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iwantyou82

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  1. Rngrazio fin da ora chi avrà la pazienza di leggere la mia storia.Ve la racconto poichè ultimamente ho bisogno di ascoltare il parere di persone esterne che mi diano un punto di vista meno soggettivo della mia vita.Inizio partendo dal lontano 1991, anno in cui i miei genitori si separarono. Io avevo 8 anni, e fino a quel momento la mia unica figura di riferimento era mia mamma, poichè il mio papa lavorava fuori sede per tutta la settimana. Rientrava il venerdì, e ricordo fortemente quanto il suo ritorno fosse un momento fortemente ansiogeno, in quando iniziavano i litigi tra i miei genitori. Poi mia madre, forse ormai insoddisfatta del rapporto di coppia, fece l'errore di tradire mio padre. Venne scoperta, e si separarono con grande disastro a livello familiare. Entrambi vissero un forte periodo di depressioni, molto piu acuto in mia madre che passò i successivi anni a vagare alla ricerca di qualcosa che la soddisfasse, ma con risultati scarsi.Io, a soli 8 anni, venni affidato a mia madre, che non c'era praticamente mai. Vivevo con i miei nonni, grande punto di riferimento della mia infanzia e pubertà. Tutt'ora ricordo mio nonno come una forte figura carismatica ma allo stesso tempo affettuoso e gratificante quando serviva. Vedevo mio padre solo il fine settimana, e per me lui risultava invece "l'eroe", colui che mi avrebbe portato a una nuova vita. Aveva anche una compagna nuova, con la quale sarebbe poi convolata a nozze, e quindi mi rappresentava l'ideale di famiglia che in realtà non avevo mai avuto.In tutto questo periodo mia madre non c'era, e anzi, tendeva per questioni di rammarico e rancore a mettere i bastoni tra le ruote a mio padre per ogni qualsiasi situazione, e prendeva il mantenimento da mio padre e lo sperperava per i suoi vizi. Insomma, per alcuni anni l'ho persa, forse tutto questo dettato dalla sua depressione che spesso sfociava in atti di autolesionismo, come ad esempio andare in overdose di psicofarmaci. Scene agghiaccianti sono ancora presenti nella mia testa, come quella volta che tornando da scuola vidi l'ambulanza sotto casa che caricava mia madre completamente pallida e priva di sensi.Il secondo capitolo della mia vita prende forma quando mio padre, dopo anni di peripezie e di grandi battaglie, riesce a portarmi via da casa dei miei nonni. Avevo 14 anni. Io naturalmente ero felicissimo, vedevo nella mia vita una nuova chanche per vivere la mia giovinezza spezzata.Ma presto mi accorsi che la donna che aveva accanto tutto aveva tranne che la parvenza di una madre: carattere freddo, distaccato, poco attenta ai bisogni di un adolescente a cui probabilmente erano mancate le coccole e le premure di una mamma. Lei faceva quello che per me è un "lavoro": portarmi a scuola, darmi un pasto, e poco altro. Saltuariamente si faceva risentire mia madre, che naturalmente aveva da me poco o niente, sopratutto perchè subivo un grandissimo lavaggio di cervello in casa. Lei veniva additata come la tr..a, quella che mi ha abbandonato, colei che non ha mai badato a me. La mia adolescenza è stata molto tribolata; un padre sempre o spesso assente, che quando tornava sfociava le sue angoscie lavorative contro di me, reo semplicemente di essere un ragazzo con inevitabili esigenze e trascurabili difetti. La sua autorevolezza lo portava spesso a prendermi a urla e a trattarmi come un inetto, non entrando per niente in quella che è la crescita emotiva di un giovane ragazzo che si stava scontrando con quella che era la "vita".Ricordo con grande timore tutte le sue parole di sdegno verso la famiglia di mia madre, augurando la morte ad ogni componente di quella famiglia, quando invece per me la figura dei nonni materni è stata di grande supporto e fondamentale per la formazione del mio carattere. Ho sempre