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malvarosa

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  1. Può averlo fatto apposta? Per farmi reagire e per farmi capire la mia solitudine? Per farmi avere reazioni emotive che forse mai ho dimostrato di avere? Preferirei fosse andata così. Comunque, se mai il sogno fosse reale, sto iniziando a capire cosa vuol dire essere sola. Ho bisogno di lui.
  2. Scusate. Rispolvero questa mia discussione, perchè ho un forte bisogno di parlare con qualcuno e i fogli di carta non rispondono. Continuo a non far nulla, a non riuscire a far nulla. Continuo a non parlare con nessuno. Ma proprio nessuno. Solo con mia madre riesco almeno a passare un po’ di tempo, ogni tanto, in tranquillità. Le sedute dallo psicoterapeuta dovevano ricominciare oggi. Ho passato questo mese e mezzo di pausa estiva in uno stato di "anestetizzazione". Mi sono sentita più chiusa e vacua che mai. E attendevo la giornata di oggi con paura e agitazione, ma anche con forte voglia e bisogno di ricominciare. Di rivedere lo psicoterapeuta. Solo che lui non è arrivato. Io sono rimasta un’ora in piedi, fuori, immobile davanti al citofono dello studio. Ogni tanto suonavo. Ogni tanto mi guardavo attorno e mi sembrava di vederlo correre verso di me, da lontano. Un’ora dopo mi ha chiamato, scusandosi e dicendo qualcos’altro. Io ho blaterato qualcosa e ho messo giù. In certi momenti mi passa dentro di tutto. Mi viene da piangere e gridare, ho pensieri strani. Mi sento dentro una lavatrice, che poi si ferma e mi lascia lì, in quello stato di confusione e apparente indifferenza. Come è successo oggi. Mentre aspettavo davanti allo studio e mentre me ne andavo, poi, avevo un groppo in gola. Mi sentivo consapevole della mia solitudine assoluta. Mi sentivo abbandonata e poco importante. Poi ancora si è bloccato tutto, e la sofferenza che ho dentro non è più esprimibile. Forse vorrei richiamarlo e chiedergli che cosa aveva di più importante da fare. Chi è stato più importante di me, in quel momento. Se almeno a lui ho lasciato una traccia della mia esistenza. Ma non solo non riuscirò a telefonargli, non riuscirò nemmeno a parlargli, nella prossima seduta e in quelle successive. Perchè non ne sono capace. Mi manca un ingranaggio dentro, che mi fa comunicare e vivere in maniera automatica. Non riesco nemmeno a dirgli semplicemente che sono stanca e non ne posso più. E che ho la sensazione di non capirci più niente di nulla.
  3. Grazie ad entrambe... Per rispondere a Laraa... sì, sono consapevole dei problemi alimentari e me li porto dietro da qualche anno. Ne ho parlato anche in seduta... anche se non in modo dettagliatissimo per la verità. Ho la sensazione che sia stato proprio lui a farmi andare oltre queste cose... Come dice digi, questi sono un po' uno dei miei punti di sfogo. Non sono partite da lì le mie difficoltà. E anch'io lo sto scoprendo, in un certo senso, solo ora. Il mio problema è proprio parlare... Non parlo come scrivo o penso. E non è un trattenersi, durante la seduta, è proprio una cosa che non viene automatica... come se non avessi mai imparato a farlo. Nè lì, nè altrove. Una volta mi ha proposto di portare dei fogli scritti, se ciò mi era d'aiuto... ma l'idea di andar lì col mio quadernino giallo non riesco a farmela piacere. Ci sono tanti silenzi. E fino a pochi mesi fa, quasi non me ne rendevo conto. Non voglio per forza piangere e gridare, non ci riuscirei mai. Mi basta imparare a comunicare con lui con frasi lineari e complete, per dirgli cosa ho dentro davvero. Magari - per fare un esempio - capita di ripensare alla seduta, due ore dopo, e arrivare solo in quel momento a riflettere davvero su un qualcosa che mi aveva detto. Non so rispondere B, se lui mi chiede A. Rare volte è successo e si è stupito. Anche io. Tanto meno so chiedergli io delle domande o dei chiarimenti. Per quanto riguarda mio padre... Ho scritto così perchè lui è sempre stato una persona ansiosa e impaurita dalla vita sociale. Sono cresciuta in una famiglia chiusa, che non frequentava nè parenti nè amici. Ora mio padre è anche a casa in pensione, ed è il ritratto di una persona bisognosa, insicura... timorosa anche di rapportarsi con me, temendo di fare qualcosa di sbagliato. Proprio un appoggio forte e sicuro, direi... E comunque mi spiace... non gli dò colpe. Anche perchè non è una persona "cattiva" o menefreghista. So che ci sta male e gli spiace per me. Grazie ancora per le risposte.
