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piano piano... Speriamo sia uno scoppio duraturo
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Ma il datore di lavoro non è uno psicologo e nemmeno un prete. Non parlare "di ciò che si prova" non è
sinonimo di "gioco del non detto". Infilarsi nel piano emotivo è come entrare in un ginepraio, dove si può
sostenere tutto e il contrario di tutto. Infatti i prevaricatori a mezzo abuso di posizione adorano, di fronte ad una critica o una protesta, spostare il discorso sulla "rabbia" dell'interlocutore, e cose così.
Serve per dimostrare proprio quello che proponi anche tu: le ricadute, con la tua minore produttività, rispetto ad una risorsa umana forse più produttiva o che "serve" forse anche per altri motivi. Il datore di lavoro "vero" sa quanto contino le emozioni, e si lederebbe da sè se ripartisse il lavoro trascurando questo aspetto. Spesso si creano e si ripartiscono coppie di lavoro basandosi solo su feeling emotivi, oltre che tecnici.
Se invece c'è mala fede (e nel mobbing c'è) è utile almeno per la tua salute emotiva (ti sei almeno scaricata pur senza accusare nessuno, parlando solo di cosa provi), per il poco che ti rimane da stare lì. Il mostrare le proprie difficoltà (anche emotive) serve al datore di lavoro accorto, che potrebbe adottare soluzioni per mantenere la propria risorsa umana efficiente. Il capo che invece ha già deciso di licenziarti troverebbe scuse, una pacca sulla spalla e via.
quello di non dimettersi a meno che non si abbia già un'alternativa valida e pronta, cioè dopo aver trovato un altro lavoro soddisfacente, è un consiglio sul quale insistono molto le linee guida su come affrontare il mobbing, ed è un consiglio che di solito è argomentato.Certo, se il tuo piano emotivo ti consente la lunga guerra. Con l'alternativa pronta è meglio scappare subito, come se si fosse stati licenziati senza troppe falsità. - Abbiamo trovato una che ci piace di più (per vari motivi). Ti sostituiamo come un bullone vecchio. Addio -
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Trovo immaturo il non saper essere capaci di "FARE" i bambini e di non godersi la bellezza di quelle emozioni, calandocisi dentro a pieno, anche avendo la disinibizione di giorcare a nascondino davanti alle signore.
Per me è addirittura terapeutico...
Quindi... ben vengano tutte le nostre scemate!
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Se l'orientamento è quello di andar via, è utile sapere che la prescrizione per le cause di lavoro è 7 anni, e non 5, come molti credono. Intentare cause come dici, non conviene subito. C'è tutto il tempo di rifarsi una carriera (e non solo un lavoro), ma prima di far tutto, è opportuno prepararsi il terreno precostituendo più prove possibili. Nel farlo, fatti aiutare da qualcuno dell'INAIL e da un avvocato. Non bastano le promesse di testimonianze che il più delle volte ritrattano quanto detto. La gente che lavora ha paura di compromettersi e pertanto occorrono riscontri oggettivi che non dipendano da esseri umani. La causa la farai fra qualche anno, con calma.
Non farti nemmeno incastrare da accordi stragiudiziali, dove ti si chiederà la rinuncia ad ogni pretesa.
Prenditi qualche ora di permesso per parlare con questi professionisti, orientamento compreso.
Auguri!
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satolli di affari e continuano a mangiare...
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Non penso però che sia opportuno dire cosa si prova: c'è il rischio, nel caso in cui si sia di fronte ad una strategia volutamente finalizzata all'eliminazione per calcolo di convenienza, che dall'altra parte sia proprio ciò che ci si aspetta, e che il messaggio venga preso come una conferma dell'efficacia della strategia.
Continuare a giocare il gioco dei "non detti", danneggia alla lunga proprio la parte che ha meno potere contrattuale, ovvero il dipendente singolo non organizzato. Far credere di non aver subito torti, dimostrando forza che non si ha, è utile solo a chi quella forza ce l'ha davvero, potendo esercitarla all'occorrenza.
E' un'illusione percettiva anche abbastanza studiata, quella di celare le debolezze credendo ciò avvantaggi in fase di negoziazione. Sparigliare il gioco e non giocare, conviene invece proprio al più debole.
