Vai al contenuto

Tipi di terapie!!


Messaggi consigliati

Chi sa dirmi che differenza c'è tra la terapia cognitivo-comportamentale e la terapia transazionale ?????

E se avete un idea di quale sia la migliore.....

Link al commento
Condividi su altri siti

 
  • 1 month later...

Pubblicità


Luca mi dispiace che nessuno ti abbia risposto. Io non posso di certo darti le info che chiedi, anche se sarei interessata ad averle io stessa.

Speriamo che a qualcuno si faccia un giretto qui e ci dica qualcosa.

ciao

buona fortuna

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Ciao luca,la tua domanda è molto difficile.ma proverò a darti una risposta io.

innanzi tutto c'è da dire che la terapia cognitivo-comportamentale è una terapia che si basa sulla razionalità e sul comportamento,non mira nè a scoprire nè a cambiare le motivazioni di fondo di determinate problematiche.tiene conto solo dell'aspetto consapevole e non si occupa di tutto ciò che è inconscio.è molto direttiva,e in genere breve. non so dirti più precisamente come funzioni,ma le basi dovrebbero essere più o meno queste.

la terapia transazionale è invece una terapia del profondo, ovvero mira all'esplorazione degli aspetti inconsci della personalità,a conoscere le origini e le motivazioni di determinate problematiche.si basa principalmente su una tripartizione della personalità in Genitore Adulto Bambino, e mira al raggiungimento di un equilibrio tra queste tre parti.

forse avrai capito che io personalmente sono un pò scettica rispetto alla cognitivo-comportamentale.ma è una questione di "gusti".

in realtà non esistono terapie che siano in assoluto più efficaci di altre. tutto dipende dalla persona, dal tipo di problematica che porta, dal modo e dal livello al quale vuole affrontarla.

spero di essere stata esauriente.

S.

Link al commento
Condividi su altri siti

 

la terapia transazionale mira a valorizzare la persona cosi' com' è piu' che a guarirla da qualche male...

infatti chi fa transazionale è " pompato " dal proprio terapista ....

della serie escono di li dicendo mamma come sono bello mamma come sono bravo mamma come sono intelligente.

quindi molto del profondo non direi che è ..

meglio reich

poi viene freud

poi jung

ecco la mia graduatoria

poi la transazionale

e poi la cognitivo che è l' ultima spiaggia

se poi uno avesse il coraggio di seguire lowen sarebbe l' ideale...

io sono troppo timido e mi intimidisce l' approccio diretto preferisco il lettino .

ma forse un giorno mi ribellero' a questa mia timidezza e affrontero' un analisi piu' immediata e sbrigativa... ora non sono ancora pronto quindi mi intrattengo con freud.

Link al commento
Condividi su altri siti

 
 
la terapia transazionale mira a valorizzare la persona cosi' com' è piu' che a guarirla da qualche male...

infatti chi fa transazionale è " pompato " dal proprio terapista ....

della serie escono di li dicendo mamma come sono bello mamma come sono bravo mamma come sono intelligente.

quindi molto del profondo non direi che è ..

io non sono molto d'accordo.

anzi,per quello che ho potuto vedere, il terapeuta transazionale fa tutto tranne che pomparti.e va molto molto in profondità.e anche Berne, non è che la mettesse proprio così.

ma io ho conosciuto uno splendido,meraviglioso terapeuta transazionale.

magari gli altri non sono così

Link al commento
Condividi su altri siti

 
 
  • 2 weeks later...

