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Il presente e il futuro della psicologia italiana. Intervista a David Lazzari

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on . Postato in Le interviste di Psiconline® | Letto 6360 volte

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David Lazzari è stato eletto Presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi (CNOP). Psiconline lo ha intervistato per conoscere il presente ed il futuro prossimo della psicologia italiana direttamente da chi avrà il compito, per i prossimi quattro anni, di indicare insieme al CNOP il percorso migliore.

di Luigi Di Giuseppe

david lazzari presidente cnopDavid Lazzari è una vecchia conoscenza di Psiconline e già negli scorsi anni lo abbiamo intervistato sia come Presidente dell'Ordine degli Psicologi dell'Umbria che come autore di libri interessanti ed utili per tutti i professionisti psicologi. Oggi, però, vogliamo sentirlo come massimo responsabile della categoria poiché nei mesi scorsi, dopo le elezioni ordinistiche tenutesi a dicembre in tutta Italia, è stato eletto Presidente del CNOP.

Impegno prestigioso ed importante ma che subito ha incontrato il Coronavirus creando una impressionante accellerazione nelle scelte da fare e nelle decisioni da prendere.
Disponibile come sempre, ha risposto ampiamente ed in modo esaustivo alle nostre domande e a noi non resta altro compito che metterle a disposizione dei nostri lettori e della categoria tutta.

Innanzitutto complimenti per la tua elezione a Presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi. E' un traguardo prestigioso ma anche carico di impegni e problematicità, come ha dimostrato subito la pandemia dovuta al Coronavirus.

Grazie, sono passati tre mesi ma sembrano tre anni!

Partiamo da questo. Cosa significa dover gestire, di colpo, un Ordine professionale che con la pandemia rischiava di chiudere tutte le proprie attività professionali? Quali responsabilità comporta? Come le vive l'uomo? E il professionista?

Sono state settimane di impegno enorme, l’assenza di spostamenti mi ha consentito di lavorare un numero incredibile di ore. Anche perché la situazione è stata in continua evoluzione, l’uscita dei provvedimenti e la necessità di fare proposte è stata incalzante. Per di più senza poter contare su commissioni e gruppi di lavoro non ancora attivati. Quello che mi ha aiutato è stata la consapevolezza che la professione si sta giocando una grande occasione e che dobbiamo gestirla al meglio che possiamo. Io, come ho già detto, non ho logiche di appartenenza e l’interesse della professione è il mio unico obiettivo. Però per conseguirlo, come ho scritto chiaramente nel programma sulla cui base sono stato eletto (e che è stato inviato a tutti gli Psicologi), occorre lucidità di analisi, chiarezza di intenti e convergenza su obiettivi condivisi. Abbiamo davanti sfide decisive, accentuate a accelerate dalla pandemia, e possiamo solo progredire o regredire.

A cosa ti riferisci in particolare?

Abbiamo raggiunto uno status importante come Psicologi, ma ora dobbiamo dare coerenza allo status e al ruolo professionale, delineando bene il corpus delle nostre competenze oggi e le sue articolazioni nei settori vecchi e nuovi, adeguando la formazione universitaria di base e specialistica, lavorando ad una collocazione e normativa adeguata e realistica nei diversi campi, superare uno storico eccesso di autorefenzialità per dialogare con la società e le altre professioni.. insomma siamo ad un punto di svolta… la stessa pandemia lo ha messo in chiaro. Competenze articolate si, ma senza genericità e tuttologie.

Che vuol dire adeguare la formazione universitaria?

La nostra formazione universitaria ha uno statuto ancora non sanitario e non allineato con il ruolo sociale e le normative più recenti, è poco professionalizzante, senza una adeguata programmazione degli accessi, tutta sbilanciata sulla psicoterapia e così via. Un gap molto serio che se non superiamo finirà per creare molti problemi a tutti. Così com’è, anche per i numeri che ci sono, appare un ibrido tra una laurea di cultura psicologica e di preparazione vera e propria alla professione. Invece abbiamo bisogno che sin dall’università si crei una forte identità professionale di base sulla quale imperniare le molteplicità degli ambiti scientifici e professionali. Perché la professione deve poter alzare lo sguardo ed espandersi con competenza in tutti i settori dove serve più Psicologia.