Inoltre consiste nello spostare il contrasto su un piano emotivo, dove non è molto facile difendere le proprie ragioni, se se ne hanno.Se si ha la forza emotiva di sostenere soprusi a lungo, allora che lo si facesse pure, come dici. Ma tutto ciò ha un prezzo difficilmente percebilie e misurabile.
Ricordo che Ilaria, di fronte all'ennesimo tentativo di sopraffazione della propria dirigente scolastica o di una collega, finì un suo post dicendo più o meno: - vorrei non dover sprecare il mio tempo a dover rimarcare regole e far rispettare i miei diritti - Lei questa forsa ce l'ha, e fa bene a tirarla fuori, soprattutto in una scuola dove le tutele dei lavoratori sono ben codificate.
Anche andare via, nell'immediato può sembrare una buona soluzione che preserva la salute psicofisica, ma alla lunga può implicare il dover affrontare una guerra.In che senso guerra? Ti trovi un altro lavoro dove sei apprezzata. A volte le dinamiche di mobbing partono pure da precise scelte strategiche, e non solo da nepotismi o accordi sottobanco in alte (o altre, se orizzontale) sfere.
Se per guerra intendi quella della ricerca di lavoro, occorre valutare quale delle due guerre per la singola persona ha un prezzo più alto per sè: quella interna all'azienda mobizzante o quella della ricerca di lavoro.
Forse ancora non abbiamo capito che il rispetto per l'uomo in quanto tale, in un'azienda è poco, salvo rari casi fortunati. L'uomo vale solo come fattore della produzione, e se il titolare preserva la salute psicofisica dei dipendenti, lo fa per convenienza produttiva, non per umanità, che spesso quando c'è, è un paravento-contentino per tener buoni i lavoratori.
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enti spesso mascherati da affari... o il contrario?
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sembra liscio o gassato o ferraroso?
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I vostri consigli non mi hanno portato nulla di buono fino ad adesso. Solo chi è nella mia stessa situazione può capirmi. Dire esci e conquista delle ragazze è tipico di chi non ha mai passato quello che sto passando io. Sono solo, non ho amici perchè tutti i nostri amici erano i suoi amici. E cosa faccio? Andare al parco a molestare delle sconosciute che non desiderano conoscermi non mi pare un buon consiglio. Non voglio essere maleducato ma se non sapete di cosa state parlando fareste meglio a non parlare. Pensavo che qui avrei trovato qualcuno nella mia stessa situazione che potesse capirmi invece ho ricevuto zero messaggi. Nessuna vuole conoscermi, nemmeno qui. E' sconfortante. Trixy, S@ra, Joker, nessuna di voi vuole conoscermi? Non sono esigente, sono buono e dolce.
Essere lasciato da colei con la quale condividevo TUTTI i miei amici è capitato anche a me. Cosa bruttissima che non auguro a nessuno, pertanto capisco cosa si prova. Sono uscito dalla disperazione accrescendo le mie possibilità di ragionamento e di comunicazione, non le mie conoscenze di persone. Nel periodo nero, quando qualcuno mi presentava una ragazza è come se mi avesse dato del pesce invece di insegnarmi a pescare. Il brutto è che digiunavo non sapendo neppure come mangiarmelo...
Dal modo in cui ci hai scritto e da cosa hai scritto, molti hanno evinto un vittimismo e una strategia di soluzione del problema che nessuno di noi ha creduto ti possa aiutare in futuro. Lo stesso scambiare un forum di psicologia (dove si parla di problemi psicologici che impediscono di trovare soluzioni invece ovvie a tanti altri), con un luogo di scambi di incontri e numeri di telefono, o di soluzioni "presto fatto" come un dolce per la colazione, la dice lunga sull'efficacia del tuo approccio alla soluzione del problema.
Se non si riesce a fare qualcosa e si chiede aiuto per farla, occorre innanzitutto umiltà, occorre parlare di sè, di come si ragiona (cosa che finora non hai fatto). In sostanza, fatti conoscere, apprezzare per le tue qualità, e solo POI puoi aspirare a essere contattato.
Ma anche per il semplice aiuto, occorre che parli di te. Non basta dire le poche cose che hai scritto per consentire a qualcuno di dirti qualcosa utile sul tuo atteggiamento che ti porta a non finalizzare occasioni che neppure vedi.
