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A proposito di femminicidio

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Salvatore Vallone ci mette in guardia dai pericoli della violenza di genere e dal femminicidio. 11 regole per conoscere, comprendere, evitare.

a proposito di femminicidioA proposito di “femminicidio” mi ricordo che correva l’anno1953 dentro l’umida isoletta di Ortigia. Quella sera di Gennaio un malefico Libeccio infilzava la viuzza dedicata a Claudio Mario Arezzo, un letterato umanista siracusano che contro Bembo sosteneva l’importanza del dialetto siciliano rispetto all’aulico toscano.

Mia sorella Francesca, detta Franca, che sin d’allora era dispettosa e vezzosa come una scimmia, in quella sera di quell’anno e in quel posto mi dimostra la sua bravura fermandosi all’improvviso e leggendo su una lastra di calcare la seguente iscrizione:

“Candido giglio reciso
nel fiore della sua giovinezza
dalla furia omicida
di un bieco assassino”

Il “candido giglio” si chiamava Giovanna Borgia, detta Nannina, e nel 1947 contava soltanto 19 primavere. Era bionda e portava i capelli a coda di cavallo. Era fidanzata con Santo Agnello, detto Santino, di anni 22, rampollo della Siracusa bene in quel misero dopoguerra. 

In un soleggiato pomeriggio di Aprile Giovanna, celiando con Santino che le chiedeva un appuntamento per la sera, aveva graziosamente risposto che era già impegnata con un bell’uomo.
Voleva essere il complimento traslato di una donna innamorata e, invece, fu la sua condanna a morte.

Accecato dalla maledetta gelosia e angosciato dall’immane senso di perdita, Santino si armò di rivoltella e consumò le sue assurdità psichiche sul corpo procace di Giovanna.
Si celebrava il capolavoro estremo di madri fredde e di padri fascisti. 

Questa è la tragica storia d’amore di Santino e di Giovanna.

Io ho imparato a leggere nel 1954 e sono ritornato senza la dispettosa sorella a cimentarmi nella lettura di quella lastra di calcare anche per capirne il significato.

Quel giorno la stradina dedicata al povero umanista, un budello lastricato di lava che scende verso la Marina, era infilzata da un sole in tramonto che illuminava di sinistra luce rossastra la barocca iscrizione.

Sono riuscito a leggerla correttamente senza capire un bel niente.

Rassegnato ho chiesto alla mia sorella intelligente e istruita il significato di quelle parole, di quei versi, di quella poesia, di quella storia da cantastorie.

Mia sorella, malefica come il Libeccio, mi ha detto che si trattava di un necrologio, addirittura un necrologio.

Mi ha preso a manina e mi ha portato da via Savoia numero n° 15 in via Claudio Mario Arezzo al numero 52, ha letto e riletto con enfasi da teatro greco i versi, mi ha fatto leggere il macabro insieme e alla fine mi ha raccontato la storia.

Ricordo che quel giorno il vento si chiamava Tramontana, era freddo e soffiava da Nord: il giorno dopo l’ennesima bronchite si era accanita sui miei venti chili di ossa e cartilagine.       
Santo Agnello, detto Santino, era figlio di un valente oculista e studiava medicina all’Università di Catania.
Fu processato nei diversi gradi dalla Corte d’Assise della città dove studiava e fu condannato all’ergastolo.

Cambia scena e cambia registro.
Correva l’anno 1950 e il bambino Vincenzo Grillo, destinato a essere sentito Bucaleddru, inciampava e cadeva sull’acuta scogliera davanti al carcere barocco di Ortigia. Il sangue usciva copioso dal suo piede sinistro. Il fratello Salvatore, detto mangiatorrone, lo prese in braccio e lo portò presso l’infermeria del carcere, detto la casa con un occhio.
Il bambino Enzuccio fu curato dal detenuto infermiere Santo Agnello, detto Santino, un uomo destinato a non vedere la luce della libertà e della ragione.
Crescendo anche Vincenzo Grillo, ormai saputo come Enzo Bucaleddru da coloro che gli volevano bene, ha conosciuto la tragica storia di Santino e di Giovanna e da poeta decadente ha posto su carta di papiro i seguenti versi.  

“Si può in un sol baleno fare cose
che in eterno cangiare non si puote.

Tutta una vita a pensare a un lampo accecante
che toglie agli occhi ogni altro bagliore,
senza lasciare all’angoscia
né pausa, né spazio alcuno.

