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I pensieri e le emozioni che accompagnano uno psicoterapeuta

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Psiconline ha intervistato Alberto Vito, psicologo e psicoterapeuta napoletano, autore di numerosi libri di psicologia, sul suo rapporto con la professione ed in particolare con "Affetti Speciali", il volume in cui ha raccontato in modo intimo e personale la sua esperienza professionale quotidiana.

I pensieri e le emozioni che accompagnano uno psicoterapeuta alberto vitoIncontriamo Alberto Vito appena prima che inizi il suo lavoro, a Napoli. Alberto è psicologo, psicoterapeuta familiare, responsabile dell’Unità Operativa di psicologia Clinica degli Ospedali dei Colli. Per circa dieci anni è stato giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli ed insegna in una scuola di formazione per psicoterapeuti. Fra i tanti libri che ha scritto quello che ama di più, ci dice, è "Affetti Speciali. Uno psicologo si racconta" che, per quanto scritto nel 2012, continua a considerare il suo scrito più vero.

E per iniziare la nostra chiacchierata con lui partiamo proprio da questa sua predilezione.

Sappiamo che sei particolarmente affezionato ad “Affetti Speciali”. Cosa ti lega a questo volume?

Sì, è assolutamente vero. Tra i libri che ho scritto, “Affetti Speciali” è sicuramente quello a cui sono più affezionato, in modo molto particolare. Penso che dipenda dal fatto che si tratta di un lavoro molto personale, in cui metto a nudo il mio modo di lavorare e, di conseguenza, me stesso.

Per me, che di natura sono sostanzialmente timido, è stata un’esperienza straordinaria poter raccontare non solo ciò che avviene in seduta, ma anche i pensieri e le emozioni che accompagnano il mio modo di lavorare come psicoterapeuta, prima e dopo le sedute. Non a caso, ho inserito alla fine del racconto, una brevissima presentazione personale per consentire al lettore di familiarizzare meglio con il terapeuta che ha raccontato il suo lavoro. Il libro mi ha permesso di coniugare le due mie principali passioni: la Psicologia e la Letteratura.

Esso non è propriamente un testo scientifico, né esclusivamente un’opera letteraria di fantasia. Devo dire che, in Italia e nel mondo, stanno aumentando le opere letterarie che hanno degli psicoterapeuti come protagonisti.

Come è costruito il libro?

Il volume narra 10 storie cliniche. Racconto in prima persona, in modo romanzato, ironico, ma sostanzialmente rispettoso delle procedure scientifiche, due settimane di lavoro di un terapeuta, immaginando che ogni giorno incontri un paziente diverso e descrivendo ciò che avviene in seduta.

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Brevi considerazioni su quanto accade nella vita dello psicologo, tra una seduta e l’altra, fanno da collante alla narrazione. Pur partendo da effettive esperienze cliniche, i racconti sono espressione di fantasia e sono nascosti i riferimenti alle vicende concrete.

Tuttavia, il risultato è presentare il mio stile di lavoro come terapeuta ed, in sostanza, sono presentare dieci situazioni cliniche tra le più diffuse, quali problemi legati alla separazione, ipocondria, dipendenza, crisi d’ansia. Infine, come appendice, il libro contiene un piccolo saggio: “L’identità del terapeuta: 10 ingredienti” in cui descrivo le caratteristiche fondamentali che dovrebbe possedere il mio terapeuta ideale.

Come è cambiata la tua vita di terapeuta nel corso degli anni?

Il libro probabilmente nasce proprio dalla mia esigenza e dal piacere di descrivere aspetti miei personali. La psicoterapia è un lavoro in cui si ha la fortuna di dover essere se stessi e che ti obbliga a fare i conti con la propria vita. Questa è sicuramente un’opportunità, anche se a volte può essere faticoso doversi confrontare con le proprie incoerenze ed i propri limiti.

