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SensibilMente

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  1. Ti ho risposto. Ma probabilmente il messaggio che ho postato ha bisogno di essere verificato e approvato. Pur non conoscendoti mi spiace molto per il modo in cui stai affrontando questa tua situazione lavorativa. E mi spiace anche che tu la viva così: Però sono dell'idea che le esperienze servano. E al posto tuo mi sentirei decisamente più ricco nel riuscire a sfruttare questa situazione per lavorare soprattutto su me stesso; in modo da non trascinarmi dietro determinate problematiche anche in un potenziale lavoro futuro. Quanto meno, pur non essendo in possesso di qualifiche e/o competenze spendibili sul mercato, (così come dici tu), al prossimo colloquio ci andrei con più sicurezza e più esperienza. Per di più, sempre se fossi al posto tuo, non dovendo far fronte alle spese necessarie per vivere da solo (dal momento che vivi con i tuoi e che oltre al lavoro staresti sempre in casa), cercherei di investire quei pochi soldi guadagnati per qualificarmi in qualcosa che mi dia modo di far ciò che più mi piacerebbe fare.
  2. Prendere gli ostacoli che si presentano lungo il nostro cammino come spunti per riflettere su cosa dobbiamo imparare da quelle determinate difficoltà. Ogni difficoltà che incontriamo porta con sé una grande lezione che ci permette di imparare una determinata ARTE per poter superare un determinato STEP. Esempio concreto: Un determinato studente ha deciso di iscriversi in una determinata università. Pertanto, oltre a studiare, è tenuto a presentarsi agli esami. Può però succedere che, per un motivo o per un altro, pur presentandosi a un determinato esame, non lo superi. Quindi il conseguimento del suo obiettivo (superare l'esame) viene ostacolato, da un qualunque motivo che non gli permetta di superarlo (ansia, poca preparazione, timore di non essere abbastanza preparato, o anche a causa di una troppa preparazione che lo mandi in confusione e possibilmente proprio per paura di sbagliare -a rispondere alle domande del prof.- sbaglia). Lì per lì, a caldo, gli risulta più sbrigativo credere e convincersi che il prof. sia stato "pessimo" avendogli fatto domande particolarmente specifiche. (Quindi gli verrà più semplice individuare il problema all'esterno; negli altri). Però, successivamente inizia a riflettere su cosa l'abbia portato a non superare quell'esame. Ci pensa, ci ripensa e poi però (piuttosto che abbandonare l'università) si rimette sui libri a mente serena e ci riprova, finché non lo supera. Perché lui è uno studente determinato a voler imparare e a volersi laureare. Allo stesso modo, la vita, ci mette nelle condizioni di dover superare determinati esami. E finché non li supereremo, potremmo anche andare dall'altra parte del mondo, ma quelle prove da dover affrontare ce le ritroveremo sempre presenti, nella stessa misura in cui ci servono a crescere.
  3. Credo che finché continuerai a pensarla in questi termini, per te continuerà a essere così. Naturalmente ti auguro di ricrederti e di realizzarti. Allo stesso tempo, però, mi domando: "perché chiedere consigli all'interno di un Forum, se già sai come intendi agire?" La decisione spetta solo a te a prescindere da eventuali approvazioni o disapprovazioni da parte degli altri. Il mio non voleva essere un invito a fingere di essere simpatico e/o a essere ipocrita, ma a trovare un modo per reagire e per cercare, tra te e te, il miglior modo per affrontare e superare gli ostacoli. Prendendoli come spunti di riflessione per comprenderti e per comprendere meglio ciò che la vita può farti capire. Troverai chi ti dirà: "tieni duro" e chi ti dirà "lascia", ma non credi che in questo modo potrebbe scaturirne una maggiore confusione? Solo tu puoi sapere quello che stai attraversando. E se lasciare questo lavoro per te significa guadagnarne in salute, cosa aspetti? Secondo me hai già deciso. Ma allo stesso tempo, nonostante potrai sicuramente contare sull'appoggio dei tuoi, ti chiederai: "E dopo? Cosa farò?" Se già consideri la tua vita sociale pari a zero, come pensi che potrebbe essere dopo? Naturalmente ti auguro con tutto il cuore che tutto possa andarti per il meglio. Ma non fare l'errore di restare ad aspettare che il prossimo lavoro, oltre a essere migliore, possa caderti dal cielo. E soprattutto non rinchiuderti in casa più di quanto tu non lo faccia già.
