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La crudeltà umana: cause e conseguenze

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La violenza e la crudeltà possono avere sia origini biologiche che ambientali ma se si educasse al rispetto, all’amore, all’empatia verso ogni essere vivente forse si riuscirebbe a far diminuire atti crudeli e spietati.

di Lorenza Fiorilli

La crudeltà umana: cause e conseguenzeQuante volte, ormai sempre più spesso, sentiamo o leggiamo notizie sulla crudeltà umana? Uomini che usano violenza sulle compagne, adolescenti che picchiano a sangue un senzatetto, persone che maltrattano e seviziano gli animali. Ma perché succede tutto questo? Da cosa derivano i comportamenti violenti? Ci sono delle cause scatenanti?

Sull’origine dei comportamenti violenti sono state e vengono continuamente condotte numerose ricerche da parte di psichiatri, psicologi e criminologi. Tra questi lo psichiatra e criminologo Adrian Raine, che ha concentrato i suoi studi sulle basi biologiche e anatomiche della violenza, ha dimostrato che un cattivo funzionamento del cervello può aumentare la probabilità di mettere in atto comportamenti violenti; in particolare il distacco tra corteccia frontale e sistema limbico: ciò renderebbe l’individuo incapace di controllo e incapace di provare empatia.

E proprio di quest’ultimo concetto si è occupato lo psicologo britannico Simon Baron Cohen secondo il quale proprio l’assenza di empatia, ovvero la capacità di mettersi nei panni degli altri, sarebbe la spiegazione scientifica della cattiveria. Si possono classificare due componenti dell’empatia: quella cognitiva che si riferisce proprio alla capacità di riuscire a capire cosa provano o pensano gli altri, e una affettiva, ovvero l’esigenza di rispondere in un modo appropriato e consono agli stati mentali di un’altra persona. Ovviamente, come sottolinea lo stesso Cohen, la sola mancanza di empatia non basta a giustificare un comportamento violento, ma sarebbe impossibile procurare volontariamente sofferenza ad un altro essere vivente se si provasse empatia.

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Perché ho appena citato, volontariamente, essere vivente e non “persona” o “essere umano”? Perché la violenza si mette in atto anche verso gli animali; anzi, svariati studi realizzati negli Stati Uniti hanno dimostrato che la crudeltà contro gli animali è uno dei fattori predittivi di futuri comportamenti violenti verso esseri umani. I risultati di numerose ricerche hanno mostrato che ragazzi che avevano ammesso di aver inflitto violenze contro gli animali, in seguito hanno commesso atti di delinquenza gravi quali furti o aggressioni. Ma non solo: gli adulti crudeli verso gli animali sono spesso gli stessi che picchiano la propria compagna, i propri figli o le persone più deboli. Una ricerca condotta su tale correlazione da Frank Ascione e dal suo team, ha mostrato che quando un individuo di sesso maschile ha già minacciato di violenza il proprio animale domestico, quintuplica il rischio che la partner diventi anch’essa una vittima di violenza.

Inoltre, sempre secondo Frank Ascione, i bambini che sono state vittime di violenze sessuali hanno un rischio sei volte maggiore, rispetto alla media della popolazione, di praticare atti di crudeltà verso gli animali. A riguardo, la dottoressa Gullone della Monash University, in Australia, afferma che i paesi dove gli animali vengono trattati meglio, sono gli stessi nei quali vengono più rispettati i diritti umani.

Ma che vissuto hanno le persone crudeli? In quale ambiente sono cresciute?

Un bambino cresciuto in un ambiente arido, ostile e di deprivazione affettiva avrà maggiori possibilità di diventare violento. Il famoso psicologo americano John Bowlby ha dedicato la sua vita allo studio delle cure nella prima infanzia concentrando le sue ricerche sul rapporto madre-bambino e su come questo possa influire sullo sviluppo di una personalità sana o disturbata, sviluppando la sua famosa “Teoria dell’attaccamento”. Egli ha dimostrato, tra le altre cose, che l’attaccamento è uno degli elementi chiave nella formazione dell’empatia e che il comportamento antisociale si ha più frequentemente nei bambini che non hanno formato relazioni affettive stabili. Essenziale, quindi, è l’ambiente in cui cresce il bambino: se osserva altri comportarsi in modo crudele, svilupperà la consapevolezza che sia una cosa lecita e naturale. Un bambino educato alla violenza può subire quella che può essere denominata “dipendenza dal male”.

Concludendo, la violenza e la crudeltà, possono avere sia origini biologiche che ambientali, ma se si educasse al rispetto, all’amore, all’empatia verso ogni essere vivente, se ognuno si sforzasse di mettersi nei panni dell’altro, se quando si parla con un amico, con un conoscente, lo si guardasse negli occhi e lo si ascoltasse veramente, se i genitori facessero capire ai propri figli quando stanno mettendo in atto un comportamento violento o comunque poco rispettoso verso un animale o verso un coetaneo, forse si riuscirebbe a far diminuire atti crudeli e spietati.

 

(a cura della Dott.ssa Lorenza Fiorilli, psicologa)

 

 

 

 


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Tags: crudeltà

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