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Identità di genere: differenze in età evolutiva e relazione con il gioco

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Questo articolo nasce dalla curiosità di esplorare l’età evolutiva in relazione al gioco e di comprendere in modo scientifico, perché bambini e bambine fanno giochi diversi. In quale modo l’identità di genere influisce nel differenziare il gioco?

di Antonella Appetecchi

Identità di genere differenze in età evolutivaRispondere a questa domanda ha richiesto un lavoro di ricerca bibliografica che ha condotto ad analizzare anche l’identità di genere dall’inizio, continuando il percorso esplorativo nella sua completezza durante l’età evolutiva; pertanto, la trattazione prenderà in considerazione lo sviluppo del feto e l’evoluzione del “cucciolo”di uomo.

1. Identità di genere e differenze sessuali

L’identità di genere è (D’Ottavio, Simonelli; 1990) “il senso di sè stesso, l’unità e la persistenza della propria individualità maschile o femminile”; si tratta di un “mare magnum” in cui confluiscono vari fattori che si fondono e si armonizzano dando origine a questo aspetto della personalità umana che, ancor oggi, conserva delle zone d’ombra.

Quando si prendono in considerazione aspetti che coinvolgono la sessualità, accade di trovare delle resistenze da parte delle persone, sia per i tabù che persistono ben radicati, sia per l’intimità dell’argomento.

I fattori che contribuiscono alla formazione, alla differenziazione dell’identità di genere, appartengono a varie aree alla conoscenza: aspetti biologici, sociali e psicologici, ruolo genitoriale e gruppo dei pari.

1.1. Aspetti biologici

Secondo la prospettiva biologica, (intesa nel suo significato etimologico vita, descrizione), l’identità di genere risale al concepimento (D’Ottavio, Simonelli, 1990) quando si formano le uova fecondate con corredo XY (maschio), o XX (femmina) e si parla di sesso genetico o cromosomico.

In questa fase c’è la prima differenziazione sessuale, pilotata dal cromosoma Y, che fa evolvere in senso testicolare lo zigote. In assenza del cromosoma Y, non avviene la differenziazione e lo zigote evolve spontaneamente verso una struttura di tipo ovarico. Secondo Simonelli, D’Ottavio (1990), è stata individuata una nuova sostanza, l’antigene H-Y, un antigene cellulare di superficie, che agendo da vero e proprio induttore sessuale si localizza a ridosso di specifici recettori, “informando” così le successive modificazioni strutturali in senso testicolare.

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Quindi la gonade va incontro a modificazioni tendenti a determinare una struttura endocrina specializzata sulla base del sesso di appartenenza. Se il corredo cromosomico è di tipo XY, si avrà un’organizzazione sessuale di tipo cordonale con cellule somatiche (future cellule del Sertoli) e delle cellule germinali (futuri spermatogeni), cordoni che sono il presupposto anatomico dei tubuli seminiferi, della rete testis e della tunica albuginea.

Viceversa, se il corredo cromosomico è XX, si vengono a determinare a carico della gonade indifferenziata isolotti cellulari (di tipo follicolare) preludio dell’ovaio definitivo.
Verso l’ottava settimana, compaiono nella porzione extracordale della gonade dell’embrione le cellule del Leydig che sintetizzano il testosterone e attivano i siti recettoriali, affinché siano in grado di accogliere i messaggi del sistema ipotalamo-ipofisario. Sempre secondo D’Ottavio, Simonelli (1990), la sintesi del testosterone raggiunge la sua massima intensità intorno alla sedicesima settimana, per poi regredire fino a livelli che rimarranno tali sino alla fase prepuberale.

Quest’elevata concentrazione di testosterone in circolo, attiva una serie di trasformazioni che renderanno possibile, verso la fine del secondo mese di vita embrionale, la differenziazione in organi genitali esterni e dotti di Wolf da cui si svilupperanno gli organi genitali interni (epididimo, canale deferente, vescicole seminali, dotti eiaculatori).

Nella femmina, durante lo stesso periodo, si evidenziano i caratteri genitali esterni (parte inferiore della vagina, piccole e grandi labbra, clitoride) e i dotti di Muller da cui deriveranno l’utero, le tube, e la porzione craniale della vagina. Non c’è la comparsa di ormoni che pilotino la differenziazione sessuale, perché il codice di base della cellula uovo è di tipo femminile (ci si riferisce a questo stadio parlando di protofemmininità) e dopo la combinazione cromosomica XX lo sviluppo verso una struttura genitale di tipo femminile evolve spontaneamente.

A dimostrazione di ciò, è stata individuata nel maschio una glicoproteina ad alto peso molecolare, chiamata “fattore antimulleriano” che ha la funzione specifica di far regredire quanto di potenzialmente femminile è presente nell’organismo in via di formazione. L’attività sinergica di testosterone e “fattore antimulleriano” permette la differenziazione maschile dell’apparato genitale.

