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  1. Ciao a tutti, sono nuova, ho 21 anni, mi sono iscritta per postare da qualche parte la mia luuunga riflessione, in modo che qualcuno possa darmi un giudizio oggettivo. Mi dispiace ma è venuta veramente lunga e spero che qualcuno la legga . Ormai sono 6 anni che sono fidanzata con il mio ragazzo, 4 anni fa lui si è trasferito a Milano per continuare a studiare e io (forse un po’ stupida) ho deciso di seguirlo, di studiare in un paese vicino a lui lontana dalla mia famiglia. Io sono sempre stata una persona a cui non piace stare al centro dell’attenzione, non mi piace parlare di me né far parlare di me, non mi piace litigare ed inoltre non riesco ad esternare i miei sentimenti ( tutto questo con tutti tranne che con il mio fidanzato, con il quale mi sono aperta ormai interamente ). Ho sempre represso tutto per non infuriarmi perché so di non saper gestire la rabbia, da piccola ho sperimentato i miei scatti di ira, ed essendo una persona che accumula quando esplodo combino un macello; perciò ho sempre cercato di mettere da parte me stessa per evitare ciò. Ricordo che da piccola ripetevo a me stessa: tanto non importa a nessuno ( quello che faccio, quello che dico, quello che penso). Ad oggi sono consapevole che questa frase è lì radicata nella mia testa. Quando parlo di me mi sembra di rivelarmi troppo, di espormi, di spogliarmi anche se con il tempo inizio a rivalutare, quasi inizia a piacermi. Sono stata anoressica per un anno, continuavo a ‘’mettermi da parte’’ forse un po’ troppo. Quando mi sono resa conto che mi stavo facendo del male, mi sono avvicinata ad un ragazzo che mi piaceva ( il mio attuale fidanzato) e ho provato a creare qualcosa. Ci siamo fidanzati, ma sai com’è… da ragazzi lo si fa solo per avere una ragazza e io l’ho fatto per questo e per me stessa, forse anche un po’ per gli altri perché sapevo che se mi avessero vista con qualcuno si sarebbero tranquillizzati ( le persone che conoscevo), comunque speravo che questo mi aiutasse . Durante la terapia io scrivevo molto, tuttora lo faccio quando ho troppe cose in testa perché mi aiuta a chiarirmi le idee. Devo dire, inoltre, che durante la terapia non ho mai parlato realmente con uno psicologo, cioè diciamo che parlavo di tutto tranne che dei miei reali problemi che sentivo in quel periodo. Ho sempre pensato ad accontentare gli altri, ma mentre crescevo e cresceva questo rapporto ho iniziato a sentire l’esigenza di pensare a me stessa, di avere una certa indipendenza e libertà. Ho cercato di sconfiggere la mia timidezza e la mia riservatezza ed è anche per questo motivo che, seppur con rammarico, ho voluto trasferirmi lontano da casa per potermi mettere alla prova. Posso dire dopo 3 anni di aver fatto veramente pochi progressi ma d’altra parte so di essere così e di non poter fare molto ma una cosa c’è ed è veramente assurda… il rapporto con la famiglia del mio fidanzato. Siamo fidanzati da 6 anni e li conosco ufficialmente da 4 anni. In parte mi sento ancora una ragazzina e non mi va di avere un rapporto serio e in parte questa è solo una giustificazione del mio essere bloccata nei loro confronti che fanno tanti passi verso di me e io nessuno verso di loro. In genere parlo poco, rispondo a sillabe e questa cosa ovviamente non piace a lui, soprattutto perché dice che appaio come tutt’altra persona perché quando sono con lui non smetto mai di parlare. Io mi sono sforzata ma in quella casa mi sento giudicata, è troppo silenziosa rispetto alla mia ed ho forse paura di fare passi falsi. Lì sono tutti laureati e parlano sempre e solo di università e di lavoro, mentre io vengo da una famiglia un po’ più modesta, non benestante come loro. Questo confronto mi spiazza molto. Loro ci tengono più dei miei genitori che io finisca gli studi. Con il tempo ho imparato a conoscerli e ad apprezzarli, loro d’altra parte hanno difficoltà a conoscere me ( ma io non so come fare! ).. Nell’ultimo anno però li guardo con occhi diversi: comprendendo meglio le dinamiche familiari mi accorgo che ci sono molte cose che mi fanno saltare i nervi. Il mio ragazzo è il figlio piccolo e unico maschio di casa, il padre ha una disabilità alla gamba, perciò le cose di uomo le ha sempre fatte la madre e, già da bambino, il mio ragazzo. Secondo me di questa cosa se ne sono approfittati tutti: le due sorelle chiedono sempre favori a lui e così , come è giusto che sia, anche la madre, mentre il padre paradossalmente non gli chiede mai nulla. Spesso quando usciamo mi dice ‘sto arrivando’ e poi arriva dopo 45 minuti perché gli chiedono i favori dell’ultimo minuto. Lui poi viene da me e si sfoga perché non riesce a fare niente per sé ma solo per gli altri, io gli dico di far fare qualcosa anche alle sue sorelle, “ma loro sono grandi e lui è il piccolo di casa” (questo è un mio commento, non loro). A me vederlo distrutto mi strugge e quindi ho accumulato accumulato fino a serbare un po’ di odio nei confronti della madre e delle sorelle. Allora in situazioni simili mi agito e cerco di far capire al mio ragazzo (con apparente calma) che può anche dire di no a qualcosa, non deve necessariamente farla e che può anche ribellarsi un attimino ma lui una volta mi ha detto che gli piace essere d’aiuto in casa nonostante tutto ( mi chiedo: ma come fa? io sarei esplosa). Il problema è che questa cosa innervosisce molto me e io non so se sono ancora in grado di gestirla e voglio farmela passare, di certo non voglio mettermi la sua famiglia contro, la quale riserva questa elevata opinione di me (perché sono garbata o perché sono uscita con 100 alla maturità?) I nostri ultimi litigi dipendono da questo, non manifesto nessuna disapprovazione verso la sua famiglia e non sono mai diretta, però mi arrabbio se lui non fa quello che vuole e cerco di farglielo capire

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