Se facciamo riferimento, invece, esclusivamente al mio modo di lavorare credo che negli anni sono diventato più sicuro, grazie all’esperienza acquisita, sforzandomi di non far diventare mai il mio lavoro “routine. Tendenzialmente, all’inizio della carriera, quando si è giovani, si rischia di essere spaventati, ma dopo molti anni si rischia di diventare superficiali o stanchi. È invece importante rispettare ogni persona come individualità, ricordando che ogni esperienza umana ha una specificità.

A volte, poi, all’inizio della carriera si rischia di essere rigidi nel considerare il proprio modello teorico come “migliore”, mentre nel corso degli anni si acquista anche una maggiore duttilità. Nel libro, ringrazio i miei insegnanti più significativi, i miei colleghi, gli allievi ed i pazienti. Tutti, anche se ovviamente in modo diverso, mi hanno aiutato a migliorarmi, sia come persona che come professionista.

A chi è rivolto il libro?

Negli anni il libro è stato letto ed apprezzato anche da persone che non hanno una formazione specifica, incuriosite di conoscere ciò che avviene nella stanza del terapeuta. D’altro canto, anche nell’immaginario cinematografico, il terapeuta sta diventando un ruolo sempre più messo in scena. Lo stile leggero del volume ne consente una lettura veloce, a tratti anche divertente, per la bonaria presa in giro anche di me stesso.

Chi ha praticato una psicoterapia, può confrontare la sua esperienza personale con il mio modo di lavorare, chi non lo ha mai fatto e si chiede cosa avvenga in seduta può trovare delle prime risposte. Ma, in particolare, la lettura più meditata e riflessiva risulta utile ad i colleghi più giovani ed a quelli in formazione, che possono confrontarsi con lo stile e l’operatività di un collega più anziano (io ho ormai quasi sessant’anni e sono due volte nonno…)

Talvolta, ho usato brani del libro nelle giornate di formazione presso la Scuola Romana di Psicoterapia Familiare, diretta da Carmine Saccu, di cui sono docente da oltre 10 anni, e mi sembra che si sia sempre creato un dibattito proficuo. Sono a conoscenza che anche in altri Istituti di Formazione, con modelli teorici diversi, il libro è stato consigliato e questo ovviamente mi ha fatto molto piacere.

Il libro è utilizzabile anche da terapeuti di diversa formazione teorica dalla tua?

Sicuramente sì. Io sono un terapeuta familiare, con un modello sistemico relazionale, e ciò è ben evidente dal racconto delle mie storie cliniche. Sia perché a volte si tratta di sedute di coppia o familiari, sia per il largo uso di metafore e di altri stratagemmi operativi, propri del modello operativo a cui faccio riferimento.

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Anche la lettura del sintomo come messaggio è tipica del pensiero sistemico relazionale, così come un certo uso dell’ironia e della creatività in seduta è frutto dell’insegnamento dei miei maestri. Ma un terapeuta “adulto” deve saper utilizzare spunti provenienti da modelli operativi diversi e persino colleghi psicoanalisti hanno trovato significativi punti di contatto tra il loro lavoro ed il mio. Ovviamente, l’obiettivo non è fare un’insalata di modelli, ma mettere in primo piano la consapevolezza del terapeuta, su quello che dice, pensa e sente in seduta. In questo senso, il libro può essere considerato uno strumento didattico.

E, spero, possa essere apprezzata l’umiltà di questo piccolo manuale, scritto da chi ha anni di esperienza, ma senza alcuna esaltazione. C’è lo sforzo di mettersi a disposizione del lettore, raccontando con sincerità i propri punti di forza, i propri limiti, le preoccupazioni, il carattere, le intuizioni e soprattutto il mio “credo” esistenziale.

Ringraziamo Alberto per la sua disponibilità e cortesia e gli auguriamo buon lavoro.

 

 

(a cura di Luigi Di Giuseppe)

 

 


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Tags: psicoterapia interviste interviste sulla psicologia affetti speciali alberto vito

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