La differenziazione sessuale a livello cerebrale (cervello) avviene nel tipo e nella distribuzione delle sinapsi, nelle modalità della ramificazione dendritica e nelle dimensioni dei raggruppamenti cellulari. Queste strutture rappresenterebbero il substrato anatomico su cui agiranno gli steroidi testicolari per attivare quei processi endocrini propri del maschio.

Il S.N.C. presenta anch’esso una spontanea tendenza all’organizzazione di tipo femminile qualora non sia esposto all’azione androgenica. In presenza di quest’ultima, si assisterà ad una secrezione praticamente costante (tonica) delle gonadotropine.

Esiste una relazione importante tra identità di genere e aspetti biologici che determinano la differenziazione sessuale non solo a livello gonadico, ma anche a livello del S.N.C. ed endocrino attraverso l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi.

1.2. Aspetti culturali (ruolo di genere)

Il ruolo di genere é lo stigma attribuito a ciascuno dei componenti delle due categorie sessuali (maschi e femmine) sulla base delle aspettative sociali. Secondo Master, Johnson e Colodny (1987): “...Ancor prima che il bambino nasca, i genitori tendono ad avere un diverso atteggiamento rispetto al sesso del figlio...Se si pensa che sarà un maschio, lo si immagina portato per le attività sportive, teso al successo, forte e indipendente. Se si pensa che sarà una femmina, si pensa a caratteristiche come la bellezza, la grazia, la sensibilità, il talento artistico e l’attitudine alla vita matrimoniale" (pag. 197-198).

Tuttavia, al giorno d’oggi, continuano Master, Johnson e Colodny (1987), si accetta che la mascolinità e la femminilità non sempre dicano molto sulla vera personalità dell’individuo, sulle sue preferenze sessuali e sul suo stile di vita; sembra che gli stereotipi stiano cedendo il passo a prospettive più scientifiche a dinamiche.

Vi sono diverse teorie che spiegano il ruolo di genere (E. E. Maccoby; 1990; 2000, 2002) come quella sul ruolo sociale che vuole la donna occupata nelle faccende domestiche e nella cura dei figli e l’uomo responsabile del mantenimento della famiglia. I due sessi non vengono più considerati secondo la prospettiva in cui gli uomini “mascolini” e le donne “femminili” hanno un comportamento complementare se non addirittura opposto.

Perciò, oggi si considera la donna competitiva come femminile in altri campi e l’uomo tenero e amoroso può anche essere molto mascolino.

Questo cambiamento del ruolo di genere é avvenuto negli ultimi 30-40 anni, per l’avvento massivo delle donne nel mondo professionale, per il movimento femminista degli anni ‘70 che, con atteggiamenti estremi e spesso altamente provocatori, ha sensibilizzato emesso in evidenza le discriminazioni sessuali.
É importante sottolineare (Pasini, Crepault, Galimberti, 1987) anche l’avvento della pillola anticoncezionale e di altri contraccettivi, che hanno permesso di scindere, anche per le donne, la sessualità finalizzata alla riproduzione da quella finalizzata all’atto stesso; verso la fine degli anni ‘70, allo stesso modo, la scoperta della fecondazione artificiale ha ampliato il settore della sessualità.

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Nell’ultimo decennio, inoltre, l’AIDS ha ridotto il numero dei rapporti sessuali occasionali a causa del timore di contagiarsi con una malattia dall’esito mortale. Tutti questi eventi hanno rimesso in discussione il ruolo di genere e la sessualità stessa, per cui oggigiorno, le generazioni contemporanee si trovano di fronte ad un approccio verso la sessualità del tutto nuovo rispetto a quelle precedenti: sessualità senza riproduzione, riproduzione senza sessualità, sesso senza amore, amore senza sesso (“amicizie” in cui é stata sublimata l’attrazione fisica). Nonostante ciò, nella sfera della sessualità, resiste ancora qualche frangia derivante dall’antico stereotipo sociale.

L’uomo é considerato in dovere di sostenere il ruolo attivo nella seduzione (Pasini ed al., 1987), fa le sue avance, rischia il fiasco e si valorizza nella misura in cui la donna accetta le sue proposte; deve mantenere il ruolo attivo anche durante l’atto sessuale (D’Ottavio ed al., 1990). Fin dall’infanzia, inoltre gli è permessa la masturbazione, poiché è considerata attività naturale in quanto l’uomo è un ani¬male in balia del testosterone.

Per quanto riguarda lo stereotipo femminile, è interessante sottolineare “il regolamento della brava ragazza” (N. Friday, 1991) secondo cui la donna deve essere selettiva nella scelta del partner sessuale e l’atto può essere consumato solo se c’è amore, non deve praticare la masturbazione perché altrimenti verrebbe considerata in modo moralmente negativo.

