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frncs

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messaggi di frncs

  1. vedi che lo sai? basta che trovi che parola non c'entra nulla con le sue opere....

    Guarda mi dispiace per te ma direi che questa è la risposta esatta. La parola era già stata detta. Mancava solo la motivazione ed è questo. Quindi a mio parere hai vinto. Poi lascio decidere al notaio.

  2. io invece credo che il punto sia sempre lo stesso, non che io voglia dire quali siano o no i tuoi problemi ma io penso che questo tuo atteggiamento è comunque sabotatore...di te stessa...una difesa! Poi ci sono difese ben architettate e impossibili da sorpassare e altre pronte a venir giù, dipende sempre da noi però! .almeno io la penso così, ma potrei sbagliarmi, visto che comunque mi baso su le poche esperienza che ho sotto gli occhi e non ho nememno competenze specifiche...

    Sarà pure una difesa, mica dico di no. Intendevo solo dire che il discorso dei "desideri veri" e "desideri imposti dall'esterno" non ha senso in generale. Perché anche il desiderio di "serenità" potrebbe essere un desiderio imposto dall'esterno come quello della famiglia, dei figli, ecc, e perché la distinzione stessa tra interno e esterno è problematica. E io quanto più cerco qualcosa che mi appartenga veramente, che desidero veramente, che sono veramente, tanto più mi ritrovo in un vuoto spaventoso. Per cui il probl non è liberarmi dai desideri imposti (sono già fin troppo libera da tutto, una libertà che finisce pre diventare una schiavitù) ma crearmene qualcuno, costruirlo, con un minimo di convinzione. Perché forse desideri e identità non si hanno, si costruiscono.

    E forse la difesa consiste proprio nel contrario, cioè forse preferisco attribuire a me la colpa del sabotaggio, piuttosto che riconoscere non so che. Forse in questo modo mi riconosco una specie di onnipotenza. Non lo so. Insomma non è che voglio negare di avere difese o problemi ecc

  3. a volte parlare in modo teorico complica le cose... faccio un esempio pratico...

    ad es. a 30 anni uno "dovrebbe" essere sposato, con un lavoro stabile e meglio se con figli...

    ecco, questo è il modello che, soprattutto per le donne, la società spesso ci impone.

    oppure... avere tanti amici, essere forti davanti ad ogni situazione, vestire in un certo modo...

    ma sono questi davvero i nostri reali bisogni?

    Io soprattutto sto cercando di coltivare i miei pensieri... ad es. sul lavoro se non sono daccordo difendo le mie idee fino in fondo

    convinta di avere qualcosa da dire e questo mi fa sentire più centrata. Oppure invece di uscire con amicizie fatte di formalità e

    superficialità coltivo pochi rapporti con chi so che sa ascoltare e confrontarsi.

    Ho sempre desiderato una famiglia numerosa e oggi a 31 anni sono sposata ma so che quello che desidero non

    è riempirmi di "cose" ma vivere la loro essenzialità... ad es. essere disposta all'ascolto di mio marito, a superare

    quelle rabbie che non portano a nulla.

    E sono stata pronta anche ad allontanarmi dalla mia famiglia di origine accettando che i rapporti familiari sono tra i più

    complessi e a volte regolati più dalla formalità che dal sentire... questo è profondamente doloroso e poco accettato dalla nostra società

    dove i sensi di colpa sono il pane quotidiano di cui si nutrono le atmosfere familiari.

    Questi sono alcuni dei miei obiettivi e desideri che cerco di non dimenticare e lotto per difendere...

    Per quello che riguarda l'insoddisfazione è giusto esserlo ma credo anche che possa essere un grosso atteggiamento di difesa dal vivere

    pienamente la propria vita convinti che qualcos'altro ci stia negando la realizzazione dei nostri desideri e invece siamo solo noi che possiamo farlo.

    E' difficile accettare che i più grandi sabotatori della nostra felicità siamo noi stessi... certo per motivi profondi e dolorosi ma ribadisco...

    noi siamo gli unici responsabili della nostra felicità e ammetterlo è una grande presa di consapevolezza, molto spesso troppo pesante da portare sulle spalle.

    Credo che abbiamo problemi diversi e forse questo ci impedisce di capirci. Poi mi rendo conto che in me, per qualche meccanismo sbagliato (che di solito cerco di controllare), certi discorsi fanno scattare l'istinto di demolirli. E anzi ti chiedo scusa.

