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Arthur Bois

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  1. Buongiorno a tutt*. Grazie di aver accettato la mia richiesta di iscrizione. Ne approfitto per lanciare questo messaggio nella bottiglia, sperando che qualcuno lo raccolga. Ho 30 anni e sono fidanzato con una ragazza che amo da quasi 8. Le cose fra noi sono sempre andate abbastanza bene. La nostra storia ha basi solide: i primi anni, come è comprensibile, sono stati i più briosi. Da due anni circa siamo andati a convivere. Sono stato io a "trainarla" in questa avventura perché volevo rendermi indipendente dalla mia famiglia e costruire un mio spazio sicuro. Lei ha fatto più fatica, perché è molto legata ai suoi genitori, ma ha fatto sua questa sfida. Devo precisare che sono sempre stato attratto - in certi periodi più, in certi meno - anche dai ragazzi. Non ho fatto mistero alla mia compagna di essere bisessuale. Lei ha sempre accettato questa mia parte, anche se talvolta è timorosa (come a volte lo sono io) che il mio vero orientamento sia più "sbilanciato" verso l'omosessualità. Ultimamente, parallelamente a un allontamento emotivo da lei, i desideri e le fantasie rivolte ai ragazzi si sono intensificate e spesso mi ritrovo a pensare a come vivrei una relazione di questo tipo. Io e la mia ragazza abbiamo sempre avuto molti interessi in comune. La trovo (ultimamente meno) attraente, interessante, intelligente, generosa, propositiva. Ricordo di avere iniziato a vederla come partner, dopo un'amicizia discontinua ma durata anni, proprio per questa nostra sensibilità estetico-sentimentale molto simile (spesso, addirittura, troviamo attraenti gli stessi tipi di ragazzi), per la sua capacità di accoglienza e il suo carattere gentile, amichevole e aperto. Forse all'epoca è stata una scelta più "di testa" che di cuore, ma il trasporto emotivo e fisico poi è arrivato. Noto che tendo a essere molto critico nei suoi confronti, specialmente da quando siamo andati a convivere. Probabilmente proietto su di lei una mancanza di affetto/sicurezza/autostima tutta mia, che riguarda la mia storia familiare. Cerco naturalmente di contenere questi aspetti e di smussare gli schemi comportamentali che ho "ereditato" da mio padre e mia madre, ma non è così facile come sembra. Talvolta mi chiedo se questo vuoto emotivo possa essere colmato da una relazione diversa, magari omosessuale: non so cosa rispondermi, anche perché sono conscio che non è possibile affidare a un compagno/compagna ideale e perfett*, di fatto inesistente, la propria felicità e autorealizzazione. Alla mia ragazza ho fatto presente che in questo periodo sono particolarmente confuso. In certi giorni sento che l'urgenza a esprimere completamente la mia sessualità e la mia emotività/affettività è davvero forte. In altri, invece, mi sento terribilmente in colpa, perchè penso a tutto l'amore, all'affetto, ai ricordi, alle passioni e alle avventure che io e lei abbiamo vissuto (e viviamo) insieme e mi rendo conto che se dovessi porre fine alla nostra storia, tutto questo finirebbe. So che le persone cambiano, che non è una colpa scoprirsi "diversi", bisognosi di altro o, semplicemente, all'inizio di una fase nuova della propria vita. E so anche che il tratto di strada fatto insieme ad un compagno/compagna non va perso anche se il rapporto finisce. Ci sono giornate in cui l'affetto per lei è molto forte, specialmente quando mi rendo conto di quanto abbiamo edificato insieme, dei reciproci sacrifici e di quanto forte sia l'amore che lei prova per me. Ciò si scontra con la mia povertà (direi "stitichezza") emotiva e, talvolta, con un atteggiamento schivo e passivo-aggressivo che fatico a controllare. Sono sempre stato un tipo abbastanza anaffettivo (un po' per indole, un po' per storia familiare) e quindi fatico a esprimere i miei sentimenti, sia per lei, sia riguardo alla mia parte bi-omosessuale. Sono