Emozioni e razionalità: l'equilibrio della salute psichica
Dott.ssa Marcella Dittrich - Psicologa Psicoterapeuta - Milano
Paziente: " Sì dottoressa è vero … mia madre sarà stata un po' invadente con me … ma non mi ha mai fatto mancare niente …
tutto quello di cui potevo avere bisogno … bei vestiti… non posso certo pensare che sia lei responsabile del mio attuale malassere … mi sembrerebbe di farle un torto… è solo fatta così…era il suo modo di volere bene… mi nonna non era molto diversa "
Terapeuta: "Cosa intende per 'un po' invadente'?"
Dott.ssa Marcella Dittrich - Psicologa Psicoterapeuta - Milano
Paziente: " Sì dottoressa è vero … mia madre sarà stata un po' invadente con me … ma non mi ha mai fatto mancare niente … tutto quello di cui potevo avere bisogno … bei vestiti… non posso certo pensare che sia lei responsabile del mio attuale malassere … mi sembrerebbe di farle un torto… è solo fatta così…era il suo modo di volere bene… mi nonna non era molto diversa "
Terapeuta: "Cosa intende per 'un po' invadente'?"
Paziente: "Beh era lei che decideva le cose pratiche … come dovevo vestire, cosa mangiare, ma anche come dovevo trascorrere il tempo libero sì lo ha sempre fatto perché- voleva che avessi il meglio dalla vbita … non creda, io le sono molto grata per questo … lei d'altronde sapeva in ogni occasione cosa era meglio fare … è sempre intervenuta nelle mie amicizie … credo di essere stata fortunata … in un certo senso" Terapeuta: "Mi spieghi concretamente con un esempio, come decideva per lei le cose pratiche?"
Paziente: "La critica … il giudizio continuo … uno stillicidio … sì certo lei voleva che io avessi solo il meglio …ma lei come può fare il giudice delle vite degli altri? Criticava le famiglie dei miei amici, ad esempio … la mia compagna di banco …" si veste come 'una di quelle!' come puoi uscire con lei… i suoi sono separati' … poi se io comunque decidevo di fare come volevo, lei per giorni diventava fredda e distaccata nei miei confronti … io capivo che in quei momenti mi detestava… perché non ero più come lei voleva che fossi … usava anche tecniche raffinate per farmelo capire. Mi è rimasto impresso … perché mi ha fatto molto male …quando era ora di cena lei come al solito apparecchiava con cura per tutta la famiglia ma 'casualmente' si dimenticava di apparecchiare per me…al mio posto c'era il vuoto… il messaggio era chiaro …io tra la rabbia e la mortificazione ma sempre in silenzio per paura che potesse andare anche peggio, tiravo fuori piatti e posate per me … c'era una tensione carica di disprezzo che si tagliava con il coltello … a quel punto l'appetito mi era scappato! Però tutti eravamo obbligati a sederci a tavola e 'recitare' la famiglia felice come se esistesse solo quell'apparenza…visibile, tangibile"
Terapeuta: "Cosa sta provando adesso, mentre ricorda questo episodio?"
Paziente: " (dopo un lungo e teso silenzio) "Me lo rivedo davanti come un film… la strozzerei con le mie mani … mi rendo conto adesso di quanto l'ho odiata, la odio … ciò che ero e pensavo non avevano alcuna importanza ai suoi occhi … lei sapeva meglio di me come ero fatta e come avrei dovuto essere ed io avevo troppo bisogno di lei, della sua approvazione e stima per sopravvivere…Quel disprezzo è stato come acido corrosivo che ti cola dentro … adesso sono qua che raccolgo i cocci di me stessa."
Questo brano non è che uno stralcio riassunto di uno scambio tra la scrivente ed una paziente che da poco ha iniziato un psicoterapia, per poter risolvere una forma d'ansia diffusa che nel tempo è andata aumentando fino a costringerla ad evitare tutta una serie di situazioni di vita che avverte come ansiogene; il problema è che a furia di "battere in ritirata" di fronte alle più svariate situazioni di vita adducendo a sé stessa le scuse più inverosimili, è arrivata al punto insostenibile in cui si sente come "messa all'angolo" consapevole che una vita piena è ben altro rispetto a quella che conduce attualmente .
Come lei stessa affermò al nostro primo incontro: " Mi sento come una matassa terribilmente intricata di cui si è perso l'inizio del filo… sono come schiacciata dentro e più mi dibatto più mi ci 'invischio' ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a fare un po' d'ordine …"
Fin dall'inizio risultò chiaro che quel groviglio di eventi del passato, intriso di rabbia, dolore paura era stato messo da parte dalla paziente, una sua strategia personale inconscia per trovare un po' di pace ma anche per "salvare" l'immagine della mamma. Per fare questo attuava continuamente una formidabile opera di razionalizzazione di quanto avvenuto; molte spiegazioni "logiche" e 'politicamente corrette' la paziente si era data (e cercava di fornire a me ora) per fare in modo che gli episodi traumatici e dolorosi della sua vita in famiglia ne risultassero notevolmente smorzati, accettabili ai suoi occhi, al suo sentire …Eppure il coperchio della rimozione non teneva più il ribollire delle emozioni che premevano per uscire e avevano per ora potuto farlo solo attraverso i sintomi: una forma d'ansia generalizzata molto forte e tutto un corteo di sintomatologia somatica che andava dalla gastrite alla tachicardia e richiedeva l'intervento di molti specialisti medici e di diversi farmaci. L'energia psichica mobilitata per mantenere questo fragile assetto era notevole e questo la faceva sentire molto stanca fisicamente.
