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Gabriel Voltan

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  1. Hai ragione, per una volta siamo d'accordo: ho sbagliato forum. Tra tutti quelli presenti in rete, ho beccato uno dei più ridicoli. Vado a cercarne uno serio.
  2. Angelo... concentrati un attimo, non è difficile. Luce, qui, su questo forum, ha cercato aiuto perché ha un problema con suo padre, non con il suo ragazzo. Dicendogli "un padre non può dire a sua figlia di lasciare un ragazzo perché è nero, questo è razzismo" non l'aiuti, anzi, le complichi le cose. Lei vuole recuperare il rapporto con suo padre, non romperlo definitivamente. Ovvio che il suo ragazzo, di qualunque razza sia, resta un punto fermo. Quanto alle amicizie, anche tra i miei amici vi sono numerose persone di colore o comunque straniere. Ho lavorato a Kigali (in Rwanda), nella onlus di un amico, facendomi molti amici (neri) con cui sono sempre in contatto (San Facebook!), ho una cara amica in Kenya (nera) con cui sono sempre in contatto, aggiungiamo un caro amico a Taiwan, che vado a trovare ogni tanto, un'amica ad Haifa (ebrea, casomai qualcuno avesse qualcosa contro gli ebrei), un amico albanese che è il mo idraulico e mi ha ristrutturato la casa, ed altri ancora. Mettiamoci anche dieci anni di volontariato sulle ambulanze dell'emergenza 118, per dire che ne ho viste (è il caso di dirlo) davvero di tutti i colori. Ho un sito web su cui scrivo di fatti e storie che mi arrivano da tutto il mondo. Sono musicista e cantante e con il mio gruppo facciamo serate un po' dappertutto. Infine, e se ti applichi non ti sarà difficile far lavorare i tuoi disastrati neuroni, una persona come me, con le sue perversioni (che a te non piacciono, NON PUO' avere alcun tipo di pregiudizio, né di razza, né di sessualità, né di religione. Cosa faccio, mi vesto da donna e me la prendo con gli omosessuali? Vuoi convincerti una buona volta, che non sono razzista? Caro Angelo, e lo dico una volta per tutte prima di chiudere definitivamente la mia presenza qui, a dispetto delle mie perversioni, che a te non piacciono, mi considero una persona viva e vivace, ho molti amici e li incontro spesso, passo poche serate in casa. Non venire a dire a me che cos'è il razzismo. "Peccato che è nero" significa che, come tutti i genitori, vorrei che mia figlia si mettesse insieme ad un tipo bello, educato, dolce e ricco. Un immigrato di colore non le può dare, attualmente, un futuro tranquillo. Se non te ne sei reso conto, "Luce" non ci sta leggendo, è scappata, e poco importa chi dei due sia stato. Siamo rimasti soli a farci una stupida guerra che non ha alcun senso. Ecco perché me ne vado e chiudo con questa tutte le mie collaborazioni con questo forum. Addio a tutti.
  3. Gabriel Voltan

    Angelo Crucitti

    Vorrei segnalare quella mina vagante che risponde al nome di Angelo Crucitti. E’ pericoloso. Ci ho avuto a che fare soltanto due volte, ma mi sono bastate per farmi passare la voglia di scrivere su questo forum. La prima volta al mio ingresso, ai miei problemi di travestito in segreto mi risponde “la società ha delle regole e bisogna rispettarle”. Vabbè, una simile ovvietà da bar sport non è dannosa ma inutile, in un forum di psicologi mi aspetto qualcosina di più concreto. Ad una ragazza in crisi con il padre perché lei si è messa con un ragazzo straniero e di colore, mentre io cerco di aiutarla avendo con mia figlia lo stesso problema, lui risponde “tuo padre è razzista”, e qui andiamo sul dannoso. Anziché cercare di salvare un rapporto incrinato, lui gli dà il colpo di grazia. Prima che dica da un aspirante suicida che fa bene ad ammazzarsi, volete avvisarlo e magari fermarlo o ammonirlo? Questo imbecille (lasciatemelo dire, perché di questo si tratta) che ha evidentemente molto tempo a disposizione e non ha niente altro da fare, interviene sul forum con modi da giustiziere e fustigatore, senza il minimo tentativo di entrare nella psicologia di chi chiede aiuto ai partecipanti al forum. Per finire scrive in un italiano zoppicante, pieno di errori di sintassi e di ortografia, cosa che fa passare la voglia perfino di leggere ciò che scrive. Personalmente me ne vado da questo forum, ma volevo segnalarvi questo autentico pericolo ambulante. Grazie e scusate. Un abbraccio, ciao a tutti.
  4. Ieri è successa una cosa, che mi sembra perfetta per spiegare ciò che voglio dire, Luce. Mia figlia è venuta a dirci che il suo ragazzo non riesce a pagarsi l’affitto, questo mese. Lui lavora in un bel supermercato, a tempo pieno (e a volte anche di più), per seicento euro al mese. Sfruttamento? Può darsi. Ma ciò che vorrei far capire a lei (e a te) è che i nostri timori di genitori si avverano in questi casi; ora lei è angosciata per lui, se stesse insieme ad un ragazzo con una solida famiglia alle spalle, magari anche con un lavoro solido o semplicemente un futuro sicuro da professionista, lei stessa sarebbe più serena, e potrebbe studiare con serenità (è al terzo anno di università), invece di preoccuparsi per il suo ragazzo. Non è il nostro razzismo che ci preoccupa, ma quello degli altri. I padroni del supermercato lo sfruttano, così come fanno moltissimi altri datori di lavoro con tanti altri immigrati. Noi che ci siamo preoccupati per vent’anni che lei stesse bene, ora soffriamo nel vederla angosciata invece che spensierata. Non è razzismo, quello di tuo padre, credimi, ma soltanto voglia di dimostrarti che a te ci tiene, e molto. Un abbraccio. P.S. Personalmente è l’ultima volta che scrivo su questo forum, che è viziato dalla presenza inquietante di questo imbecille, inspiegabilmente lasciato libero di fare danni a destra e a manca. Ciao a tutti
  5. Sì, certo. L'ho raccontato nell'altro thread che ho postato. Domenica scorsa ne abbiamo riparlato e mi ha confermato che sarebbe d'accordo ad andare ad una cena di Halloween, entrambi vestiti da strega (con la gonna). Mia moglie è meravigliosa.
  6. Delirio. "Non discutere mai con un idiota: ti porta al suo livello e ti batte con l'esperienza" (Oscar Wilde). Ciao "Luce", ti lascio in "buone" mani, io non ce la faccio con questo qua. Spero di esserti stato utile lo stesso. Un abbraccio.
  7. Come al solito, non hai capito nulla, perché non hai letto tutto. Scambi la preoccupazione di chi ha pulito i figli dalla cacca fin da piccoli con il pregiudizio. Essere neri, purtroppo, nella nostra società schifosa è ancora un handicap (esattamente come vestirsi da donna), di cui tua figlia, se sta con un nero, si fa carico. E tu, che le hai cambiato i pannolini e asciugato le lacrime fin da quando era bambina, avresti voluto per lei un compagno senza problemi economici. NON E' RAZZISMO. Abbiamo grande stima del ragazzo di nostra figlia, ma non possiamo negare di essere preoccupati per il suo futuro lavorativo.