  4. Buongiorno Rxx, innanzitutto, premettendo che non sono uno psicologo, mi permetto di dirti che nel caso in cui desiderassi ricevere il parere di uno specialista prova a contattarne uno (potresti per esempio servirti del servizio di consulenza psicologica gratuita messo a disposizione da www.psichehelp.it chiamando il numero gratuito 3278115091). Detto questo, mi permetto di risponderti sulla base di ciò che hai scritto, orientandomi con quella che non è altro che la mia esperienza di vita personale. Parto dall'idea che quelli che definisci attacchi d'ansia con problemi annessi dai quali ne potrebbe conseguire una sorta di depressione potrebbero essere correlati al tuo senso d'insoddisfazione nel fare qualcosa che, appunto, come tu stesso dici, non ti gratificherebbe per nulla. Di sicuro il rumore e le continue influenze negative (le urla del capo) che continui ad assorbire, non ti sono per niente d'aiuto, soprattutto in un caso del genere; anche perché non fanno altro che accentuare il tuo senso di angoscia e d'intolleranza nei confronti di questo lavoro che inizia a starti sempre più stretto. Un altro punto a tuo sfavore credo consista nel non avere una vita sociale, o comunque delle distrazioni o degli interessi a cui dedicarti oltre al lavoro. Se fossi un tuo collega, probabilmente anch'io ti vedrei come un rompiscatole; in quanto l'ansia dalla quale ti lasci divorare potrebbe arrivare a suscitare le antipatie degli altri colleghi, in quanto ne deduco che, molto probabilmente le uniche interazioni che avrai con loro si baseranno su continue lamentele ed eventuali sfoghi (verbali o non verbali che siano) in merito al modo in cui vivi questa tua situazione lavorativa. A volte basta semplicemente un volto demotivato o una semplice smorfia d'insofferenza per appesantire la giornata di qualcun altro (soprattutto la giornata lavorativa di qualcun altro). Motivo per cui ti consiglierei di non abbandonare questo lavoro, in quanto ti sta permettendo di prendere coscienza riguardo alcuni tuoi atteggiamenti mentali che ti portano a provare sensi d'insoddisfazione e di eventuale inadeguatezza. Prova a vederne il lato positivo, poiché avresti modo di lavorare anche su te stesso prendendo spunto proprio da ogni singolo generatore d'ansia. Inoltre ti consiglierei anche di concentrarti un po' di più su ciò che fai, senza cercare "scuse" esterne; per poter di conseguenza arrivare a far meglio ciò che dovresti portare a compimento (esempio, il tuo lavoro correlato al tuo bisogno di placare le tue ansie). Se riuscissi a concentrarti un po' di più in ciò che fai, a poco a poco ti renderai conto che tra i confini del tuo silenzio interiore, le urla del capo (ad esempio) inizieranno a essere sempre più sfumate e soprattutto sempre più esterne a te, piuttosto che interiorizzarle permettendo di amplificare l'eco dell'ansia. Tra l'altro, se fossi al posto tuo, strutturerei le mie giornate in modo da avere anche degli spazi di tempo per me stesso, dedicandomi a qualcosa che più mi piace fare. Ricordi quando al ritorno da scuola i genitori per indurci a fare i compiti cercavano di dare un ordine alle nostre priorità dicendoci: "prima il dovere e poi il piacere?" Bene, dopo aver lavorato concediti dei momenti di piacere (sano e gratificante). E anche dei momenti di silenzio interiore, per ricaricarti di energia. Pensare troppo può risultare dannoso e confusionario nella stessa misura in cui questo nostro "ineducato" e insano modo di pensare arriva a tradursi in confusione reale. Allo stesso tempo mettiti in moto per