Conosco bene la questione. Credo che il Nostro sia molto più interessato al'autoincensamento ed alla magnificazione della propria storia che alla salute mentale dei suoi pazienti. L'autoreferenzialità è assoluta ed esclude il lavoro sul pensiero e sul rapporto con il mondo scientifico e culturale. Le poche buone idee espresse sono spesso il frutto di operazioni di m,aquillage su concetti di grandi autori del passato (minkowski, klein, freud, fairbairn, bion ...). Il nesso con queste idee del passato, e con il pensiero psichiatrico e psicoanalitico in generale, viene del tutto negato, e sovente questi autori vengono denigrati, ridicolizzati, scotomizzati o se ne nega del tutto l'esistenza. Quest'ultima dinamica ha la finalità di allontanare la possibilità che chi ascolta possa intuire la temutissima somiglianza o derivabilità dei concetti.
Nel rapporto con i suoi pz, poi, cerca di ottenere un consenso assoluto ed acritico rispetto al proprio pensiero mediante l'assoluta rimozione o denigrazione pubblica (anzichè risoluzione dialettica) degli elementi che porterebbero i malcapitati ad un dissenso anche solo parziale. Sfruttando il cliché freudiano (autore definito peraltro "un imbecille") secondo il quale "chi mi critica mette semplicemente in atto delle resistenze" o pratica un transfert negativo, si mette al riparo da qualsiasi ombra di dissenso che potrebbe offuscare l'idea d'infallibilità e grandiosità attorno alla quale riesce a compattare il proprio gruppo e ottenerne l'idealizzazione.
Oltre a rimandare al forum citato da altri partecipanti a questo forum, ti consiglio la lettura di "esperienze nei gruppi" di W. Bion nel quale l'autore spiega, certamente molto meglio di me, la differenza tra un gruppo di lavoro ed un gruppo fondato sugli assunti di base. Ecco, ritengo che Fagioli, almeno in parte coscientemente, ottenga la stabilità dei gruppi ed un consenso colmo di venerazione mediante lo sfruttamento degli assunti di base, in particolar modo, ma non solo, dell'a. d. b. dipendenza.