  8. Luce biancastra. Mi piace, segno della tua consapevolezza di imperfezione, imperfetta come tutti, come me e come mia figlia. Fino alla fine del tuo post ho avuto l’impressione che a scrivere fosse lei, mia figlia. Ha 21 anni e da tre sta con un etiope. Visibilmente etiope. Non ha ancora la cittadinanza italiana, ma è qui da quando aveva cinque anni, è praticamente italiano, a parte il colore della pelle. Mi sono sempre vantato, fin da ragazzo, di essere antirazzista, di essere contro tutti tipi di discriminazione (altrimenti io non mi vestirei da donna, come racconto in altri miei post), contro tutti i pregiudizi. Ed ecco che mi arriva questa prova terribile da sostenere. Questa vicenda, parallela alla tua, ha diversi piani di lettura. Uno è quello della ragione, nel nome della quale tuo padre (come me) sostiene che un compagno del genere non può garantirti una vita comoda e finirai comunque per soffrire, perché la sua condizione di straniero gli chiude e gli chiuderà molte porte. Vedi, da ventisei anni i tuoi genitori (tutti i genitori lo fanno, chi più chi meno perché siamo diversi gli uni dagli altri) si sforzano di renderti la vita meno pesante possibile, e sperano (tutti i genitori) che, una volta adulti, i propri figli abbiano la capacità di vivere una vita più comoda possibile. Questa tegola (perché è una botta forte, come lo è stata per me) vanifica tutti i loro sforzi. Perché sono sicuri, come lo sono io, che la tua non sarà una vita agiata e facile. Tutto inutile, quindi. Uno si volta indietro e vede che tutti i suoi sforzi sono stati vani, tua figlia è caduta nella rete dei sentimenti. Eh, già, i sentimenti. Perché non c’è soltanto la ragione, bisogna guardare anche i sentimenti. Tre anni fa io mi sono arrabbiato molto con mia figlia (ma ancora non ci è passata del tutto), per questi motivi. Ma lei ci dice che con questo ragazzo sta bene, lui le vuole un gran bene, la tratta bene e sono innamoratissimi. Ecco il punto. Con il tuo compagno devi stare bene. Non importa da dove venga o che faccia abbia o che lavoro faccia. La prima cosa, in una unione, è che i due stiano bene insieme, si capiscano, si amino, si aiutino a vicenda. Bisogna capirsi al volo, anche senza parole, essere sicuri l’uno dell’altra. Con questi presupposti si possono smuovere le montagne. Non si può andare avanti ascoltando soltanto la ragione, occorre anche ascoltare “la pancia”, l’istinto (altrimenti non mi vestirei da donna). Bisogna che i due aspetti, ragione e sentimento, siano in equilibrio, che la razionalità venga in aiuto di un amore folle e che nelle azioni quotidiane vi sia quel pizzico di follia che aiuta a vivere. La vita è fatica, è guadagnarsi il pane quotidiano con il sudore, il pagare le bollette e il meccanico, ma è anche sognare insieme, o ballare nudi al buio (mia moglie ed io lo facciamo ancora adesso, ogni tanto, a cinquant’anni), o godersi una giornata al mare. Ecco, “Luce”, quello che intendo dire è di riflettere bene su come immagini il tuo futuro, se il rapporto che hai con quest’uomo vale la pena di soffrire un po’ per il tuo vivere quotidiano in cambio un amore. Ma devi esserne sicura: se ti innamori di una persona è perché la consideri bella, dolce e che ti vuole bene, ma anche in gamba, forte e in grado di tirarsi su le maniche e lavorare. Un giusto mix, insomma. Tuo padre ha ragione. Ma hai ragione anche tu. Devi parlare con molta franchezza con tuo padre, dirgli che lo ringrazi per tutto quello che ha fatto per te, ma che ora tocca a te dimostrargli di essere adulta, e spiegargli che vi amate, e allo stesso tempo devi avere dal tuo compagno le rassicurazioni che tuo padre cerca e pretende. E ne ha diritto. Purtroppo per mia moglie e me, il ragazzo di mia figlia è un bravissimo ragazzo, gran lavoratore, ha un bel sorriso ed è educatissimo. Perfetto, insomma. Peccato che è nero. Ecco il punto: il razzismo citato da qualcuno non c’entra nulla. Da una parte ci sono le convinzioni personali, dall’altra c’è la cura che noi diamo ai nostri figli. Facile confondere le due cose, in questi casi. Questo è ciò che mi ha insegnato la mia vicenda, spero ti sia d’aiuto. Un abbraccio.
  9. Scusatemi, ho messo due volte lo stesso argomento, perché considero ciò che succederà nel prossimo futuro un nuovo capitolo della mia complicata vita, divisa tra la mia parte maschile e quella femminile, ed ho bisogno dell'aiuto di un esperto, di un consulente valido. Non credo siano sufficienti le pur piacevoli chiacchiere tra amici che offrono la propria opinione. Durante gli ultimi due giorni ho parlato, purtroppo non in modo approfondito, con mia moglie. Prima le ho detto che non rinuncio ad indossare abiti femminili, ne ho bisogno e fa parte della mia sessualità. Lei era un po' amareggiata, comprensibilmente, e le ho detto che tutto questo mi serve anche ad alimentare la mia spinta sessuale. Tutto ciò che mi eccita mi aiuta a conservare la mia carica sessuale. Un po' perché pensavo che l'aiutasse a digerire meglio la cosa, un po' perché è effettivamente la verità. Ovviamente, questo ha prodotto un senso di inadeguatezza in lei. "Se io fossi un po' più carina non avresti bisogno di ricorrere a queste cose". Ho cercato di convincerla che la cosa era soggettiva e non dipendeva da lei. Credo di esserci riuscito. In seguito, le ho detto che ci sono un paio di persone come me, conosciute sul forum di crossdresser in cui scrivo saltuariamente, che vorrebbero incontrarmi, che vorrebbero fare amicizia per condividere le paure e le difficoltà comuni a tutti coloro che si trovano in queste situazioni. "ma... in abiti maschili o femminili?" mi chiede lei. "Entrambe le cose vanno bene, ma io ho proposto di incontrarci prima in abiti maschili". "Sì, ma ti prego non nella nostra città! Ho un ruolo e una reputazione, non vorrei rovinarmela". La sua risposta è stata molto importante, importantissima, perché non me l'ha escluso. Mi ha detto soltanto di prendere delle precauzioni. Ho una moglie meravigliosa. Ieri sera le ho anche accennato che potremmo partecipare ad una festa di Halloween, e io potrei vestirmi da strega, ovviamente in minigonna, e mettere una maschera. Lei mi ha sorriso ed è parsa d'accordo sull'idea: Halloween potrebbe essere un ottimo pretesto per "sdoganare" la mia amica interiore.
  10. Gabriel Voltan

    Come una donna...

