Essere multitasking
La parola multitasking ha iniziato a diffondersi nella nostra quotidianità grazie all’informatica e si usa per intendere l’esecuzione di più programmi contemporaneamente.
Una persona è multitasking quando dimostra l’abilità di fare più cose allo stesso tempo, ma si tratta di un’abilità che davvero vale la pena coltivare?
Perché si fa di tutto per essere multitasking?
Tutti noi siamo connessi ad un mondo che viaggia sempre più veloce e bisogna stare al passo.
In tutto questo però, c’è chi ci riesce bene e chi invece arranca durante il tragitto, ed è stato riscontrato che svolgere molteplici compiti quotidiani in maniera efficace, non è sempre positivo.
L’essere umano ha livelli di attenzione limitati e occuparsi di due o più compiti simultaneamente può compromettere la qualità delle sue prestazioni. Nonostante questo, alcuni studi scientifici hanno riportato che uomini e donne hanno performance diverse quando vengono messi sotto pressione.
Anche se nel lungo tempo questa attività ci porta ad essere più inclini all’ansia e alla depressione, ci aiuta nel breve a focalizzarci sui pensieri e ad organizzare delle priorità.
Non tutti rispondiamo al multitasking allo stesso modo, con le stesse capacità e risorse, statisticamente la donna è in grado di portare avanti più attività contemporaneamente e a provarlo ci sono numerosi studi.
Uno di questi è stato condotto dal gruppo di Tim Kileen dell'University Hospital Balgrist di Zurigo, coinvolgendo 83 volontari di età compresa tra i 18 e gli 80 anni (31 soggetti tra i 18 e i 39, 23 tra i 40 e i 59 e 29 tra i 60 e gli 80), cui è stato chiesto di camminare su un tapis roulant e contemporaneamente dedicarsi ad un test linguistico.
Il team aveva deciso di studiare come le persone camminano in condizioni diverse, con l'obiettivo di costruire un database di profili di andatura "normali" per il trattamento di persone con disturbi nella deambulazione e per farlo hanno utilizzato telecamere a infrarossi e registrato i percorsi di camminata.
Ai partecipanti è stato chiesto di camminare prima normalmente e poi durante l'esecuzione di un compito verbale. Questo è un test abbastanza semplice chiamato “test di Stroop”.
Cosa è e in cosa consiste questo test?
Il test prende il nome da J. Ridley Stroop, che nel 1935 lo fece conoscere a tutti attraverso l’articolo Studies of interference in serial verbal reactions nel Journal of Experimental Psychology e consiste nel mostrare al soggetto durante l’esperimento, delle parole scritte con colori diversi. Il compito consiste nel pronunciare a voce alta il colore dell’inchiostro cui è scritta la parola. Quindi, il colore è l’informazione rilevante per lo svolgimento del compito, mentre il significato della parola (che non deve essere letto) è l’informazione non rilevante.
Lo scopo dell’esperimento di Stroop era quello di creare una interferenza cognitiva e semantica, ad esempio: la mente tende a leggere meccanicamente il significato della parola (ad esempio legge la parola “rosso” e pensa al colore “rosso”, ma l’inchiostro usato è di colore diverso).
Nella ricerca effettuata sul multitasking è stato impostato in questo modo: inizialmente i partecipanti camminavano guardando uno schermo con una semplice croce nera, poi in un secondo momento sul video è stato fatto apparire lo stimolo di una parola ed un colore congruenti ed infine, è stato aggiunto un input più complesso in cui parola e colore erano discordanti (un tipico esempio può essere quello di vedere la parola “rosso”, scritta con il colore giallo).
Durante la normale deambulazione, entrambe le braccia dei partecipanti oscillavano approssimativamente allo stesso modo, ma durante il test ci sono stati dei cambiamenti.
Lo Stroop test è in grado di tenere occupato di più l'emisfero sinistro del cervello, che controlla anche il movimento dell'arto sul lato opposto del corpo e sia gli uomini, sia le donne in menopausa, hanno dimostrato una riduzione nell'oscillazione proprio del braccio destro, che rappresenta una parte del movimento utile a mantenere l'equilibrio.
Queste oscillazioni delle braccia però, non sono state registrate in donne giovani.
Da notare che per ottenere misurazioni rigorose ed affidabili, le valutazioni sono state effettuate grazie a riprese video, cosi da monitorare gli spostamenti nelle diverse condizioni della prova. Nei video si è notato che nei soggetti che hanno manifestato difficoltà nello svolgere il test, la capacità di muovere il braccio era in qualche modo inibita.