  4. Salve a tutti... Non so se è la sezione giusta. Forse dovevo scrivere in "Chi mi aiuta?", ma io leggo sempre questa parte del forum... anzi, quel topic mega-lungo mi ha fatto compagnia per taaanto tempo... Ho 24 anni e in questo momento sento un forte bisogno di "aprirmi a qualcuno"... Gli unici essere umani che incontro ora sono i miei genitori (che in questi giorni sono in vacanza) e lo psicoterapeuta da cui vado – due volte a settimana – da un anno abbondante. Lui mi ha trasmesso serietà, ma anche delicatezza e tranquillità, già dal primo incontro... altrimenti sarei "scappata via", come è successo nelle due volte precedenti, mentre tentavo di iniziare un percorso di aiuto. Comunque... negli ultimi mesi mi sono resa conto di quanto io sia incapace – e sia stata incapace – a stare con gli altri, a comunicare con gli altri, a vivere con gli altri. Dopo aver perso i contatti con la mia amica d’infanzia, non ho più creato nessun tipo di legame importante, né a scuola né all’università... durante quell’unico primo anno che sono riuscita a frequentare. Non ho mai avuto una vita sociale attiva... mi bastavano quei brevi rapporti che si creavano prima – dopo – durante le lezioni. In famiglia, l’unica persona su cui riesco – e non sempre (anche per colpa mia) – a contare è mia madre... Mio padre ha più paure di me e con mia sorella (più grande ed ora andata a vivere per conto suo) non ho mai avuto alcun tipo di rapporto. Comunque, fino a qualche anno fa, mi "bastavo" e avevo imparato a credere di star bene, aggrappandomi all’iper-controllo che avevo (ed ho) sul mio corpo e il mio peso, al mio "andar bene a scuola" e ai conseguenti sogni universitari e professionali... Quando mi sono trovata di fronte al mondo vero, fatto di continui contatti umani, in questo "mondo aperto" e che richiede apertura... mi sono richiusa sempre di più. Tutto è crollato ed ho continuato a rotolare per mesi... anni... finché mi sono convinta che così non poteva continuare. Pian piano questi incontri settimanali sono diventati importanti per me... E lo psicoterapeuta anche. È diventato una specie di sole. Una figura positiva e "protettiva", vicina ma lontana... e mi sembra che questo sia l’unico modo per far sì che io riesca a provare affetto per qualcuno. Tante consapevolezze sono affiorate ora, con la terapia... Solo che ora mi ritrovo qui, adulta, senza niente dentro e niente attorno. Non riesco più a portare avanti gli studi... non ho più la testa e mi dà un fastidio assurdo aver buttato via tutti questi anni... vorrei cancellare tutto e ricominciare da capo in maniera ordinata e lineare. Non riesco a lavorare – ci ho anche provato – perché non sono in grado di interagire con le persone e lavorare "partecipando". Sento un vuoto dentro... ma con cosa lo dovrei riempire? Condividere la mia vita con altre persone mi sembra una cosa assurda e faticosa. A casa non riesco più a starci... non si respira... e non mi riconosco in questo passato che non sento. In seduta parlo in retromarcia... saltando le parole e sottovoce, quando riesco ad andare oltre al silenzio. Non sono capace – e lo vorrei tantissimo – di andare lì e urlare chiaramente tutto il dolore che ho dentro. Scusate la lunghezza... ma in questo momento non so che pensare... sono a casa da sola e chiusa qua da lunedì. Apro la porta solo per far uscire i miei cani in giardino. E non ho fatto altro che ingozzarmi di cibo e lassativi.
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