Se il tuo approccio alla "vendita di te" alle ragazze è questo...
Tu vorresti una sfigata che si lamenta che le cose le vanno male e che per questo vuole essere conosciuta?
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sci o nidi di bisce, sempre di roba scivolosa si tratta...
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Tariamo i termini, senza accusare nessuno, però. So quanto stia a cuore il tema mobbing, e pertanto è bene prenderlo con le molle.
Per colpa intendo quello che tu percepisci come torto. Se te lo tieni senza dire niente di niente, sulle prime sembra premiare, ma mandi comunque un messaggio che alla lunga ti danneggia. Vale pure con i capi. Non occorre accusare loro di colpe, ma è meglio dire cosa si prova a seguito di provvedimenti effettuati e subiti. Meglio chiarire le cose subito, e se da ciò non cavi un ragno dal buco allora è meglio cambiare strategia. Consapevoli o di dover affrontare una guerra, (se la tua salute emotiva te lo consente) o di dovertene andare via subito.
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Una visita in un bel centro di orientamento (di quelli seri, e possibilimente della Regione), dove ti fanno test, formazione orientativa, bilancio di competenze e contatti informativi con realtà a te utili non sarebbe una cattiva idea...
Una visitina presso i sindacati e associazioni ad hoc (e presso un avvocato specialista) come dice Juditta, neppure guasta, giusto a prevenire un pò di mobbing, e a precostituire le prove per una causa di lavoro.
Un bel chiarimento franco su ciò che provi, con i tuoi capi, neppure sarebbe male, prima che tu ti ammali sul serio.
Se qualcuno sbaglia con te una volta, è colpa sua. Se sbaglia con te la seconda volta è sempre colpa sua, può capitare. Se sbaglia con te la terza volta, è colpa tua.
Auguri!
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tra timori d'esser poco lisci
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............probabilmente cara Giusy perchè non le lasciavi centinaia di euro al mese............... ecco il mio dilemma....come possono persone che
ricevono soldi...e non pochi.....per ascoltare la mia anima...poter condurmi alla "guarigione", se è ciò che cerco rivolgendomi a loro????
Scusami viola...
noto un rapporto problematico col denaro... in generale... forse anche grazie ad esperienze fatte, ai tuoi valori ed al tuo lavoro...
Mi sbaglio?
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hai centrato perfettamente il punto: cerco di sapere quali sono le tecniche che usa lo psicoterapeuta per controllare la terapia, per cercare di difendermi. E mi rendo conto che è una xxxxxxx pazzesca.
Più che una xxxxxxx (si, lo è anche), è una difesa, ed anche assai comune. Ma sai quanti vanno in terapia cercando di sfidare il terapeuta sul fatto che lui non sarà capace di risolvere nulla?
E allora è meglio che smetto di farmi tutti questi viaggi e mi lascio andare e mi lascio guidare da lui. E basta!Ecco brava!
Quando sarà il momento giusto gliene parlerò, magari mi uscirà fuori inaspettatamente, come inaspettatamente ho parlato di altre cose per me delicate da dire.Infatti... potresti essere molto più vicino di quel che credi. Dipende dallo "zip" che per te sarà determinante, come ho già scritto in passato. Chi può dirlo?
un
a te!
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Il rapporto paziente terapeuta è unico quanto lo sono le persone che lo compongono,e i sentimenti in gioco delicati. E il tuo caso, juditta, fa capire bene come ogni terapia sia diversa e si carichi di significati e di emozioni diverse. Si possono condividere delle cose, qualcosa, qualcosa che ci fa sentire simili...nel mare delle nostre rispettive diversità..
Io pure non sono più interessata a "sapere" cosa fa la terapeuta, quali tecniche usa, io voglio fare il mio ruolo di paziente e concentrarmi su di me, più che su di lei.Anche perchè l'ho fatto in passato e dopo averlo fatto mi sono resa conto che lo facevo per avere un controllo sulla terapia, armarmi in qualche modo contro l'analista, giocare d'anticipo sulle sue mosse,contrastare l'asimmetria, farmi vedere l'intelligentina di turno...invece di lasciarmi andare liberamente al flusso delle emozioni, dei sogni, dei ricordi e delle associazioni...
