Conosco la situazione... anche dall'altra parte...
Io sono bipolare. Così mi considerano i medici, da tanti anni. Prima la chiamavano con un altro nome, che ora mi sfugge. Ecco: questa è una caratteristica nostra: difficoltà di concentrazione, mancanza di memoria breve e molto altro che certamente sai.
Ma io rifiuto l'etichetta. E spesso anche le terapie. La prima perché la psichiatria è ancora uno studio in fase di esplorazione e la seconda perché non accetto di fare da cavia.
Concordo con te sul fatto che ogni persona rappresenta un caso a se, dovuto ad una somma di fattori relativi al proprio vissuto, alle circostanze della propria vita, se poi ci metti predisposizione genetica , fragilità emotiva..., insomma tutto quello che può formare un carattere.
Comprendo pienamente il senso di impotenza e la difficoltà di gestire la situazione da parte di chi vive con una persona che "vive la vita a due velocità". Molto più problematica poi, se la persona malata è un familiare perché usa spesso i ricatti emotivi.
Io ho cresciuto due figli, che ho avuto da bambina. Dico "bambina" nel senso, si, della minore età ma anche perché in collegio dalle suore dove sono stata abbandonata, non ho certo imparato quell'autostima che ti aiuta a stare in piedi e a difendersi nel mondo di fuori. Li ho cresciuti da sola, senza un uomo a fianco o una famiglia alle spalle. Ho lottato per tenerli, con le unghie e con i denti, da chi me li voleva togliere perché ero "matta" e non avevo un lavoro "regolare". Questo lo dico forte per dimostrarti con quale livello di Ignoranza io, da malata, mi son dovuta scontrare. Inutile aggiungere che non ho avuto dall'assistenza sociale nè sussidi, né un aiutino per l'inserimento in un ambiente lavorativo in regola ...
Ebbene, tutto questo ha influito negativamente sulla crescita e formazione dei miei figli, che oltre agli ostacoli di fuori, mancanze di punti fermi, miserie affettive ecc., non potevano nemmeno fare affidamento su di me, che vivevo periodi altalenanti, come fossi costantemente sulle "montagne russe"...
Tutta questa premessa per dirti che io, negli anni, credo di aver maturato una consapevolezza del mio stato e degli effetti che lo stesso ha causato e causa, purtroppo, sulle persone che amo, i miei figli. Dopo il periodo dolorosissimo degli scontri con loro, dell'esplosione maldestra della loro rabbia e dei sensi di colpa da parte mia, mi sono reinventata un modo di vivere (o non vivere?) e di relazione (o non relazione?) meno devastante per tutti: li ho liberati da me...e mi sono "ritirata"... in me stessa...
Mia figlia dopo il suo matrimonio, ha scelto di staccarsi da me, vive lontano una giornata di treno, non cerca contatti con me. Lo accetto, non senza dolore, come parte di una sua evoluzione che non so dove ci porterà ma che di certo io non devo, non voglio ostacolare.
Mio figlio ha trovato un suo equilibrio in Scozia, dopo un lungo periodo dove mi ha letteralmente lasciata senza sue notizie. In quel periodo ho vissuto un'agonia indescrivibile ma utilissima per farmi "sturare" le orecchie del cuore... Oggi ho con lui un rapporto nuovo, bellissimo. Quando mi chiama su skipe mi sforzo di controllare la mia emotività, e se non sono in un buon periodo mi nego con la bugia che ho problemi di connessione o che sono impegnata fuori... Quando ho la possibilità di volare da lui, e quindi di vivere nella sua stessa casa, anche se per brevi periodi, abbiamo adottato un sistema di convivenza che rispetta gli spazi di ognuno, e tutto va a favore di una crescita personale e di rapporto.
Ecco, stufa78, ti ho scritto questa mia esperienza, con la speranza che tu possa trovare degli spunti per riflettere sul tuo caso e maturare delle "strategie" di rapporto meno devastanti.
Che ne pensi?