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Skyness

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  1. Buongiorno/buonasera a tutti. Sono un ragazzo di 21 anni e attualmente sto attraversando un periodo difficile che non riesco a superare. Cerco di raccontarvi un po’ la mia storia: Quindi, i miei genitori si sono separati quando ero piccolo in quanto la situazione era diventata insostenibile, con mio padre che tornava da lavoro ubriaco e minacciava mia madre in vari modi, perciò da quando avevo 1-2 anni ho sempre vissuto con mia madre e mia nonna (a casa di quest’ultima); nonostante non vivessi più con lui, mio padre ha continuato a vedermi. Già da quando avevo 5-6 anni mi portava con sé e durante queste ‘uscite’ parlava male di me, sparlava sulla famiglia di mia madre, e in aggiunta beveva (il ché vi fa immaginare tutto quello che poteva dire); questo ha influito tanto nel rapporto che ho con lui, tant’è che in sua presenza mi chiudevo ermeticamente. Devo dire che sono sempre stato suo succube, e questo ha condizionato tutta la mia vita. Alcuni dicono che le parole feriscono più delle botte; quanta verità. Tuttavia ci sono stati brevi periodi in cui aveva un comportamento normale, non eccedeva con le parole, e questi erano periodi in cui sono stato davvero bene. Nonostante tutto, fino alla fine delle scuole medie, sono riuscito a sfruttare a pieno le mie capacità, sia dal punto di vista sociale che da quello prettamente scolastico. Ero un ragazzo sempre positivo che guardava con allegria al futuro. Verso i 14-15 anni, con l’inizio del liceo le accuse di mio padre hanno cominciato a ‘scalfirmi’, ho cominciato davvero a dubitare delle mie capacità, e questo ha influito negativamente sul mio rendimento (anche se tecnicamente non più di tanto, riuscivo a prendere voti medio/alti pur con fatica) e soprattutto a livello sociale: cominciai a uscire di meno. In un primo momento mia madre e mia nonna mi chiesero cosa avessi ma mi trincerai dietro un semplice ‘non ho nulla’. Ho cominciato a sviluppare la convinzione che le persone che mi circondavano fossero superiori rispetto a me; sviluppai quest’abitudine (che persiste tuttora) di pensare mille volte prima di parlare per paura del giudizio degli altri e in pratica non riuscivo più a essere me stesso al 100%; molti miei amici si sono allontanati per questo mio sembrare quasi freddo, calcolatore e non li biasimo. Non so se questa sia un sorta di fobia sociale o cosa. Quel periodo dell’adolescenza è stato complicato perché quella è l’età tipica in cui si esce la sera, si formano le prime compagnie etc., e non uscendo ero visto come un weirdo, uno piuttosto strano. Ai tempi ne soffrivo relativamente perché pensavo ‘Ehy, sono sì diverso dagli altri, ma non in peggio, sono solo particolare, alternativo’; in più mantenevo alcuni interessi e passioni (lettura, disegno, videoediting etc.) che mi facevano sentire ‘vivo’, ‘attivo’, nonostante tutto. Ho superato il liceo con un 82, voto che non mi ha soddisfatto a pieno, esausto mentalmente, questo sì, ma pronto a nuove sfide. Tuttavia per ragioni economiche non mi sono potuto iscrivere subito all’università e questo mi ha annientato. Tra la maturità e ora sono passati 2 anni, e in questo arco di tempo sono crollato in tutti i sensi: la mia vita sociale è assente, ho chiuso i rapporti con tante persone che mi stavano accanto da tempo e questo mi ha portato a segregarmi letteralmente in casa. Mi vergognavo in modo assurdo per essere rimasto indietro rispetto ai miei coetanei; nel frattempo mio padre continuava a tartassarmi con l’accusa che non volessi continuare a studiare quando se lui mi avesse dato il suo supporto sarei andato anche volando. Quest’anno mi sono iscritto all’università da non frequentante per non gravare troppo economicamente sulla mia famiglia, mi sono messo a dieta perdendo circa 25 chili, ho ripreso alcuni rapporti, soprattutto con un mio cugino, e ogni tanto riesco a uscire di casa. Tuttavia in tutte le cose che faccio ho in me come un senso di spossatezza, quando studio mi sento senza energie, soprattutto mentali, gli interessi che mi tenevano attivo e che praticavo cominciano a non attirarmi più come un tempo e nel frattempo sento che il tempo sta inesorabilmente passando. È come se fossi un guscio vuoto, non riesco davvero a vedere un futuro davanti a me. Leggendo 'I Dolori del Giovane Werther' di Goethe mi sono imbattuto in questo passo: 'La sera mi ripropongo di godermi l'alba, e poi non mi muovo dal letto; di giorno spero di festeggiare il chiaro di luna, e poi resto nella mia stanza. Non so di preciso, né perché mi alzo né perché mi corico. Manca il lievito che metteva in moto la mia vita; il palpito che mi teneva sveglio di notte tace, quello che mi svegliava la mattina è scomparso.' È esattamente quello che provo. Ci sono giornate (le peggiori) che passo a letto o al pc pensando di farla finita. Le critiche di mio padre, che non mancano mai, mi annientano psicologicamente ogni volta. Non vedo via d’uscita. Mia madre e mia nonna non sospettano di nulla, e se ci penso mi viene un senso di nausea perché mia madre non merita tutto questo. Non ne ho parlato con nessuno se non con una mia amica (che credo non mi abbia compreso del tutto), ho paura che venga giudicato come debole, che sia marchiato come ‘il diverso’, che sia un peso per gli altri. Se penso al ragazzino brillante che ero un tempo e a come sono ridotto ora mi viene da piangere e al tempo stesso una rabbia assurda. Non so cosa abbia, se apatia o depressione ma voglio uscirne e cominciare a vivere, questa volta per davvero. Ultimamente ho pensato di adottare un cane e di cominciare un’attività fisica, magari una semplice corsa giornaliera da un’ora, per tirarmi su e tenere la mente occupata, sperando di riacquistare quel 'lievito che teneva in fermento la mia vita'. Chiedo aiuto a voi e vi ringrazio in anticipo.
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