Dopo parecchio tempo mi sono decisa a cercare pareri a proposito di una situazione che credevo di saper gestire,ma che, a distanza di anni mi trovo ancora, con discontinuità, ad affrontare.
Si tratta di un rapporto , diciamo, di interesse e simpatia reciproci, nato con un ragazzo molti anni fa. Questa persona l'ho conosciuta attraverso un social network, nell'ambito di un gruppo associativo di cui entrambi facciamo parte. Abitiamo a oltre 500km di distanza e per questo motivo, anche, non ci siamo visti di persona se non poche volte e sempre nell'ambito di iniziative comunitarie.
A complicare un quadro che di per sè sembra banale, c'è il fatto che all'epoca in cui abbiamo iniziato la conoscienza eravamo entrambi fidanzati. Le interazioni sono iniziate almeno da parte mia come innocenti chiacchierate riguardo le cose di cui ci occupiamo, ed ero talmente in buona fede che il mio fidanzato sapeva della sua esistenza. Però con il passare dei mesi lui si dimostrava insistente pur percependosi il senso di colpa verso la sua fidanzata. Per cui magari mi chiamava facendomi discorsi a proposito di legame, di affetto ecc e poi per giorni non si faceva più sentire perchè preda ai rimorsi verso di lei.
Nel frattempo ci siamo visti alcune volte ma io ho sempre cercato di essere giusta, saggia, cioè era innegabile che mi fossi affezionata a lui, che provassi dell'affetto, e riuscivo a comprendere i suoi alti e bassi proprio nell'ottica dell'affetto che provavo. Ho cercato di trasformare questo nostro rapporto dualistico in una cosa più innocente, siamo stati nella sua zona spesso io, il mio ragazzo e amici ma lui si è sempre rifiutato di incontrarci. "Io voglio vedere te" mi ripeteva, e mi ripete anche ora.. "non un gruppo di amici".
Quindi il lavoro che ho fatto su di me è stato del tipo 'ok, mi sono affezionata, se le condizioni fossero diverse magari chissà cosa poteva essere ma la realtà è questa, quindi gli voglio bene, spero che sia felice' e in questo modo ho sempre cercato di rapportarmi a lui. E nel frattempo aspettavo il fatidico giorno in cui non c'avrei più pensato. In cui, come lui stesso a volte dice ancora, la vita prende il sopravvento e passa tutto.E intanto sono quasi 7 anni.
Ci sono state situazioni gravi, tipo interventi delicati a cui lui si è sottoposto e dopo i quali mi ha chiamato, nonostante avesse la fidanzata al suo fianco.. e c'è stato un momento in cui ho deciso, essendo io all'epoca libera professionista, di fare domanda di assunzione all'asl della sua città e trasferirmici.. Ma niente era mai stato fatto o pensato consciamente per "amore", io sentivo (o mi giustificavo così) che finita l'università avevo bisogno di cambiare aria.. di farmi un po' di esperienze da sola.. ma forse erano solo bugie che mi dicevo per avere la scusa per darci la possibilità di un vissuto comune... Finchè un bel giorno il mio fidanzato mi ha preso e mi ha chiesto chiaramente "tu vuoi andare giù per conoscere meglio lui, vero?" "puoi andare ma sappi che se/quando tornerai io non ci sarò ad aspettarti". Giustamente.
Io ho negato con fermezza alla prima domanda. E in quel preciso istante ho operato una scelta. Ho deciso cosa volevo dalla vita. Quindi finita l'università il mio fidanzato e io siamo andati a vivere insieme, abbiamo deciso di volere dei figli. E il mio amico lontano lo ho ben incasellato nel quadrante "amico". Sentendolo ogni tanto in modo assolutamente neutrale.. Quando sono rimasta incinta è stato il primo a cui l'abbiamo detto. Lui invece non mi aveva detto che qualche mese prima aveva preso la decisione di lasciare la sua ragazza dopo 11 anni di fidanzamento. L'ho saputo per caso da amici comuni.
In seguito mi sono sposata e ho avuto una seconda gravidanza da cui sono nate due gemelline, nel frattempo le occasioni di contatto si sono ridotte sempre più.
La vita sta facendo il suo corso come ci dicevamo.. a volte capita, che mi scriva, di rado ma cose anche un po forti, cosa che prima non faceva. Però nella mia mente lui non sbiadisce, occupa il posto di prima. Cerco di metabolizzarlo, spero che a furia di pensarlo un conoscente, una persona per cui provo affetto fine a se stesso, questo senso di incompiutezza che ho si sfanti. Però non succede.
E di rado ci vediamo appunto per iniziative associative, e allora ci salutiamo, chiacchieriamo come se ci fossimo visti l'altro ieri e come se ci si dovesse vedere poi l'indomani. Camminiamo per qualche metro fianco a fianco, senza nemmeno toccarci. E quando torniamo ciascuno a casa propria non so se sto meglio o peggio di prima.
Non abbiamo mai parlato apertamente di questo nostro strano rapporto perchè ogni volta che ho tentato lui ha reagito male. Del tipo non siamo niente, non ci conosciamo neanche dal vero (all'inizio), altre andava in crisi oppure proprio spariva per giorni.
Quindi non sono più voluta tornare sulla questione, e mi sono occupata di riuscire a gestire io per me queste emozioni per renderle innocue.
Questa è la situazione. La domanda è sono patologica vero? perchè non passa, qualsiasi cosa sia, questo legame? e, meglio ancora, qualcuno ha suggerimenti, pareri?