    Ho iniziato un nuovo argomento, anziché proseguire il precedente, perché considero ciò che succederà nel prossimo futuro un nuovo capitolo della mia complicata vita, divisa tra la mia parte maschile e quella femminile. Durante gli ultimi due giorni ho parlato, purtroppo non in modo approfondito, con mia moglie. Prima le ho detto che non rinuncio ad indossare abiti femminili, ne ho bisogno e fa parte della mia sessualità. Lei era un po' amareggiata, comprensibilmente, e le ho detto che tutto questo mi serve anche ad alimentare la mia spinta sessuale. Tutto ciò che mi eccita mi aiuta a conservare la mia carica sessuale. Un po' perché pensavo che l'aiutasse a digerire meglio la cosa, un po' perché è effettivamente la verità. Ovviamente, questo ha prodotto un senso di inadeguatezza in lei. "Se io fossi un po' più carina non avresti bisogno di ricorrere a queste cose". Ho cercato di convincerla che la cosa era soggettiva e non dipendeva da lei. Credo di esserci riuscito. In seguito, le ho detto che ci sono un paio di persone come me, conosciute sul forum di crossdresser in cui scrivo saltuariamente, che vorrebbero incontrarmi, che vorrebbero fare amicizia per condividere le paure e le difficoltà comuni a tutti coloro che si trovano in queste situazioni. "ma... in abiti maschili o femminili?" mi chiede lei. "Entrambe le cose vanno bene, ma io ho proposto di incontrarci prima in abiti maschili". "Sì, ma ti prego non nella nostra città! Ho un ruolo e una reputazione, non vorrei rovinarmela". La sua risposta è stata molto importante, importantissima, perché non me l'ha escluso. Mi ha detto soltanto di prendere delle precauzioni. Ho una moglie meravigliosa. Ieri sera le ho anche accennato che potremmo partecipare ad una festa di Halloween, e io potrei vestirmi da strega, ovviamente in minigonna, e mettere una maschera. Lei mi ha sorriso ed è parsa d'accordo sull'idea: Halloween potrebbe essere un ottimo pretesto per "sdoganare" la mia amica interiore.
  11. L'ultima cosa che devi fare è vietargli di farlo. Una simile "compressione", a lungo andare esplode in modo imprevedibile. Te lo dico con certezza perché io sono un crossdresser. Vorrei farti parlare con mia moglie, con la quale abbiamo affrontato il problema. Siamo entrambi molto innamorati l'una dell'altro, e lei ama molto la mia sensibilità "femminile". Anche io, come il tuo compagno, amo molte cose "maschili", lo sport, il calcio, vado in piscina, gioco a tennis, scio, e altre cose che in questo momento non mi vengono in mente. Ho un carattere decisamente maschile. Eppure... Eppure non riesco a farne a meno. Lei mi permette di indossare abiti femminili in casa, ci siamo persino scambiati collant e gonne. Lei ha partecipato a qualche pranzo in cui io ero in abiti femminili, insieme ad altri crossdresser. Nei giorni scorsi le ho accennato che ho dei contatti con altri crossdresser, sul forum dedicato sul quale scrivo, e potremmo incontrarci. Mi ha soltanto detto di fare attenzione e di farlo fuori dalla nostra città, per evitare di essere visto da conoscenti. Spero che arriviate ad un accordo, ti assicuro che potresti avere degli insospettabili vantaggi da un compagno con questo "problema", che problema non è. Ciao
  12. Il vocabolo che ho usato è "imbecille". Ho soltanto voluto evidenziare che fino a "la società ha delle regole e bisogna rispettarle" ci arrivo anche io, anzi sono abbastanza fondamentalista per tutte le regole sociali "non scritte". Ho detto che se è per dire banalità del genere, meglio tacere. "Chiacchiere da bar", le ho definite. Sono disponibilissimo a ricevere critiche, più che disponibile. Il mio bisogno di aiuto, infatti, deriva dal fatto che sono costantemente in conflitto interiore, un giorno mi dico che non c'è niente di male, il giorno dopo mi dico "ma che c... stai facendo?". Sto cercando, faticosamente, da quarant'anni, un modo per vivere questa passione in maniera serena, senza più conflitti.
  13. Grazie, Diamanda. Cercavo qui un aiuto, scrivendo questo diario, e ho trovato soltanto la solita, diffusa, generale e spaventosa indifferenza.
  14. Stamattina sono andato nel supermercato dell'altra sera, volevo tornare sul "luogo del delitto" Ho comprato del pane e altre inezie. Alla cassa c'era la stessa ragazza, mi ha guardato e ha messo su un sorrisino. Arrivato il mio turno, pagando, le ho detto "mi spiace averla messa in imbarazzo, l'altra sera". Lei ha tentato la fuga, fingendo di accigliare gli occhi "l'altra sera...?" "Sì, credo che mi riconosca, no? Ero... "Aah, sii... Ma si figuri, no, nessun imbarazzo. No, no, stia tranquillo, proprio nessun imbarazzo". Voleva dimostrare di essere una che ne ha viste parecchie, e di travestiti pure. Potrebbe anche essere così, non la conosco abbastanza. Volevo aggiungere altro, volevo chiederle qualcosa del tipo se stavo bene o male, un minimo giudizio, insomma, un commento sulla cosa. Fortunatamente, ho taciuto. Comunque saluto sorridendo e lei risponde sorridendo amichevolmente. Adesso la mia amica interiore va in letargo per circa tre mesi, e si risveglierà, come di consueto, tra fine ottobre e novembre.
  15. "Ha la tessera, signora?" Chiudo la telefonata con mia moglie e vado nel negozio del trucco; non propriamente una profumeria, ma uno di quei negozi di paese, con borse e camicette, specializzatosi in estetica. La telefonata di mia moglie mi ha impedito di fare una cosa che mi sarebbe piaciuta, fare a piedi il tragitto da un negozio all’altro, non è tanto, ma sono circa duecento metri e mi avrebbe dato il tempo di riflettere, da un lato, e dall’altro di passeggiare tra la gente studiandone le reazioni. Poco male. Anzi, visto che il tragitto ormai è stato interrotto, approfitto per spostare l’auto un po’ più avanti. Mi avvicino ed entro nel negozio insieme ad un uomo, che finge indifferenza, rivelatosi poi “di casa”, probabilmente il marito della signora. C’è un’altra cliente, sta scegliendo dell’ombretto, o comunque qualcosa per gli occhi, e devo fare anticamera. Intanto giro per il negozio, scorrendo magliette e golfini, e utilizzo il classico trucco femminile, sbircio l’uomo attraverso lo specchio, fingendo di guardarmi. Mi osserva. Sono in preda all’ansia e sto pensando ad una scusa per fuggire, ma rimango. Finalmente la cliente, tra l’altro simpatica, se ne va e tocca a me. Compro dello smalto, sempre marrone, e le chiedo se mi ha riconosciuto. “Certo.” risponde senza esitazione. Questa è di una pasta diversa da quella dell’altro negozio. È sincera e senza complimenti, se qualcosa non va te lo fa capire. Chiedo anche a lei come vede il risultato generale della mia figura, e ottengo un cordiale e misurato assenso, con un accenno particolare alla parrucca, mi dice che le piace molto, è un caschetto castano scuro, con