Ciò ch’io vidi nei suoi occhi fissi
era sempre l’imago che menò,
sempre esitante, nel pensiero.

Mi dissero che puerili gesta,
“bum bum”, “bum bum”,
erano da libero nella sua mano senile.

Eppur sicuro operò sul mio arto ferito,
perché sollievo provai dalle sue cure.”

Santo Agnello, detto ancora Santino, fu graziato dalla pietà umana nell’anno 1995. Dopo quarantacinque anni di reclusione e in piena follia fu restituito a coloro che erano rimasti e che ancora gli volevano bene.

Dicono di lui che girava per le stradine umide di Ortigia sempre al tramonto, con il Libeccio e con la Tramontana, con il Grecale e con lo Scirocco, e che, quando passava per via Claudio Mario Arezzo, gridava “bum bum” alzando la mano destra e componendola a mo’ di rivoltella.

Era follia o era verità?
Santino è morto d’inedia e nella dimenticanza collettiva.

Una mente acuta e una mano pietosa hanno rimosso la lapide calcarea di via Claudio Mario Arezzo, sempre al numero 52, e al suo posto hanno posto questa modesta preghiera, scolpita in opaco e ruvido marmo.

“Gesù e Maria,
accogliete tra i vostri martiri
colei che qui trovò la fine
al suo calvario.”

Ero un bambino quando ho saputo del “femminicidio” e quella fu la mia prima volta. Da adulto ho anche pensato che nel Codice penale di allora figurava il delitto d’onore. Era il Codice fascista a firma del guardasigilli Rocco, ancora in vigore nell’Italia repubblicana degli anni ‘70.

Da questo ricordo il passo all’attualità, ancora tragica, è naturale.  

Ripropongo
DONNE ! ATTENTE AL LUPO !

Il titolo sembra carico d’ironia, ma è di una verità sconcertante che si andrà assodando cammin facendo.

Mi è stato chiesto da alcune donne di chiarire e di approfondire le norme che “Psiconline” aveva pubblicato in occasione della giornata contro il “femminicidio”.  
Ho accolto di ben grado questa richiesta e ho formulato una Prognosi puntuale e allargata per consentire alle donne una migliore comprensione della situazione in cui si possono trovare loro malgrado.

Comincio fissando una serie di norme psichiche da ben valutare e a cui attenersi qualora si viene in contatto non soltanto con la dura situazione di poter subire violenza da parte di un uomo o del proprio uomo, ma nell’altrettanto dura situazione di cominciare a prender atto che nella psicodinamica individuale del vostro uomo e, di conseguenza, nella vostra psicodinamica di coppia si verificano fenomeni specifici che esulano da quella che fino a ieri era la vostra normalità, una degenerazione del rapporto di coppia.

Ignorare non è ammissibile alla luce dei tragici eventi e delle drammatiche statistiche che quotidianamente vengono fornite alla pubblica coscienza e alla pubblica opinione.
Affinché non si rimuovano per difesa queste tragiche realtà e questi incresciosi dati, contribuisco a divulgare una

PROGNOSI PSICOLOGICA

per le donne e per tutti gli uomini di buona volontà. A questa seguirà un’adeguata “prognosi” anche per gli uomini, gli attori coinvolti nel tragico fenomeno, e in conclusione anche per i figli intrappolati nelle riottose psicodinamiche di mamma e papà senza avere gli strumenti emotivi e razionali per capire.    

1) Mettere fra parentesi i sentimenti e non minimizzare la gravità della situazione: meglio esagerare piuttosto che essere ammazzate.

La freddezza emotiva si ottiene con la sospensione dell’affettività e con il momentaneo disinvestimento psichico sul vostro uomo per valutare al meglio voi stesse e la situazione di coppia, cercando di essere, per quanto possibile, oggettive. La realtà psichica in atto è più importante della sfera sentimentale e affettiva. Questa sospensione affettiva è temporanea e non significa non voler più bene al vostro uomo. La riduzione emotiva amplia la comprensione razionale della situazione.   
Esemplificazione: “ma chi è quest’uomo che penso di amare e con cui ho scelto di vivere e di far famiglia?”  o “Mi trovo in una situazione pericolosa e sto rischiando troppo!” o “Non l’avevo mai visto così!” o “E se esce fuori di testa e mi ammazza?”    

2) Non essere fataliste e non attendere il miracolo del “tutto passa e tutto si risolve”. All’incontrario bisogna agire con freddezza, cautela e intelligenza.

