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Psicologia dello sport

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psicologia dello sportAuspico che questa relazione possa far contribuire a far conoscere meglio la psicologia dello sport e a far riflettere sulle ottime opportunità che questa disciplina potrebbe offrire nell'ambito sportivo a tutti i livelli: amatoriale, dilettantistico, agonistico e professionistico e non solo in termini prestazionali ma anche in termini di prevenzione e tutela della salute fisica e mentale.

Si può dire che è ancora attuale la considerazione del 1986 fatta da Pilar Auguerri Sanchez: "Sfogliando i primi 15 volumi (1970-84) dellInyernational Journal of Sport Psychology si può notare se e cosa è cambiato sul piano mondiale nel campo della psicologia dello sport nel corso degli ultimi tre lustri. Quasi la metà delle ricerche viene condotta nel nord America, mentre sono in aumento i lavori europei. Tra gli autori, sempre pochi medici, costanti "Ph.D.", cultori di educazione fisica, in aumento progressivo e decisamente più numerosi gli psicologi.

Nessuno sport è particolarmente privilegiato, alcuni non sono stati mai studiati. Non c'è parallelo tra gli sport considerati e la loro diffusione. C'è la tendenza ad usare di meno i test mentre sono sempre più frequenti gli studi sperimentali. Lo scopo delle ricerche è sempre più quello di ottimizzare la performance.

In quanto ai contenuti, alcuni sono in calo (personalità, motivazione,psicosociologia), mentre sono in aumento l'ansia, l'apprendimento motorio, le tecniche (specie cognitive) di preparazione".

Più nel dettaglio, l'Autrice afferma che "la stragrande maggioranza degli AA appartiene a due blocchi: quello nord Americano (118 articoli) e quello dell'Europa occidentale (53). Segue il blocco dell'Europa orientale con 27 articoli".

Complessivamente, facendo i debiti confronti, quindi:

1° USA con 95 articoli
2° Canada con 23
3° Belgio con 13
4° Gran Bretagna con 12
5° Italia con 8

Per quanto riguarda poi le discipline studiate: "la maggior parte degli articoli (87) riguarda ricerche psicologiche sull'attività fisica in generale; gli altri studi sono effettuati su atleti che praticano determinate discipline sportive". Fra queste al primo posto troviamo la pallacanestro (26), seguitadal calcio (22) che precede il nuoto e l'atletica leggera (19), il tennis (16), la pallavolo (15), il rugby e l'hockey (11)."

Facendo riferimento invece alle finalità degli studi:

"La maggioranza dei lavori (158) ha come finalità il miglioramento della prestazione. Solo 32 lavori si occupano di salute e 25 di metodologia o aggiornamento. Appena 12 lavori studiano i problemi degli allenatori".

Questo per inquadrare l'argomento a livello mondiale. A questo livello, discreta la produzione italiana, sebbene sottostimata, in quanto il nostro "prodotto scientifico" accede solo in minima parte alle riviste internazionali.

Infatti, scorrendo con Antonina Costa (9) i primi 25 numeri della rivista Movimento (la pubblicazione italiana che si occupa di psicologia delllo sport) che vanno dal 1985 al 1993, si constata che in tale periodo sono stati pubblicati 429 articoli.

Ecco, secondo l'Autrice, in estrema sintesi, come stavano le cose in Italia nel 1993 a proposito di psicologia dello sport:

le città italiane che hanno partecipato con studi , ricerche, interviste, articoli, sono state: Roma (163), Firenze (32), Napoli (30), Torino (28), Catania (27). Notare l'assenza totale di Genova, come di altre prestigiose città del nord.

L'unico lavoro prodotto a Genova, apparso (nello stesso numero 3 del 1995 della Rivista Movimento che riporta questa disamina) è del Prof. Luigi Odone e altri coautori che voglio qui citare in onore e ricordo dell'amico prematuramente scimparso lo scorso anno: "Caratteristiche di personalità delle ginnaste - osservazione sul rapporto tra immagine corporea ed ansia nella ginnastica artistica". Lavoro rigorosamente scientifico basilare per qualunque presa in carico del giovanissimo atleta in via di formazione con o senza ambizioni professionistiche.

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Prima di ogni altro aspetto, lo sport deve essere considerato componente essenziale della formazione della personalità sana del ragazzo, non certamente nel senso di vincere a tutti i costi, come pretendono certi "cattivi" genitori che, pur di vincere, incitano i loro figlioli a "spezzare le gambe all'avversario".