qualche riflesso rossastro e la frangetta. Insisto, chiedendo anche a lei se posso permettermi di andare a fare la spesa. “Ma certo, che domande. Non si preoccupi, sta bene”. Saluto ed esco, passando di fianco ad un panificio, la cui commessa sta spazzando il marciapiede e non mi degna di uno sguardo, starà pensando ai fatti suoi e mi avrà davvero scambiata per una donna, senza avermi osservato con attenzione. Bene. Da questo primo assaggio ho tratto una maggiore consapevolezza e una certa tranquillità d’animo. Vado finalmente verso il centro commerciale, parcheggio sotto e do un’occhiata al trucco, ritoccando le labbra col rossetto. Sono le 19,30. Esco dall’auto e mi dirigo verso la porta che dà nei locali del centro commerciale e al supermercato, così come ho immaginato di fare molte volte, durante le ultime settimane. Solo che stavolta è vero, stavolta ci sono proprio, nei panni di una donna. È il momento che aspettavo. Salgo le scale. Entro senza esitazioni, mi fermo nel reparto ortofrutta, metto il prescritto guanto (con un po’ di difficoltà dovuta all’agitazione, comunque presente), prendo un paio di mele e un finocchio (nessuna malizia, per favore), mentre nel reparto si aggirano una mamma con un bimbo di circa sei/sette anni, il quale non ha nessun sospetto che io non sia una donna, altrimenti sarebbero fioccate di sicuro le domande, e un paio di uomini che “nun je ne può frega’ de meno”. Metto la merce nel cestino con le rotelline, vado ai frighi, latte, due mozzarelle, poi prendo del pane dal reparto accanto al bancone della gastronomia, che sta chiudendo, e mi accorgo che la ragazza del banco mi osserva con curiosità. Mi avvicino e le chiedo se può servirmi, ottenendo un educato e cortese “mi spiace”, stanno proprio ritirando tutto. Mi aggiro ancora tra gli scaffali cercando l’espositore delle spezie, ho bisogno dell’origano per la caprese, e intanto penso che non può finire così presto. Tutto qui?, sto ancora pensando, con un pizzico di delusione per tutta quest’ansia che ora mi sembra fosse immotivata. Non trovo le spezie, rompo di nuovo le scatole alla ragazza del banco, che me le indica, ringrazio e saluto. Nessuna concessione alla mia curiosità di sapere che effetto faccio agli altri. Vado alle casse, di nuovo dietro alla mamma col bimbo di prima, anche ora senza problemi (in realtà i bambini sono la prova più impegnativa, in quanto non hanno filtri e non si vergognano di fare domande). La cassiera, una ragazza sui vent’anni o poco più, mi rivolge la domanda di rito per tutti: “Ha la tessera, signora?”. Ho sentito bene? Forse la mia immaginazione mi ha fatto uno scherzo, non è vero, eppure sì, mi ha chiamato “signora”, vorrei urlare di soddisfazione, forse l’ha fatto per gentilezza, ha pensato che in questa situazione io avrei gradito essere considerata al femminile. D’accordo, dopo settimane passate a dire che non ho alcuna intenzione di sentirmi donna, né di diventarlo, ma soltanto di poter indossare abiti femminili in pubblico, dovrei glissare sul termine. Invece mi colpisce. Non so, va bene tutto, ma quel “signora” mi ripaga del lavoro di preparazione di settimane. Quel “signora” è indice di un minimo di accettazione da parte del mondo esterno, mi fa capire che tutto sommato la vita potrebbe essere meno complicata di quanto io immagini. Così, sull’onda dell’entusiasmo, decido di rovinare tutto. “Mi scusi”, chiedo con un filo di voce, “prima mi ha chiamato “signora”?”. Lei quasi non mi fa finire la frase, “Sì, mi sono sbagliata, mi scusi”, è in evidente imbarazzo, poverina. “No, no, anzi, volevo dirle che mi ha fatto molto piacere, è stata gentilissima. Sa, mi sento molto agitata”. Lei sorride imbarazzata e da quel momento non dirà più una parola, se non il rituale e professionale “Grazie, arrivederci”. Prendo il resto, infilo la merce nel sacchetto e mi allontano. Arrivederci. Salgo in auto e filo via, per stasera è andata. Ma prima volevo togliermi una soddisfazione. Entro nel negozio dei cinesi, nel quale l’altra settimana ho acquistato il portafogli e il “santo” golfino che mi ha salvato la serata, senza questo golfino nero morbido, comodo, avvolgente e assolutamente femminile, non sarei riuscito ad ottenere questi abbinamenti di colore nero/marrone. Il ragazzo alla cassa mi aveva fatto i complimenti per le cose che avevo comprato per mia moglie, volevo vedere la sua espressione adesso. Impassibile. O non mi riconosce (possibile), oppure non mi guarda neanche. I cinesi (gli uomini cinesi) sono in genere fortemente contrari agli uomini che indossano abiti femminili, perché hanno (in genere, ma posso facilmente essere smentito) un’opinione della donna diversa da noi. O meglio, hanno in mente per l’uomo un ruolo più autoritario rispetto a noi, ai nostri uomini, che ormai sono abituati alle donne volitive e di comando. Mi sono impegolato in un complicato discorso socio-culturale, e forse è soltanto una questione di cultura, nel senso di istruzione. I cinesi che vengono in Italia sono in linea di massima semplicemente poco colti. Le ragazze sono invece molto aperte e ti servono con entusiasmo, mi era capitato qualche anno fa, in un negozio che ho frequentato spesso per acquistare gonne e vestiti (là avevo comperato la mia amatissima gonna di jeans), e mi capita in questi giorni, in quel negozio in cui appena mi vede la ragazza, cinese, mi riconosce, si illumina e mi saluta sempre con calore. Fatto sta che questo ragazzo si dimostra freddo e distaccato, quindi rinuncio a qualsiasi cordialità e me ne vado. Cerco un posto appartato per cambiarmi e struccarmi. Ora è davvero finita, questa giornata speciale. È il momento di trarre delle conclusioni, ed io non ne ho. Ho ricevuto, in queste settimane, consigli, commenti, critiche, ma alla fine di questa giornata io mi sento soltanto un po’ stordito. Per la grande fatica di dover prevedere ogni piccolo imprevisto e per la grande attenzione che ha richiesto l’andare in giro con una figura non mia, non abituale perlomeno. E anche per la soddisfazione, per niente scontata, nel vedere che si può fare, che posso mettere una gonna e andare in mezzo alla gente, a patto di prendere le dovute precauzioni: un uomo con barba e gonna si fa sicuramente notare di più, ho dovuto sforzarmi, visto che non amo farlo, di portare un minimo di trucco e accessori, parrucca compresa, femminili. Chissà perché si nota di più un maschio con la barba che mette la gonna (vedi quanto ha fatto discutere il recente caso di Conchita Wurst all’Eurofestival, che invidia!), piuttosto che la “normalità” di un uomo che cerca di vivere una realtà completamente femminile, rivolta alla futura completa transizione. Ma io oggi non ho voglia di considerazioni complicate o sociologiche, oggi voglio soltanto godermi una grande giornata.
