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Contemporaneamente - Luci ed ombre del Millennio

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Le Ombre della Genitorialità: un articolo inedito di Simonetta Putti

simonetta puttiSimonetta Putti ha lasciato questo mondo nella notte tra il 12 e il 13 febbraio del 2021. Silvana Graziella Ceresa ed io vogliamo ricordarla insieme, recuperando tracce e annodando idee da sviluppare ancora, nel tempo. Proponiamo un articolo che Simonetta Putti ha pubblicato in una rubrica che si chiamava Discutiamone insieme e che oggi non esiste più – ma noi continuiamo a discuterne insieme.

Simonetta ha più volte dimostrato di essere in grado di cogliere la direzione degli eventi; era dotata di uno sguardo profondo e capace di puntare oltre le nubi, verso l’orizzonte: rammento come la sua vista superasse il limite del presente, mentre il concetto di limite, in tutte le sue sfaccettature, le era particolarmente caro.

Valeria Bianchi Mian

Simonetta, Valeria ed io abbiamo scritto nel 2016 un pamphlet, Utero in anima, su di un tema allora molto dibattuto, la gravidanza per altri. Ci siamo trovate sulla stessa linea “per trovare e ritrovare il senso del limite, uscendo dall’onnipotenza e riconquistando il rapporto con la realtà, attenuando gli eccessi spesso derivanti da una irriflessa conversione nell’opposto” perché una tematica complessa “non può quindi essere letta e affrontata con semplicistici riduzionismi”.

Cito delle frasi che Simonetta ha scritto prima del lavoro comune; sono concetti che abbiamo ripreso e ampliato insieme nella discussione sul rapporto tra limite e onnipotenza, uno dei temi guida del libro.
La sua raffinata intelligenza la faceva anticipare con concetti che dimostrano la sua capacità critica; una critica mai semplicemente oppositiva perché dire di no è semplicistico, anche facile, quando argomentare e contrapporre comporta analisi, interpretazione, coraggio - i valori di Simonetta. E già mi mancano le sue considerazioni.

Silvana Graziella Ceresa | Psicoanalista Junghiana – il suo sito: Silvana Graziella Ceresa – psicoterapeuta e psicoanalista (silvanagceresa.it)

 

Le  Ombre della genitorialità 

INTERREGNO
Mentre per l’ultimo Bauman, considerata la deriva della società liquida, noi siamo a rischio di retrotopia, per Carlo Bordoni, oggi, siamo in un interregno, sospesi tra un vecchio ordine che non funziona più ed un nuovo ordine ancora da trovare.

Già Bloom ci ha avvertito dei rischi dell’empatia, come fattore non  sufficiente – da solo – a guidare le azioni morali e fare del bene in scenari ricchi e complessi.
Marco Santambrogio, ne Il Sole 24ore del 3 settembre 2017, ricordando il nesso spinoziano tra democrazia, ragione e pace, denuncia l’abituale violazione delle regole della discussione razionale e riscopre l’utilità del Pocket Manual of Rules.

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Recalcati scrive che Il nostro tempo sembra aver dissolto ogni confine, compresi quelli stabiliti dai tabù. Non esiste più un limite che non sia possibile valicare.
Cosa fare di questi recenti segni e segnali?

Se tento di farne un metaforico collage, vedo emergere l’immagine del nominato interregno, come occasione per trovare e ritrovare il senso del limite, uscendo dall’onnipotenza e riconquistando il rapporto con la realtà, attenuando gli eccessi spesso derivanti da una conversione nell’opposto.

Progetto ovviamente da declinarsi nella relazione con se stessi, con l’Altro, e nella relazione genitori-figli.

Le derive e le tracimazioni della modernità, che per molti anni abbiamo chiamato, baumanianamente ‘liquida’, sono diventate ombre pesanti che gravano sul nostro tempo e che vanno a mio parere prima individuate poi comprese e dissolte nella misura del possibile.

Al di là dei grandi nodi socio-economici e geopolitici, e/o forse anche prima nella sfera del nostro privato, avvertiamo il malessere che deriva da uno stato di insicurezza che riverbera non solo sul lavoro, e sul futuro prevedibile, ma anche nelle relazioni interpersonali e familiari. L’identità stessa dei soggetti umani si sta confrontando con dimensioni che chiedono riconoscimento e legittimazione, mentre anche i ruoli di padre e madre rischiano di slabbrarsi nella prospettiva del genitore1 e genitore2.

I mass-media, cartacei e digitali, diventano cassa di risonanza delle difficoltà e delle impasse in atto, non di rado esacerbando la conflittualità dei gruppi.
Al di là dei testi citati, ho trovato spunti di rinnovato interesse nella pubblicazione (a breve distanza di tempo) di due articoli, apparentemente antitetici, attinenti la dimensione dell’esser uomo: Maschilismo is back  e Under 20 sempre più fragili.

Già i titoli sembrano evidenziare, se non una palese contraddizione, la complessità di una tematica Uomo/Donna che non può quindi essere letta e affrontata con semplicistici riduzionismi.

Nel rapporto de L’Espresso, si sottotitola: “Sembravano appartenere al passato. Invece discriminazioni, autoritarismo, violenza e odio nei confronti delle donne segnano sempre più il nostro tempo. E fanno regredire la democrazia.”
Nell’articolo di Starbene, si sottotitola:  “Timidi e incapaci di affrontare le sfide della vita: i maschi adolescenti stanno attraversando una profonda crisi di genere.”