rigato dritto, a scuola sempre promosso, mai un evento che potesse ledere la vita della coppia dei miei "genitori". Nonostante tutto ciò venivo spesso privato della mia libertà, dovendo sottostare a regole assurde per un ragazzo ormai verso la maggiore età, come per esempio non poter mancare ai pasti, o non poter tornare a casa dopo la mezzanotte, in nessun caso. Queste regole non è mai stato possibile affrontarle perchè erano inamovibili, dettate probabilmente dalla moglie di mio padre, dato che vivevamo a casa sua. Non ho mai potuto sviluppare una mia personale autostima poicè tutto quello che facevo e dicevo è sempre stato sminuito da entrambi, liquidandomi sempre con insulti e disprezzo.Nel frattempo mia madre ha cominciato a mettere la testa a posto, e ha tentato di riavvicinarsi, quasi in ginocchio. Si è resa conto di aver lasciato perdere un figlio, e nel tempo ha abbassato la testa, pur di recuperare un rapporto con me.Ai 18 anni ho iniziato subito a lavorare, con il solo intento di liberarmi dall'oppressione di mio padre, e dare una svolta alla mia vita. Nonostante lavorassi, non potevo ancora gestirmi la mia vita: continuavo a sottostare alle loro leggi, subendo i primi sfottò dei miei amici, che dopo il lavoro si ritrovavano il fine settimana per uscire mentre io non potevo assolutamente rientrare a casa dopo la mezzanotte.A 19 anni riesco ad arruolarmi in una forza di polizia e finalmente vado via di casa. Stando lontano, riesco persino a rivalutare mio padre, che si dimostra protettivo e segue l'evolversi della mia carriera. Seguono 14 anni fuori casa, in giro per la penisola, caratterizzati da un riavvicinarsi di mia madre che si dimostra realmente una persona diversa, e la faccio nuovamente entrare nella mia vita. Questo poco fa piacere a mio padre e alla moglie, che non perdono occasione per farmi notare quanto lei non ha fatto mai niente per me. Io rispondo sempre dicendo che nella vita si puo cambiare, e una seconda chanches va data. Sopratutto se si tratta di colei che ti ha messo al mondo. Purtroppo tutto queste mie parole non servono a niente, se non a fomentare ancora di piu una sorta di odio e disprezzo nei miei confronti. Il primo problema derivato da questa situazione scaturisce quando, dopo 7 anni di storia con una mia ex, decido di comunicare che presto saremmo convolati a nozze. Naturalmente la prima persona a saperlo è mio padre, e gli dico anche che sarebbe stata presente mia madre. Mai l'avessi fatto. Questo è stato il primo momento in cui ho capito che il resto della mia vita sarebbe stato un disastro. Una telefonata di ore dove lui mi elenca, in maniera nervosa, quasi a farsi venire un infarto, uanto lui ha fatto nella vita e quanto mia madre non conti nulla. Un monologo talmente forte e lesivo che sono scoppiato in un mare di lacrime, perchè non credevo di dover mai sopportare una situazione del genere.Dopo alcuni anni finisce la mia storia con questa ragazza. Torno nella mia regione nel 2013, e conosco subito una donna che mi ruba il cuore.Mio padre mi lascia la casa dove lui viveva tanti anni fa, che ha sempre detto essere mia, e mi ci stabilisco con questa ragazza. Con mio padre pattuisco un affitto che lui stabilisce in 250 euro al mese. Addirittura mi fa un contratto registrato.Dopo sei mesi lei rimane incinta e a gennaio 2015 nasce mio figlio Giuseppe.Lui in tutto questo periodo si interessa per la cinofilia, dettata dalla passione di sua moglie, e comincia a sparire sempre piu. La nascita del nipote non ha suscitato in lui l'effetto sperato, in quanto non gli interessa fare la figura del nonno. Anzi, lui dice che non ne è capace e non si mette in gioco. Nel frattempo la nostra situazione economica precipita, e mi vedo costretto a chiedere a mio padre di sospendere il pagamento della locazione fino a quando non saremo messi meglio.Nel gennaio del 2016 mio figlio viene battezzato, e mio