  16. "...Tutta questa paura, e poi...?" La sensazione che viaggia sotto pelle, strisciante, è quella di una sottile delusione. La tentazione di banalizzare ciò che aveva avuto una così grande ed emotiva preparazione, è forte, perché alla fine del mio giro en femme, tutto è andato bene, tutto liscio, nessun incidente, nessun episodio antipatico, tutto scorre quasi nell’indifferenza, ed io avevo invece una grande paura di essere al centro dell’attenzione, e alla fine ti viene da dire “tutto qui?”. E invece no, più ci penso e più mi convinco di aver fatto qualcosa di eccezionale, e che tutto sia andato bene proprio per questa grande preparazione, per la cura di ogni dettaglio, per non aver lasciato niente al caso, per non aver lasciato che qualche particolare stonasse nell’insieme, dando al resto del mondo l’impressione di un povero squilibrato. Invece per un paio d’ore ho fatto una vita normale, sono andata a fare shopping come qualsiasi donna. Ma andiamo con ordine. Esco dal lavoro con un’ora di anticipo. Contrariamente ai propositi, decido che il posto più tranquillo in cui iniziare il make up è il mio garage. Tranquillo per modo di dire, perché è comunque un luogo in cui la gente va e viene, ed oggi è parecchio trafficato. Mi infilo i sandali, per prima cosa. Nei giorni scorsi non infilavo tutto il laccetto nella parte posteriore della fibbietta, stasera ho cura di farlo. Niente deve essere fuori posto, stasera. Scarpe come primo passo, quindi. Poi metto lo smalto alle mani. Ho pensato che facendolo asciugare mentre guido guadagno tempo, avendo cura di non strusciare le dita da nessuna parte. Poi, il brivido da comica: le chiavi della macchina! Sono nella tasca dei pantaloni, c…o!! Attendo qualche secondo, poi decido di provare. Per fortuna lo smalto era già quasi asciutto, velocissimo, per cui ho potuto raggiungere le chiavi, mettere in moto e partire. Scendendo per chiudere il garage, mi rendo conto che questo è il momento più critico. Se passa qualcuno che conosco sono nei guai, i piedi femminili sono evidenti. Via, tutto tranquillo. Mentre guido verso “la zona”, come ormai chiamo il luogo prescelto, rifletto che se mi succedesse di tamponare qualcuno mi troverei in una situazione imbarazzante. D’altronde, un sacco di volte, negli anni scorsi, mi sono trovato a guidare in gonna e tacchi, e non è mai successo niente, deve succedere proprio oggi? Arrivo in zona, è molto presto, prima passo davanti al negozio di intimo, scorgo dietro la vetrina la padrona, intenta a leggere sul bancone. Quindi faccio il giro e torno fuori dal paese. Mi infilo nella strada che ho adocchiato da tempo e scopro che non è così deserta e tranquilla come credevo. Da una parte un piccolo albergo, dall’altra un’azienda, dietro ai vetri mi sembra di vedere una fila di impiegati che mi osservano attentamente mentre mi trasformo in una donna (beh, soltanto l’aspetto, ma per intenderci, no?). Tutte balle, mi dico, mentre mi fermo e procedo. Via pantaloni e polo, ecco gonna e camicetta. Un goccio di fondotinta, copre l’ombra della barba: per quanto abbia avuto una cura mai impiegata, nel farmela, all’ora di pranzo, un’ombra resta sempre. Poi la cipria, copriamo tutto. Cerco la collana, poi è la volta del braccialetto. Ecco, non avevo idea di cosa potesse combinare un solo, banale ed apparentemente innocuo braccialetto. Non riesco a chiuderlo. Non riesco ad afferrare il gancetto dell’apertura, non riesco a farlo star fermo, non riesco ad agganciare l’anello opposto, non riesco, maledizione, scappa dappertutto e non riesco a capire come fanno le donne ad impiegare un milionesimo di secondo ad allacciarli! Sto sudando ed ho il terrore di sciogliere il fondotinta. Impreco neanche tanto sottovoce, alla fine l’impresa riesce, uff! Infilo il golfino (oggi, per quanto siamo in luglio, ci sta bene, il temporale ha rinfrescato l’aria e il look è perfetto), poi sistemo la parrucca (quella sì, che tiene caldo!), quindi gli orecchini, accertandomi che sbuchino da sotto il caschetto di capelli, infine il tocco finale del rossetto, lo sistemo con cura sulle labbra, poi stringo le labbra per distribuirlo in modo uniforme. Fatto. Sistemo il sacchetto che conteneva il tutto (ed ora contiene i pantaloni e la maglietta, insieme alla trousse con i trucchi) dietro il sedile, quindi preparo la borsetta ed il portafogli. Nel portafogli, da donna ovviamente, trovano posto la carta d’identità (non si sa mai, potrebbero chiedermi i documenti, mentre sono a spasso), un biglietto da 50 euro, qualche spicciolo. Poi lo metto nella borsetta, insieme ad un pacchetto di fazzoletti di carta, al rossetto (in caso di ritocchi), le chiavi dell’auto e un pacchetto di caramelle. Ah, anche le mutandine, le mie solite, quelle belle, nere con un bel pizzo, finiscono in borsetta. Giro senza, ma meglio averle dietro, non so perché, ma è meglio. Mi sposto nuovamente verso il negozio di intimo. Chiudo l’auto ed inizio la mia avventura. Cammino con andatura lenta ma sicura verso il negozio (ho parcheggiato ad una cinquantina di metri, non tanto ma sufficienti per sentirsi spersi in caso di imbarazzi). La sensazione è ovviamente particolare. È bellissimo, m’incammino nell’aria fresca della sera, cerco di percepire le sensazioni di ogni più piccola cellula del mio corpo, cerco di guardarmi “da fuori”, e mi vedo come una donna che sta facendo shopping, normalmente. Ecco, se devo essere sincero, tutta la paura che ho provato nei giorni scorsi, pensando ad oggi, è sparita, sento una forte energia, la stessa che provo ogni volta che indosso abbigliamento femminile. Subito, appena mossi i primi passi, incontro un tizio sui sessanta con il cane. Oddio, ci siamo, penso, invece niente. Indifferenza. Che mi abbia davvero scambiata per una donna? Boh. Raggiungo il negozio, che ha la porta aperta. La signora sta chiacchierando con un’amica seduta di fronte a lei. “Buonasera” entro. “buonasera” rispondono entrambe, e l’amica esce di corsa. Non che sia scappata, credo che, essendo il paese piccolino, l’occasione di un cliente sia evento eccezionale, e che l’amica volesse soltanto sgombrare per lasciare campo libero. “Mi dica” fa lei. “Mi riconosce, vero?” le chiedo, non ho più la barba e il look inganna, indubbiamente. Lei ha un attimo di esitazione, poi il suo volto si illumina “Ah! Ma certo! Buonasera, ma complimenti…! Sta benissimo!”. “Beh, insomma…” rispondo, guardandomi allo specchio. È la prima volta che mi guardo in uno specchio a figura intera, quelli che ho in casa non sono così grandi, e devo dire che forse la signora non ha torto. “No, no, complimenti davvero, ha gli abbinamenti giusti, un buon gusto, e il risultato generale è perfetto, va benissimo, ancora complimenti” ripete entusiasta. Con un po’ di imbarazzo, le chiedo un paio di mutandine adatte alla mia condizione ibrida. Mi mostra qualche modello decisamente impegnativo, davvero femminili e belli, ma che non possono farcela a sostenere il tutto. Poi finalmente entra nell’ordine di idee e tira fuori un modello di Chantelle. Belle. Davvero. Un discreto pizzo sul fianco, ma mi sembrano piccole, al cavallo. “Dovrei provarle” azzardo con un pizzico di incertezza. “Ma certo, si accomodi nel camerino”, io entro, le provo: perfette. Sono tentato di prenderle “il prezzo?” “Dunque, sono 38 euro, ma le faccio il 20% di sconto, fa 30 euro”. Francamente troppi, penso io. Oddio, sono belle e mi stanno benissimo, la tentazione è forte e forse, inconsciamente, 30 euro li avevo preventivati, ma non me la sento. “Va bene, le dico, ma non so bene, non sono convinta, sono un po’ piccole, ancora…” dico una balla per prendere tempo. Mentre lei sta cercando altri modelli, guardo l’ora e le dico che devo scappare, devo ancora andare a fare un po’ di spesa, e che ripasso poi per le mutandine. “Ecco, azzardo, volevo un consiglio sincero da lei” “dica pure” fa lei. “Se vado al supermercato lei dice che non ho problemi?” “Ma assolutamente, vada pure tranquillo, che va benissimo così, sta benissimo!” ripete con calore. Grazie. Esco. Però, quelle mutandine… forse le prendo, ma più in là, dopo l’estate. In questo periodo ho speso già troppo per la mia amica interiore. Mi incammino verso l’auto, felice. È andato tutto bene e mentre prendo in mano il telefono per controllare se qualcuno mi ha cercato, questo si mette a suonare, è mia moglie. Sono vicino all’auto, entro e rispondo. Ma ora la chiudo qua, se no diventa troppo lunga, la racconto a pezzi, è meglio.