Credo che la distinzione tra le varie forme di psicoterapia (cognitivo-comportamentale, transazionale, reichiana, ecc..) non sia la questione più importante. Ciò che è davvero fondamentale è il modo "aperto" o "chiuso" con cui uno intende la psicoterapia, indipendentemente dalla scuola in cui si è formato. Lo psicoterapeuta "aperto" sposa il punto di vista del cliente e cerca di favorirne il processo di elaborazione; lo psicoterapeuta "chiuso" muove dalle esigenze di normalizzazione della società e cerca di spingere il paziente ad adeguarvisi. Lo psicoterapeuta "aperto" cerca di liberare il cliente e favorirne l'autorealizzazione; lo psicoterapeuta "chiuso" cerca invece di omologarlo alle aspettative della società. Per chi ha un po' di tempo, chiarirò meglio la distinzione tra psicoterapeuta "aperto" e "chiuso" in dieci punti:

1. VISIONE DELLA PSICHE

Lo psicoterapeuta chiuso crede ingenuamente che esista un’unica definizione del reale, oggettiva perché basata su ‘fatti’. Lo psicoterapeuta aperto parte invece dal presupposto che non esiste l’oggettività ma che la realtà è sempre una costruzione del soggetto conoscente. Il primo crede che la sua visione della psiche sia scientificamente provata, mentre il secondo pensa che non esista alcun punto di vista scientifico da cui guardare alla realtà psichica e che di conseguenza il proprio punto di vista vale quanto quello di chiunque altro.

2. RELAZIONE TERAPEUTICA

Lo psicoterapeuta "aperto" instaura una relazione simmetrica, con il terapeuta e il cliente sullo stesso piano. Egli ha un atteggiamento di rispetto nei confronti del cliente dal quale ha tutto da imparare. Egli, inoltre, crede a tutto ciò che il cliente gli dice e non presume di sapere nulla al di là di ciò che gli viene detto. Lo psicoterapeuta chiuso, al contrario, si pone su un piedistallo e da lì dispensa le sue verità e i suoi rimedi. Egli presume di saperne sempre una in più del paziente e sta lì a spiarlo per individuare i sintomi che gli permettano di stabilire la diagnosi.

3. MOTIVAZIONE DELL’UTENTE

Per lo psicoterapeuta aperto la motivazione del cliente è essenziale, nel senso che senza di essa non ritiene possibile lavorare. Lo psicoterapeuta aperto, pertanto, accerta preliminarmente l’esistenza di una tale motivazione, perché se il cliente è stato costretto da altri a venire in terapia è inutile continuare. Lo psicoterapeuta chiuso, invece, può anche prescindere dalla motivazione del paziente e procedere su richiesta della committenza e contro la volontà del paziente.

4. COMMITTENZA

In psicoterapia, così come in ogni professione di aiuto, la committenza può coincidere o meno con l’utenza. La domanda ‘chi paga?’ nella sua crudezza esprime un punto fondamentale: di regola lo psicoterapeuta aperto non ammette una committenza diversa dall’utenza e comunque in caso di conflitto si schiera sempre dalla parte dell’utente contro il committente. In ciò consiste l’alleanza terapeutica. Assai diverso è l’atteggiamento dello psicoterapeuta chiuso, molto più sensibile alle pressioni della committenza. La psicoterapeuta chiuso, infatti, lavora anche se la committenza non coincide con l’utenza, come quando è il genitore, il coniuge o il datore di lavoro a richiedere l’intervento.

5. DIAGNOSI

Lo psicoterapeuta chiuso cerca i sintomi che gli permettano di formulare una diagnosi standard, cioè scelta tra quelle che la nosografia vigente gli mette a disposizione. Lo psicoterapeuta aperto, invece, ritiene che ogni persona sia diversa dall’altra e non impiega alcuna diagnosi standard, ma fa propria la formulazione del problema fatta dal cliente.

6. FOCUS DELL’INTERVENTO

Lo psicoterapeuta chiuso si concentra sui comportamenti e sull’adattamento dell’individuo: ritmo sonno-veglia, attività lavorativa, relazioni interpersonali sono i suoi parametri di giudizio. Lo psicoterapeuta aperto presta invece attenzione all’interiorità piuttosto che all’esteriorità, ai significati piuttosto che ai comportamenti. Il terapeuta aperto cerca di dimenticare tutto ciò che sa su casi simili per essere il più possibile aperto alla comprensione del nuovo che si manifesta.

