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A.C.

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messaggi di A.C.

  1. Buongiorno,

    Mi rivolgo a voi per avere un confronto  in quanto non ho nessun' altro con cui posso parlare di questo argomento.

    Ho 28 anni da due anni ho una relazione stabile (non conviviamo) con una ragazza (trentenne) che soffre di depressione severa. Le voglio molto bene e sono ricambiato, tuttavia la sua condizione di malessera crea alcuni attriti nel nostro rapporto.

    Lei fin da subito non mi ha nascosto la sua inclinazione alla depressione e di aver fatto in passato una cura a tale proposito.

    La sua piu' grande paura è di non essere accettata, che io a lungo andare non accetti e la "rifiuti" per il suo stato (cosa che ad ora non ho fatto, cerco di essere comprensivo e di starle accanto).

    Per cercare di migliorare la sua condizione, da circa un' anno è in terapia presso uno psicoterapeuta, che le ha diagnosticato la depressione  e prescritto una cura con psicofarmaci (di cui ignoro la tipologia).

    La depressione, a detta dello specialista e sua, è riconducibile a una carenza di affetto infantile. Si rammarica spesso dell' assenza affettiva di suo padre e che sua madre l' abbia spesso "trascurata" (è figlia unica, suo padre è un uomo d' affari focalizzato esclusivamente sul suo lavoro, sua madre anch' essa soffre di depressione, hanno divorziato quando lei aveva15 anni, ora convive con la madre e saltuariamente fa visita al padre).

    Inoltre si rammarica del fatto che la sua condizione possa trasmettermi tristezza, ha paura di non essere compresa e che io possa lasciarla se la situazione non si risolva.

    Io le voglio molto bene ma non nascondo di non essere del tutto "sereno" e positivo, in quanto in un futuro non troppo remoto mi piacerebbe stabilirmi con lei ed avere un figlio, ma capisco che nelle sue attuali condizioni non sia raccomandabile (instabilità emotiva e necessità di assumere regolarmente psicofarmaci). Se avessi la certezza (utopia) che presto o tardi lei riesca a liberarsi dalle catene di questa malattia sarei molto piu' sereno e propenso nel progettare un futuro insiemo. Purtroppo dopo oltre un anno di terapia, nonostante dei miglioramenti marginali, a parere del professionista i farmaci saranno ancora necessari per un periodo ad ora non definito, e ciclicamente si ripetono momenti di depressione (accompagnati da pianti, disturbi del sono e carenza di appetito, irrequietezza notturna alle gambe..).

    Ora siamo arrivati ad un punto di rottura,ci vogliamo molto bene ma a suo dire, a causa della sua condizione, non vuole influire negativamente sulla mia vita, in aggiunta  a cio' temo non si senta totalmente accettata per la sua condizione, e non nego che questa non mi permetta di vivere una relazione serena   (nonostante io cerca sempre di rassicurarla e accettare la sua condizione, ammiro la sua determinazione nel cercare di guarire dalla malattia (le sedute psichiatriche hanno un impatto rilevante sulle sue finanze e il fatto di dover ricorrere a degli psicofarmaci è per lei unteriore motivo di rammarico). 

    Mi scuso anticipatamente se la mia domanda è banale/mal posta/incompleta per poter suggerire un parere a riguardo, ringrazio chiunque voglia dedicare qualche minuto per condividere una riflessione a riguardo,

    A.R.

     

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