  17. E' per oggi, ho deciso. Il mio oroscopo di oggi: “Idealizza con il pensiero i sogni che vorresti vedere realizzati e poi sperimenta le tue fantasie. E se l'impazienza si unisce al coraggio, non saranno le improvvisazioni che ti faranno paura. Grandi energie astrali a tua disposizione.” Direi che, unito al miglioramento delle previsioni meteo, è del tutto incoraggiante, a dispetto del mio umore sotto i tacchi.
  18. Sono appena tornato dal mare, dove ho lasciato la mia famiglia. Smalto alle unghie, camicetta, gonna lunga nera, sandali col tacco basso, golfino nero maniche lunghe e parrucca. Mancano soltanto gli orecchini, il fondotinta e il rossetto, ah no anche lo smalto sulle unghie dei piedi, poi sono a posto, ho provato tutto quello che indosserò domani o dopodomani per andare a fare la spesa. Ho un po' di tremarella.
  19. Ultima uscita, alla ricerca degli ultimi accessori per l’evento. Ormai ho proprio tutto ciò che mi serve. Non è molto, ho soltanto ciò che è necessario per passare più o meno inosservato. Come ho già detto, quello che amo io è soltanto l’abbigliamento, ma è meglio un travestito (quasi) completo, che un uomo, magari anche con la barba come mi è capitato in passato, con una gonna e i tacchi, e basta. È più… “normale”, non fa più notizia, colpisce di più un uomo in gonna e tacchi e nient’altro, purtroppo. Però, oggi… Ma andiamo con ordine. Approfitto di una pizza con un amico, ancora una volta; è la scusa più comoda, per il momento. Ho pensato di provare lo smalto, oggi mi è venuta una strana voglia, mi salta in testa di andare nella zona con le unghie smaltate, solo quello, nient’altro. Così, per colpire, per sorprendere. In realtà voglio testare la pulitura con il solvente, voglio verificare che no rimangano tracce di smalto, dopo. Vado in garage, Prendo il beauty dal baule e mi siedo davanti. Metto lo smalto ancora in garage, prima di avviare la macchina, e soltanto sull’anulare. Mentre asciuga, metto in moto, chiudo il garage e mi avvio. Un po’ deluso dal colore, però, mi sembrava marrone, invece questo è a metà tra il viola e il rosa. Non so come ho fatto. Probabilmente l’emozione in alcuni casi tradisce. Mentre viaggio tiro fuori un dischetto di cotone e il solvente, e con qualche difficoltà dovuta al traffico, lo passo sull’unghia. Bene, rimane pulita completamente. Era quello che mi interessava, eliminare ogni traccia. Guardando bene, però, vedo che sono rimaste minuscole tracce di brillantini (lo smalto è perlato). Non so. Credo che per stasera rinuncerò alla prova e andrò a fare shopping completamente “al maschile”. Meglio non rischiare. Vado di nuovo nella zona del centro commerciale, questa volta entro nel mega negozio dei cinesi (è davvero grande) che sta dall’altra parte della strada. Poca gente all’interno. Giro tra gli appendiabiti carichi di belle camicette e gonne e vestiti, ma tutti con taglie maledettamente piccole. Ma andando avanti vedo camicette che mi sembrano un po’ più grandi. Controllo le taglie, ce n’è una nera, con un disegno di paillettes davanti, taglia 53. Controllo bene, perché le taglie non sono uguali dappertutto e poi questo 53 è sospetto. La misura mi sembra giusta, la tengo presente. Giro ancora un po’ e capito di fronte ai golfini leggeri, che in questi giorni mi hanno fatto disperare. Ne vedo uno, nero anch’esso, con dei bei tasconi e lungo quanto basta: senza pensarci su troppo me lo provo. Bello. Morbido, comodo, cade bene, non stretto o “giusto” come gli altri che ho provato nei giorni scorsi. Prendo, e senza pensarci troppo. Euforia, vado a prendermi la maglia taglia 53, poi vado verso uno scaffale, vicino a quello delle borse, pieno di portafogli, da uomo e da donna. Ne prendo uno, da donna, in finta pelle marrone, con un fiocco su un lato, sobrio ed elegante. Poi mi avvicino alle casse. C’è un ragazzo, ma vengo distratto da un cesto in cui ci sono degli smalti. Ne cerco uno sul marrone, ne trovo uno, non sono troppo convinto ma lo prendo. Alla cassa il ragazzo attacca bottone. “Sono per sua moglie?” dice sorridendo. E qui scatta il mio diabolico meccanismo inconscio, di cui ho già parlato. Se a chiedermelo fosse stata una donna le avrei risposto subito di no, che erano per me. E avrei continuato nella ma ricerca di “femminilità”. In questo caso, ho avuto un’esitazione. E ho detto di sì. Il chiacchierone non si è limitato. “E’ foltunata, sua moglie. Come si chiama sua moglie?”. Che te ne frega, avrei voluto rispondere. “Giovanna” ho buttato lì a caso. “E lei come si chiama?” Mollami, imbecille, pensavo io. “Mi chiamo Sandro”, anche lì a caso, cioè non tanto a caso, è il nome che uso sempre in questi casi. Anche perché è facile trasformarlo in “Sandra”. “Bene, Sandlo, auguli a sua moglie e allivedelci”. “Ok, ciao”. Uff. Risalgo in auto, attraverso la strada e vado a parcheggiare nel seminterrato del supermercato, come al solito. Sono le otto meno venti, un po’ tardi. Entro e vado al banco della gastronomia, ci sono i due uomini dell’altra volta, peccato, niente ragazze, per il meccanismo di cui sopra speravo di farmi conoscere, prima di frequentare il posto en femme. Prendo del formaggio e prima di andare alle casse passo, quasi istintivamente (quasi), nel reparto cosmetici, scorro gli smalti e vi trovo un “soft brown”. Decido che posso permettermi di provare anche questo e lo prendo. Alla cassa una ragazza gentile, ma non è la solita, non ha neanche la divisa, sto pensando che il mio sforzo per instaurare una conoscenza è destinato a fallire, il supermercato è un posto troppo impersonale e non potevo sperare di meglio. Ma forse, inconsciamente, è proprio per quel motivo che ho scelto di compiere il mio gesto in un posto come questo, è più facile passare inosservati. Credo di avere le idee un po’ confuse. Mi rimangono pur sempre i negozi nella piazzetta del paese che avevo scelto in origine. Quel giorno girerò un po’ qua e un po’ là. Anche per oggi va bene così. Ora sono davvero a posto.
