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Vivere con un genitore malato


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Salve a tutti, ho cercato su internet qualcosa che potesse aiutarmi e ho deciso di iscrivermi a questo forum sia per avere pareri, sia per poter essere d'aiuto a chi vive una situazione simile alla mia.

Vi racconto brevemente la mia storia.

Ho 24 anni e da circa 3 anni a mio padre è stata diagnosticata una forma di leucemia cronica.

Questo ha influenzato il mio percorso universitario, dal momento che mi ero trasferita in un'altra città per studiare.

Dopo un anno e mezzo dalla notizia ho deciso di tornare a casa dai miei, in seguito ad una serie di episodi di pensieri intrusivi.

Pian piano, dopo aver risolto le questioni principali che mi scatenavano tali episodi (spariti da più di un anno) si è fatta sempre più forte in me la consapevolezza di essere tornata per mio padre.

Da giugno le cose sono peggiorate.

I suoi ricoveri sono stati frequenti, i cicli di chemio pesanti.

Ora segue una terapia ambulatoriamente, quindi è a casa.

Si è molto chiuso in sè stesso, non che prima non fosse un tipo taciturno, e l'unica persona con la quale parla della malattia sono io.

E' un rapporto che ho con lui da quando sono piccola, spesso sfavorevole per me.

Sono il suo punto di riferimento, la mia psicologa dice che all'interno della famiglia "la coppia" siamo io e mio padre.

Il punto è che da quando la sua situazione è peggiorata, è peggiorata anche la mia.

Non ho voglia di fare niente, mi sento sempre stanca. Non ho attacchi di panico perchè ne ho sofferto per anni e ora riesco a controllarmi, e il riuscire a "rialzarmi" dai pensieri ossessivi mi ha dato la forza e la capacità di gestire l'ansia, non perfettamente, ma ci convivo ormai.

Il problema è che la mia vita è ferma. Vivo in base agli umori di mio padre e ai suoi ricoveri.

Invece di aver voglia di staccarmi da casa, sento il bisogno di restarci. Esco raramente perchè la maggior parte delle persone che frequento non mi danno stimoli, o meglio, non ne sento.

Purtroppo nel periodo più brutto della sua malattia sono rimasta completamente sola, e non per mia scelta.

Adesso però sono io che scelgo di restare sola.

La psicologa dice che devo trovarmi un lavoro, perchè è la principale parte mancante della mia vita, e io le do ragione.

Il punto è che cerco, ma mai in modo davvero attivo.

Penso che questa situazione familiare mi stia rubando molta energia, gli unici momenti in cui mi sento utile sono proprio quelli in cui sono d'aiuto a mio padre.

Mi sono chiusa in me stessa e passo la maggior parte del tempo da sola. Non dormo di notte da non so più quanto tempo.

Mi chiedo se sia giusto, nella mia situazione, lasciarmi andare a questa "pigrizia" o reagire d'urto.

Magari le forze verranno da sole...

Vi ringrazio in anticipo, mi sarebbe utile il parere di qualcuno che ha passato o sta passando una situazione simile alla mia.

Con mia madre e mio fratello non parlo mai di come mi sento, perchè mi rendo conto che non è giusto appesantire la situazione.

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Salve a tutti, ho cercato su internet qualcosa che potesse aiutarmi e ho deciso di iscrivermi a questo forum sia per avere pareri, sia per poter essere d'aiuto a chi vive una situazione simile alla mia.

Vi racconto brevemente la mia storia.

Ho 24 anni e da circa 3 anni a mio padre è stata diagnosticata una forma di leucemia cronica.

Questo ha influenzato il mio percorso universitario, dal momento che mi ero trasferita in un'altra città per studiare.

Dopo un anno e mezzo dalla notizia ho deciso di tornare a casa dai miei, in seguito ad una serie di episodi di pensieri intrusivi.

Pian piano, dopo aver risolto le questioni principali che mi scatenavano tali episodi (spariti da più di un anno) si è fatta sempre più forte in me la consapevolezza di essere tornata per mio padre.

Da giugno le cose sono peggiorate.

I suoi ricoveri sono stati frequenti, i cicli di chemio pesanti.

Ora segue una terapia ambulatoriamente, quindi è a casa.

Si è molto chiuso in sè stesso, non che prima non fosse un tipo taciturno, e l'unica persona con la quale parla della malattia sono io.

E' un rapporto che ho con lui da quando sono piccola, spesso sfavorevole per me.

Sono il suo punto di riferimento, la mia psicologa dice che all'interno della famiglia "la coppia" siamo io e mio padre.