Fin da bambina, è stimolata al ruolo materno come una delle funzioni fondamentali della sua esistenza. Anche la sua sessualità è veicolata verso la riproduzione e non verso il piacere sessuale. É soltanto con l’arrivo del menarca e l’inizio della vita fertile che deve sapere cosa sia il sesso. Questo atteggiamento stereotipato persiste nonostante le modificazioni culturali e sociali degli ultimi 30-40 anni e ancora oggi si tende a riproporre qualche aspetto derivante dallo stereotipo del ruolo di genere e la dissonanza fra la considerazione della donna e dell’uomo rispetto alla sessualità e i nuovi atteggiamenti verso i ruoli dei due sessi in altri ambiti, quali professionale, familiare, ludico si fa “sentire ancora”.

Per meglio approfondire il ruolo di genere può essere utile considerare la “Social Exchange Theory” (Maccoby, 2002) secondo cui un tema importante nel lavoro di sociologi sia che le differenze sessuali nel comportamento sui luoghi di lavoro, riflettano le diverse posizioni dei due sessi nei ruoli di potere che hanno dove lavorano: “L’idea di base è che le persone che ricoprono un ruolo di potere più alto controllano maggiori risorse e le persone che rivestono un ruolo professionale che da meno potere, non soltanto li stimano ed hanno bisogno di queste risorse, ma hanno meno possibilità di acquisirle”. (Maccoby, 2002; pag. 96).

Un semplice cambiamento del modello teorico predirebbe che le differenze sessuali nell’interazione comportamentale svanirebbero quando il livello di potere è uguale. Sempre per quanto riguarda il mondo professionale, vale la pena sottolineare le interazioni nelle differenze sessuali. In questo contesto emergono gli stereotipi e gli uomini si mostrano più assertivi e autoritari quando hanno un ruolo di potere, mentre le donne si mostrano più cooperative, supportive e tendono a fare apprezzamenti.

Altre prospettive interessanti sono quelle dell’età evolutiva (Maccoby, 2000) che fanno riferimento alla teoria psicanalitica, la teoria cognitiva e quella psicobiologica: esse tendono a far risalire all’infanzia la formazione dello schema di genere, attraverso l’interazione con i genitori, con la scuola e con il gruppo dei pari. Infatti come si è notato anche da altri autori (Banerijee and Lintern, 2000; Lindsey, Mize, 2001) i bambini apprendono dai genitori e ripropongono la relazione nel gruppo dei pari, subiscono pressioni sociali per mantenere il ruolo di genere.Secondo Maccoby (1990) le differenze di comportamento tra i sessi sono minime quando i soggetti sono osservati individualmente; le differenze emergono in situazioni sociali, ad esempio, in situazioni diadiche, i bambini tendono a giocare con quelli del sesso opposto e in situazioni di gruppo, invece, si costringono (Ruble and Martin 1998) a giocare con quelli dello stesso sesso, poiché essere visti giocare con persone del sesso opposto può essere vissuto come uno svantaggio e avere conseguenze negative.

Lo schema di genere riflette notevolmente le credenze trasmesse dagli stereotipi; dagli autori finora citati, si evince una forte persistenza dei ruoli sessuali che vogliono il maschio come aggressivo, assertivo e autorevole, mentre la donna accogliente, cooperativa e tendente all’essere malleabile.

Ciò viene appreso fin dall’infanzia dove mettere in atto questi comportamenti si può rivelare funzionale all’inserimento nel gruppo dei pari dove la pressione sociale è maggiore e favorisce il gioco tra bambini dello stesso sesso. A livello individuale, invece, i bambini mostrano una maggiore spontaneità e “abbassano la guardia” giocando con quelli del sesso opposto in giochi che possono essere attribuiti all’uno o all’altro sesso.

1.3. Aspetti psicologici

La psicologia dello sviluppo, nei suoi vari approcci, concorda nel fatto che lo schema di genere nasce e si sviluppa nell’infanzia; fin dai 3 anni d’età, i bambini si comportano in modo conforme al genere a cui appartengono, a causa di difficoltà di rielaborare gli stimoli dell’ambiente in modo multidimensionale, per le pressioni sociali del gruppo dei pari, per l’apprendimento di modelli comportamentali dai genitori (Banerije, Lintern, 2000)…

Martin, Ruble and Szkrybalo (2002), parlando dello schema di genere, asseriscono che: si tratta di: ”… una rete organizzata di associazioni mentali che rappresentano informazioni su se stessi e i sessi...“ (pag. 911); più avanti parlando della teoria: “…la teoria dello schema di genere assume che il bambino gioca un ruolo molto attivo nel suo sviluppo del genere. Il ruolo attivo dei bambini è compreso nel costruttivo information processing e nella loro motivazione ad aderire a comportamenti relati al genere. Gli schemi non sono visti come passive copie dell’ambiente; invece sono considerati essere una costruzione attiva, propensi agli errori e alle distorsioni. Gli schemi guidano i bambini in modo attivo; in ciò sono motivati a ricevere informazioni sul genere e non appena sono capaci di identificare se stessi come ragazzi o ragazze” (pag. 911).