7. TECNICA

Lo psicoterapeuta aperto portare l'altro ad un chiarimento con se stesso semplicemente ponendogli delle domande. Il terapeuta aperto cerca, per quanto possibile, di non dare al cliente alcuna risposta. Le sedute trascorrono di domanda in domanda, col terapeuta aperto impegnato a trovare quella domanda che possa favorire l'ulteriore elaborazione del cliente. Questa tecnica si può definire maieutica e consiste in una navigazione in mare aperto. Lo psicoterapeuta chiuso, invece, formula una diagnosi standard e applica un protocollo standard. Egli decide che cosa ha il paziente, dopo di che decide gli obiettivi che gli deve far raggiungere.

8. CHI CORREGGE CHI

Lo psicoterapeuta chiuso ha un atteggiamento direttivo perché guida il paziente verso mete precostituite che sceglie in base alla desiderabilità sociale. Lo psicoterapeuta chiuso ritiene di dover dar consiglie , se necessario, correggere le scelte di vita del paziente. Lo psicoterapeuta aperto, al contrario, si lascia tranquillamente correggere dal cliente, chiedendogli continuamente dei feed-back per cercare di migliorare la propria comprensione del problema; ciò perché ritiene che il massimo esperto della psiche del cliente sia il cliente stesso da cui il terapeuta ha tutto da imparare.

9. POSSIBILI ESITI

Lo psicoterapeuta chiuso muove dalla constatazione di un’alterazione e punta a ristabilire la normalità. Nel migliore dei casi questo obiettivo viene concordato col paziente, altrimenti con chi ha commissionato l’intervento. Quando c’è la committenza dietro le quinte il terapeuta chiuso ha un mandato preciso e a quello si deve attenere. In altri casi lo psicoterapeuta chiuso procede in modo autocratico, stabilendo da solo quale debba essere il risultato del trattamento. Lo psicoterapeuta aperto, al contrario, non può avere alcun esito precostituito. Coerentemente, egli deve accettare tutti i possibili esiti, anche quando contrastino con i valori morali del terapeuta.

10. CHI CONCLUDE LA TERAPIA?

Lo psicoterapeuta aperto lascia al cliente la decisione di concludere la terapia, così come quella di incominciarla. Lo psicoterapeuta chiuso, invece, si arroga il diritto di stabilire se il paziente è guarito o se invece deve continuare il trattamento.

Spero che questo interessante dibattito continui

ciao a tutti

Link al commento
Condividi su altri siti

 

la distinzione tra aperto/chiuso mi sembra uno spunto molto interessante,complimenti.

ma non dimentichiamo la famosa *equazione personale* di cui parlava ZioJung

Link al commento
Condividi su altri siti

 

sì S., hai ragione, solo che l'equazione personale non la possiamo controllare, perché ognuno ha la sua. Di zio Jung mi piace soprattutto il concetto di "individuazione": credo che lo psicoterapeuta aperto la possa favorire meglio di quello "chiuso"; non sono invece tanto d'accordo sugli "archetipi" perché mi sembra quasi un tentativo di regolamentare l'individuazione, di darle un cammino preordinato, insomma ci vedo la tentazione della chiusura a cui nemmeno Jung ha saputo resistere...

Clemente (esplo)

Link al commento
Condividi su altri siti

 
 

io gli archetipi li ho sempre trovati così affascinanti....

comunque io non li vedo come una forma di chiusura....in fondo sono cose che fanno parte del nostro corredo genetico.

sull'individuazione la cosa più *aperta* che si potesse dire l'ha detta proprio lui....è diventare ciò che si è.

io lo trovo splendido

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Per Leftfield: psicoterapeuta “aperto” e “chiuso” rappresentano solo dei tipi ideali: gli psicoterapeuti reali si dispongono lungo un continuum tra questi due estremi.