In questo test le uniche persone a non avere problemi sono state le giovani donne, spingendo i ricercatori a considerare la presenza degli estrogeni come base del comportamento multitasking.
In effetti un'alta concentrazione di questi ormoni avrebbe effetti a livello cognitivo ed addirittura inibirebbe risposte inappropriate.
Questo potrebbe spiegare anche perché con l'avanzare degli anni, quando nelle donne la carica ormonale cala, anche loro iniziano ad avere difficoltà nell'eseguire più azioni contemporaneamente, proprio come gli uomini.
Un altro studio condotto da un gruppo di ricerca del Regno Unito, è arrivato alle stesse conclusioni, cioè: le donne sarebbero “geneticamente predisposte” al multitasking.
Lo studio è stato realizzato dalla Higher School of Economics di Mosca e condotto dalla dottoressa Svetlana Kuptsovaof del Laboratorio di neurolinguistica presso lo stesso istituto.
Il punto centrale della ricerca mette in evidenza come il cervello maschile si sia evoluto differentemente rispetto a quello femminile, privilegiando le parti di materia cerebrale dedite all’orientamento spaziale, grazie anche al retaggio primitivo da cacciatore.
Pertanto se gli uomini non sono multitasking rispetto alle donne il motivo è nella preistoria?
Secondo questa ricerca sembrerebbe di si!
Almeno è quanto riportato dalla dottoressa Kuptsovaof dopo aver scansionato 140 cervelli appartenenti a persone comprese tra i 20 e i 65 anni.
Lo studio ha evidenziato come la parte frontale nei cervelli dei maschi sia più attiva rispetto a quella delle donne e riporta in quella maschile anche una certa attività cerebrale in altre sezioni, che nel caso delle donne, neanche si attivavano.
Secondo lo studio, per le donne potrebbe essere più facile rispetto agli individui di sesso maschile, spostare velocemente l’attenzione da un’attività all’altra e nel farlo il loro cervello non ha bisogno di chiamare in causa risorse “extra”.
Questo potrebbe fare la differenza in circostanze particolarmente stressanti o in situazioni critiche, le quali richiedono continui e repentini spostamenti di attenzione da un compito all’altro.
In altre parole secondo la Kuptsovaof, per i maschi l’essere multitasking comporta uno sforzo maggiore a causa del loro passato, in quanto gli uomini preistorici grazie alla caccia, hanno sviluppato e affinato nei secoli un forte senso dello spazio, a differenza delle donne che, impegnate a condurre la casa e a badare ai figli, si predisponevano favorevolmente allo sviluppo della capacità di fare – e controllare – diverse cose nello stesso momento (rapporti sociali nel villaggio, controllare pericoli esterni, badare ai figli dove fossero e se in balia di qualche minaccia e altre cose ancora).
Ovviamente tutte le ricerche citate sono concordi nel dire che: non tutte le donne sono fatte in un modo e gli uomini in altro, ma statisticamente, possiamo dire che le capacità e le abilità di uomini e donne rientrano in percentuali diverse. Tra queste l’abilità dell’esser multitasking è riservata alle donne.
E’ comunque bene evitare il multitasking (sia per gli uomini che per le donne) in quanto dannoso e inefficace a lungo termine. La capacità di gestire più attività contemporaneamente, abitudine alle distrazioni generate dall'arrivo di email, messaggi, chat e telefonate sembrano tutte abilità essenziali per potere lavorare nel mondo di oggi, ma gli studi dimostrano come questa caratteristica sia altamente sopravvalutata e possa anzi rivelarsi dannosa per la nostra produttività e concentrazione.
Essere multitasking a volte, significa innescare il "pilota automatico", ma questo fa crescere il rischio di commettere degli errori. Ad esempio, possiamo essere "sovrappensiero" e non controllare il traffico prima di attraversare la strada. Oppure possiamo alzarci la mattina e mettere la crema da barba sullo spazzolino anziché il dentifricio, o ancora quando si va ugualmente in ufficio anche se è domenica. Non sono sintomi preoccupanti di declino cognitivo, ma solo un eccessivo livello di pressione, che impedisce di mantenere un livello sufficiente di attenzione verso ogni singola azione.
Bibliografia:
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Richard Thaler : Nudge. La spinta gentile – Feltrinelli 2014
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Fabio Pandiscia: Capirsi Meglio – ediz. Primiceri 2022
- Fabio Pandiscia e Francesco di Fant: La menzogna nell’uomo e nella donna – Ediz. Primiceri 2022
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