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Per far questo, unire efficacemente conoscenze e competenze, dobbiamo creare una alleanza tra università, ordine e società scientifiche. Se ognuno coltiva il suo orticello non andiamo lontani. Certamente la formazione continua, che l’Ordine promuoverà e svilupperà, sarà una opportunità ma si deve agire dentro una visione d’insieme. Basta con le logiche frammentarie e di corto respiro, ci dobbiamo dire dove vogliamo andare.

La crisi improvvisa ha costretto tutti a modificare i propri paradigmi personali e professionali obbligando a percorrere nuove strade, in particolare in campo clinico per esempio andando "on line". Non potrebbe essere un problema questo, un domani?

Andare online è stata una necessità diffusa, sarà importante capire cosa è successo e come è stata vissuta da professionisti e utenti. Ritengo che sarà importante ridefinire bene i setting ed i criteri per non banalizzare gli interventi. Certamente è in corso un grande esperimento di tecnologizzazione e dobbiamo affrontarlo bene. Il ruolo delle società scientifiche nel definire indicazioni aggiornate sarà fondamentale. Anche se io credo che il lavoro in presenza rimarrà centrale.

La politica, durante la crisi legata al Covid-19, si è accorta degli psicologi e li ha blanditi, salvo poi abbandonarli. Perché, a tuo giudizio, non riusciamo ad incidere efficacemente come professione nelle scelte e nelle strategie di investimento sanitario?

La Comunità professionale è stata visibile come non mai. I cittadini lo hanno percepito, tanto è vero che 8 italiani su 10 dicono che le competenze psicologiche sono fondamentali per l’emergenza e la pandemia. Il nostro ruolo sociale si è ancora rafforzato. Soprattutto c’è stato un collegamento importante tra problemi e professione che sinora non è stato affatto scontato. Pensiamo solo al “numero verde” del Ministero Salute, che può essere discusso sul profilo del lavoro esclusivamente solidale (e questa è una criticità perché ci deve essere equilibrio tra lavoro solidale e con equo compenso che invece non c’è stato). Però è prezioso perché riconosce tre cose importanti: che c’è una emergenza psicologica, che i servizi pubblici sono inadeguati e che il tema è di competenza psicologica.

Ora, nel passaggio dall’emergenza alla Fase 2 e alla ripresa, è necessario che le risorse psicologiche siano messe a sistema. E’ assurdo che il Governo non abbia tenuto in debita considerazione questo aspetto e il CNOP si è mosso non solo a difesa della professione ma più in generale a tutela della salute psicologica della popolazione. La sfida è fare proposte percorribili e sostenibili ma su questo ci stiamo e sono convinto che il tema non può essere negato o blandito dalla politica e dalle Istituzioni, si tratta di una aspetto troppo delicato per continuare ad ignorarlo. Abbiamo promosso analisi e studi rigorosi ben prima della pandemia. E non demordiamo: è uno degli scopi fondamentali del CNOP.

Oggi diventa più importante che mai essere dalla parte dei cittadini e sostenerli nel loro bisogno di psicologia, proprio perché gli effetti psichici del Covid si faranno sentire pesantemente appena diverranno meno evidenti quelli fisici. La risposta sarà ancora una volta privata oppure finalmente il Sistema Sanitario troverà la forza di "risparmiare" investendo in psicologia, come scrivi nel tuo ultimo libro “La Psiche tra Salute e Malattia”?

In Italia c’è una cultura che è diffidente verso la Psicologia. La dimensione psicologica della vita viene vista come un riverbero dei fatti biologici o sociali. Ma i dati della scienza, e vorrei dire l’esperienza quotidiana, non ci dicono questo. La psiche è una dimensione strutturale della vita, sia a livello individuale che nelle famiglie, nelle organizzazioni, nella società. Se non si capisce quanto “pesa”, nel bene e nel male, la Psicologia diventa un gioco di società, i bisogni psicologici dei falsi problemi e la professione un hobby. E’ un errore madornale! Che il Paese rischia di pagare caro. Certamente non dico di mettere uno Psicologo in ogni condominio ma è vergognoso che in Italia la Psicologia sia trattata così: non si studia a scuola, non si utilizza per migliorare la qualità della vita, degli ambienti, del lavoro, per aiutare la formazione e la preparazione alla vita, per fornire una prevenzione e una cura a dimensione di persona, per aiutare chi ha bisogno.

