grazie dell'intervento, Juditta. Cque nel mio caso non si è trattato di "abbandonare" la terapia come "capriccio di resistenza", ma perchè ho sentito sulla mia pelle che essa non fosse più incisiva nè costruttiva per me, ma in un punto di stallo dovuto alla metodologia del terapeuta, anche se non solo...Per dirla con una metafora: se si vuole abbattere un albero, puoi decidere sì di puntare l'accetta in un determinato punto, ma se poi non s'inclina nè si piega, forse si è sbagliato il punto e bisognerebbe cambiarlo...In fondo dice Freud che il setting e la terapia non la crea il paziente, che, almeno qualche volta, doverbeb aver pur ragione? Questo è ovviamente il mio punto di vista di ora, giacchè non sono affatto serena nel sapere che al momento non ho piu' l'aiuto professionale su cui ho contato e investito economicamente..Infatti io al momento non ho risolto i miei problemi, anche se la lunga (almeno per me)terapia mi ha ovviamente arricchito e diversificato i punti di vista e le consapevolezze. Insomma, per dirla in breve, io vorrei ancora e ancora fare terapia, perchè non sono mai sazia di conoscere la mia interiorità, ma ho dovuto interrompere per motivi "oggettivi dentro di me", e per giunta con un terapeuta che ritengo "bravo", e per motivi forse qui difficili da spiegare se non per tentativi; faccio un esempio: se io ho "un problema" a me charo, e il mio terapeuta mi dice che "non è quella la cosa importante", anche se io la sento tale.....visto che ci si vede da mesi e io lo preciso sempre, perchè non avermene dato atto almeno una volta...? Sai quando senti che "è vero" un qualcosa che lui ti dice che "non è vero" ? Sì, d'accordo, terapia+resistenza, ecc...ma credo che come paziente, tenuto conto della fiducia e del bisogno di capire e vivere meglio, ognuno di noi possa sentire se quel percorso che sta facendo sia "generativo" per se stessi oppure stagnante, come puo' capitare, senza nulla togliere alle buone intenzioni, umane e professionali , delle due parti.