Il “fato” o “destino” non esiste di per se stesso, ma esiste nella testa degli irresponsabili, nelle fantasie dei poeti, nei bisogni religiosi. Tanto meno i miracoli! I santi hanno altro da fare e non si curano dei fatti umani, tanto meno delle miserie. “L’uomo è arbitro del proprio destino”, quindi i nostri pensieri e le nostre azioni dipendono esclusivamente e soltanto da noi. Di fronte alle emergenze psichiche e relazionali necessita freddezza logica ed emotiva nel valutare e decidere, cautela nel dire e nel provocare, intelligenza nel fare e nel prevenire.      

Esemplificazione:

mai pensare o dirsi “Doveva andare così.” o “Lo sapevo  e me lo merito!” o “Se avessi ascoltato mia madre o mio padre, non mi troverei in questa situazione” o tanto meno “Bisogna solo attendere che lui si renda conto di quello che ha detto e che ha fatto” o “Cambierà con il tempo”.

Mai colpevolizzarsi perché il senso di colpa peggiora la situazione psichica in cui vi trovate e riduce la lucidità mentale. Meglio aver paura e dirsi “Le cose stanno così, mi ha fatto male e mi fa paura” per cui “Devo ben valutare la situazione in cui mi trovo” e “Non devo provocarlo, ma devo capire fino a che punto può arrivare quando è in crisi” e “Nelle situazioni pericolose è meglio cercare aiuto, piuttosto che stare da sola con lui”.

3) Superare il pudore e comunicare il disagio in sul primo manifestarsi alle persone che ritenete degne di voi, di capirvi e di potervi aiutare.

Non chiudetevi in uno splendido isolamento, perché da sole non ce la potete fare. E’ importante capire che da sole non venite fuori da queste difficoltà soltanto perché si tratta di novità terribili alle quali non siete educate. Fidatevi e affidatevi! Il senso del pudore appartiene alla vostra  adolescenza. Oggi bisogna comunicare al più presto il disagio che voi stesse non riuscite a capire appunto perché non lo avete mai vissuto. 

Calibrate bene le persone giuste e degne di ascoltarvi e di consigliarvi. In un primo tempo si tratterà di persone che immancabilmente vi vogliono bene e che hanno un rapporto affettivo con voi.

Esemplificazione: “E adesso a chi lo dico? Mi vergogno e poi io sono orgogliosa! Come faccio a dire a qualcuno delle cose così intime e personali?” o “I fatti miei sono soltanto miei!” o “Sono sola e non posso dirlo a mia madre o alla mia migliore amica o tanto meno a mio padre. Non capirebbero! Magari mi rimproverano e mi danno la colpa di quello che sta accadendo o pensano che ho esagerato e che sono paranoica.” o “Meglio attendere e vedere come si sistema la storia.” Invece bisogna dirsi semplicemente “Vado, dico e valuto cosa mi dice quella persona su cui posso contare e di cui posso fidarmi” o “Ho bisogno di proteggermi e di essere protetta.”  

4) Non cedere assolutamente all’onnipotenza del farcela a tutti i costi e da sole.

Attente all’onnipotenza! E’ una brutta bestia e una pericolosa compagna di viaggio in qualsiasi circostanza e soprattutto in questa. Liberatevene subito! Meglio pensarsi impotenti e incapaci e anche ignoranti, piuttosto che ritenersi al di sopra del padreterno! L’onnipotenza è il sintomo di una grave psicopatologia e allora proprio in questa circostanza non potete ammalarvi o reagire alla follia del vostro uomo con la vostra lucida follia. Dovete tutelarvi dalla tentazione di farcela a tutti i costi e da sole soltanto perché in certi momenti vi sentite capaci di capire, di reagire e di controllare. Quello che vi sta succedendo esula dalle vostre capacità intellettive semplicemente perché si tratta di una malattia mentale grave del vostro uomo. 

Esemplificazione: “Io sono forte e ce la farò da sola!” o “Ne ho superate difficolta ben più gravi di queste!” o “I miei mi hanno sempre detto e insegnato a cavarmela da sola e io sono cresciuta senza aver bisogno di nessuno! o “In ogni modo io ne vengo fuori”.

5) Affidarsi a un Centro o a un Ente preposti al caso e non chiudersi in se stesse. Il primo supporto psicologico e psicoterapeutico lo trovate in queste strutture.