    Io non sono mai stata vittima dei modelli diffusi. E non ho mai cercato di conformarmi. Anzi il problema al massimo è che dovrei cercare di farlo un po'. Non nel stupido stupido del conformismo, ma nel senso di riconoscere (non in teoria ma in pratica) che faccio parte di una comunità e non sono un atomo isolato in un universo di atomi isolati. I pensieri li ho coltivati pure troppo e le mie presunte idee le ho difese fino alla nausea. Non è quello il problema per me. Te l'ho detto. Capisco quello che dici rispetto a delle situazioni specifiche (come quella che hai descritto).

    Anche l'ultima tua affemazione. Per me anche lì è un po' il contrario. Io ho riconosciuto fin dalla prima volta (non so come definirla), da quando è crollata tutt'insieme l'idea che avevo di me (che poi è quello che ci costituisce, per cui era crollata proprio la possibilità di dire io), fin da allora (o meglio da quando ho riacquistato un minimo di consistenza) insomma ho riconosciuto che ero io stessa responsabile del crollo. E anche dopo e anche ora sapevo e so che sono io stessa a costruirmi la prigione che mi opprime, e che pur sapendolo non so far altro che continuare a costruire. Mi ritengo a tal punto l'unica responsabile che non credo nemmeno nella terapia, perché mi pare impossibile che una cosa esterna possa far scattare in me qualcosa di nuovo, perché ho l'impressione che non ci sia nessuna possibilità di contatto. Almeno così è andata quando ho provato (nei limiti delle mie possibilità di provare). Alla fine, su malgrado, il risultato della terapia (visto che questo è il tema) per me è stato confermarmi in questa idea di impotenza reciproca, impossibilità di contatto.

    Scusate la confusione del messaggio (ci ho provato ma non riesco a migliorarlo).

  4. adesso tieniti forte che sto per fare un paragone forte... cioè per me non lo è così tanto, però credo che per qualcuno lo sia...

    perchè allora non ci "scandalizziamo" , non ci "urta" (adesso non mi vengono termini migliori, spero si intenda il senso..) che altre forme di aiuto vengano "retribuite"? ad esempio lo psicologo che accetta di entrare in un contatto veramente intimo con un'altra persona...un contatto che per me è più intimo di quello sessuale... non ci crea un dilemma morale il fatto che si faccia pagare..perchè?

    perchè il fatto che ci sia di mezzo il corpo e il sesso rende la retribuzione sconveniente?

    sui problemi pratici...non saprei, onestamente il business già esiste sulla prostituzione illegale praticata in italia, non vedo il settore dell'assistenza sessuale ai disabili come la possibile fonte di guadagni miliardari...

    Secondo me il paragone è un po' impreciso (se ho capito quello che volev dire) perché il rapporto intimo con lo psicologo è unilaterale (cioè il paziente di lui non sa nulla) mentre il rapporto sessuale sarebbe necessariamente reciproco.

  5. vedi...tu,ingenuamente, hai indovinato a questo gioco...

    ma non sapevi che in realtà è una TRAPPOLA! :Skull:

    guarda me che invece sono intrappolata nel gioco "e se fosse..." -_-

    ah ecco

    è per questo che hai suggerito agli altri il modo per risolvere...

  6. i veri cambiamenti profondi sono nei pensieri e non in quello che uno riesce a fare oppure no.

    Ecco. L'avevo detto che qulcuno l'avrebbe detto. Non si scampa.

    se ci occupiamo di noi, dei nostri veri desideri e non di quelli che ci vengono imposti dall'esterno e che non ci appartengono le cose cambiano davvero.

    i nostri veri desideri? E che ne sai che quelli che adesso sembrano i veri desideri non siano pure loro imposti dall'esterno? Dal realismo per esempio, dalla concreta situazione (ovvero: mi rendo conto che riesco a fare solo questo quindi mi convinco che desidero fare solo questo). E che significa non imposti dall'esterno? Io non credo (o almeno non so esserne sicura) che esista una specie di essenza in cui ognuno possa (anche se a fatica) riconoscersi. Mi sembra che molto di noi (di quello che definiamo "noi") sia prodotto e influenzato dall'esterno. Capisco il tuo discorso in casi specifici quando realmente si è sottoposti ad aspettative che vengono da altri e che accettiamo passivamente, ma farne un discorso generale, secondo me, non ha senso.

