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ieri ho rivisto questo film, ripescato dai miei archivi, ve lo propongo, di una cattiveria unica...

Chad e Howard, due giovani funzionari di una grossa società, vengono inviati a svolgere un lavoro in una succursale della ditta. Hanno sei settimane di tempo per completare i compiti assegnati. Entrambi vivono un momento delicato sia sul lavoro che nella vita privata, dove sono stati abbandonati dalle fidanzate. Decidono allora di prendersi una rivincita e fanno un piano d'azione: individuare una ragazza un po' sprovveduta e vulnerabile da corteggiare e sedurre a poco a poco da parte di tutti e due, e poi da lasciare il giorno prima della partenza. Dopo qualche tempo, all'interno della succursale, Chad mette gli occhi su Christine, una segretaria che svolge in maniera molto riservata il proprio lavoro.

"'Nella società degli uomini', opera prima di Neil LaBute, 34enne drammaturgo mormone, è un buon film sgradevole per tutti. Ha fatto discutere le femministe, ma non c'è dubbio che il regista stia con loro, giacché si tratta di un calcolato atto di accusa verso una categoria di seduttori d'infimo grado, la cui dialettica nei riguardi della donna è zeppa di volgarità. (...) 'Nella società degli uomini', con la sua misoginia allo stato brado e la precisione del suo tocco psicosomatico, è un classico film da discussione (i giornali americani hanno sfruttato l'occasione}, non offre risposte preconfezionate, ma si compiace di alcune domande classiche sulla perduta umanità contemporanea. Di cui fa parte una speciale categoria di travet chic che si vendica del mondo mirando al cuore delle donne, ma odiando in realtà tutto il genere umano cominciando dà loro stessi". (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 20 settembre 1997)"Attenzione, film-da-dibattito. Tema scottante, personaggi repellenti, ambientazione astratta. E dialoghi affilati (o pesanti?) come spade. Le donne? 'Dentro sono tutte uguali, carne, cartilagine e rancore'. La differenza fra il punto G e una pallina da golf? 'Quando cerchi la pallina da golf ti diverti'. Come scaricare rabbie e rancori, personali e non? 'Facciamo del male a qualcuno'. Ma lentamente, con metodo, con sapienza. Da professionisti insomma. E del resto, cosa sono l'atletico Chad e l'occhialuto Howard, manager in trasferta di un'imprecisata grande azienda, se non due veri professionisti? (...) La freddezza chirurgica è il massimo pregio del film. Ma anche il suo limite (aggravato dall'opaco doppiaggio italiano). Impossibile restare indifferenti a tanta abiezione. Ma difficile esserne davvero scossi perché dietro il film indoviniamo sempre l'autore, le sue intenzioni, la morale tremenda ma scoperta di tutta la vicenda". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 4 ottobre 1997)

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