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Freddy

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  1. Freddy

    Sogno

    Ciao a tutti! Questo è il primo post che metto...non sapevo dove mettere la discussione sul sogno, quindi l'ho messa qui...se qualcuno sa spiegarmi cosa può voler dire mi fa piacere! è abbastanza lungo, se avete pazienza di leggere tutto Tutta la vicenda che racconto è vissuta in prima persona: il mio sguardo "reale" vede solo ciò che vedono i miei occhi nel sogno. Sono in gita con la scuola, anche se a quanto pare nessuno dei miei insegnanti è presente (né quelli veri né quelli nel sogno). Dopo una serie non lunga di cose che non ricordo o non ho proprio sognato, sono in un laboratorio scolastico di scienze, intonacato di bianco, col soffitto alto, particolari rossi di plastica e alte finestre di legno (per qualche ragione mi ricordo che in qualche modo misterioso le finestre erano sia di legno che con i bordi di plastica rossa); sono cosciente di avere acquisito in qualche modo il potere di trasformarmi in una cimice, come gli altri miei compagni. A uno a uno usciamo dalla finestra; io sono il penultimo e Giacomo (mio compagno di classe), l'ultimo, ancora in forma umana, mi dice di aver paura delle cimici e quindi io, cimicizzato, lo tranquillizzo e faccio attenzione a non toccarlo, mentre noto che c'è non lontana una cimice spiaccicata. Quindi andiamo da una donna che spiega qualcosa che non so (io ero ovviamente distratto; parlavo con i miei compagni, tutti tranne me in forma umana, loro agitavano le mani come a salutarmi e io rispondevo con gli stessi identici gesti, come a mostrare le zampette); poi ci accompagna a fare un giro seguendo una strada sterrata, a lunghi tratti erbosa, in mezzo a campi di grano dorati. Per qualche ragione sono l'unico a mantenere la mia trasformazione in cimice (forse sono l'unico che ne ha ancora il potere), a volte mi ritrasformo in umano a mezz'aria dopo alte risalite a spirale (fino a diciamo tre metri dal suolo) e precipito verso terra, rischiando più volte di colpire Stefano (compagno di classe pure lui, amico mio), e poi ritorno una cimice, anche se l'unico cambiamento sensibile è lo spostamento dell'"inquadratura" e il fatto che sono del tutto conscio di ogni trasformazione; continuo a fare questa trasformazione e ritrasformazione per tutto il percorso, ad un certo punto verso la metà percorso penso „Anche se sono una cimice almeno posso volare“, o qualcosa di simile. Incontriamo strani asini di colore azzurro-grigiastro con le chiome grigie e le code lunghe, ciuffi di pelo all'estremità, orecchie pendenti, molto diffidenti (simili per aspetto a una versione reale di Hi-Ho, l'asino triste amico di Winnie the Pooh); li superiamo stando attenti alle zampe dietro. Dopo un po' di strada incappiamo in una serie di ponti che vanno a cavalcioni della nostra strada, di quelli tipo autostradali o tangenziali, ridotti presumibilmente in uno stato pietoso: hanno il "soffitto", tappezzato di vecchissimi poster colorati tipo pubblicitari (ma non si leggevano), bombato verso il basso e molto abbassato; uno di questi ha il soffitto talmente bombato e abbassato che per passarci sotto, all'inizio, bisogna chinarsi; è solo qui che "io reale" sono cosciente che ci troviamo in Sicilia, poiché qualcuno (non so se io o la donna) dice che cose del genere si trovano solo in Sicilia, con intento polemico. Dopo un altro po' di strada arriviamo a una specie di radura in mezzo al grano, una macchia di terra con poca erba. Vi sono due asini blu, almeno tre strani grossi emù (striati di bruno-grigio di due differenti tonalità, una più chiara tipo beige e una più scura vicina al bruno, strisce che fanno molte curve) e le cucciolate dei due gruppi, di almeno un elemento la cucciolata degli emù (cucciolo grigio chiaro, mi sembra) e di almeno due quella degli asini (azzurri più chiari; uno è in mezzo alla strada con i genitori, l'altro è nel lato sinistro della radura, sotto un grosso tronco rovesciato). Stefano, in testa al gruppo assieme a me, cerca di passare, rischiando prima di farsi spezzare la gamba da dietro dal calcio di un asino (senza accorgersene se non perché glielo dico io), poi, abbassandosi, come una mossa di Aikido, presumibilmente per riuscire a superarli, di essere proprio ucciso da essi. Riesce, accovacciato, a schivare i colpi per un pelo e torna indietro, molto indietro fino