    A meno che (ma allora non bisogna parlare di "veri desideri" e "veri sé") non si voglia badare solo all'aspetto pratico (funzionale, dicono gli psicologi) e allora si potrebbe dire che l'importante è fare con serenità quello che si riesce a fare e a essere con serenità quello che si riesce a essere.

    Ma per me è impossibile. Se non riesco in nulla voglio per lo meno essere insoddisfatta.

  7. ecco appunto io invece ho capito..questo è anche il mio dilemma...diciamo che la via di mzzo sarebbe cercare di ridimensionare i sogni a ciò che è realisticamente fattibile...per dire non posso sognare di diventare una modella (l'esempio fa cagare ma non me ne venivano altri al momento scusate!) se non ho l'aspetto fisico adeguato ma posso però lavorare nel mondo della moda...

    Bé io in effetti mi trovo perfettemente con quello che hai scritto prima sull'idea di poter fare (o essere) tutto e poi in concreto non fare niente in nessuna direzione.

  8. potrei aver indovinato tramite google...l'unico modo possibile per arrivarci. (per me intendo)

    però sto intruso lo dovrebbe indovinare ciao...

    Infatti

    stavo per dirlo anche io come suggerimento

    spiega allora

    google vale

  9. sì, forse hai ragione... mi sono spiegata malissimo.

    in realtà volevo dire che per fare certe cose bisogna studiare molto e avere conoscenze che non ho e non mi interessano

    ma penso invece che se ciò che desidero davvero nella mia vita quotidiana (una bella famiglia fatta di amore, dei figli, entusiasmo per le cose che faccio)

    ho tutte le risorse per poterlo raggiungere!

    spero di essermi spiegata un po' meglio ;-)

    Sì. Ora sì. Non era per contraddire te in particolare. Il fatto è che per me è un discorso problematico questo. E cioè se sforzarsi di attuare quelli che (a torto o a ragione) uno considera essere i suoi sogni oppure adeguare i suoi sogni a quello che (a torto o a ragione) considera essere la realtà. Ora sono io che mi spiego male e lo so. Ma non ha importanza. In fondo è una cosa banale. E poi di certo qualcuno direbbe che non c'è differenza perché conta solo la percezione delle cose.

  10. tornando a noi:

    - visione 1: i disabili dovrebbero vivere co le risorse che hanno

    - visione 2: i disabili dovrebbero vivere con le risorse che abbiamo anche noi non disabili (possibilità economiche sociali culturali e altro che hai detto)

    quale delle due visioni guarda al disabile per quello che è e non per quello dovrebbe essere?

    Innanzi tutto un discorso del genere per me non riguarda solo i disabili ma tutti. E io ritengo che una società per ritenersi civile debba sforzarsi di offrire a tutti i suoi componenti (intelligenti, stupidi, ricchi, poveri, colti, ignoranti, abili, disabili ecc) delle possibilità quanto più uguali possibile. Parlo di possibilità (come già ti ho detto nel precedente messaggio) non di obblighi. Avere più possibilità fra cui scegliere significa avere più libertà, non certo averne di meno. Tu ribalti il concetto usando il verbo "dovere" che non c'entra niente. Io non dico che i disabili "debbano" vivere con le risorse degli altri. Ma che tutti (disabili e non disabili) debbano mettere una parte delle proprie risorse (di quelle che per loro fortuna hanno) al servizio di tutti. E non per pura e semplice generosità, ma perché a mio parere in una società squilibrata e ingiusta in cui c'è chi ha tutto e chi non ha niente, non si vivrà mai bene.

    Quanto alla tua visione 1 (i disabili dovrebbero vivere co le risorse che hanno) che può essere facilemente estesa anche gli altri e quindi diventare "ognuno dovrebbe vivere con le risorse che ha", è un concetto che corrisponde semplicemente alla legge della giungla, cioè in fondo all'assenza dello stato. E naturalmente una società organizzata (o meglio non organizzata) secondo un principio del genere porterebbe subito al dominio dei più forti e al soccombere dei più deboli. E' questa la tua idea di società?