Ma non è questo il contesto per approfondire il senso, il valore e l'etica dello sport. Sempre citando Antonina Costa: "Nel totale dei 429 articoli, ben 114 sono studi e ricerche condotti da psicologi che operano sul campo accanto ad atleti di vertice o nella didattica ddella Psicologia dello sport e 74 i contributi di docenti Isef; seguono le ricerche di psicologi, docenti di Università, medici dello sport, psicoanalisti, neuropsichiatri, allenatori, docenti di educazione fisica.

Bisogna osservare che in Italia, proprio tra chi allena, è poco alimentata l'attitudine alla ricerca ed alla sperimentazione.

In Italia, quindi, gli sport sono stati studiati in numero complessivo considerevole (n.35), anche se quelli maggiormente studiati sembrano riflettere in qualche modo l'indice di partecipazione nazionale: 32 articoli riguardano il calcio, 18 riguardano il tennis e 12 riguardano il nuoto.

Delineato l'inquadramento generale, proseguirò la relazione con qualche considerazione personale per poi concludere con alcune proposte.

Al di là degli sforzi fatti per produrre lavori più o meno importanti nell'ambito della psicologia dello sport, e fortunatamente prodotti non solo da psicologi, complessivamente non si può essere granchè soddisfatti. La psicologia applicata allo sport è in realtà ben poca cosa. Dunque bisogna porsi la domanda: è utile o inutile?

In scienza e coscienza mi sento di dover rispondere che può esseredi grande utilità. Eppure gli psicologi solo raramente sono nell'ambito sportivo.

Quali i motivi di questa enorme carenza?

Abbiamo visto dalla disamina dei lavori svolti su "Journal" come agli inizi la psicologia dello sport fosse caratterizzata dall'approccio osservativo-testologico e come solo più di recente sia passata nella fase in cui prevede l'uso sperimentale di metodologie e strumenti finalizzati all'ottimizzazione della prestazione atletica. E' quindi assai probabile che la psicologia dello sport abbia risvegliato poco interesse specie tra gli atleti e gli allenatori sportivi. Ora, però, credo che valga la pena di ricredersi, tenuto conto che ultimamente la psicologia dello sport ha fatto il decisivo salto di qualità: ha infatti recuperato metodologie e strumenti che possono veramente ottimizzarequalunque tipo di prestazione atletica. Inoltre sono state affinate anche particolari tecniche di intervento per rendere più incisivo il dialogo tra allenatore e atleta. Cito una per tutte la tecnica del "self talk". Mentre restano preziosi alcuni strumenti conoscitivi dell'atleta, specie se giovane, quale quello ideato già nel 1987 da due ingegnosi medici sportivi del settore giovanile dll'Inter.

Per quanto mi riguarda,in quanto esperto di gestione e controllo dello stress mediante biofeedback e psicodistensione, trovo difficile ritenere che non si riesca ad apprezzare, specie per i livelli professionali, questa strumentazione tecnologicamente sofisticata e decisamente validata sul piano scientifico.

Sono inebriato quando penso a quante squadre di calcio abbiamo a partire dai più improvvisati gironi amatoriali e dilettantistici a quelli massimi di serie A e B. Il numero di giocatori ed il rapporto con le altre discipline sportive (da tabella IV Riv. Movimento n.2 1986 pag.105) evidenzia assai bene l'enorme portata del fenomeno:

1)Calcio 1.243.255
2)Caccia 811.392
3) Pesca 616.961
4)Pallavolo 226.284
5)Pallacanestro 224.245
6)Tennis 216.580
7)Sport invernali 176.556
8)Bocce 162.694
9)atletica leggera 118.157
10) ciclismo 113.281
11) Motociclismo 104.278
12)Lotta, Pesi, Judo 74.458
13)Vela 69.483
14)Ginnastica 60.055
15)nuoto 35.379
16) Hockey e Pattinaggio 25.675
17)Pallamano 25.481
18)Rugby 21.242
19)Golf 19.310
20)Baseball 17.878
21)Sport equestri 17.647
22)Tiro a volo 16.459
23) Aereo club 12.724
24)Tiro a segno 11.452
25) Tennis da tavolo 9.490

A sostegno di questo fenomeno collettivo mi immagino non possa esserci altro che un potente archetipo, quello di Mercurio, la mitica divinità greca dai piedi alati!

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Lo sport ha beneficiato di tutte le più sofisticate acquisizioni delle scienze biomediche: chirurgia, farmaci, medicamenti, ormoni, vitamine, ecc. Il prezzo in contropartita pagato sappiamo che è assai alto. Mi sembra l'ora di far ricorso alle risorse psico-endorfiniche personali e alle metodologie psicofisiologiche che consentono di gestirle in maniera naturale ed autogena.

