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Note psicoanalitiche sul disturbo borderline di personalità

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on . Postato in Psicopatologia | Letto 2229 volte

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Tra i cosiddetti "disturbi della personalità", la sindrome borderline presenta caratteristiche che la pongono su di un piano di indagine privilegiato nella clinica psicologica odierna,

a causa dell'ampio spettro delle manifestazioni cliniche correlate e della profondità di radicamento dei vissuti psichici disadattanti che ne sono alla base, che spesso pongono problemi di natura terapeutica di difficile soluzione se non di vera e propria intrattabilità, qualora l'intensità del malessere e la necessità del ricorso a svariate forme di agito si pongono in termini di reiterazione pura e semplice delle problematiche psicopatologiche "nucleari" nell'ambito della cura psicoterapeutica o psicoanalitica.

Da un punto di vista diagnostico, i criteri solitamente utilizzati nella definizione dei disturbi borderline -in un ambito più orientato in verità in senso psichiatrico, come quello del DSM IV (Manuale dei Disturbi Mentali- quarta ediz.)- traducono diversi aspetti comportamentali ed intrapsichici dei soggetti, che possono riassumersi nei seguenti: sentimento di instabilità interiore, deficitario senso di identità soggettiva, marcata instabilità delle relazioni interpersonali ed affettive, frequenti e rapide oscillazioni del tono dell'umore associate ad elevate quote di ansia fluttuante,difficoltà nel controllo pulsionale e ricorso ad agiti autolesivi (frequenti le minacce di suicidio), fino ad includere manifestazioni di tipo dissociativo (depersonalizzazione, stati di coscienza "crepuscolare"..) che tuttavia rimangono circoscritte entro un periodo di tempo solitamente limitato cui segue un miglioramento delle condizioni psichiche complessive. Centrale ,poi, appare -da un'ottica più orientata alla valutazione degli stati emotivi interni- la presenza di sentimenti cronici di vuoto interiore collegati a timori abbandonici, rispetto alle figure del proprio ambiente di vita, di natura arcaica, immodulati e scarsamente elaborati, che determinano relazioni affettive improntate solitamente ad atteggiamenti di tipo anaclitico, di richiesta di sostegno e di vicinanza o, paradossalmente, di rigido evitamento. L'asse dei disturbi borderline si interseca quindi con più aree problemiche del disagio psichico,ed in particolare del disagio psichico odierno -soprattutto tra le generazioni più giovani- fungendo da ponte tra dimensioni cliniche apparentemente scollegate, quali l'area anoressico-bulimica, quella della tossicomania, dell'alcoolismo, delle condotte a rischio, ma in realtà assimilabili entro una categoria sovradimensionata in cui l'attenzione venga diretta non tanto o non solo sulle manifestazioni comportamentali di superficie e/o sulle vicissitudini intorno agli specifici oggetti "sostitutivi"(cibo,droga,alcool,etc..), quanto piuttosto sulla natura della dinamica interna, intrapsichica, che occupa a livello più profondo e in maniera non direttamente percepibile -se non in forme di traduzione concreta, letterale appunto- il vissuto quotidiano del soggetto.

Questa assimilazione di più aree cliniche sotto la categoria del disturbo borderline sarebbe legittimata proprio dalla comune natura dei vissuti esperienziali profondi che si aggregano intorno ad antichi nuclei psicopatologici che rivelano precoci distorsioni nello sviluppo evolutivo e quindi nella natura del rapporto primario madre-bambino.

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Infatti, mentre la patogenesi di questo disturbo viene distribuita al concorso di più fattori, secondo un'ottica integrazionista che vede, oltre alle cause propriamente psicologiche, uno specifico ruolo esercitato da aspetti sociali e biologico-temperamentali, in ambito psicoanalitico viene ribadito soprattutto il massiccio ricorso a meccanismi difensivi di scissione nel periodo pre-edipico collegati ad una inadeguata strutturazione del piano rappresentativo oggettuale a livello di introietti.

O.Kernberg (1975), ad esempio, sottolinea la presenza di intensi conflitti pulsionali che esitano in una scissione patologica con il risultato di un modello rappresentazionale interno di natura "molteplice" e non integrato, dove la rappresentazione che il soggetto ha di sè, degli altri e del rapporto sè-altro è altamente conflittuale e deriva da una relazione sè-oggetto connotata da accentuata instabilità delle condizioni emotive dell'incontro madre-bambino, e dalle ripetute esperienze di abbandono e solitudine effettivamente provate o immaginate dal bambino in tali occasioni. H.Kohut(1971), centra l'attenzione soprattutto sul fallimento della capacità empatica della figura materna nei confronti del bambino e sulle sue conseguenze in termini di costituzione di oggetti-Sè deputati a svolgere un ruolo di rinforzo e di sostegno per raggiungere una maggiore coesione del Sè; mentre D.N.Stern(1985), da un diverso punto di osservazione e di concettualizzazione dello sviluppo psichico infantile, parla di un fallimento nell'operazione di "sintonizzazione affettiva", cioè nella reciproca comunicazione di stati interni che madre e neonato attivano a vicenda nelle prime sequenze interattive, individuando nel livello di relazione "intersoggettiva" il momento critico di insorgenza del disturbo borderline.