padre accetta a malavoglia di venire al battesimo, ma con la conseguenza che da quel momento è sparito per circa un mese. Questo dettato dal fatto che lui pretendeva che io scegliessi tra lui e mia madre, quando io invece ho invitato entrambi sia al battesimo che alla festa che ho tenuto nel pomeriggio. Mia madre non si è fatta alcun problema e pur di vedere figlio e nipote ha affrontato il problema.Quando finalmente riesco a sentirlo, come ho detto prima dopo circa un mese, comincia il solito discorso di quello che lui ha fatto, che io devo scegliere, che lui si sente in disparte.Ogni mio discorso non viene ascoltato. Quello che io dico viene soltanto accolto con urla e disprezzo, come quando ero adolescente.Ne segue un periodo dove lui continua a non farsi vedere, riesco a sentirlo alcune volte perchè io stesso tengo a lui. Ma tende a emarginarsi e non prende iniziativa. D'improvviso prende la decisione che mia madre non sarebbe più potuta entrare dentro la "sua casa" dove io abito con la mia famiglia, pena la risoluzione del contratto. Accetto la sua decisione, nonostante tutto. Nel frattempo la mia compagna comincia a spazientirsi. Del resto, da quando lei è nella mia vita, l'unica persona che si è interessata a noi è mia madre, che ci aiuta quando siamo a lavoro, che si fa sentire tutti i giorni, che bada a mio figlio. Anche il semplice gesto di portare un pacco di pannolini, che puo sembrare banale, è un qualcosa che da mio padre non ho mai visto.In tutta questa situazione naturalmente ho cominciato a pesare i comportamenti di entrambi. PErchè avrei dovuto escludere mia madre dalla mia vita e da quella della mia famiglia quando invece lei era onnipresente? Perchè dovevo giudicare i suoi comportamenti di 30 anni fa quando la sua seconda chanches se la stava giocando benissimo?In seguito ci sono state delle altre feste, come ad esempio il secondo anno di mio figlio, e ogni volta io mi prodigavo per trovare la soluzione per vedere entrambi i miei genitori, addirittura cercando di creare due fasce orarie nelle quali non si sarebbero incontrati. Ma la reazione che ho avuto è stata ancora peggiore ...la sua risposta è stata che "con quella donnaccia io non scendo a compromessi". E ha chiesto espressamente di non essere piu invitato, perchè lui "vuole stare bene".L'ultima occasione di incontro è stata per lui la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Io come da sua richiesta non l'ho invitato, e venendo a sapere da vie traverse che in questa occasione c'era mia madre, ha deciso di non cercarmi piu. Due mesi ormai che non risponde al telefono ne ai messaggi.Come può un figlio, che gia nella vita ha subito dei traumi NON PER SUA CAUSA ma per causa di genitori che non hanno saputo gestire la situazione, dover reggere anche il disprezzo di un padre? Come posso io ovviare a questa spinosa situazione?Io amo mio padre come amo mia madre. Non sento l'esigenza ne il diritto di dover fare delle scelte ed estromettere dalla mia vita un genitore.Lascio andare mio padre o devo continuare a battere?Tra poco lascerò anche la "sua" casa poichè sono riuscito a farmi un mutuo e comprarmi una casa finalmente tutta mia.Io mi sento ormai perso nella mia autostima, nella mia dignità. Passo le notti a pensare quanto non mi meriti tutto questo trattamento e anzi, quanto lui è stato fortunato a trovare un figlio come me che ha sempre cercato di trovare la soluzione a tutto.A quasi 35 anni la mia vita è ancora segnata dalle loro diatribe, trascinando inevitabilmente dentro la mia vita malumori e oppressioni. Il mio umore nero, la mia insicurezza dettata dalla poca stima che mio padre mi ha regalato nella sua vita, stanno minando la mia vita di coppia.Voi, cosa avreste fatto??Grazie, e scusate per la lunghezza del mio racconto. Ho fatto una sintesi, altrimenti avrei scritto un libro !
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