cercare un lavoro migliore, senza lasciare quello attuale finché non sarà il momento di salire sul gradino successivo, piuttosto che lasciarti cadere dalle scale. Credo che nella vita di ognuno di noi, ogni cosa che ci si presenti vada di pari passo con il nostro "livello evolutivo". Per adesso hai bisogno di affrontare questo step, questo esame, per poi passare a quello successivo andando avanti in quello che non è altro che il tuo personale percorso di crescita e di scoperta: la tua vita. Infine, mi sento di dirti di provare a fare un piccolo sforzo nel cercare di vedere nelle interazioni con gli altri dei riflessi che ti invitino a conoscerti meglio. Cerca di essere un po' più "simpatico" con i tuoi riflessi (e soprattutto con te stesso e con il tuo modo di pensare). Solo così, potrebbe derivarne un'immagine più nitida e più degna di essere apprezzata; in primis da te stesso. Evita di essere "negativo", perché è proprio il tuo punto di vista a determinare l'andamento degli eventi e la formazione del tuo modo di essere. Scrivendo, per esempio: non fai altro che esteriorizzare a livello conscio una tua (quasi speranzosa) previsione inconscia destinata a realizzarsi, perché in parte è come se tu volessi che ciò accada, intravedendo in questa possibilità una sorta di liberazione dalla quale potrebbe derivarne un miglioramento della tua condizione attuale. Come se le tue ansie e le tue insofferenze dipendessero esclusivamente da qualcosa di esterno (il tuo lavoro), quando in realtà non è così. Potresti anche cambiare lavoro e potresti anche trovarne uno migliore, ma finché non riuscirai a reagire capendo che chi deve fare qualcosa per te stesso sei tu e non gli altri, le cose continueranno a ripresentarsi finché non avrai imparato che il tuo punto di vista dipende solo da te, non dagli altri. Prova a pensare a una borsa il cui lato frontale è pieno di colori e quello posteriore è nero. Per adesso è come se ti stessi focalizzando nel considerare l'intera borsa di colore nero semplicemente perché la tua prospettiva ti rimanda, (per riflesso mentale), la visione del nero. Prova a cambiare punto di vista, iniziando a focalizzarti su altre angolazioni di quella stessa borsa, potresti stupirti nel ritrovarti a visualizzare un arcobaleno che non avevi mai considerato. Permettendo così al sole di potersi far largo fra le tue nuvole mentali.
  5. Penso che, dalle mie parti (Sud Italia), nel 2000 (anno in cui avevo 17 anni), l'ingresso in discoteca era vietato ai minorenni; per i quali era possibile però andare al "pomeriggio giovani" (in cui non esistevano alcolici). Ma personalmente non andavo nemmeno lì. Ho iniziato a frequentare le discoteche intorno ai 26 anni di età. Non sono mai andato in discoteca con l'intenzione di "rimorchiare", ma solo per ballare e ridere in modo spensierato in compagnia dei miei amici. Ma a furia di vedere il comportamento degli altri, mi sarei solo potuto ritrovare a imitarli senza nemmeno rendermene conto; semplicemente perché mi stavo mentalmente abituando a uno stile di vita decisamente diverso dal mio. Motivo per cui ho deciso di allontanarmene. Naturalmente non ho pregiudizi nei confronti delle discoteche e nemmeno nei confronti di chi le frequenta. Anzi, credo che possano essere utili a evadere mentalmente e a scaricare tutto lo stress e tutta la tensione accumulati durante la settimana. Ma senza esagerare... E sopratutto, ogni cosa va fatta al suo tempo e con le giuste compagnie. In modo da evitare la possibilità di perdere di vista la propria carreggiata (in tutti i sensi).