Di fatto, cosa sta accadendo?

Nella pratica clinica ho visto man mano la più parte delle donne assumere un ruolo centrale, mentre non pochi uomini retrocedevano dalla tradizionale posizione di primo piano ad una marginalità variamente denunciata, subita o assimilata. Spostamenti progressivi che in Italia sono iniziati a partire dallo spartiacque del 1968, per la spinta dei movimenti femministi che auspicavano la giusta riappropriazione dell’autonomia della donna e l’uscita dai rigidi ruoli di sottomissione, ma che a volte hanno soltanto ribaltato quei ruoli. Una inversione che non ha giovato alla relazione.

Man mano si è evidenziata una confusione ed uno spaesamento dell’uomo, spesso disorientato nella relazione con la donna divenuta più propositiva e aggressiva, e non di rado in gravi difficoltà nel ruolo di padre. Malessere di entrambi i partner nella famiglia, spesso portato in superficie attraverso la sofferenza del figlio, che talora diventa il paziente designato.

Che i modelli tradizionali di esser uomo ed esser donna siano radicalmente mutati dal 1968 in poi è ormai consapevolezza comune, così come sono andati mutando e spesso rovesciandosi i ruoli all’interno della famiglia: ormai da decenni si evidenzia l’ avvenuto passaggio da una cosiddetta società di Edipo ad una  società di Narciso.

Negli ultimi 50 anni, via via la modalità educativa che i genitori impartiscono ai figli ha cambiato di segno: le rigide regole pre-sessantotto hanno ceduto spazio ad una liberalità che spesso diviene  permissivismo e mancanza di limite; la figura del Padre si è spesso eclissata  mentre la  Madre ha conquistato centralità.

Lo stile educativo di stampo etico ha assunto sempre più uno stampo prevalentemente affettivo.

Forse è utile iniziare a chiedersi dove e perché si sono generati taluni squilibri, cercando di trovare congrui correttivi alla tendenza in atto.
Se un tempo, allorquando la famiglia impartiva regole rigide e scelte di vita pressoché inevitabili, la sofferenza psichica assumeva le forme del conflitto, della ribellione e del senso di colpa, l’attenuazione/scomparsa delle regole ha apparentemente smorzato le battaglie tra le generazioni, andando a configurare una dimensione in cui tutto si può, è vietato vietare, il desiderio diventa diritto.

La donna madre ha assunto una centralità decisionale, mentre l’uomo padre non raramente è retrocesso a ruoli talora indistinti di uomo-mammo, o ha delegato in toto le responsabilità alla donna, quale gestore prioritario delle dinamiche familiari.

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I figli, spesso accomodatisi in una ‘confortevole’ dimensione in cui il conflitto pare assente, sembrano vivere una adolescenza protratta e quasi interminabile, trovandosi poi spaesati nella società che invece richiede di saper fare scelte e affrontare difficoltà. Così i figli – comunque cresciuti e diventati anagraficamente adulti – non avendo adeguatamente sperimentato, nell’infanzia e nell’adolescenza, un adeguato numero di ‘no’ e di connesse frustrazioni, rinviano l’acquisizione di una maturità che diviene porto talora non raggiungibile…

Spesso nel vissuto dei figli, o attraverso i sogni portati in analisi, si coglie un abbozzo di desiderio per un ‘padre diverso’, figura che sappia farsi ponte tra il mondo familiare ed il mondo della realtà, testimoniando le proprie esperienze, indicando modi e mete, insegnando a tracciare rotte nella navigazione della vita.

Aldo Naouri, pediatra e analista, già riconosceva, nel 2005, “se sul piano della salute fisica i nostri figli stanno molto meglio di una cinquantina di anni fa, essi pongono, tenuto conto delle nostre aspettative, problemi comportamentali sempre più preoccupanti”.

Le recenti trasformazioni sociali hanno alterato la dinamica familiare ed il bambino, spesso (apparentemente) posto in cima alla piramide dei valori, diviene una sorta di tiranno, mentre il padre pressoché marginalizzato e la madre iperprotettiva non permettono al figlio di sviluppare un equilibrato rapporto con la vita. Al ruolo paterno competerebbe la regolazione di questo fondamentale rapporto. Compito divenuto sempre più difficile, per molti padri ormai conformati al modello materno.

Naouri si chiede, provocatoriamente ma non senza fondamento a mio parere, “in che cosa (questi padri) si differenziano dalle madri?”

Naturalmente, è appena il caso di dire che non c’è rimpianto per il padre-padrone, quello che in alcune zone del mondo ancora purtroppo persiste.  Ma questo non significa che alla scomparsa/eclissi/evaporazione del padre ci si debba rassegnare. L’uomo può recuperare il ruolo paterno assumendosi le responsabilità correlate, con l’aiuto e la collaborazione della donna-madre.
L’esperienza ci può consentire forme di mediazione in una intelligente ricerca di progressivi equilibri.

Simonetta Putti, Analista Junghiana, socia A.R.P.A. (Associazione per la ricerca in Psicologia Analitica) e I.A.A.P. (International Association for Analytical Psychology), Vice Presidente del Centro Studi Psiche Arte e Società, Condirettore della Rivista Psiche Arte e Società.
https://www.psicheartesocieta.it/

 

 

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