Sulla base di questo lavoro scientifico, Bandura, Bussey (2002) propongono un commento dove trattano sulla teoria cognitivo–sociale che afferma che: “…la parte sociale del titolo ignora le origini sociali di molti pensieri e azioni umane, la parte cognitiva riconosce i contributi influenti dei processi del pensiero all’umana motivazione, affetto e azione…” (pag. 693). Sempre secondo gli autori, i cognitivisti dello sviluppo devono spiegare i meccanismi attraverso cui la conoscenza del genere produce e regola i comportamenti relativi al genere stesso.

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La critica rivolta alla teoria dello schema di genere è che la nozione che i bambini sono motivati a diventare conformi con la loro identità di genere è muta rispetto ai meccanismi esplicativi. Questi autori, pur contrastandosi, forniscono teorie per la conoscenza del genere sessuale; in questo lavoro non si vuole entrare in merito ai contrasti, ma si voleva illustrare due modelli diversi che interpretano gli aspetti psicologici dell’identità di genere ed è per questo che si è ritenuto opportuno illustrarle entrambe.

Veniamo ora alla relazione tra aspetti psicologici dell’identità di genere, stereotipo sociale e caratteristiche anatomo-fisiologiche dei caratteri sessuali primari e secondari.

La sessualità maschile si può definire maggiormente genitalizzata rispetto a quella femminile, perché attraverso l’attività autoerotica masturbatoria, l’uomo impara a focalizzare la sua attenzione sui caratteri sessuali primari ed a considerarli come fonte di piacere, inoltre, essi sono esterni e ciò gli permette un contatto ed una migliore visualizzazione degli stessi (D’Ottavio, Simonelli, 1990).

Egli impara (Pasini ed al., 1987) a pianificare bene il proprio approccio con l’altro sesso e consolida la sua identità sessuale attraverso la diversità delle partners; (N. Friday; 1991) l’esperienza sessuale è, per l’uomo, uno smarrimento momentaneo, une breve parentesi nell’esercizio del controllo che deve mantenere nella sua quotidiana funzione di esistere come maschio. Dopo l’orgasmo, sa che tornerà al livello della quotidiana esistenza (avendo imparato dall’attività autoerotica che il piacere sessuale è limitato nel tempo).

La sua sessualità è pervasa di aggressività e ostilità, a tal punto che, a volte, la scelta della partner sessuale non in funzione delle sue qualità psichiche o fisiche, ma perché una femmina, ha seni e vulva (Pasini ed al., 1987).

Tuttavia, l’identità di genere maschile sembra essere più vulnerabile di quella femminile, perché egli si sente condizionato dal ruolo che deve assumere, sente di dover mettere sempre alla prova la sua identità dal momento della seduzione fino alla consumazione completa dell’atto sessuale: deve essere il conquistatore, pianificare le strategie di conquista, e fornire una prestazione che sia tale da portarla all’orgasmo (Pasini ed al., 1987).

Egli non può sottrarsi a questo compito, altrimenti sarebbe messa in dubbio la sua capacita sessuale. Tutto ciò accade, perché egli focalizza la sua attenzione e il suo investimento libidico sui caratteri sessuali primari (pene, testicoli) e sulla capacita degli stessi di fornire delle prestazioni sessuali.C’é un altro aspetto che é interessante sottolineare: la competitività con gli altri uomini (N. Friday, 1991). Fin da bambino, egli vive la competizione con i coetanei e durante l’adolescenza, questa é veicolata anche nella sfera della sessualità con comportamenti quali la masturbazione di gruppo, con il fine di vedere chi ha un’erezione che duri più a lungo nel tempo, o chi é capace di sparare più lontano l’eiaculato spermatico, piuttosto che vedere chi, tra i coetanei, ha il pene più lungo durante un’erezione.

Questo essere o dover essere cosi attivo, relativamente al comportamento sessuale può rivelarsi fortemente ansiogeno a tal punto, da condizionarne la performance e i dati clinici (C. Simonelli ed al., 1989) sui disturbi funzionali maschili sono la conferma di quanto l’uomo senta il peso del suo ruolo di genere.

La psicologia femminile, relativa alla sessualita, é totalmente diversa: la donna é meno genitalizzata, perchè i suoi caratteri sessuali primari sono interni e la sua conoscenza sessuale é relativa a quelli secondari (seno, glutei); (N. Friday; 1991), alla donna manca quel bagaglio d’esperienza relativo al piacere e alla conoscenza diretta dei suoi caratteri primari attraverso l’attività autoerotica adolescenziale.