E’ necessario rivolgersi a una struttura specializzata nell’aiutare nella massima riservatezza le donne che si trovano in queste situazione di crisi e di emergenza. Questo non significa che da questo momento in poi dovete agire in tutto e per tutto come gli specialisti vi suggeriscono. Dovete sempre mantenere lo spirito critico perché soltanto voi potete valutare adeguatamente la situazione in cui vi trovate. Voi dovete comunicare il disagio o il pericolo e ascoltare cosa vi suggeriscono. Dovete soltanto riflettere e meditare sulle conoscenze acquisite e sui suggerimenti che vi hanno dato. State accrescendo la vostra  consapevolezza. Questo obiettivo è importantissimo e determinante. Questa è la vostra salvezza! La “coscienza di sé” è la vostra terapia d’urgenza. Di poi, quando sarà passata la tempesta, penserete ad altre terapie per la vostra salute mentale e per il vostro equilibrio psicofisico fortemente turbato.

Esemplificazione: “Devo chiamare e poi chissà cosa mi dicono.” o “E se non capisco e non so fare quello che mi dicono?” “Ma sono sicura che questi ne capiscono qualcosa?” o “Ma questi mi possono capire o sono lì tanto per lavorare e di me non gliene frega un bel niente?” Invece bisogna scattare in questi termini “Datemi subito un appuntamento perché mi trovo in difficoltà.” o “Da sola non ce la faccio” o “Non ce la faccio più! Ho bisogno di essere aiutata, ho bisogno di sapere e di capire subito.” o  “Mi trovo in una situazione complicata e terribile”.

6) Non lasciarsi suggestionare da promesse tipo “non lo faccio più, perdonami”. Considerate adeguatamente le minacce e specialmente le più sottili, quelle psicologiche. Considerate adeguatamente i comportamenti intimi e specialmente quelli sessuali. Considerate adeguatamente la misoginia, odio verso le donne, i comportamenti sociali e l’estremismo politico. Considerate la qualità della relazione con la madre.  

Non siete chiamate a giudicare nessuno, tanto meno ad assolvere o a condannare. Dovete soltanto guardare i fatti in maniera nuda e cruda.

Esemplificazione: “Mi ha fatto male e mi ha fatto paura” o “Mi ha detto che mi ammazza.” o “Mi ha detto di tacere perché non capisco niente.” o “Mi ha ricattato e mi ha minacciato” o “Mi ha detto di non dire niente a nessuno.” 

Per quanto riguarda le tante promesse, non lasciatevi assolutamente impietosire e non aderite alla richiesta di dargli ancora fiducia. Il male subito non si può convertire in bene e tanto meno si può sublimare come una sofferenza in vita che apre le porte dei cieli. Non avete bisogno del paradiso, ma soltanto di valutare l’inferno in cui vi trovate e di uscirne fuori al più presto.

Raccomando sensibilità alla minaccia “Ti ammazzo!” Non è  un semplice modo di dire. E’ molto grave a livello umano, ma è pericolosissimo a livello relazionale, oltre al fatto importantissimo che disocculta una grave psicopatologia.   

Per quanto riguarda la vita intima e sessuale valutate la “sindrome del lupo e dell’agnello”, i comportamenti fortemente aggressivi e gli atteggiamenti infantili e filiali del vostro uomo nei vostri confronti. Questa drastica oscillazione tra l’essere tenero e indifeso e l’essere brutale e perverso attesta di un’organizzazione psichica molto fragile che può se il vostro uomo si autocompiace  narcisisticamente e non vi riconosce come persona da amare, se il vostro uomo riconosce e adora soltanto se stesso come unica e vera realtà, se riscontrate tratti di questi comportamenti e di queste tendenze potete certamente preoccuparvi della situazione rischiosa in cui vi trovate e potete prospettare una psicoterapia individuale per il vostro “lui” o di coppia per porre intanto il problema allo specialista e avere una migliore consapevolezza della situazione in cui, vostro malgrado, vi trovate.     

Bisogna ancora valutare l’aggressività intima e sociale che il vostro uomo esterna nelle parole o nei fatti durante la vita quotidiana. In particolare se viene fuori con espressioni del tipo “li ammazzerei tutti” o “meritano di morire” o “ci vorrebbe la pena di morte” o “bisogna farli fuori” e similari soluzioni su fenomeni sociali in atto.

