Normalità e devianza nella pratica sessuale
Che cosa è la normalità nel sesso e che cosa, invece è da considerarsi anormale? Di fronte a quali comportamenti dobbiamo parlare di devianza? Quale è il rapporto della fantasia con l'atto sessuale?
La psichiatria tradizionale ha sempre classificato alcuni comportamenti sessuali come perversioni, in accordo con il pensare comune.
Tuttavia, un consistente cambiamento dei costumi nel mondo occidentale ha provocato un notevole ampliamento del concetto di normalità nel corso degli ultimi anni.
Fino ad alcuni decenni fa, infatti, veniva classificata come perversione anche l'omosessualità, mentre oggi nessuno, tra psichiatri e psicologi, azzarderebbe una simile classificazione.
Resta incerta, tuttavia, la definizione dell'omosessualità al "positivo": stabilito che cosa essa non è, resta da definire che cosa sia. I diretti interessati - ossia i movimenti che difendono i diritti degli omosessuali - parlano di "scelta omosessuale", ma un certo imbarazzo segna invece la discussione tra gli specialisti dell'anima umana. Resta qualche voce isolata che, soprattutto in ambito psicoanalitico, interpreta l'omosessualità come incompletezza dello sviluppo psicoaffettivo, ma per lo più si preferisce semplicemente escludere questa questione scottante dalla trattazione clinica.
Analogamente, alcuni comportamenti trasgressivi venuti alla luce negli ultimi anni trovano una certa tolleranza culturale, mentre anni addietro avrebbero ricevuto un trattamento certamente più severo. Un esempio di questo è il cosiddetto "scambismo", ossia la promiscuità organizzata tra coppie: un fenomeno di questi ultimi anni che, secondo stime attendibili, in Italia ha una consistenza calcolabile nell'ordine di venti o trentamila praticanti abituali. Difficilmente un simile costume, decisamente contrario alla morale tradizionale, può essere classificato come patologia psichica, rimandando esso piuttosto a questioni di ordine morale o, al più, psico-sociologico.
Anche altri comportamenti di tipo trasgressivo oggi sono contemplati dalla cultura corrente come stravaganze e non altro, e trovano poca attenzione da parte degli studiosi e dei terapeuti.
Che cosa dire allora, dal punto di vista della psicologia?
Sul piano strettamente clinico, affinché si possa parlare di perversione dell'impulso sessuale occorre che ci sia una fissazione della libido su una specifica pratica, che diviene quindi sostitutiva, in tutto o in parte, del normale amplesso. Il soggetto che ne è affetto vede quindi diminuire il proprio interesse e le capacità verso le manifestazioni "normali" del sesso ed è costretto, dalla sua stessa "forma mentis", a costruire il rapporto sessuale attorno ad uno schema particolare, ripetitivo, prefissato.
Perché invece si possa parlare - più genericamente - di anormalità nei rapporti sessuali, occorre che ci sia una alterazione del rapporto umano, che è il sostrato relazionale del rapporto sessuale. Ad esempio, ove si manifesti un comportamento violento o sopraffattorio, o di negazione o svilimento dell'altro (è sempre utile sottolineare che, più spesso, chi viene svilito è l'altra).
Un critico di questa concezione potrebbe ribattere che, seguendo questa linea, anche il rapporto con una prostituta, che mortifica la personalità della prestatrice d'opera, potrebbe essere considerato anormale, mentre sappiamo che il meretricio viene definito con una certa veracità il "mestiere più antico del mondo". Il discorso si sposta così sul concetto stesso di normalità: per decidere della normalità vale forse la legge della maggioranza? O è necessario individuare un modello, un archetipo dell'essere umano a cui rifarsi? Ma allora, dobbiamo individuare la natura dell'essere umano, definire la sua essenza. È evidente che il discorso sconfina così dal piano delle certezze dimostrabili, così caro alla scienza, a quello della interpretazione filosofica: pur non potendo essere affrontata in questa sede, perché troppo complessa, resta inteso che la questione è decisiva al fine dell'impostazione di una psicologia degna del proprio nome.
Sul piano psicodinamico, un'osservazione può arricchire il discorso: la variazione del comportamento sessuale viene guidata dalle fantasie sessuali. Noi, infatti, intraprendiamo un gioco erotico o cerchiamo un diversivo al rapporto "normale" per seguire ed appagare una fantasia-desiderio. È quindi nel ruolo e nell'equilibrio delle fantasie all'interno della personalità che possiamo cercare l'indice di salute o di patologia dei rapporti sessuali.
È provato che le fantasie sessuali sono parte integrante della vita dell'Eros; ridurre il rapporto sessuale ad una manifestazione schematica e conformista significa separare Eros (il desiderio) da sua madre Venere (la sessualità), con la conseguenza, da un lato, di ridurre il rapporto sessuale a una mera manifestazione biologica e, dall'altro, di provocare una probabile deviazione del flusso di fantasie verso il piano inconscio, con un ingorgo di energia psichica (libido), o con l'investimento libidico di altri sistemi, come ad esempio la sfera del possesso, o quella della competitività.
Ma, all'opposto, anche la prevalenza delle fantasie sul dialogo affettivo va considerata uno squilibrio significativo, capace inoltre di provocare danni sul piano relazionale. E la trasposizione tout-court di una fantasia sul piano del comportamento, ossia la sua attuazione (acting-out) può provocare una perdita di qualità della vita interiore, poiché la fantasia esprime una realtà valida interiormente, ossia vera sul piano simbolico: la sua funzione non è quella di essere attuata, ma compresa; la sua attuazione comporta la diminuzione del suo potenziale evolutivo e di autocoscienza.
Ma il criterio che può guidarci meglio nella definizione della normalità del rapporto sessuale è forse il principio del dialogo. Il rapporto sessuale è un incontro con l'altro, e la devianza sessuale può essere definita proprio l'allontanamento da questa natura intrinseca del rapporto sessuale. Ove l'aspetto dell'incontro venga negato o svilito e il rapporto sessuale divenga un rapporto d'uso saremo in presenza di una patologia; quando invece questo aspetto viene rispettato e potenziato attraverso gesti di attenzione ed amore, magari anche ricchi di fantasia, siamo di fronte ad una normalità intesa non in senso statistico, ma nella sua accezione migliore, quella dell'umano e della sua essenza: la realtà interiore.
Dott. Massimo Rinaldi, Psicologo, psicoterapeuta - Roma
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