Infatti, durante l’adolescenza le femmine scoprono nuove sensazioni di eccitazione sessuale, che partono dai genitali, ma le attribuiscono al sentimento amoroso provato, ad esempio, nei confronti di un coetaneo o di un personaggio del mondo dello spettacolo; a differenza dei coetanei che sono intenti a scoprire la loro sessualità. Nel gruppo delle ragazze si parla dei sentimenti d’amore che provano o delle mestruazioni, che danno inizio alla vita fertile della donna. La sessualità femminile diviene, in tal modo, veicolata sulla fusione tra sesso e amore ed é anche condizionata dalle aspettative sociali che vogliono la donna come colei che può consumare atti sessuali soltanto se innamorata del suo partner. Un altro aspetto dell’identità di genere femminile é l’attenzione alla procreazione che é considerata con maggior rilievo dalle donne rispetto agli uomini, i quali sono meno interessati a questo lato dell’identità di genere; ciò accade, perché la donna prende coscienza della sua capacita riproduttiva con il menarca (D’Ottavio ed al. 1990).

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Inoltre, le donne sono più attente alla contraccezione a causa della paura di una gravidanza indesiderata. L’atteggiamento di fusione femminile (N. Friday, 1991) rende la donna in grado di avere grandi aspettative di gratificazione fisica e sentimentale per quanto riguarda la sessualità; la fantasia romantica del “rapimento da parte del Principe Azzurro”, che viene considerato un essere soprannaturale, può condizionare le attese della donna aumentandole; di conseguenza, si aspetterà non una persona reale, ma il suo fantasma erotico-sentimentale.

Un’altra caratteristica della sessualità femminile é la selettività nella scelta del partner sessuale (Master ed al., 1987; Pasini ed al. 1987); in questa modalità comportamentale c’é un forte condizionamento del contesto sociale, se lei si comportasse altrimenti, sarebbe considerata "un’antimadonna". Talvolta, per la donna, rifiutare le avance sessuali di un uomo é motivo di gratificazione maggiore che avere con lui un’attività sessuale, soprattutto se l’uomo é seducente, questo comportamento le da’ maggior autostima e gratificazione. Il rifiuto delle avance da parte della donna é anche motivato, (Pasini ed altri; 1987) dal timore di subire una violenza ed essere costretta ad un atto sessuale non voluto.

Ricapitolando, da quanto scritto sinora, si evidenziano gli angoli di debolezza di entrambi i sessi e le loro caratteristiche positive. La sessualità maschile risulta più vulnerabile di quella femminile; tale vulnerabilità é data dalla maggiore genitalizzazione dell’uomo, dal conseguente investimento affettivo sui genitali, i quali sono il fulcro dell’identità di genere. Altro aspetto negativo é il peso dell’identità di genere, che responsabilizza eccessivamente il sesso maschile nella relazione con l’altro sesso, si richiede all’uomo, di "condurre il gioco" e di fornire prestazioni sessuali che lo rendano in grado di competere con gli altri membri dello stesso sesso.

L’uomo, inoltre, teme il legame affettivo con una donna (N. Friday, 1991), perché gli ricorda la relazione di attaccamento con la madre, dalla quale, invece, vuole la separazione; ne consegue, che fin quando non avrà esperito la separazione con la genitrice, non sarà in grado di instaurare un legame affettivo in una prospettiva adulta e non come proiezione della relazione di attaccamento con la madre.

Per lo stesso motivo, l’uomo teme di lasciarsi andare a sentimenti o a gesti teneri ed affettuosi che lo risucchierebbero in una relazione da lui considerata troppo avviluppante.

La psicologia femminile, invece, risulta essere più ricca ed articolata, forse per questo anche più confusa: la donna tende a confondere, fin dall’adolescenza, il sesso con il sentimento amoroso, ne consegue che ha maggiori aspettative sul ruolo del partner. Il fantasma del Principe Azzurro forte, coraggioso, con caratteristiche soprannaturali a volte, rischia di condizionare la relazione con l’altro sesso oppure di caricare troppo il partner di responsabilità nel ménage; l’altro aspetto importante da mettere in evidenza é la tendenza femminile alla relazione fusionale, eredità del legame d’attaccamento con la madre (N. Friday, 1991). Ultimo aspetto ma non meno importante dei precedenti, é l’investimento libidico della donna sul proprio corpo, il quale é considerato lo strumento principale di seduzione.

La donna é meno genitalizzata dell’uomo e focalizza la sua sessualità sui caratteri sessuali secondari e sul corpo in generale. La conseguenza di tutto ciò é l’attenzione alla cura del corpo attraverso l’abbigliamento, la cosmetica, la lingerie come reggiseni imbottiti, guaine che alzano i glutei, calze che modellano le gambe...