Il punto è che da quando la sua situazione è peggiorata, è peggiorata anche la mia.

Non ho voglia di fare niente, mi sento sempre stanca. Non ho attacchi di panico perchè ne ho sofferto per anni e ora riesco a controllarmi, e il riuscire a "rialzarmi" dai pensieri ossessivi mi ha dato la forza e la capacità di gestire l'ansia, non perfettamente, ma ci convivo ormai.

Il problema è che la mia vita è ferma. Vivo in base agli umori di mio padre e ai suoi ricoveri.

Invece di aver voglia di staccarmi da casa, sento il bisogno di restarci. Esco raramente perchè la maggior parte delle persone che frequento non mi danno stimoli, o meglio, non ne sento.

Purtroppo nel periodo più brutto della sua malattia sono rimasta completamente sola, e non per mia scelta.

Adesso però sono io che scelgo di restare sola.

La psicologa dice che devo trovarmi un lavoro, perchè è la principale parte mancante della mia vita, e io le do ragione.

Il punto è che cerco, ma mai in modo davvero attivo.

Penso che questa situazione familiare mi stia rubando molta energia, gli unici momenti in cui mi sento utile sono proprio quelli in cui sono d'aiuto a mio padre.

Mi sono chiusa in me stessa e passo la maggior parte del tempo da sola. Non dormo di notte da non so più quanto tempo.

Mi chiedo se sia giusto, nella mia situazione, lasciarmi andare a questa "pigrizia" o reagire d'urto.

Magari le forze verranno da sole...

Vi ringrazio in anticipo, mi sarebbe utile il parere di qualcuno che ha passato o sta passando una situazione simile alla mia.

Con mia madre e mio fratello non parlo mai di come mi sento, perchè mi rendo conto che non è giusto appesantire la situazione.

una cosa è certa, non puoi andare avanti così. devi armarti tutte le tue forze (che ne hai) e reagire. la situazione di tuo padre, purtroppo, non puoi risolverla tu, non puoi metterti tutto sulle tue spalle. parla con tua madre e e tuo fratello, devono sapere quello che stai passando perchè hanno il DOVERE di aiutarti. urla loro in faccia tutto il disagio che stai provando tu, dagliene un po' a loro. se ti guardi dal loro punto di vista, cosa vedi? magari per loro sei quella che vuole fare tutto lei, vuoi curare tuo padre solo tu, vuoi parlare con tuo padre solo tu (esempi).

ti abbraccio.

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Ciao lorella, non posso dire di vivere una situazione simile alla tua, ma per certi versi un po' ti capisco anche se la tua situazione è senza dubbio a un livello diverso. Non ho un genitore malato, sono figlia unica, ma spesso devo fare i conti col fatto che i miei non sono totalmente autonomi e spessissimo hanno bisogno di me per piccole e grandi cose. Questa è la mia vita, loro ne fanno parte e io quotidianamente mi divido tra loro e l'università (anch'io!!), il lavoro, gli amici...e il bisogno a volte di starmene un po' per conto mio per RIPOSARE nel vero senso della parola, dedicandomi dei momenti dove ci sono solo io, il mio corpo e la mia voglia di evadere un po, "semplicemente" non pensando a niente. Ti scrivo queste cose perchè secondo me e la mia piccola esperienza, è importante saper essere altro. La tua vita, come la mia, non può essere solo un accompagnamento,più o meno impegnativo, ai nostri genitori, assolutamente sentito, doveroso se vuoi, gratificante..ecc..

Tu sei anche altro e credo, davvero, che lo siamo tutti. Cioè noi non esistiamo solo all'interno di un certo tipo di relazione (la coppia o il lavoro o la gli amici...) ma possiamo, perchè prima di tutto lo vogliamo cioè ne sentiamo il bisogno, come tu stessa scrivi, essere e non essere anche in altri contesti nei quali si possono esprimere parti di noi che magari non sono sempre adeguati all'unica relazioen che portiamo avanti.

Possiamo. Convivere con le difficoltà. Non possiamo fare altro. Pensi che la tua situazione sia limitante? Anch'io l'ho pensato tante volte. Ma se continuo a pensare che sia un limite, un freno, mi sentirò insoddisfatta, frustrata, inutile. Limitata

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In realtà al momento sono abbastanza confusa a riguardo e non so se riuscirò ad esprimere tutto quello che penso e che provo per questa situazione, anche perchè un evento abbastanza recente è tornato a farmi pensare incessantemente a tutto questo.