Valutate ancora la “misoginia” del vostro uomo, il sentimento dell’odio, consapevole e non, che esterna nei confronti delle donne, il concetto negativo che ha sull’universo femminile, lo schema culturale materialistico e arretrato che ha inscritto nella sua interiorità.

Esemplificazione: “Le donne sono tutte uguali.” o “A cosa servono le donne? Solo per far sesso!” o “Le donne devono essere soltanto bastonate.” o “Le donne sono esseri inferiori.” o semplicemente “Tutte troie!”.

In conclusione bisogna valutare il tipo di rapporto che il vostro uomo ha con sua madre. Se esterna una relazione ambigua di amore e odio, di dipendenza e autonomia, di accettazione e rifiuto, se manifesta un legame ambiguo di fusione e distacco, di premura e rabbia, se manifesta una pulsione di morte verso questa figura a suo modo sacra. In tal modo potete avvalorare la convinzione di avere vicino una persona notevolmente contrastata e conflittuale che versa in uno stato psichico “limite”, ai bordi tra la nevrosi e la psicosi, tra la normalità e la follia.        

7) Convincersi che la psicodinamica dell’uomo violento ha radici lontane ed è una psicopatologia grave non legata alla vostra azione e tanto meno alla vostra responsabilità.

E’ importante e determinante acquisire la ferma consapevolezza che il vostro uomo ha una storia esistenziale e psicologica che voi avete in pieno, nel bene e nel male, ereditato. La “formazione psichica reattiva”, il carattere, del vostro uomo non è dipesa da voi. In nulla avete contribuito alla sua prima formazione psichica e alla basilare evoluzione psicologica. State raccogliendo quello che altri hanno seminato, state subendo le conseguenze nefaste di una formazione psichica altamente critica e conflittuale. Siete il capro espiatorio di altri bisogni di affermazione e di altre vendette. Le radici violente del vostro uomo risalgono alla sua prima infanzia, tecnicamente alle “posizioni orale e anale” e alla mancata risoluzione del legame con i genitori e in special modo con la madre. La psicopatologia è grave perché ha origini lontane e risale al tempo in cui l’Io, la vigilanza e l’autocontrollo erano ancora in formazione. Semplificando: il vostro uomo regredisce a quelle posizioni psichiche, vi confonde con la madre e diventa veramente pericoloso per la sua donna.           

Valutate anche i costumi e i gusti sessuali del vostro uomo, il comportamento nei riguardi del vostro corpo e della vostra persona, le propensioni  narcisistiche, la violenza giustificata con la pulsione sessuale, le fantasie e i giochi erotici, la qualità globale della relazione, la remissività del bambino che contrasta con la violenza dell’uomo adulto. Valutate la gelosia e le pulsioni ossessive, la paranoia e le compulsioni, la necessità di fare determinate azioni per sentirsi meglio.

Esemplificazione: “Non sono io che lo provoco e gli scateno la crisi di nervi.” o “Quando dà in escandescenze, non lo riconosco. E’ tutta un’altra persona!” o “Sembra una bestia quando si arrabbia. Ha uno sguardo terribile e gli occhi sono di ghiaccio.” o “Mi guarda e sembra che non mi riconosce.” 

8) Essere fermamente consapevoli che non potete aiutare chi ha soltanto necessità di curarsi.

Alla luce di quanto avete capito di voi e della situazione in cui vi trovate, potete abbandonare l’onnipotenza terapeutica e la vostra pulsione materna di aiutare e perdonare chi ha tanto sofferto da bambino. Abbandonate la pulsione della buona samaritana o della prospera infermiera. Voi non siete valenti psicoterapeuti e tanto meno esperti psichiatri, voi siete la parte lesa e, vostro malgrado, la parte in causa senza aver in nulla contribuito a tanto marasma psichico. Ricordate che il medico pietoso procura cancrena nella ferita. E allora valutate la necessità della psicoterapia e di un lungo periodo di cura per ripristinare un equilibrio corretto nel vostro uomo in coppia e in famiglia.

Esemplificazione: “Non posso far nulla per te. Io posso soltanto accompagnarti in questo tragitto terapeutico.” o “A mia volta posso farmi aiutare a capirmi e a capirti. Devo anche superare i traumi inferti dalla tua malattia.” o “Ci vuole qualcuno che ragiona in questa situazione e questo qualcuno meno male che sono io.”

Questo punto è importantissimo: il vostro uomo è malato, ha una psicopatologia grave anche se non si vede sempre e soprattutto anche se oscilla tra la violenza e la remissività. Quest’ultimo sintomo è la ineccepibile prova della malattia: il lupo e l’agnello, la crudeltà del primo e l’innocenza del secondo.        