Finora sono stati presi in considerazione le zone d’ombra e gli aspetti positivi in entrambi i sessi; per quanto riguarda quelli comuni in entrambi, troviamo il peso del ruolo di genere, che impone modalità di comportamento sotto una prospettiva di tipo statico (Master ed al., 1987), del tutto fuori sintonia rispetto all’identità di genere che é dinamica, “in fieri” e in continua riorganizzazione in tutta la vita dell’individuo; viene rivalutata la componente affettiva (N. Friday, 1991) soprattutto dall’uomo, il quale avverte il disagio della sua sessualità più povera che tende a valorizzare in misura maggiore l’aspetto genitale, tralasciandone altri (affettività, tenerezza...).

Inoltre, in entrambi é presente il rifiuto di essere considerati solo per il proprio corpo o per le sue parti (gambe, sedere...), (N. Friday, 1991) da parte delle persone del sesso opposto; questo comportamento, un tempo prerogativa dell’uomo nei confronti della donna, sta diventando, oggigiorno, una modalità comportamentale anche per il “gentil sesso” che, talvolta, assume tale stile di comportamento, ciò crea uno stato di disagio nell’uomo, perché si trova ad essere considerato un “oggetto sessuale” e, come la donna, non gradisce questo tipo di “apprezzamento”.

1.4. Relazione tra attività genitoriale e identità di genere

Un altro aspetto importante che contribuisce alla formazione dell’identità di genere è la relazione genitoriale e ricerche su questo tema (Lindsey, Mize; 2001); hanno evidenziato che i genitori contribuiscono alla differenziazione del genere sessuale attraverso i loro comportamenti durante l’attività ludica, in quanto tendono a metter in atto giochi diversi in base al sesso del bambino con cui interagiscono. Infatti, essi tendono a modificare il loro comportamento a seconda che si tratti di un bambino o di una bambina; ciò accade in determinati tipi di giochi dove, ad esempio i padri tendono a fare giochi “fisici” (es.: la lotta) con i bambini che con le bambine. In merito all’attività ludica delle madri con le figlie così scrivono gli autori: “ … le madri utilizzano i figli in molti giochi di simulazione, in particolare con le figlie. Questa preferenza dello schema di gioco può incoraggiare i bambini a considerare il gioco della simulazione come il più adatto al ruolo di genere delle bambine e il gioco fisico come più adatto al ruolo di genere dei bambini…” (pag. 157).

L’importanza del ruolo genitoriale, può essere spiegata direttamente gli autori: “ …un padre che partecipa con suo figlio ad un’attività in cortile, ma non ad un’attività domestica, può insegnare a suo figlio ad associare il ruolo di genere del maschio con tale attività, ma non con quelle domestiche. In questo modo, i genitori possono far circolare il loro schema mentale sul genere e ai figli attraverso la definizione di certi contesti come quelli più appropriati alle bambine e ai bambini… alcuni schemi di comportamento possono essere maggiormente prevalenti in alcuni contesti piuttosto che in altri.Ad esempio, i genitori possono usare in modo più indiretto strategie verbali durante attività di insegnamento e possono partecipare in attività di insegnamento più spesso con le figlie che con i figli, predisponendo le ragazze ad una maggiore esposizione a strategie verbali indirette. Così, attraverso l’interazione con i ragazzi e le ragazze in contesti diversi, i genitori possono forzare i tipi di comportamento che i ragazzi e le ragazze osservano e mettono in pratica” (pag. 156).

Da quanto esplicitato finora, appare evidente quanto sia rilevante il ruolo genitoriale nella differenziazione del genere, poiché i genitori favoriscono l’apprendimento degli schemi cognitivi sull’identità sessuale, attraverso il comportamento di gioco e quindi la relazione genitore-figlio/a diventa fondamentale nell’acquisizione dell’identità di genere. Infatti, osservando poi i/le bambini/e nel gruppo dei pari, gli autori hanno trovato che le bambine che avevano fatto giochi di simulazione con i genitori, mettevano in atto la stessa attività nel gruppo dei pari; allo stesso modo i bambini che avevano giocato alla lotta… con i loro genitori si comportavano nel medesimo modo.Le figure genitoriali (Lindsey, Mize, 2001; Banerije, Lintern, 2000; Ruble and Martin; 1998) sono ritenute influenzare verso il “femminile” attraverso comportamenti calorosi ed espansivi ed elicitare il “maschile” con condotte di incoraggiamento all’indipendenza, al controllo, facendo alte richieste e moderando il comportamento caloroso.

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Inoltre i ragazzi sono indirizzati verso attività motorie, verso una maggiore libertà, laddove la ragazze vengono stimolate verso la dipendenza e a mostrare le emozioni. Tutto ciò si verifica perché i genitori (Ruble and Martin 1998) ritengono che ragazzi e ragazze abbiano differenti qualità e queste credenze sul genere sessuale e le loro aspettative sembrano influenzare le percezioni dell’adulto e i comportamenti nei confronti dei figli.