Quel che mi piacerebbe fare è, invece, avere il coraggio di parlarne apertamente con lei se a volte mi pare sia distaccata o partecipe.E mi piacerebbe proprio per quello che tu dici con molta chiarezza : non è tanto ciò che rimane non detto che mi preoccupa di dire, che di cose importanti di cui parlare ce ne sono, quanto il fatto che sale questo disagio sotterraneo, come lo chiami tu, per qualcosa che c'è, non è svelato, e mette in discussione la fiducia e l'aprirsi completamente, il consegnarsi senza riserve a una persona disposta a farsi carico di noi.
Che si tratti di rivelare l'innamoramento reale o presunto, che si tratti di far notare una cosa che infastidisce quel che conta è che qualcosa rimane taciuto, non detto, inespresso..e ogni cosa che viene accantonata non per questo è risolta; tuttavia così come a volte si tace per un lungo periodo un sogno fatto e particolarmente inquietante, perchè non si è pronti per affrontarlo così accade anche per i sentimenti positivi o negativi che si hanno per l'analisi ed è giusto non precorrere i tempi. Ed è giusto godere del piacere di vedersi rispettati nelle proprie reticenze che anche questa è accoglienza.Soprattutto se si pensa come spesso ci strattoniamo dove non siamo ancora pronti ad andare per "dovere" o per dimostrarci che abbiamo "volontà".Ma nè per dovere nè per volontà si devono fare le cose in analisi, ma solo quando e perchè è ciò che sentiamo di fare in un certo momento.
Il transfert è soprattutto emozioni dentro una relazione, e quel che conta è proprio la relazione perchè è dalla qualità della relazione terapeutica che dipende la guarigione, la relazione è la cura.
Che il terapeuta abbia il suo bagaglio di tecniche e strategie è, in definitiva, una garanzia, la garanzia che si va lì a parlare con qualcuno che sa come avvicinare il dolore, come accogliere le esperienze del paziente, come aiutarlo a impadronirsi della sua vita e di se stesso. E per fortuna che ha la tecnica altrimenti non ci sarebbe nessuna differenza tra l'andare da un terapeuta o da un amico.
Ilaria... in passato ho scritto proprio quello che hai detto ora! E ora... mi hai tolto le parole da bocca...
Quoto tutto!
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Non mi sento in grado di riuscire a controllare cosi' bene i miei sentimenti....sai che in certi momenti, davvero, dico a me stessa "Falla finita e saltagli addosso x davvero!" - lo so, lo so....infatti me ne vergogno tantissimo
. E' tremenda questa sensazione. Mi sento cosi' impotente! Quando gli ho detto tutto mi sono sentita sollevata....contenta...perchè è come se mi fossi detta:"Evvai! Ora tocca a lui. Sicuramente saprà come fare per risolvere tutto. Ed io sarò finalmente salva".
Ma quando mai? E allora, in effetti, continuo ad arrovellarmi il cervello e mi chiedo il perchè.
Mi sa che adesso le cose sono un poco più chiare....vedi? Io lo dico sempre che "parlare" con voi a me aiuta tantissimo.
Ilaria, secondo me hai pienamente ragione: non ricevero' spiegazioni nè rassicurazioni. Perchè non me le darà. Dovro' soltanto imparare a fare i conti con sentimenti cosi' potenti e cosi' incontrollabili.
Non sai quanto bene possa fare questo... conteggio dei propri mattoncini da buttar giù!
E, soprattutto, io , al contrario di cio' che faccio sempre, non potro' fare altro che subìrle queste sensazioni.Il fatto stesso che usi il termine "subire" la dice lunga.
Cos'è che si "subisce"? Qualcosa da cui NON ci si può difendere... no?
Sei capace di tirare fuori le tue... qualità, avendo anche già dimostrato di saper sguazzare tra le proprie debolezze.
Io sono una che in genere prova poco e agisce molto (quando sono arrivata da lui dopo la prima chiacchierata mi ha detto che mi trovava "anestetizzata" nei confornti della vita...). Ma adesso mi trovo a provare tutti i sentimenti di cui un cristiano è capace e a non poter fare nulla.Appunto...! "subire". E agire "troppo" per "spostare" il problema. Non risolvendolo.
mi sto beccando una lezione? Come a dire "Adesso ti faccio vedere io?". Pero', scusate, ...io non ho mai fatto male a nessuno. Anzi.Hai fatto male a te? Non acuendo la sensibilità nell'ascoltarti... forse?