Scorrendo la letteratura internazionale sull'argomento dell'ultimo ventennio, stranamente ho rintracciato pochissimi lavori che applicano il Biofeedback in ambito sportivo: ginnastica, corsa , sci, arco. Nessun accenno al calcio. Trovo quanto meno bizzarraquesta assenza considerato il giro di miliardi per le campagne acquisto dei calciatori, ma anche per la grossa cultura calcistica che abbiamo accumulato a livello mondiale . Scorrendo invece la bibliografia italiana, che purtroppo come segnalato non accede più di tanto al circuito internazionale, ho rilevato che lo strumento è noto da tempo.Segnalo che il BFB è stato utilizzato proficuamente dalla squadra italiana di pugilato alle olimpiadi di Seoul del 1988. In tale occasione, come forse ricorderete, il nostro pugile Giovanni parisi ha conquistato la medaglia d'oro.

Anche nel calcio il BFB è stato applicato in diverse occasioni. Ma è stato utilizzato in termini molto specifici, in particolare sull'attivazione (arousal) ottimaledella prestazione; mentre , in base alla mia esperienza clinica, mi sembra il caso di proporre l'uso del BFB in senso più globale, in buona sostanza di utilizzare la strumentazione del biofeedback per effettuare il profilo psicofisiologico del calciatore al fine di rilevare anomale condizioni di base nelle risposte allo stress e all'ansia da prestazione.

Profilo psicofisiologico individuale massimamente prezioso per qualunque allenatore di squadra di calcio che se ne voglia avvalere al fine di ottimizzare lo stato psicofisico generale del calciatore prima ancora di ottimizzare la contingente prestazione calcistica.

E' di tutta evidenza che attitudini e abilità fisiche non possono essere disgiunte dal quadro di personalità del calciatore edalle sue condizioni psicofisiche di base e stile personale di gestire lo stress.

Credo che a tutti dovrebbe far piacere conoscere meglio se stessi, prevenire disturbi fisici e mentali, essere in condizioni di base ottimali e fornire prestazioni sportive adeguate alle proprie potenzialità.

Nel senso sopra indicato, almeno ai livelli professionistici, il biofeedback dovrebbe essere ampiamente utilizzato, nell'interesse del calciatore in quanto persona, nell'interesse della sqaudra in quanto gruppo di persone e nell'interesse della società sportiva.

Riepilogando il biofeedback può avere diverse applicazioni:

  1. intervento psico-riabilitativo settoriale pienamente integrato con intervento fisiatrico;
  2. valutare e mantenere su basi psico-fisiologiche il rapporto ottimale tra arousal e prestazione;
  3. rilevamento del profilo psico-fisiologico base-line ed eventuale training riabilitativo per il relativo rientro nei parametri della norma.

Spero che abbiate trovato di qualche utilità la panoramica svolta sulla psicologia dello sport e le promettenti applicazioni del biofeedback in particolare calcistico.

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Concludo infine con una proposta a tutte le organizzazioni sportive interessate, quali CRAL San Martino e U.S. ACLI promotrici del Convegno, patrocinare una indagine sui bisogni di consulenza psicologica tra gli sportivi nella provincia di Genova, analogamente a quanto già fatto più di 10 anni fa nella provincia di Pistoia. Indagine finalizzata a soddisfare i bisogni psicologici complessivi dell'atleta ai vari livelli: amatoriali, dilettantistici e professionistici.

E' bene ricordare che tanto alivello amatoriale che agonistico la pratica di uno sport può essere occasione di sana o patologica formazione della personalità del giovane. Allo stato attuale più patologica che sana. I diversi Enti ed Associazioni sportive che pongono a fondamento del loro Statuto profondi valori etici, morali e spirituali prima ancora di preoccuparsi di sfornare eccellenti e rampanti campioni, si dovrebbero preoccupare di formare personalità sane ed equilibrate.

Ma questo obbiettivo, magari affermato solennemente a parole, senza le acquisizioni della psicologia non può essere adeguatamente raggiunto.

L'attuale approccio puramente antagonistico con preparazione esclusivamente atletica anche ai livelli amatoriali è tutt'altro da condividere e forse potrebbe essere arrivata l'ora di fare qualche aggiustamento di rotta.

A tale scopo sono pronto a mettermi a disposizione per contribuire alla creazione a Genova di un Centro provinciale di Psicologia dello Sport che operi a vari livelli, meglio ancora se integrato in una più vasta struttura di Medicina dello Sport.

 

(Relazione presentata al 1° Convegno Provinciale di Sport e Medicina - Genova - 30.5.98)

 

Dr. Luigi Fasce, psicologo, psicoterapeuta - Genova

 

 


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