  20. In questi giorni mi sono dedicato alla ricerca degli ultimi accessori mancanti. Sono entrato in uno di quei negozi della catena “Tiger”, ho trovato la limetta per e unghie. Inoltre ho comprato una specie di beauty-case per metterci dentro tutto e uno specchio, nel caso, molto probabile, che debba truccarmi (quel poco) in macchina, da qualche parte. In ufficio, ho approfittato di un pomeriggio da solo per curarmi le unghie. Mentre compivo quel gesto così femminile riflettevo se andare avanti in questa follia. Spero che la mia famiglia non si accorga che le unghie sono curate, se succede proverò a cavarmela con un “Macché curate! Sono da tagliare…”. Comunque sono venute discretamente bene e le guardo spesso, immaginandole con lo smalto. Quando mi accorgo che sono troppo in vista, cerco di ritirare le mani, di chiudere la dita, di non mostrare troppo le unghie, insomma. Certo che è dura… Ma la ricerca che mi dà più pensiero è quella di una camicetta da mettere sulla gonna. Ieri sera, girando in bici al ritorno da una commissione, mi sono fermato in uno di quei mercatini dell’usato e sono entrato. Un reparto in un angolo, con la scritta “taglie forti” aveva un centinaio di capi, che ho iniziato a selezionare. Alla fine mi sono imbattuto in una camicetta con disegni gialli e marroni, della taglia giusta, ma un po’ troppo scollata. Ma mi sembrava adatta, quindi l’ho presa, per 8 euro potevo anche provare. Appena arrivato a casa mi sono infilato in garage e l’ho provata. Misura perfetta, scollatura un po’ abbondante. Se non trovo altro, penso che dovrò togliere qualche pelo dal petto, sperando che le mie donne non si accorgano dello “scippo”. Stamattina entro in un negozio di cinesi e chiedo se hanno una camicetta di taglia grande, ma pensando a quella che ho preso ieri, mi interesso dei golfini da metterci sopra. Ne provo uno che è perfetto, ma a casa ho già quello che ho preso la settimana scorsa, e quindi sospendo l’acquisto. Ormai guardo le donne, in giro per strada, studiando sia i loro accessori che l’abbigliamento. Oggi viaggiavo su un autobus e osservavo le donne che avevo intorno, studiavo le collane che portano al collo e i braccialetti ai polsi. Mi sto facendo una cultura al femminile. Ho notato, per esempio, che da un po’ di tempo la moda per le unghie è avere l’unghia dell’anulare diversa dalle altre, completamente diversa. Mi piace, la cosa, forse lo faccio anche io. Comunque osservando le donne, sul bus, mi accorgo ad un certo punto che sto passando ad osservarle nei loro, diciamo per intenderci, dettagli anatomici. Guardo oltre i vetri del bus e sbircio nelle auto, le piacevoli gambe delle guidatrici che indossano la gonna, che sale quando sei alla guida. Tutto questo fa nascere in me un paio di riflessioni. La prima è che, sì, il mio orientamento sessuale è decisamente rivolto alle donne. La seconda considerazione è che certi capi ed accessori di abbigliamento stanno molto meglio addosso ad una donna. Questo dovrebbe farmi desistere dai miei propositi, ma sono cose che in tutti questi anni ho pensato migliaia di volte, e stavolta sono proprio deciso. Nella pausa pranzo, infatti, mi infilo in un grande magazzino e spulcio il reparto bigiotteria. Finalmente trovo una collana che mi sembra vada bene. Niente di eccezionale, vistosa quanto basta, ma sobria. La accoppio con un braccialetto elastico fatto con scaglie di finto corallo. Un po’ stretto, ma può andare. La sorpresa arriva alle casse, i prezzi dicevano che avrei dovuto spendere sui 13 euro in tutto, ma la cassiera mi regala un “3 e 90!”, e alla mia sorpresa mi dice che ci sono i saldi del 70%. Molto bene. Rientrando a casa, la sera, mi infilo nel garage per depositare collana e bracciale che avevo mimetizzato nelle tasche (porto sempre pantaloni con tasconi laterali, anche quando indosso giacca e cravatta), e approfitto per provarmi il golfino che avevo riposto. Troppo piccolo, maledizione! Devo tornare dai cinesi di stamattina e recuperare quello che andava a meraviglia, prima che lo vendano. Già penso che andrò nella pausa pranzo: faccio finta di andare in piscina e vado! Stasera, guardando un film, mia figlia si stava curando le unghie. Ma che, l’ha fatto apposta? Si accorge che l’ho guardata, “Do fastidio?” mi chiede preoccupata. No, tesoro, non dai fastidio. Intanto, nel film ci sono un sacco di donne con il rossetto marrone, quello che ho scelto io. Però, uff, sono stufo di raccontare balle. Oscillo costantemente tra il “ma che c… stai facendo” e il “non vedo l’ora”. Non vedo l’ora.
  21. “Vorrei qualcosa da mettere su una gonna nera, lunga”. “Che taglia, più o meno?”. Alla domanda della bella signora bionda, ho un attimo di esitazione. Ho aspettato molto prima di entrare, il negozio era pieno di gente, ho fatto un lungo giro e infine, quando ho visto uscire quattro delle persone che erano dentro, mi sono deciso. Uno di quei negozi che sulle vetrine ha scritto, bello grosso “taglie dalla 40 alla 56”, ho voluto vedere se era vero. Appena entrato mi trovo davanti una bellissima ragazzina bionda, intorno ai 15 anni, “Mammaaaa!”, ovviamente, come tutti i suoi coetanei, aveva dita e cervello sul suo cellulare. La sua mamma, appunto, mi aveva fatto questa banale domanda. “Beh… E’ per me” rispondo con filo di voce. In negozio c’erano altre quattro donne: la figlia, un’altra signora bionda, che credo fosse la sorella, e due clientei Troppe per i miei gusti. “Per te?”, dice lei di rimando, con l’aria sorpresa. “Ah, però!”. Ed io aggiungo che infatti, proprio perché è per me, cerco una cosa particolare, maniche lunghe e poco scollata (per i peli delle braccia e del petto, non posso farli fuori). E allora parte alla ricerca. Tira fuori diverse cose belle, ma o troppo scollate o troppo “da signora”, non mi convincono. Anche lei è perplessa, ripiega sulle magliette e me ne mostra alcune con paillettes discrete, ma non so, a me sembrano ancora troppo scollate. Vabbè, posso anche metterci la pashmina che ho comprato dai cinesi, ma… Boh, approfitto di un attimo di distrazione della bella signora bionda con un’altra cliente. “Vabbé, grazie lo stesso, ciao”. “Ciao, arrivederci!” risponde con un sorriso professionale. Delusione. Speravo di risolvere, qua. Inoltre anche i prezzi, non è che fossero bassi. Certo, in concorrenza con i cinesi, tutti sembrano alti. Devo proprio limitarmi ad una banale e “unisex” polo? Uff… Mi dirigo verso la solita zona. Arrivo al discount nel quale sono andato con la gonna, quel sabato. Già parcheggiando vedo il ragazzo alla cassa. Entro. “Buonasera!” “Buonasera”, lui sorride, mi ha riconosciuto, e vorrei vedere. Sarà la mia suggestione, ma quando mi allontano dalle casse lui si infila svelto nel retro, nel magazzino. L’idea è che sia andato a dire che “c’è quello con la gonna!”, alla ragazza con cui avevo parlato quel giorno. Sarà la suggestione… Prendo un pacco di sei bottiglie di acqua e pago. Nessun commento, ma sono contento di essermi fatto vedere. Può darsi che ci ritorni quando sarò “più femminile”. Ora di corsa al centro commerciale, entro alle otto meno venti, già tardi, ma è ancora aperto. Prendo al volo del formaggio già confezionato, al banco della gastronomia non ci sono donne, solo due ragazzi, e poi stasera vado di corsa, va bene così. Vado nella corsia dove c’è la roba per il trucco, cerco una limetta per le unghie. Sto facendo crescere le unghie, sperando che la cosa non si noti troppo, però hanno bisogno di un minimo di cura. Non ho intenzione di tenerle curate in modo perfetto, ma soltanto che arrivino quel giorno ad essere dignitosamente femminili, quando ci metterò lo smalto. Confezione da due limette, 6 euro! No, grazie, preferisco cercarne una al mercato, più avanti. Pago il formaggio, cassiera cortese ma nessuna concessione alla confidenza, non una battuta, niente. Arrivederci. Comincia ad essere tardi, l’appuntamento per una pizza con l’amico, che rappresenta la mia copertura con mia moglie si avvicina, ma un salto dai cinesi lo voglio fare lo stesso. E infatti, tra le corsie trovo un paio di camicette carine e non tanto scollate. Dovrei provarle, ma ormai è tardi, ci ritornerò. Ora, pizza. Gnam.