a uscire dal mio campo visivo. Dopo un po' di secondi ritorna a cavallo di una moto (non so se ha il casco o no) e andando discretamente veloce (facciamo trenta all'ora?) carica dritto dritto contro gli animali, senza colpirli, riuscendo a superarli pur con l'irritazione degli emù, che si agitano come galline e fanno svolazzare un po' di piume. In qualche modo superiamo anche noi gli animali; arriviamo infine a una radura a tratti fangosa e a tratti sterrata. Sul lato sinistro c'è una risalita, e si sta svolgendo una gara un po' strana; prima passa una metà anteriore, poi si vedono dei tizi a bordo di una metà posteriore di un'automobile blu, una sorta di Mini molto spigolosa con i bordi in grigio, che, impantanatisi nel fango ai piedi della salita, dicono che non è giusto e che la loro macchina non è adatta, ma si sentono voci che li contraddicono. Ci avviciniamo alla fine della salita e, accanto a un'auto inspiegabilmente intera, vediamo due ragazze, una col volto "in ombra", l'altra è Tulla (mia compagna di classe anche lei, una ragazza che mi piace). Avvicinatomi alle ragazze urlo con voce sforzata (fatto apposta, difficile da spiegare): «Brava Tulla!». Lei, scherzosa, mi risponde, facendo il "becco" con la mano destra e insomma molto gestuale, come al suo normale: «Ma cosa vuoi, tu, Federico, che...», aggiunge qualcosa che proprio non riesco a sentire (intanto mi ha porto la mano sinistra, come a chiedermi il baciamano, io l'ho presa con la mia destra e mi sono accorto d'avere una lieve escoriazione al polso, che ha anche dei segni come se fosse rimasto appoggiato con forza e a lungo contro un qualche oggetto a cubi). Sorridendo dico «Eh?» due volte (non di fila) perché mi ripeta a voce più alta quel che ha detto, ma sta parlando con qualcun altro, così mi avvicino all'auto. Faccio il giro e vado dal lato destro dell'auto, che adesso è una normale monovolume blu (sicuramente non una Mini), e mi avvicino all'unico portello della fiancata, aperto; è in un parcheggio con altre auto; gli interni sono neri a piccolissime e rade macchioline bianche, quasi un cielo stellato, e il sedile (lato passeggero) è sollevato come a permettere a qualcuno di scendere (l'impressione che avevo io, cioè che qualcuno fosse sceso da poco) o di mettere qualcosa sui sedili posteriori. Arriva Marco (uno che conosco quasi solo di vista, ma so che è gay [questo può spiegare il seguito]), ma è diverso da come lo conosco: i capelli rossi e gli occhiali ci sono, ma è basso e magrolino e ha una voce molto delicata ("gaia", per intenderci). Vestito con un cappotto nero, sta portando fra le braccia uno strano aggeggio simile a un misto fra un RFC (una grossa cassa per il suono) e un televisore LCD (credo), con lo schermo nerissimo e il resto di plastica nera, un po' ingrigita e consumata dall'uso. Ci diciamo qualcosa, ma non ricordo cosa fosse né se era intelligibile; comunque, dopo gli dico «Sai che mi posso trasformare in cimice?». Lui, che crede di non capire bene, mi chiede due volte «cosa?», e io due volte glielo ripeto. Alla seconda volta mi chiede qualcosa tipo «Potresti prenderlo?»; io prendo l'affare per il manico (noto che pur essendo a metà fra un RFC e un televisore è parecchio leggero, come se fosse vuoto) e lui si allontana, di fretta, verso la mia destra, da dietro l'auto, come intenzionato ad avvertire qualcuno che sono matto da legare (impressione che ho avuto proprio nel sogno, anche se la sua faccia era neutra). Qui mi sono svegliato. Nei campi tutti i colori erano vivissimi, come in un quadro ad olio: il terriccio era di un marrone molto rossastro, il grano era di un intenso giallo dorato, l'erba era di un verde intenso, il cielo, senza una nuvola, era azzurro. Arrivato all'ultima radura, però, forse perché mi stavo ormai per svegliare, dall'automobile i colori si vedevano in modo più sbiadito, anzi più scuro, come se in cielo si fosse addensata una nube di pioggia (non mi ricordo se la nuvola c'era davvero oppure no). Infine nel sogno ci sono passaggi che non ricordo perfettamente, come ad esempio la parte da quando sono uscito dalla finestra del laboratorio fino a quando usciamo nei campi, anzi in questo caso non ricordo nulla (non sono sicuro che il saluto con la zampa sia accaduto in quel tratto di sogno). Che ne pensate? Ha ragione Marco, a pensare che son matto da legare? LOL Le danze sono aperte!
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