  6. SensibilMente

    sentirsi solo

    Ciao BlueAngel, Ho letto con molto interesse il tuo post e trovo che sia tanto interessante quanto in grado di far riflettere su una questione attuale e in continua "disevoluzione". A parer mio, il problema dell'inadeguatezza, rapportato a questa società moderna, va a prescindere da quelle che sono le nostre capacità relazionali e varia al variare di un mondo che tende a ruotare prevalentemente attorno all'apparenza. In questo modo, chi, come te, non si sentisse spinto dal rivestirsi di superficialità ostentando le proprie collezioni numeriche e materiali, tende a provare un vero e proprio senso di inadeguatezza. Personalmente sono dell'idea che nonostante tu possa essere, o meno, dotato di una buona predisposizione nell'interagire con gli altri, quel che più ti viene a mancare sono dei veri e propri stimoli emotivi basati su princìpi totalmente diversi da quelli che stanno "dominando" la socialità moderna. Non voglio dare la colpa ai social-networks (additandone il modo in cui paradossalmente mettano in moto un insano processo anti-social); e nemmeno a chi si lasci risucchiare da un competitivo bisogno di mettersi continuamente in mostra. Anche perché il problema non sarebbe da individuare nei "Social" ma nell'uso che ne facciamo. Proprio in virtù del fatto che i "Social" non sono dotati di anima e cervello. Noi invece dovremmo esserlo. E proprio in virtù del fatto che dovremmo essere degli esseri pensanti dotati di ragione e sentimenti, se proprio dovessi individuare di colpevoli, li identificherei, più che altro, in quegli stessi meccanismi mentali, abitudinari e ripetitivi, che così come potrebbero spingerci a competere in quella che definirei essere una maratona disevolutiva, ci portano anche a sentirci soli pur avendo tutto in regola per non esserlo. Motivo per cui, prendendo spunto dalle ultime due righe del tuo messaggio, riportato qui di seguito sempre sulla base di quello che risulta essere il mio punto di vista personale, credo che la tua difficoltà nel relazionarti con gli altri dipenda proprio dal tuo considerarti solo.In primis inizierei a rivalutare il modo in cui ti consideri tu. Proprio perché credo che finché tenderai a credere di essere una persona sola e poco compresa, continuerai a esserlo.Hai mai provato a cambiare atteggiamento mentale? Hai mai provato a esporre i tuoi punti di vista, le tue idee, la tua filosofia di vita, piuttosto che tenere tutto chiuso a chiave all'interno di un cassetto della tua mente, quasi come se fosse un archivio di "tabù?" Potresti fornirlo tu lo spunto per l'inizio di una conversazione stimolante. Sono sicuro, a ragion di veduta, che inizierai a conoscere gli altri nella stessa misura in cui inizierai a farti conoscere tu. E potresti anche arrivare a meravigliarti iniziando a conoscere meglio chi credevi di conoscere già. E viceversa. Innanzitutto prova a dare modo a te stesso di non sentirti solo. Inizia a credere di non esserlo, penso possa essere un buon punto di partenza per far sì che tu possa ritrovarti circondato da amici, piuttosto che da insicurezze, dubbi e perplessità. Perché mi sembra di capire che i tuoi unici amici attuali siano rappresentati dalle tue salde e costanti abitudini mentali che ti portano a creder di essere solo. Allo stesso tempo dici di considerarti, caratterialmente, molto testardo e orgoglioso. Hai mai pensato che questo tuo modo di vederti non è altro che una bella e buona presa di coscienza? Essendone consapevole, sai già su cosa lavorare con te stesso. Il consiglio che ti do, a tal proposito, è quello di considerare i punti di vista degli altri (ad esclusione di quelli dannosi) come punti di vista accettabili all'interno di questo grande contenitore (mondo) di possibilità possibili (per quanto da te possano risultare non condivisibili).Inoltre, svolgendo un lavoro che ti porta a stare a contatto con il pubblico, dovrebbe venirti più semplice renderti conto di essere dotato di una buona predisposizione nello stare a contatto con gli altri. Non credi? Continua a confrontarti con tutti, il confronto arricchisce e permette di conoscerci meglio nella stessa misura in cui desideriamo conoscere meglio. Sentiti libero di far esprimere il tuo mondo interiore. Purtroppo al mondo esistono tante persone valide che si comportano da invalide; e, così facendo, piuttosto che permettere alla propria singolarità di esprimersi. tenderanno a isolarsi considerandosi sole all'interno di un mondo sempre più "insano". Di conseguenza, e per riflesso, le mode che tenderanno puntualmente a dominare saranno sempre basate sui nuovi atteggiamenti di massa. Pertanto ti invito a continuare a distinguerti nell'essere autentico. Pensa al lato positivo. Dovrebbe venirti ancor più semplice riuscire a trovare altri volti veri fra tutte queste sempre più palesi e omologate "maschere finte".
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