Altro elemento importante è la scuola (Ruble and Martin 1998) e, citando gli autori: “La scuola da ai bambini molti esempi dell’importanza del genere nel sistema educazionale. Gli uomini occupano uno sproporzionato numero di ruoli manageriali, laddove la donne sono più spesso insegnanti, in particolare nelle prime classi.Soltanto nelle classi più anziane vi sono bambini che probabilmente hanno insegnanti uomini e questi sono spesso in classi “mascoline” di matematica o scienze” (pag. 979). Laddove l’insegnante è un uomo si trova uno schema di genere meno orientato verso credenze e preferenze non tradizionali e: “ …Per esempio 10 settimane con un curriculum non sessista conduceva verso una diminuzione non significativa nelle preferenze tradizionali e professionali del ruolo, ma un’esposizione estensiva modificava nei bambini piccoli gli stereotipi e le preferenze dichiarate a voce; i bambini mantenevano questa modalità per oltre un anno dall’esposizione” (Ruble and Martin 1998; pag. 979-980).

1.5. Relazione con il gruppo dei pari

Il gruppo dei pari contribuisce notevolmente al mantenimento e al rinforzo del ruolo di genere. Dall’età di 3 anni i bambini e le bambine si comportano in modo appropriato al loro genere; ad esempio i bambini tendono rispondere in modo più assertivo delle bambine, inoltre mettono in atto la segregazione nei gruppi mantenendo l’omogeneità del genere.

Questa modalità da un lato favorisce la differenziazione sessuale attraverso i giochi e l’apprendimento degli stili d’interazione nelle bambine e nei bambini e fa sviluppare stili comportamentali che limitano l’interazione; d’altra parte, può promuovere una maggiore rispondenza alla flessibilità del genere con un maggior raggiungimento e attitudini non tradizionali circa lo schema di genere; infine le classi omogenee per genere sessuale mostrano un maggiore sviluppo di modelli di successo e la scelta di corsi non tradizionali.

Sempre in merito alle differenze di gioco nel gioco (Lindsey, Mize; 2001), i bambini preferivano giochi “fisici” e le bambine i giochi di simulazione ed essi imparano dai genitori le modalità con cui relazionarsi con persone dello stesso sesso o del sesso opposto; di conseguenza, essi mettono in atto con i compagni di gioco le modalità comportamentali apprese.

Attraverso l’esplorazione degli stereotipi sulle differenze di genere (Banerije, Lintern 2000) in età prescolare e scolare con la somministrazione di due questionari dove si richiedeva di rispondere a domande circa i giochi, i risultati di tale ricerca sono stati che i soggetti tendevano a risentire dell’influenza dei loro compagni di gioco in relazione all’età e all’identità di genere: il gruppo dei pari tende a rinforzare i comportamenti conformi allo stereotipo e a disapprovare quelli che sono contrari agli stereotipi, infatti, entrambi i sessi giocano meno con giocattoli ritenuti del sesso opposto quando sono di fronte i coetanei di quel sesso e i bambini elicitavano maggiore adeguamento al gruppo rispetto alle bambine.

Infine, i soggetti in età prescolare mostravano una maggiore rigidità nell’aderenza allo stereotipo rispetto ai soggetti in età scolare. I bambini in età prescolare, in misura maggiore delle coetanee, mostrano una maggiore aderenza agli stereotipi sul genere sessuale rispetto ai bambini più grandi, poiché non hanno ancora acquisito la capacità di valutazione più complessa e subiscono maggiormente la pressione sociale sul tema proposto. Inoltre i bambini più grandi, oltre ad una maggiore flessibilità, mostrano anche una maggiore ostentazione di quest’ultima come se volessero dimostrare di esser “più grandi” e quindi meno sensibili agli stereotipi.

Oltre a ciò, i bambini differiscono dalle bambine perché utilizzavano uno stile comunicativo non verbale di tipo imperativo con il gruppo dei pari, quando iniziavano i giochi; non c’erano differenze significative in altri tipi d’iniziativa. A tal proposito Lindsey, Mize, (2001) scrivono: “…Il fatto che i bambini avevano più iniziative, particolarmente imperative, con i pari rispetto alle bambine, è conforme con precedenti lavori, dove le interazioni dei bambini nel gruppo dei pari sono caratterizzate da un comportamento di maggiore controllo e direttiva rispetto alle interazioni nei gruppi delle bambine…”.

1.6. Differenze nelle fasce d’età

Per quanto riguarda le differenze relative all’età, (Banerije, Lintern; 2000); vi sono stati studi che hanno esplorato anche le differenze nella scelta del gioco nelle fasce d’età prescolare e scolare.

I bambini e le bambine in età prescolare, sembra che essi abbiano maggiori difficoltà a prendere in considerazione informazioni che siano contrarie agli stereotipi; questa tendenza a focalizzarsi sul genere sessuale a spese di altre informazioni, può essere vista come un modo per minimizzare le esigenze di “information-processing”; tale specifica limitazione cognitiva dei più piccoli sembra essere causata da un’incapacità a collegare il bersaglio persone/oggetto in modo multidimensionale.