Ora quello che desidero sottolineare è quanto questa situazione di "auto-intrappolamento" sia comune a moltissime persone e blocchi di fatto il cambiamento, disperdendo gli sforzi in tentativi del tutto secondari se non addirittura infruttuosi (ad esempio l'uso di farmaci o di attività varie non adeguate ad affrontare il nocciolo del problema, in questo caso emozioni bloccate). Ciò dipende da una generalizzata tendenza a considerare come validi e utili solo dati tangibili e razionali che hanno maggiore visibilità, in base ai quali ci si accanisce a cercare pseudo spiegazioni: ad esempio, nel caso sopra esposto, la paziente a lungo si era raccontata che la madre agiva solo per il suo bene, che comunque era un'educazione di altri tempi che lei era stata fortunata a beneficiare di un aiuto così premuroso, che anche se le cose erano andate così era meglio metterci una pietra sopra e cominciare da capo ecc… Aveva cercato di risolvere i fastidiosi sintomi con gli psicofarmaci (ansiolitici ed antidepressivi) e con farmaci di altro genere a seconda della zona del corpo che le procurava disturbi.
E' come se il modello di uomo implicito in un agire di questo tipo sia quello della macchina, ad esempio del computer dove secondo la metafora la mente è come una grande memoria da cui è possibile cancellare selettivamente alcuni episodi, giudicati negativi e con un semplice gesto del mouse grazie ad una decisione cosciente, volitiva annullare episodi del passato fortemente connotati emotivamente; oppure per eliminare il sintomo l'uso di un programma antivirus; così si è convinti di aver risolto "scientificamente" il problema. Eppure non è così, ci si sta solo autoingannando: quel virus/sintomo è un elemento informativo prezioso, un 'filo d'Arianna' che ci condurrà proprio ad accedere a quel "documento" che volevamo cestinare a tutti i costi. Se ci ostiniamo a trascurare il suo valore informativo esso si ripresenterà probabilmente in una forma più grave, invalidante, rispetto alle prime manifestazioni, è come se cercasse di dire:" non vedi che così non va ? Non puoi andare più avanti così non sei in una condizione di equilibrio e soprattutto non sei tu … è una parte inautentica che si sta esprimendo". Noi siamo assai diversi dal computer e il volere e la razionalità sono solo una faccia della medaglia psichica mentre l'altra, quella "in ombra" per dirla con Jung (quella della sensibilità, dell'intuizione, delle emozioni, della femminilità) c'è ed è attiva a prescindere dal fatto che noi ne siamo consapevoli e desideriamo accettarlo.
In quella parte in ombra sono impressi come sul negativo di una pellicola tutti gli episodi emotivamente pregnanti che hanno formato e deformato la personalità e continuano a far girare il mondo interno secondo percorsi obbligati.
I termini del problema sono in realtà piuttosto semplici per fortuna, anche se la Babele culturale in cui viviamo immersi, spesso ci fa perdere di vista l'essenziale; chi vuol guarire o comunque cambiare nella direzione di un maggior benessere deve riconoscere il proprio assetto interiore e le difese messe in atto; i danni che conseguono l'evitamento dei vissuti sono peggiori. Questo perché uscire dai binari ordinari conosciuti della sofferenza è difficile; sono percorsi noti, da lungo tempo sempre gli stessi. Il terapeuta è utile quando sa riconoscere quei meccanismi mentali "sabbie mobili" e sa quali strategie utilizzare per uscirne; è fondamentale che il lavoro sia fatto insieme sulla base di una solida alleanza orientata verso obiettivi concordati.
La maggior parte di noi, seppure in diversa misura, ha la potenzialità per riconoscere questa dimensione interiore sottile, sfuggevole e per rendersi conto che è importante portare avanti un processo di autoconoscenza; è una decisione ed una responsabilità individuale che richiede una scelta personale verso il cambiamento e questo, a volte fa paura…
Oggi si sente molto parlare di tecniche New Age, di ricerca di una nuova spiritualità, di religioni che vengono da paesi geograficamente e culturalmente lontanissimi; molti approcci sono seri e offrono una valida opportunità di approfondimento della ricerca personale; tuttavia l'esperienza clinica mi ha insegnato che un lavoro accurato su di sé che libera da condizionamenti interni ricollegabili ad eventi biografici dovrebbe essere il prerequisito per accedere ad insegnamenti spirituali più elevati evitando il tranello di proiettare problemi personali in ambiti diversi meno attrezzati per lavorare sulla sofferenza psichica individuale; si rischia così di mancare entrambi gli obiettivi, il benessere psichico e l'evoluzione spirituale.