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Ciao Giusy!
Sì..anche io sono sicura che è terapia anche questa...che fatica!
Ma naturalment eio bracollo ma non mollo! E attendo fiduciosa la seduta di Lunedì!
Ciao bella!
Si... certo! Senza fatica nè impegno, non c'è durata dei suoi effetti. Sarabbe un lavoro superficiale, ed anche per una faccenda di dissonanza cognitiva, "l'idea che dopo tanto lavoro" si debba giungere ad una cambiamento è connaturata alle aspettative. Anche per questo funzionano di più le terapie dove il proprio investimento (tempo-emozioni-denaro) sono maggiori.
(e con questa siamo alla seconda risposta...)
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Ah. Volevo dire un'altra cosa che mi è venuta in mente! Ho notato una cosa: secondo me lo fa apposta a "non darmi soddisfazione". Perchè, e lui lo sa meglio di me, quando mi lascia un po'...."senza troppo riscontro" e con tanti "spazi vuoti" senza star lì a smaronarsi x riempirli...beh...io vado in crisi. Vado un po' nel panico. Mi viene in mente che forse lui non ha capito proprio quello che intendevo, che forse sono stata poco chiara...poi passo due-tre giorni da paura dove mi "carico", mi preparo e mi dico che no che la prossima volta glielo devo dire meglio e deve capire bene e quindi che devo affondare di più....E quando mi ripresento in genere mi faccio i miei cinquantaminuti tutti d'un fiato perchè gli vado a portare i pensieri di tre giorni interi!
....mumble...mumble...quindi mi chiedo: potrebbe essere tattica anche questa? In effetti le mie sedute sono un po' "ad elastico"...se lui "mi sta addosso" beh..mi sento in trappola e "mi impaurisco"...ma se lui percaso "si allontana un po e mi sfugge"...beh...la seduta successiva sono lì a spiegargli tutto bene e a dirgli tutto cio' che provo....
mmmm...secondo me questo qua mi sta coglionando di brutto.
Bu.
Cominciamo da qua, (ero rimasto qui) visto che fino ad oggi ho potuto rispondere a poche cose.
Il lasciare spazi vuoti è vero che è uno dei principi base, e non solo un semplice trucchetto. Pensa se ti confezionasse la soluzione come un pacchetto da portare a casa. L'accetteresti? Raramente, e solo se quella soluzione confermasse le tue difese. Il suo aiuto è un lavoro di supporto all'autoscardinamento! Mica un picconamento...
Inoltre il lasciarli, lascia libere le pazienti di percorrere la propria strada, i propri tempi, secondo le proprie emozioni ed esperienze, senza essere violentate nell'imposizione di soluzioni del "sapiente della mente". Rimarrebbe un concetto non elaborato con le proprie emozioni, quindi soggetto a decadere o a rimanere su un piano mentale.
M. Erickson, (il più grande ipnoterapeuta della storia) per esempio, raccontava metafore (spesso inventate, sempre diverse da paziente a paziente) lasciando "spazi vuoti" di incomprensione, per lasciare che il ragionamento con il tempo, facesse il suo lavoro, rispettando le caratteristiche ed esperienze dei "destinatari", e facendo in modo tale che negli spazi di ambiguità dei racconti, ognuno riempisse di significati ciò che più era produttivo per se.
La faccenda dell'elastico dipende dai tuoi tempi, e anche questi variano da paziente a paziente.
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Grazie, quando ho un'attimo di tempo, cerco.
Comunque non ritengo che il mio psi lo faccia per svuotarmi il portafoglio, era solo una battuta pechè a volte vorrei smettere di andare da lui perchè mi sento un po' meglio e i soldi iniziano a calare, ma non ci riesco, sento la necessità di vederlo, di avere il suo appoggio, i suoi consigli ... credo di essermi legata troppo a lui ... e questo volere ma non riuscire mi sembrava un suo trucchetto ... ma leggendo qua e là ho capito che è il suo lavoro, come dici tu modalità relazionali per accogliere il paziente ... e lo fa anche bene.
Ma in generale chi è che stabilisce che la terapia è finita? Devo aspettare che me lo dica lui?