9) Per rafforzare la vostra azione difensiva, considerate l’importanza di evitare traumi ai vostri figli. Considerate che anche loro possono essere vittime della follia omicida di un padre tralignato in bieco assassino a causa della sua malattia.

I figli sono da tutelare in ogni senso, dal versante psichico al versante fisico. Passate dal vostro giusto amor proprio e dalle vostre adeguate difese alla necessaria difesa dei vostri figli. Pensate di essere massimamente nel giusto. Recuperate il senso ancestrale della maternità, la legge neurovegetativa del sangue, quell’istinto che ancora è presente dentro di voi e che avete scoperto nel momento successivo al travaglio e al parto. In questo modo acquistate quella forza che eventualmente vi manca in così grande emergenza. La psicopatologia del vostro uomo non riconosce nei suoi eccessi critici i figli e il suo delirio induce a viverli come suoi prodotti da portare via o come strumenti per punirvi.

Esemplificazione: “Dobbiamo tutelarci e proteggerci.” o “I bambini non hanno nessuna responsabilità e non devono assistere a queste scene terribili.” o “E se ci ammazza?”

10) Volersi tanto bene, agire con il buon senso e seguire anche i consigli che troverete da voi stesse cammin facendo.

In tanta emergenza considerate la vostra importanza e l’importanza del volersi bene. Siete nel giusto, ma la situazione può degenerare nel drammatico-quasi tragico. State imparando una lezione che avreste benissimo evitato, ma il ballo della vita e delle persone vi ha voluto coinvolgere e vi ha richiesto buon senso e amor proprio senza esagerazioni della paura e del panico o della superficialità e del minimizzare. Avete avuto bisogno di altri, ma non avete smarrito voi stessi, le vostre capacità e il buon consiglio che potete dare a voi stesse. Dopo attenta riflessione su quello che vi hanno detto da tutte le parti, chiedetevi “E io cosa penso e cosa mi dico?” Questo è importantissimo per voi e dispone per una buona reazione a tanta disgrazia.

Esemplificazione: “Non mi devo confondere, impaurire e tanto meno perdere d’animo.” o “Secondo me devo fare in questo modo” o “Ho capito”.

11) Ricordare sempre che il corpo è tutelato dal Diritto naturale e dalla Legge ordinaria e che nessuno può usargli violenza. Al primo ematoma “112” o “113” è il numero giusto.

Bisogna anche avere una buona coscienza socio-politica-giuridica in questa situazione estrema, esserne fiere e curarla. Nessuno può usare violenza al vostro corpo. L’ematoma e la fuoruscita di sangue sono reati penali che devono essere denunciati e registrati per il bisogno futuro. Recatevi sempre al “Pronto soccorso” per farvi curare e per registrare il reato subito, la violenza sul corpo, l’emorragia, la contusione, l’ematoma. Il referto medico, la diagnosi, la terapia e la prognosi hanno un valore legale enorme e possono esservi utilissime per tutti i casi riconosciuti dalla Legge e per le evenienze future. Di poi, possono essere utili le diagnosi psicologiche e le psicoterapie di sostegno o di ristrutturazione psichica in riparazione dei traumi subiti. La Polizia e i Carabinieri riteneteli i vostri naturali difensori e non pensate mai che mettete nei guai il vostro uomo se vi rivolgete alle Forze dell’Ordine. Non cadete nella banalità paranoica di una possibile divulgazione dei fatti vostri. Chi sbaglia deve pagare per ravvedersi. La vostra vita vale più di ogni altro bene. Voi siete importanti per voi stesse e anche per i vostri figli. Avete la responsabilità di educarli, di farli studiare e di realizzare tanti progetti insieme a loro. Trovate la forza per procedere anteponendo a tutto il resto voi e i vostri figli. Consapevoli che le minacce nei casi gravi non servono, anzi a volte acuiscono la gravità della situazione, pur tuttavia dovete sempre fare presente al partner che siete soggetti di diritto sin dal primo insorgere dei maltrattamenti psicofisici e precisate che il corpo è vostro e lo potete gestire soltanto voi.

Esemplificazione: “Non devi alzare le mani, perché ti denuncio!” o “Non mi devi nemmeno toccare o chiamo immediatamente la polizia”.

 

Articolo a cura del Dottor Salvatore Vallone

 

 


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