano dalle immagini filmiche si trasforma in una narrazione gruppale, una polifonia di racconti che si intrecciano tra di loro-

La possibilità di confrontarci diviene quindi una risorsa per conoscere i punti di vista dell’altro, attivando la relazione, notando delle differenze o, al contrario, ritrovando punti in comune. Il punto di vista dell’altro ci aiuta ad aprire nuove prospettive a cui magari non avevamo pensato e ad integrarle con i nostri vissuti.

L’obiettivo quindi è utilizzare un potente mezzo espressivo, qual è il film, per conoscerci attraverso la relazione con l’altro.

 Quale film (o quale genere) credi possa essere maggiormente significativo per una interpretazione di carattere psicologico?

Non c’è un genere in particolare che possa essere più efficace o possa contenere più elementi psicologici significativi di altri. In genere nei miei corsi distinguo i film in funzione dell’obiettivo che vogliamo raggiunge. Nei miei laboratori formativi ho sviluppato una classificazione che ci permette di scegliere i film giusti in funzione del proprio ambito di applicazione. Faccio qualche esempio:  

  • film gruppali, dove ci sono molti personaggi. Sicuramente in molti avranno visto il film di Verdone “Ma che colpa abbiamo noi”, nel quale muore la conduttrice del gruppo terapeutico e i partecipanti organizzano una sorta di autogestione, molto divertente e utile perché ci sono molti personaggi con i quali identificarsi.  O film, sempre per fare qualche esempio, come “Perfetti sconosciuti” anche qui con molti personaggi e storie con cui identificarsi.
  • Film a tema, nei quali emerge un tema specifico, ad esempio la dipendenza affettiva, i disturbi alimentari le relazioni di coppia e così via.
  • Film Onirici/visionari ad esempio: “Inception” di Christopher Nolan, “Eyes Wide Shut” di Kubrick, giusto per fare altri esempi. Film con una trama parecchio drammatica che induce una forte identificazione, sarebbero tantissimi…
  • Oppure film di Fantascienza con i quali si può lavorare su temi che rompono la logica razionale. E così via. Dipende dall’obiettivo del laboratorio e da cosa vogliamo attivare nei partecipanti.

I personaggi, gli eroi (positivi e/o negativi) di una storia quanto incidono sulla psicologia del pubblico? E quanto le persone sono influenzate/influenzabili da un film?

Per capire perché siamo influenzati e quanto incide un film nei miei corso parto dalle basi, ovvero dai processi psicologici come l’identificazione, la proiezione, suggestione e catarsi.

L’identificazione è il processo mediante il quale ci appropriamo di pensieri, atteggiamenti e modi di fare di altre persone. Viviamo cioè in proprio le loro situazioni interiori, reagendo dentro di noi, con la nostra vita emotiva, a quelle che sono le condizioni riguardanti queste altre persone, come se tali condizioni anziché loro fossero nostre. Con la proiezione, al contrario, lo spettatore conferisce ai personaggi pensieri, desideri, intenzioni, atteggiamenti, che sono soltanto suoi personali.

Musatti affermava: “la conclusione dunque è che, per effetto dell’identificazione, lo spettatore è di volta in volta tutti i singoli personaggi, mentre per effetto della proiezione i singoli personaggi sono sempre lo stesso spettatore.” Inoltre attraverso la suggestione: lo spettatore assorbe la vicenda e fa propria la storia rappresentata portandosela con sé anche dopo la visione del film; infine con la catarsi: lo spettatore si libera emotivamente dei vissuti inibiti, così come farebbe attraverso il pianto in una situazione dolorosa.

Infine, sveliamo una parte di te, se lo ritieni opportuno. Quale film preferisci e perché? E in quale personaggio che hai amato o ammirato ti identifichi o ti assomiglia di più?

Vi ho già raccontato di Rocky e Profondo rosso… non è per nulla facile rispondere a questa domanda; nel corso del tempo ho amato e apprezzato molti film e generi differenti. Potrei dirvi cosa vedo con molto piacere in questo periodo della mia vita. Mi piacciono tantissimo i film di fantascienza. Io cerco di leggere i film dal punto di vista psicologico e ho capito che se sono girati bene, i film di fantascienza hanno una potenzialità straordinaria. Spesso sono profetici, riescono a raccontare qualcosa che sta per avverarsi nella nostra società. Soprattutto la relazione uomo-macchina. Ci sono tantissimi film che descrivono questa nuova modalità di comunicazione che tra qualche tempo sarà un tema di grande attualità. Mi viene in mente “Her – Lei”, ma non solo: “Ex-Machina” e, ovviamente Blade Runner. L’ultimo (Blade Runner 2049) l’ho trovato veramente strepitoso.

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Utilizzo nei miei laboratorio con molta efficacia anche parecchi cartoni animati, soprattutto della Pixar che si sta specializzando proprio nel far emergere e descrivere molti elementi psicologici, come ad esempio “Inside-Out” tutto centrato sulle emozioni, l’ultimo “Coco” (che racconta in modo veramente poetico la nostra relazione con la morte) e ovviamente “UP”. Non a caso la mia Associazione culturale di cinema e psicologia si chiama proprio così: UP! Interessanti anche alcune serie tv come ad Esempio: “Black Mirror”, che racconta un mondo futuro dominato dalla tecnologia tra benefici e molti rischi!

In questo periodo sto rivedendo con molto interesse l’intera filmografia di David Lynch, in particolare “Mulholland Drive” (fantastico, dovrebbe essere obbligatorio vederlo!), “Blue Velvet” (Velluto blu) e “Strade perdute”. Lynch ha la straordinaria capacità di mischiare continuamente i livelli psichici, giocando tra realtà e sogno, continuamente.

Poi c’è un film sempre sullo stesso stile onirico di Lynch, anche se molto diverso che praticamente utilizzo spesso, soprattutto alcuni spezzoni, l’ultimo capolavoro di Kubrick: “Eyes Wide Shut” con Tom Cruise e Nicole Kidman.

Bene. La nostra intervista su Cinema e Psicologia finisce qui, paghi di così tante informazioni e pronti a guardare con occhio diverso gli schermi cinematografici. Ringraziamo Sergio Stagnitta per la sua disponibilità e la sua passione che emerge piena dalle sue risposte e contiamo, in futuro, di incontrarlo nuovamente per poter approfondire ulteriormente le considerazioni che oggi abbiamo svolto.

In fondo, il cinema è così vasto che è difficile contenerlo in una intervista così breve come la nostra.

 

 


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Tags: psicologia film passione cinema

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