Approposito! Piacere di averti conosciuto.
Ciao
In genere lui. Capita che ti dicano: - la terapia è finita. Può camminare con le sue gambe, ora. -
Anche dopo anni. Ma può capitare anche che ci si senta di riuscire a farlo da sè, in genere per problemi più banali, come fobie e nevrosi.
Il piacere è mio!
a presto!
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Ma perché i psicologi usano questi trucchetti per legarci sempre di più a loro?
Lo fanno veramente solo per aiutarci, o è anche per svuotarci il portafoglio?
Quelli che chiami trucchetti sono in realtà modalità relazionali che servono ad accogliere la paziente. A volte pure... troppo! Che qualcuno lo faccia per svuotare i portafogli è possibile, ma oltre che severamente sanzionato da morale e norme, è anche controproducente per la propria clientela. Chi va più da uno che svuota i portafogli?
……ma un psicologo non si innamora mai della sua paziente?Cerca in rete "controtransfert", a cosa serve, quando avviene ecc.
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Auguri, Piccola!
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Iran: supererà la demagogia religiosa?
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Chissà perchè in Italia le retribuzioni, i premi e scatti di carriera sono quasi per nulla legati ai meriti, come all'estero?
Chissà perchè i "non mercati" (del lavoro, dei beni, finanziario) funzionano quasi per nulla legati ai rispettivi meriti?
Se contano di più le conoscenze e gli agganci (a livello professionale per i nuovi clienti e dipendenti, a livello aziendale per i favori politici che stravolgono le regole di mercato) che i meriti, cosa vogliamo aspettarci?
Nel nostro DNA abbiamo l'elusione delle regole, punizioni e meriti compresi. L'unica regola è: chi è più bravo ad infrangerle e farla franca è bravo, compreso l'elusione della deregulation, tanto strombazzata come cura di tutto.
A questo punto di bassezza civica e morale, che rende inutile il vantaggio di essere comunità, perchè leggere per migliorare la propria condizione esistenziale e professionale, quando basta un bel certificato di esistenza andando in tv, ospite o partecipante del qualsiacosa show?
La non lettura è solo un elemento del decadimento verso cui stiamo scivolando. Si ritiene "utile" investire il proprio tempo "altrove".
Non ricordo dove, ma lessi che c'è mediamente una proporzione inversa tra tempo impiegato dalla dirigenza nell'aggiornarsi e livello gerarchico aziendale, almeno fino a quello tecnico. Più "si è il capo" e più si investe in relazioni umane. Rende di più.
Cambiare lavoro a 39 anni.
in Mobbing & Bossing: prevenzione e non solo cura
Inserita:
Questo è il caso della mala fede. Il vantaggio risiede nel tuo scarico emotivo. Si negozia in due, e se vuoi negoziare solo tu, è chiaro che sei il debole e non conviene nè "giocare" nè negoziare. Prepararsi la fuga e via.
Se questo accade (meno spesso ma accade) allora c'è un certo margine per la negoziazione, e far pensare ciò che non si è, è l'illusione percettiva di cui prima. Una delle difficoltà è l'interlocutore spesso multiplo, e la negoziazione diventa complessa e faticosa. Conviene farlo se lo si può sostenere emotivamente.
E infatti qui sta la falsità. Ti licenzio, ti inganno e ti faccio credere pure di aiutarti. Puàh...
Per questo si mobizza...
[inizio OT]Questo è un aspetto tristissimo di chi non ha potere contrattuale tra le parti... Se potesse dire - ciao, chisenefrega, tanto trovo subito un altro datore di lavoro meglio di te - sarebbe forte...
Ma qui la soluzione sta al di fuori delle "due" parti... e si aprirebbe un discorso di tutele e di organizzazione sociale assai complesso. Trattare il lavoro come una qualsiasi merce o fattore della produzione comporta vantaggi competitivi per le aziende, ma disgregazione umana e sociale, se non si bilanciano le degenerazioni. Diventeremo come tanti schiavi moderni, come i cinesi, che vivono in fabbrica 24 ore al giorno? Noooo dicono i falsi protettori dei nostri interessi, salvo poi non far nulla con ispezioni e pene contro chi aggira le norme, in nome del fatto che si da lavoro alla gente, danneggiando gli imprenditori onesti.[fine OT]