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  1. Salve, sono un ragazzo di 28 anni, ho una relazione che dura da nove anni, con una ragazza di 25 anni; Abbiamo iniziato questa relazione, quando eravamo troppo giovani, quindi i sentimenti che provavamo, l'uno per l'altra, erano "diversi", chiamiamoli immaturi... A Maggio di quest'anno, però, lei ha iniziato ad avere dei dubbi ed anche io, non lo nego, sul reale sentimento che provassimo, ovvero se fosse Amore o abitudine... Io a questa nostra perplessità, già mi diedi una risposta: L'amore negli anni cambia aspetto, ossia durante un percorso abbastanza lungo, è normale che entra in gioco l'abitudine, esso è un sentimento che è legato all'Amore, perché non può esserci abitudine, se non c'è un sentimento positivo e di tranquillità che ci circonda. Lei continua a dire che senza di me non sta bene, è felice solo se è accanto a me... Però ha questo pensiero che la ostacola: Amore o Abitudine???? Grazie per la Vostra eventuale, sincera e professionale risposta.
  2. Buongiorno, ci tengo a premettere che molti anni fa, quando avevo solo 20 anni, cominciai a soffrire di ansia, insonnia e attacchi di panico, per due anni sono stata seguita da una psicoterapeuta e questo percorso mi ha cambiato la vita. Dopo circa un mese dalla fine della terapia ho conosciuto quello che sarebbe diventato il mio compagno, ad oggi stiamo insieme da 10 anni, io adesso ho 30 anni lui 31. Negli anni Mauro ha cominciato a soffrire di una strana dipendenza dal suo nucleo familiare (madre soprattutto, padre e fratello adolescente) tutti hanno bisogno di lui e lui ha bisogno di loro, sempre, in qualsiasi momento del giorno e della settimana, specie la domenica e nelle festività che non possiamo mai passare da soli come coppia. Ciò che mi ha fatto innamorare di lui, dieci anni fa, é stato l'amore che ha saputo darmi ed il suo modo di dimostrarmi giornalmente, per anni ed anni, di essere la sua compagna e non una qualsiasi persona, ed essendo io cresciuta con cinque fra fratelli e sorelle non avevo mai provato questa sensazione di "esclusività", non mi ero mai sentita importante ed amata per ciò che sono, messa al primo posto in quanto la più importante fra tante altre persone, come mi ha fatto sentire lui per anni. Dopo una crisi familiare di qualche anno fa tutto é cambiato e precipitato sempre più. Mauro ha lasciato il lavoro per stare vicino alla famiglia mentre quando avevo bisogno io non prendeva nemmeno mezza giornata di permesso, negli ultimi tempi. Un anno fa, vedendo che non riuscivamo a permetterci nemmeno una pizza fuori con solo il mio stipendio da part time e che non poteva comprarsi nemmeno una maglia nuova Mauro ha trovato un nuovo lavoro, non ben pagato come il primo ma col quale si può campare assieme al mio. Ho lasciato passare qualche mese e gli ho espresso il mio desiderio di vivere insieme a lui, rassicurandolo sui suoi dubbi riguardo i nostri stipendi. Lui é stato d'accordo e quando mi ha detto di essere troppo impegnato col nuovo lavoro gli ho assicurato che mi sarei occupata io di cercare la giusta casa. Ma non ne andava mai bene una! Il nostro budget é limitato eppure lui continua a cercare in ogni casa il riflesso della casa in cui é nato, grande, spaziosa, perfettamente arredata. Ogni volta trovava il più piccolo difetto, fino alla casa perfetta, trovata con mio grande sforzo e contrattando fino all'ultimo col padrone di casa, in questa situazione é venuto fuori il problema della sua incertezza per il futuro, e ha tirato fuori quella che per me dopo tanti mesi ad accampare scuse é l'ennesima di queste: l'ansia. Adesso Mauro sostiene di non riuscire nemmeno ad uscire di casa senza avere ansie e riconosce che una delle cause é la sua famiglia, quando allora gli ho chiesto perché non riesce ad allontanarsene, a smettere di essere in simbiosi coi suoi membri familiari ha detto quella che é la frase più brutta che io mi sia mai sentita dire in vita mia, io vi amo tutti. Come se io non avessi un'identità, come se io fossi una carta nel mazzo, come se la compagna o il compagno di vita non fosse poi così speciale da diversificarlo dalla propria famiglia di origine. Io amo la mia famiglia, ma prima di ricevere questo pugno allo stomaco avrei detto che amavo lui di più in quanto l'uomo che volevo accanto d'ora in avanti. Adesso sono riuscita a convincerlo, dopo mesi di pressioni e richieste disperate a farlo seguire da uno psicologo. Ma quello che vorrei chiedere a voi della comunità é, che cosa significa tutto questo? Io ho sofferto d'ansia, e a volte in periodi bui torno a soffrirne, so quanto sia invalidante e che richiede il sostegno di chi ci é vicino, ma io non posso essere una spalla su cui piangere fine a se stessa, non posso essere la sua insegnante di sostegno, e ho una paura matta che é questo che sono diventata. E dopo dieci anni di relazione, a 30 anni, non posso accettarlo. Vi chiedo perciò un consiglio, che sia rassicurante o meno, perché davvero ormai stento a capire questa situazione. Grazie a chi mi risponderà.
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