in analisi da anni (in seguito a un grosso "crollo nervoso avuto" verso i 19) e ho sempre parlato liberamente con la mia psicoterapeuta di questa mia parte, che però finora non si era mai manifestata così limpidamente. Se ripenso agli anni della scuola superiore ricordo atti di bullismo e insulti omofobici a me rivolti, anche se all'epoca, a parte qualche "cotta" passeggera e qualche dubbio sulla mia sessualità, non ho mai "sperimentato". In realtà credo che questo mio bisogno di vicinanza omoerotica e omoromantica sia profondamente collegata al mio bisogno di contattare la parte più emotiva, libera, amorevole e creativa di me stesso e di liberarmi dell'eccessiva rigidità emotiva della mia famiglia. Mio padre, a cui mi ero rivolto negli anni "anfibi" del liceo, ha bloccato i miei dubbi invitandomi a concentrarmi sulle ragazze, cosa che, a ripensarci oggi, mi fa tremendamente arrabbiare per l'arbitrarietà e la scarsa mancanza di comprensione: è come se mi avesse bloccato/censurato, impedendomi di vivere eventuali avventure, amori e rapporti che magari mi avrebbero aiutato a crescere/conoscermi/migliorare come persona e che forse sarebbero stati solo transitori o "fluidi". Chiedono ora (fuori tempo massimo?) di essere esauditi e, onestamente, non so come avvicinarmi a queste mie istanze. Non so bene se le mie fantasie siano realistiche. Fantastico spesso su un compagno più giovane, diciamo sui 20 anni, femmineo, delicato, in cui rispecchiarmi, in cui curare le mie parti ferite, un altro me stesso da amare con passione, dolcezza ed empatia. Mi immagino un bel ragazzo, magari un po' androgino, artistico, sensibile, un animo poetico, sbarazzino, magari anche provocatorio, capace di portare allegria, spensieratezza e compassione nelle mie giornate. A volte penso anche che anche la mia ragazza, che è di solito molto solare, creativa e propositiva, ha caratteristiche simili, tuttavia è come se non riuscissi più a contattare queste parti di lei, che pure che ci sono, sebbene schiacciate, a volte, dalla sua famiglia, che è molto fagocitante. Forse sono io che sbaglio a cercare sempre in qualcun'altro (uomo o donna che sia) ciò che dovrei coltivare in me stesso. Ma è come se volessi qualcuno di più simile a me, che, come ho fatto io con il mio percorso di psicoterapia, voglia liberarsi dalle tare familiari e costruirsi una famiglia e una vita veramente libere. Non dico che la mia ragazza non abbia questo desiderio di libertà, anzi ha fatto tanto per cercare di mettere una specie di distanza dalla sua famiglia, ma credo che nel profondo non sia pronta a "fare il salto". Forse neanche io non lo sono e per questo cerco qualcuno che possa essere per me un complice e un catalizzatore. A volte mi rendo conto di quanto possa essere difficile la vita da bi-omossessuale, sia a livello sociale (il mio paese è ancora chiuso da questo punto di vista) che familiare (se dovessi fare coming out credo che quasi tutta la mia famiglia la prenderebbe piuttosto male/come uno scherzo/come un atto ribelle da "pecore nera"), e ciò mi spaventa. So anche che i tempi sono cambiati e oggi si può contare su una rete di associazioni, centri sociali e su tante realtà accoglienti e amichevoli. Le cose che ora mi terrorizzano di più sono: - fare soffrire la mia ragazza; - rendermi conto (dopo aver lasciato la mia ragazza per esplorare questa parte che chiede insistentemente di essere esplorata) di aver frainteso tutto, di essermi lasciato suggestionare e di aver perso così l'amore della mia vita. Scusate per la lunghezza del post e per i toni sentimentali/melodrammatici. La confusione è tanta, il bisogno di esprimermi pienamente è grande e l'amore per la mia ragazza è altrettanto forte. A qualcuno è capitato qualcosa di simile e vuole condividere (anche privatamente) la sua esperienza? Avete consigli? Grazie in anticipo a tutt*, Buona giornata.
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