  11. te quando cerchi un medico, cerchi uno che te sta simpatico, o uno che te risolve i problemi?

    lo stesso vale per lo psicologo.

    se per te conta la prima opzione, credo ci sono migliaia di persone al mondo che ti starebbero simpatiche e con cui potrai condividere tante cose, nella cui quasi totalità potrai farlo pure gratuitamente, quindi :ola (4):

    tornando ai disabili, tu stessa hai confermato due diverse visioni del mondo. l'una prevede l'imposizione della propria visione nel disabile (in questo caso), l'altra no, come dicevo io; semplicemente ho saltato i passaggi che hai esposto tu :Batting Eyelashes:

    Non parlavo mica di simpatia io. Il presupposto minimo (neccessario ma non sufficiente) che cercherei in un medico e a maggior ragione in uno psicologo è che sia capace di ascoltare quello che dico, di capire almeno in parte, e di dare delle risposte che abbiano un minimo di logica e di credibilità. Perché è difficile sapere da prima chi ti risolverà i problemi (soprattutto quando le terapie sono piuttosto lunghe come nel caso della psicologia), quindi ci si può solo affidare alla fiducia che l'altro, con il suo modo di ascoltare, di parlare, di ragionare ecc, suscita in noi. Uno che fa discorsi illogici con un linguaggio che mi infastidisce difficilmente otterrà la mia fiducia.

    Per esempio anche anche in quest'ultima frase che hai scritto [tornando ai disabili, tu stessa hai confermato due diverse visioni del mondo. l'una prevede l'imposizione della propria visione nel disabile (in questo caso), l'altra no, come dicevo io] non vedo nulla di sensato.

    Non si capisce perché la prima visione del mondo, quella secondo la quale la società deve cercare di redistribuire in maniera più equa di quanto non faccia il caso le possibilità (possibilità, non imposizioni) economiche, sociali, culturali ecc, non si capisce perché questo dovrebbe equivalere a "imporre la propria visione del disabile". Qual è il passaggio logico?

  12. Ma perchè parliamo di colpe?e poi perchè "meglio di niente"? mica è obbligatorio vedere almeno un porno nella vita!!! :teasin1125tc:

    Scherzavo dai. Forse un po' di colpa c'è nella nella distanza tra idee e comportamenti. Perché in teoria sono con voi, per la disinvoltura, ma in pratica (mio malgrado) sono tutt'altro che disinvolta.

  13. per me non è problema che ransie abbia un'idea diversa dalla mia. manco io ho un'idea inamovibile sull'argomento che tra l'altro è molto complesso... infatti prima di rispondere alle tue riflessioni io mi vorrei prendere il tempo di finire di leggere la "storia della sessualità" di michel foucault, un libro che consiglio a tutti, e che analizza proprio l'iinfluenza dello stato e della religione sulla sessualità...è un libro davvero illuminante da questo punto di vista.

    il problema è quando qualcuno arriva, butta li due frasi ad effetto sulla moralità e sulla giustizia, ma poi non si "abbassa" ad argomentare con chi ha idee diverse dalle sue.

    io ho compreso....e credo che la questione non sia sulle opinioni ma sul modo di argomentarle... o non argomentarle...

    Va bene allora.

    Quanto all'altro discorso, quello dei film, a mia discolpa posso dire che ho visto Ultimo tango a Parigi e L'impero dei sensi. Lo so che non è la stessa cosa, ma meglio di niente, no? Almeno un sei meno meno me lo potreste dare. Io in cambio chiuderò un occhio sui verbi transitivi e intrasitivi...

  14. no scherzo...la mia era un battuta visto che qui siam finiti a parlare di moralità di serie a e moralità di serie b :Rolling Eyes:

    ma non tu!!!

    diciamo che mi ha fatto sorridere il tuo candore... diciamo che i film porno sono molto espliciti, anche brutali, quindi solo chi non ne ha visto uno può immaginare che l'atto venga simulato.

    comunque non è che tu ti perda chissà che, eh! in realtà quei film sono pensati principalmente per un pubblico maschile...

    Meno male allora. Me li evito volentieri.

  15. tu non hai esposto i tuoi argomenti. infatti sul tema della sofferenza derivante dalla privazione della sessualità non hai scritto NULLA. sei intervenuta solo per esporre il tuo sdegno verso la prostituzione..

    le sentenze qui le hai espresse solo e unicamente tu, renditene conto e non ti sentire sfidata o chissà cosa che proprio a me ste cose non interessano...

