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  1. Sto seduto su una panchina d'acciaio aspettando la metro e la testa, come suo solito e senza il mio permesso, inizia a produrre una infinità di pensieri. Una fabbrica di neuroni stakanovisti, che si danno da fare anche dopo che ho passata una giornata a lavoro. Rifletto su quello che sono e quello che sto facendo non ostante siano già passati due anni da quando sono partito per lavoro da casa. Una scelta dovuta ma anche voluta con decisione (vedi l'esperienza personale, la possibilità di essere indipendente dalla famiglia, vedi il piacere della scoperta ecc ecc). Fatto sta che sono andato via. Ho traslocato me stesso e una valigia di beni materiali in un'altro paese e in un'altra cultura. Mano mano che facevo esperienze e mi dovevo adattare a tutto il nuovo che avevo intorno, ho formulato l'idea di essere totalmente cambiato. Di averlo dovuto fare. Il trasloco é stata come una morte e alla risurrezione non ha giubilato nessuno. Le stesse cose che facevo a casa non potevo farle più oppure non come sempre. Gli amici e le conoscenze si sono azzerate o si sono ritrovate con centinaia di chilometri di separazione e tante volte le difficoltà le ho affrontate da solo, magari con la sola possibilità di dirle ai miei familiari via Skype o l'appoggio di un quello che poi li é diventato un amico. Queste riflessioni sono ricorrenti perché ancora non ho trovato un ben preciso equilibrio. Tante sono le case che ho cambiato qui, tanti i lavori e i colleghi che ho conosciuto. Molte le cattiverie e le bontà. Pure i valori si sono dovuti sostituire. Che diavolo, é un casino! :) Io che mi immaginavo feste, cameratismo, il tempo libero dopo il lavoro, le responsabilità che fanno crescere. Non é stato del tutto così. Non così semplice e lineare. C'è stato duro lavoro, la lingua da imparare, colleghi con nessun lato adesivo e prontissimi al pettegolezzo, lo stigma dello straniero(quello che ruba il lavoro e che fa solo disordine, se vi può dire qualcosa) , una ragazza che mi ha rosolato a fuoco basso. Se prima ero leggermente positivo e l'idea che le cose, per quanto possano andare male potranno migliorare, che le soluzioni sono tutte a portata di mano, ora direi di essere neutrale se non pessimista. Il contatto iniziale con il mondo degli adulti a lavoro non é stato piacevole. Poi ho capito che quello é stato un caso straordinario e che mi sono fatto le ossa grazie a loro. Dopo piú di anno che non ho nulla a che fare con loro mi arrivano ancora novità da loro. Mi sento molto più concentrato su me stesso, sono diplomatico fino al punto dove non inizio a invadere la mia libertà. Ho mille dubbi sul futuro. Ho un lavoro di responsabilità, che richiede impegno e concentrazione ( e due p...spalle così) ma c'ho sempre questo BOH! in testa. É come girare in una rotonda in macchina senza uscirne fuori. Gli interessi me li sto ricreando e riprendendo poco a poco. Ora ho più tempo. E proprio così che nel frattempo che scrivevo di tempo ne é passato, laetro mi ha portato a casa.
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