 

Il concetto centrale che và quindi individuandosi nella concettualizzazione del dist.borderline è quello dell'attaccamento e delle sue vicissitudini, che -a partire dalle formulazioni di Bowlby sulle qualità di sicurezza/insicurezza della specifica relazione di attaccamento- è stato ampliato recentemente da altri autori sia in ambito teorico psicoanalitico che cognitivista, che hanno ripetutamente sottolineato nei loro contributi la presenza di una disorganizzazione di fondo delle modalità di attaccamento alle figure genitoriali, unitamente al ruolo svolto da un deficit metacognitivo (Linehan 1993; Fonagy 1995) nella regolazione delle emozioni, per cui il soggetto giungerebbe ad una svalorizzazione massiccia della propria ed altrui esperienza emotiva sulla base di convinzioni errate e di relazioni interpersonali improntate ad una estrema vulnerabilità ed alle conseguenti difese patologiche, con il risultato di una angosciante sensazione di vuoto interiore e di costante timore di abbandono da parte degli oggetti primari.

 

Il disturbo della relazione primaria di attaccamento alle prime figure genitoriali, espresso in termini di "attaccamento disorganizzato", sarebbe quindi la causa principale delle problematiche presentate dal soggetto con dist.borderline, dove per disorganizzazione deve intendersi il fallimento del processo di integrazione delle rappresentazioni mentali del soggetto circa gli elementi di base del rapporto interpersonale con l'adulto, rappresentazioni che permangono in uno stato di potenziale scissione e che subirebbero una periodica dissociazione qualora si (ri)attivi il sistema motivazionale originario dell'attaccamento, con il suo carico di antiche esperienze dolorose (traumi,violenze,vissuti abbandonici,etc..) superiori alle capacità di contenimento psichico e di mentalizzazione del soggetto, o più precisamente, della coppia madre-bambino .

La rappresentazione conflittuale "molteplice" che il soggetto ha di sè stesso e degli altri, e della sua peculiare esperienza di "essere con l'altro" (Stern,op.cit.) costituirebbe quindi un fattore di destabilizzazione tanto a livello affettivo quanto in quello cognitivo, soprattutto quando la declinazione delle rappresentazioni del Sè, sotto la spinta di tensioni interne ed ambientali di varia natura, assume connotati chiaramente arcaici ed immodulati che ripristinano polarità fondamentali Sè-Altro del tipo "vittima-persecutore", dove i ruoli dei "soggetti" (interiorizzati) in interazione permangono in una dinamica oscillatoria prefissata, che non ammette variazioni (..come in un copione ripetitivo dove le parti assegnate sono soltanto due e recitate alternativamente tra soggetto e oggetto..).

 

Da quanto detto, può risultare comprensibile la difficoltà del trattamento psicoterapeutico o psicoanalitico di questo tipo di pazienti, che associano una complessa modalità relazionale alla facilità del passaggio all'atto, all'immediatezza del processo transferale, alle richieste di rassicurazione e dipendenza implicite nell'interazione con l'altro ed ai frequenti acting out con valenze suicidarie che mettono a dura prova la necessaria serenità del terapeuta, coinvolto inoltre in dinamiche controtransferali profonde e repentine che richiedono qualità terapeutiche non comuni, laddove alla capacità di far fronte alle propria frustrazione ed alle delusioni che costelleranno inevitabilmente il processo terapeutico dovrà unirsi la capacità di fungere da vero e proprio supporto "cognitivo" in grado di stimolare la riflessione critica del paziente verso i propri comportamenti ed i propri sentimenti.

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Adler G. (1985) - Borderline Psychopathology and its treatment. New York, Aronson.
  • Bowlby J. (1969, 1973, 1980) - Attachment and loss (trad.it. "Attaccamento e perdita, voll. I-II-III, Boringhieri, Torino).
  • Fonagy P. et al. (1995) - Attachment, the reflective self and borderline states (in Goldberg et al.: Attachment Theory: Social, developmental and clinical perspective, New York, Analytic Press).
  • Kernberg O.F. (1975) - Borderline conditions and pathological narcissism (trad.it. "Sindromi marginali e narcisismo patologico", Boringhieri, Torino).
  • Kohut H.(1971) - The analysis of the self (trad.it. "Narcisismo e analisi del sè", Boringhieri, Torino).
  • Linehan M.M. (1993a) - Cognitive Behavioral treatment of borderline personality disorder, New York, Guilford.
  • Stern D.N. (1985) - The interpersonal world of the infant (trad.it. "Il mondo interpersonale del bambino", Boringhieri, Torino).

 

Dott. Fernando Maddalena - Psicologo, Psicoterapeuta - Chieti

 


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