Di sicuro, essendo molto legata a mio padre e alla mia famiglia in genere (è un problema di cui sono cosciente) mi sento limitata, ma non sono mai limitazioni che mi impongono loro, anzi...partono da me.

Anche i miei genitori vorrebbero che io uscissi di più ecc, ma si tratta proprio di una mancanza di stimoli.

Ci sono poi momenti in cui sento anche io il bisogno di staccare la spina e dedicarmi a me stessa.

Per quanto riguarda quello che ha detto Lorella, forse non mi sono spiegata bene nel post precedente.

Non è che io stia curando mio padre, anzi...mio fratello e mia madre gli sono vicini per cose pratiche anche abbastanza importanti, io invece sono il suo punto di riferimento "morale", nel senso che lui mi parla della sua malattia e di come si sente e ovviamente sono consapevole del fatto che il mio aiuto è minimo, dal momento che non posso nè guarirlo nè tanto meno salvarlo dalle sue fasi depressive.

L'unica cosa che posso fare è ascoltarlo. Poi ho provato tempo fa a parlare con mia madre di come mi sentissi io, ma ha reazioni abbastanza snervanti (del tipo che si mette a piangere e mi dice che non devo stressarla perchè la situazione è già pesante :huh: ) quindi non mi sembra proprio il caso.

Comunque vi ringrazio di avermi risposto, hai ragione ladani...tutto questo non può essere un limite alla nostra vita, perchè è la vita stessa ad essere così!

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Ho scritto "ciao Lorella" ma stavo rispondendo a te Meme, scusa l'errore di dicitura!!..sono non poco stordita ultimamente.. :blink:

Scondo me non devi forzarti a uscire o a trovare stimoli o a essere diversa da come ti senti...dici di non avere stimoli, te li aspetti dagli altri? Cosa per te non è uno stimolo? in realtà ogni cosa o persona potrebbe esserlo, ma non lo è nella misura in cui ritieni non sia "utile" a te, in quel momento. Uno stimolo potrebbe essere stare un po per conto tuo e vdere cosa succede, che lampadine si accendono, senza spingere troppo gli accelleratori del "devo fare assolutamente qualcosa"...

Non mi sembra che, da quello che scrivi, tu cerchi dei riempitivi cioè dei motivi per stare fuori casa.....mi sembra che tu stia cercando qualcosa di più profondo..la tua strada, la tua vita scelta e voluta fortemente, non tanto delle occasioni per alleggerirti dal "carico" familiare, ma delle vere e proprie opportunità per realizzarti, per dire "io sono anche questo".

Mi permetto di ragionare con te, se ti va.

Buona serata!

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E' esattamente come dici tu ladani, nel senso che nel mio voler stare per conto mio ci sto bene.

E' anche vero che questa non è una condizione assoluta, perchè quando sento il bisogno di distaccarmi da casa ne trovo il modo.

E' questo che appunto non riesco a capire, se sia il modo giusto di affrontare la cosa o se invece devo sforzarmi di andare alla ricerca di questi stimoli.

Mi rendo conto che il mio può sembrare un discorso abbastanza contorto, però tu hai centrato il problema.

Questi ultimi anni hanno messo in discussione praticamente tutto quello che credevo di essere, e ora sto cercando la mia strada, una sorta di illuminazione appunto.

Mi fa piacere discuterne, altrimenti non sarei qui :):

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Può essere, ma non è per forza detto, che tu sia ancora "quella persona", con le sue passioni, interessi, e intenzioni. Accadono cose che possono toccarci profondamente e contribuire a farci cambiare completamente il modo di vivere, ma può anche accadere che questi eventi ci scalfiscano poco o non contribuiscano a niente, semplicemente ci sono anche loro, ma non hanno chissà che potere.

Che persona eri prima? che facevi?

Secondo me siamo io e te che diamo potere agli eventi, che gli diamo "l'autorizzazione" di sconvolgerci, di spronarci, di consolarci o di non fare un tubo.

Sarebbe bello, parlo anche per me, farsi attraversare da quello che ci succede, anche da cose non piacevoli, pesanti che non vorremmo, vivere il dolore che si presenta per quello che è. Vivere fino in fondo il disagio, lo straniamento e la solitudine per come arrivano....e poi non sprofondare con tutto questo, ma dire: "va bene, ciò che mi succede è spaiacevole e frustrante, cosa posso fare per non morirci dentro?? che potere voglio dare a tutto questo? come me la voglio raccontare questa storia?"

Fosse facile!! Ma io penso davvero che qualcosa la possiamo fare....

Cosa è cambiato in te in questi anni?

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