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Inedito in Italia e premiato a Cannes 2009 col "Un certain regard", "Dogtooth" è una pellicola perversa: sedendo sulla cattedra hanekiana con diversi passaggi grotteschi e stranianti, il regista greco ci presenta la vita di questo gruppo familiare in un interno come un dato di fatto, senza possibile dialettica con una realtà alternativa. La luce di Bakatatakis illumina e acceca, mentre l'occhio geometrico di Lanthimos incombe entomologico tanto sui figli quanto sui genitori, vittime del loro stesso gioco. Gioco che si perpetua fra loro, usato come sfida tra i fratelli: metafora nella metafora è l'immagine dei ragazzi bendati che cercano a tentoni di raggiungere la madre, al centro del giardino. Togliersi la benda dagli occhi è più difficile di quanto si possa pensare e, alla fine, il film va a porre gli stessi interrogativi che da più di duemila anni percorrono la cultura occidentale: è peggio il buio dell'ignoranza o l'orrore della verità?

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