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Mi verrebbe da dire che il potere ha paura della Psicologia, perché se ben usata libera le menti. Ora, di fronte alla pandemia, servono risposte urgenti e strutturali: assunzioni di Psicologi nei servizi pubblici, Psicologi nelle cure primarie, bonus-Psicologi per le fasce più a rischio e con reddito più basso. Sui primi due temi ci stiamo lavorando da tempo ma ora è il momento. Aggiungo che serve un coinvolgimento dei liberi professionisti in forma convenzionata, dobbiamo usare forme flessibili ed innovative. Come dimostro nel mio libro che citi, più Psicologia non vuol dire più costi ma più risparmi.

Le lobby "antagoniste" troveranno ancora la forza di mantenere lo status quo oppure sarà possibile proporre un nuovo modello più orientato sul territorio e meno sulla sanità Ospedaliera?

Come sappiamo ogni crisi è una opportunità. Se andiamo indietro, verso controriforme, la sprecheremo. Dobbiamo andare avanti, verso un sistema che si occupi davvero di “salute” e quindi di persone. Che faccia perno sul territorio, i concetti di rete e comunità sono centrali. La nostra Comunità deve schierarsi dalla parte dei cittadini e dell’innovazione.

Governare 110.000 psicologi (in continuo aumento) è una impresa da far tremare i polsi. Finita l'emergenza della pandemia, quali i programmi e i progetti di sviluppo della professione? Verso quale direzione andare?

Credo di aver in parte già risposto. La crescita è stata tumultuosa e oggi abbiamo più Psicologi di qualsiasi altro Paese al mondo in rapporto alla popolazione e oltre il 40% degli Iscritti all’Ordine non risulta esercitare la professione. La Psicologia ha attirato un numero incredibile di giovani nonostante le prospettive del mercato del lavoro, mi chiedo: con quali aspettative? Con l’aggravante della scarsa diversificazione formativa (c’è quasi solo la Psicoterapia dopo la laurea) che ha impedito di occupare spazi nuovi. Sembra che questo non c’entri nulla con le prospettive occupazionali ma non è così.

I giovani devono sapere che stiamo combattendo contro una regola dell’economia: quando c’è troppa offerta il bene si svaluta. Le aziende sanitarie non fanno i concorsi anche perché si ritrovano centinaia o migliaia di concorrenti. La Comunità tutta deve risolvere questi problemi affrontandoli seriamente. Lavorare a valle per un utilizzo pubblico e privato più adeguato e diffuso della Psicologia e a monte per una seria programmazione degli accessi alla professione. Se non lavoriamo su entrambi i fronti non ne usciremo.

Se vogliamo accreditarci seriamente nel Paese dobbiamo risolvere le contraddizioni e ambiguità che si sono create nel tempo. Il riconoscimento di professione per la salute (legge 3/18) ci offre una opportunità storica per farlo. Ma dobbiamo farlo insieme, facendo prevalere l’interesse generale della professione, essendo capaci – tutti i protagonisti della Comunità psicologica – di assumerci le nostre responsabilità.

Agli Iscritti chiedo di seguirci, di informarsi seriamente, per dare un contributo costruttivo e non basato su notizie approssimative o pregiudizi. Una cosa che mi amareggia è leggere critiche o proposte che ignorano totalmente le cose fatte o i contesti e le normative di riferimento. Complessità non vuol dire “impossibilità”, dobbiamo semplificare senza banalizzare.

Bene, la sensazione è che tutti gli argomenti più importanti siano stati affrontati e che le risposte siano state chiare ed esaustive. Ricche di informazioni e di spunti che certamente apriranno ulteriori riflessioni e ulteriori dibattiti. Un grazie sentito da parte di tutti i lettori di Psiconline e in particolare da parte mia per la cortesia e la disponibilità che ogni volta dimostri nei confronti del nostro impegno sul web. La psicologia italiana ha bisogno di innovazione ma anche di saldi piedi piantati nel terreno. Buon lavoro da tutti noi.

 

(intervista a cura di Luigi Di Giuseppe)

 

 


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