  22. Ah, combattuto sicuramente. A volte, comunque, utilizzo l'espressione "sentirmi donna" nel senso reale del termine, cioè "sentirmi", non "essere". Sentirmi più propriamente femminile, non donna. Non potrei mai sentirmi donna completamente, nel senso di esserlo.
  23. Nel pomeriggio ho comprato il latte detergente, al supermercato. Ora mi manca davvero soltanto una camicetta, una bella maglia da mettere sulla gonna e poi ho tutto ciò che mi serve. Serata a casa di amici, poi mi sono fermato in un angolo buio, ho tirato fuori la roba che ho nel bagagliaio e ho indossato la gonna lunga e i sandali da donna. E sono andato in giro, guidando senza meta. Ogni tanto, una sosta in un parcheggio o di fianco ad un giardinetto, per due passi in libertà. Più che altro nessuno in giro. Mi avvicino ad una prostituta, lei mi guarda e sorride perplessa. Io, in preda ad ansia ed agitazione, le rendo il sorriso. Assaporo l’aria fresca sotto la gonna, una sensazione impagabile. E stasera l’aria è fresca davvero, c’è vento e fa svolazzare la gonna, come nei film. Come nei sogni… Un’oretta così, poi un altro angolo buio, cambio veloce e via, a nanna. Un po’ di amarezza. Posso soltanto vagare a vuoto, oppure posso pensare di andare da qualche parte, a godermi questa sensazione di libertà? Spero di godere di questa sensazione il giorno che andrò a fare la spesa al supermercato. Per il momento, continuo a sognare.
  24. Adesso andiamo meglio. Mi sono imposto di trovare ciò che mi manca, e uscito dal lavoro dico a mia moglie che vado a comprare una radio. Vado nel centro commerciale vicino a casa, basta ho deciso di fregarmene se rischio di incontrare gente che mi conosce. Mi infilo in un negozio di una di quelle catene di abbigliamento, perché in vetrina vedo che hanno della bigiotteria. Vado all’espositore, studio e guardo per un po’, poi trovo una collana fatta di pietrine colorate dal rosa al rosso al marrone chiaro, niente di che ma mi ispira una sobria eleganza. Presa. Mentre fa cassa, chiedo alla ragazza e hanno qualche maglia o camicetta accollata e con le maniche lunghe. Niente. Esco. Intanto penso che forse potrebbe andare una camicetta smanicata, con sopra un golfino aperto, vanno molto ormai. Ci penserò. Entro da Kiko, praticamente vuoto. Di solito ci vengo con mia moglie, oggi è per me. “Vorrei un rossetto a metà tra il rosso e il marrone”. Voglio un rossetto che non risalti troppo, prima di tutto perché non ho queste grandi labbra, e poi vorrei evitare cose troppo vistose, “da travestito”, insomma. “Opaco o lucido?”. Opaco (per i motivi suddetti). Me li mostra provandoli sulla mano (la sua), il primo troppo rosso, un altro troppo marrone. Indeciso, ne vediamo un terzo che risulta molto marrone, ma meno del primo. Aggiudicato. Che emozione. La ragazza alla cassa mi chiede delle cose, un euro, cinque euro, cinquanta centesimi, io con la mente sono in macchina che mi sto mettendo il rossetto e cerco di immaginare come va la cosa, le rispondo meccanicamente e se ne accorge. Le dico “mi scusi ma avevo la testa da un’altra parte, molto lontano” e finiamo ridendo tutti e tre. Che bello avere questa leggerezza. “Se non va bene lo cambiamo”. Grazie, arrivederci. Devo ricordarmi che devo comprare anche il latte detergente. Adesso mi manca praticamente soltanto una camicetta un po’ bella, femminile, qualcosa per sentirmi donna e riuscire a non pensare troppo, se e quando andrò in giro, che sono soltanto un travestito. Vorrei riuscire quel giorno ad essere me stesso (stessa?), a camminare tra la gente con disinvoltura, e tutta questa preparazione punta solo e soltanto a questo: nonostante la contraddizione, che tutto sia naturale e disinvolto, come se quello fosse il mio abbigliamento consueto. Bella serata.
  25. Giornata storta, ieri. Mi mancano alcune cosette, un po’ di make-up, bigiotteria, una maglia un po’ femminile da mettere sopra la gonna. La mattinata al lavoro era andata storta per grane irrisolte, mentre ero in giro mi sono fermato in un negozio per vedere delle maglie e ne ho presa una nera con il collo a barca, anche se non mi convinceva molto, ma senza provarla perché era tardi. “Taglia unica”, mi dice la tipa. Sarà. Poi mi infilo in un negozio di scarpe che ha anche roba per il trucco. Almeno coprire l’ombra della barba, insomma, non mi trucco, ma un minimo… Tornato a casa (ah, non l’ho detto, tengo tutta la mia “roba” in garage), me la sono infilata velocemente: macché, troppo stretta, maledetto fisico maschile, non riesco a trovare niente di un po’ carino. Nervoso, alle sei scappo nella “mia” zona, vado nel negozio dove avevo comprato lo smalto, chiedo del fondotinta, scegliamo insieme il colore anche della cipria da abbinare (noi uomini non ci rendiamo conto dei particolari che usano le donne per truccarsi), intanto mi chiama mia moglie. Cavolo. Non rispondo, la chiamo appena esco dal negozio. Intanto mi arriva un messaggio “Ma dove sei?”. Queste sono le cose che mi sballano l’umore. Il senso di colpa perché so perfettamente che sto mentendo alla persona a cui tengo di più al mondo, e quindi mi agito. “Ciao, sono venuto qui al centro commerciale perché avevo voglia di fare due passi, ho avuto una giornata storta”. Il che corrisponde ad una parte di verità. Vado nel “mio” centro commerciale, ma sono nervoso, tra l’altro è pieno di gente, al banco della gastronomia c’è la ragazza dell’altra sera ma al mio sorriso non risponde, la cosa non contribuisce a rilassarmi, la cassiera è più fredda di un cubetto di ghiaccio, insomma, stasera al supermercato che dovrebbe essere il luogo della mia uscita en femme, non succede niente. Giornata (quasi) inutile. Ho rimediato fondotinta, cipria e qualche utile info su come usarli. Bon. Stamattina altre commissioni per lavoro, poi un giro al mercato per una maglia un po’ carina e della bigiotteria, ma niente, non sono in vena. Non trovo niente che valga la pena, sono demoralizzato dal fatto che mia moglie, anche se va tutte la mattine al lavoro, adesso ha però molto più tempo libero (è insegnante) e per me sarà molto più difficile trovare spazi per me.
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