Così le difficoltà nella classificazione complessa li porterebbero a sbagliare nel riconoscere simultaneamente i membri di una categoria di genere e il fatto che essi abbiano caratteristiche che non rientrino negli stereotipi. La conseguenza di ciò è che i bambini e le bambine più piccoli mostrino una rigida aderenza agli stereotipi nel loro modo di valutare. Inoltre, tali fattori cognitivi si aggiungono alle pressioni sociali che incoraggiano il comportamento conforme allo stereotipo nei bambini e nelle bambine piccoli. Questi risultati dimostrerebbero che è presente in loro anche l’interesse all’immagine pubblica e che ciò sia probabilmente una caratteristica saliente nell’interazione con i coetanei.

Nel gruppo dei pari, si riscontra la differenza tra bambini e bambine: i primi si comportano in modo completamente conforme allo stereotipo, mentre le bambine hanno presentato una minore aderenza ali stereotipi; infatti, nonostante si mostrino più rigide delle bambine più grandi, tuttavia sono maggiormente flessibili dei loro coetanei e sono meno motivate ad adattare la loro auto-descrizione alle caratteristiche di genere; questa differenza può essere attribuibile al fatto che avrebbero meno pressioni sociali dei loro coetanei a mantenere un ruolo di genere.

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I bambini e le bambine in età scolare sono caratterizzati da una maggiore flessibilità nei confronti degli stereotipi sull’identità di genere (Banerije, Lintern, 2000). Infatti essi, pur aderendo allo schema di genere mostrano una maggiore capacità di “information-processing” rispetto alle informazioni che ricevono dall’ambiente circostante; ciò si traduce nel fatto che sono stati poco influenzati dal gruppo dei pari nell’apparire conformi a mantenere un ruolo di genere, soprattutto dagli 8 anni in poi, dove essi sono capaci di comprendere quanto l’interesse per la valutazione sociale possa il loro comportamento.

Questi risultati sembrano mostrare che il “processing model” dello schema di genere diventa più flessibile con l’aumentare dell’età; infatti, essi non si descrivono come i più piccoli altamente tipicizzati nel loro genere sessuale e tendono a mostrarsi meno aderenti allo stereotipo quando sono nel gruppo dei pari.

Per quanto riguarda le differenze tra i due sessi, le bambine mostrano una minore influenza da parte degli stereotipi e ciò è riconducibile sia all’età, che le rende simili ai bambini della stessa età, la quale favorisce una maggiore duttilità nella definizione del genere sessuale secondo una classificazione complessa, ma anche all’identità di genere femminile, poiché non c’è presente la pressione sociale a mantenere il ruolo di genere, come accade nei bambini; tutto ciò incoraggia le bambine più grandi verso uno schema di genere meno rigido e più articolato.

 

Bibliografia approfondita

  • Crépault C., Abraham, G., Porto, R., Couture M.,1978, “Le fantasie erotiche nella donna”, Sessuologia, 19 (1): 47-61; 19 (2): 68-86.
  • Pasini, W., Crépault, C., Galimberti, V.: "L’immaginario sessuale" Milano, Raffaello Cortina, 1987.
  • D’Ottavio, G., Simonelli, C.:" Andrologia e psicopatologia del comportamento sessuale". Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1990.
  • Friday, N.: “Donne sopra. "Le nuove fantasie sessuali femminili", Milano, Mondadori, 1992.
  • Master, W. H., Johnson, V.E., Colodny, R.: "Il sesso e i rapporti amorosi" Milano, Longanesi, 1987.
  • Bandura A., Bussey K.; “On broadening the cognitive, motivational, and sociostructural scope of Theorizing About Gender Development and functioning: Comment on Martin, Ruble, and Srkrybalo” Psychological Bulletin vol.130, 5 2004, pg. 591-601.
  • Martin C. L., Ruble D. N., and Srkrybalo J.: “Cognitive Theories of Early Gender Development” Psychological Bulletin vol.128, 8 2002, pg. 903-933.
  • Maccoby E. E.: ”Perspective on gender development” International Journal of Behavioral Development, 24, (4), 2000, pg. 398-406.
  • Maccoby E. E.: ”Gender and Relationship” American Psychologist 45, (4),1990, pg.513-520.
  • Maccoby E. E.: ”Gender and social exchange: a developmental perspective”; New directions for child and adolescent development; 95,spring 2002; pag.87-105.
  • Lindsey E. W., Mize J.: ”Contextual difference in parent-child play: implications for children gender. Role development”; Sex Roles, vol.44, 3/4, 2001, pag.155-176.
  • Banerije R., And Lintern V.: “Boys will be boys: the effect of social evaluation concerns on gender-typing”; Social Development, 9, 3, 2000; 397-408.

 

a cura della Dottoressa Antonella Appetecchi - Psicologa

 

 

 

 


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