    Questa volta credo di non essere d'accordo con te. Non che approvi il parere di Ransie. Però mi sembra che lei le sue motivazioni (condivisibili o non condivisibili) le abbia date. E' chiaro che le motivazioni sono delle idee e non dei fatti. Ma questo è vero anche per le cose che sostengo io e per quelle che sostieni tu. Cioè mi sembra chiaro che lei ritiene la prostituzione, il fatto di vendere il proprio corpo, una cosa indegna dell'uomo e della donna. E quind di conseguenza non può accettare che la suluzione di un problema (la privazione della sessualità di alcune persone) possa consistere in qualcosa che danneggia (perché lei così crede) altre persone (anche se consenzienti). Non si può ritenere non valida in assoluto la sua idea in nome della libertà dell'individuo. Perché questa libertà è sempre limitata dalla società, di solito per evitare che la libertà dell'uno invada e annienti la libertà degli altri, ma a volte anche in base a dei principi astratti (morali se vuoi). Ti faccio un esempio. Per legge (indipendentemente dal fatto che sia rispettaa o meno, come del resto quella sulla prostituzione) un lavoratore non può accettare uno stipendio inferiore a un tot prestabilito che è considerato il minimo per garantire la dignità del suo lavoro, del suo tempo e della sua persona. Anche se datore di lavore e lavoratore sono d'accordo, la legge lo vieta. A mio parere giustamente. Ma anche in quel caso qualcuno potrebbe dire che se non si è in grado di rimediare ai problemi di quel lavoratore che non ha altre possibilità di lavoro, bisogna permettergli di accettare un lavoro sottopagato.

    COn questo non voglio dire che la questione della prostituzione sia uguale, ma solo che non si può invocare la libertà di autogestire il proprio corpo e il proprio tempo, come un dogma. Perché non lo è. E nemmeno si può pretendere che uno che non abbia altre proposte alternative debba per forza accettarne una che ritiene ingiusta e dannosa.

  16. che ovviamente credo auspichino (si scrive così? :unsure: ) a qualcosa di più che il sesso a pagamento...

    Sì, così, ma senza "a", è transitivo. eheh

    Che poi mi chiedo...le attrici porno, non sono legalmente riconosciute? .che differenza c'è? Si fa comunque sesso a pagamento o no? Anzi a volte nei porno fanno cose molto più spinte di quello che una prostituta può fare in un'auto in mezz'ora!!!

    ma non fanno per finta nei film porno?

  17. posso dirti una cosa?

    credo che fondalmentalmente ti scandalizzi perchè non accetti il concetto di prostituzione.

    io invece la vedo diversamente...io aborro lo sfruttamento della prostituzione, come aborro il fatto che delle persone vivano in una situazione di povertà esprema che le costringe a vendere il proprio corpo per vivere.

    queste due cose le aborro.

    ma se una persona libera e non costretta sceglie di prostituirsi che male c'è?

    e se un disabile che non può da solo soddisfare quelle pulsioni vi ricorre che male c'è?

    negli esempi che ti ho messo tu che soluzione proponi, scusa?

    perchè è triste, tristissimo che un uomo ad esempio non possa muovere le braccia e quindi nemmeno farsi una sega...è triste che un ragazzo incapace di intendere soffra per le proprio pulsioni sessuali che non sa gestire.

    e allora che facciamo, li lasciamo soffrire per un pregiudizio verso il sesso a pagamento?

    Però in questo caso la questione va affrontata a monte. Cioè non si può isolare il caso dei disabili, perché uno stato che proibisce la prostituzione non può poi fornire un servizio del genere a una certa categoria, per quanto svantaggiata possa essere. Allora il punto diventa cambiare la legge che vieta la prostituzione. Io (come ho già detto) non ho un'opinione precisa sull'argomento. Credo che ci sia di mezzo il fatto che vendere il proprio corpo è visto da alcuni come una lesione della dignità della persona. A quanto ne so, è illegale anche vendere il sangue per esempio o peggio ancora gli organi. Lo si può solo donare (credo almeno). Forse si potrebbe pensare una cosa del genere, un'associazione benevola di prostituzione senza fini di lucro. Se è vero che ci sono persone disposte a farlo non per disperazione ma come un lavoro normale, ce ne dovrebbero anche essere disposte a farlo per beneficienza. Come capita per tutti gli altri lavori.

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