Per S.: anch’io trovo gli archetipi molto interessanti dal punto di vista artistico e storico, ma non ritengo che facciano parte del patrimonio psicologico dell’Uomo in quanto tale. Mi spiego: Jung riteneva che gli archetipi fossero presenti nell’inconscio collettivo non solo dell’uomo occidentale ma dell’Umanità intera. Questa tesi non ha però retto agli studi antropologici e sociologici che hanno dimostrato quanto questa idea fosse infondata e peccasse di etnocentrismo e di eurocentrismo. Indubbiamente gli archetipi individuati da Jung facevano parte della cultura occidentale tradizionale, ma stanno ormai perdendo terreno grazie alla globalizzazione e al meticciato culturale che ne deriva. Ma, al di là di queste considerazioni storico-culturali, servirsene in terapia può portare a non vedere quanto unico e irripetibile sia l’individuo. Nella mente del terapeuta gli archetipi rischiano di funzionare come quelli che i linguisti chiamano “falsi amici” (quelle parole della nostra lingua che somigliano solo apparentemente a parole della lingua che stiamo cercando di imparare). Ogni cliente, invece, parla una sua propria lingua (ciò che i linguisti chiamano “idioletto”) e il terapeuta deve cercare di apprendere a parlare la lingua propria di quel cliente, senza farsi distrarre appunto da “falsi amici” come gli archetipi o come le categorie diagnostiche del DSM IV.

Per quanto riguarda poi l’essere se stessi come obiettivo dell’individuazione e della psicoterapia, concordo con te, ma colgo l’occasione per fare un’ulteriore riflessione. C’è il rischio che persino l’*essere se stessi* diventi un vincolo al cambiamento; infatti l’obiettivo del divenire se stessi una volta raggiunto può facilmente trasformarsi nel mito della coerenza a oltranza ed impedire alla persona di cambiare ulteriormente, di diventare altro da sé e di farlo anche ben oltre il raggiungimento di una presunta “maturazione”. Lo stesso discorso vale anche per l’obiettivo dell’autorealizzazione, che può portare a credere che una volta realizzatosi l’individuo non possa più cambiare. Dobbiamo tenere sempre aperta la porta al cambiamento, nelle nostre come nelle altrui vite. La flessibilità è salute, la rigidità è morte.

Clemente (esplo)

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Che la terapia non serva a trasformare il paziente nel medico/terapeuta di se stesso??....

Link al commento
Condividi su altri siti

 

proprio così Emiliano, l'obiettivo di ogni psicoterapeuta dovrebbe essere quello di rendersi progressivamente inutile. Ciò è senz'altro possibile allo psicoterapeuta *aperto*, mentre quello *chiuso* dispensando consigli e risposte non fa altro che alimentare la dipendenza del paziente dall'"esperto".

Clemente (esplo)

Link al commento
Condividi su altri siti

 

TIPI DI TERAPIA: quelle che riescono e quelle che non riescono.Punto.

Una persona che si reca da un terapeuta, ma anche da un'avvocato, da un ingegnere, si "assoggetta" al suo sapere, alla sua professione/professionalità e quindi alle sue indicazioni/progetti.

Personalmente trovo che troppo spesso l'incapacità di "dare un indirizzo/consigliare" coincida con l'incapacità del terapeuta di "risolvere" le situazioni, cioè troppo spesso il terapeuta tende a "spiegare" e non a "lavorare su"; questo inevitabilmente è causa di frequenti fallimenti o , peggio, di rafforzamento dei sintomi ( in particolare quelli paranoici, dovuti ad eccessiva "cerebralizzazione" della terapia...la terapia infatti non è "spiegare" i processi da un punto di vista psicologico, se non in parte, ma è soprattutto un "lavorare" su questi processi, sia da un punto di vista fisico che mentale/emotivo, * il chè è lo stesso*..., facendo uso di precise "tecniche" )Risolvere non vuol dire "dare l felicità" al cliente, ma metterlo in condizione di vivere con equilibrio se stesso, ovvero le proprie sensazioni/emozioni/pensieri, detto altrimenti le sue caratteristiche cognitive, ma se non lo si "aiuta" con il "lavoro/indicazioni" del terapeuta dubito che lui possa mai riuscirci da solo...

Alla fine se ci si riesce bene, altrimenti riprovare altrimenti...magari cambiando terapeuta...

Per quanto riguarda la dizione paziente/cliente, in ogni caso per affrontare una terapia ci vuole molta pazienza sia da parte del terapeuta che della persona che affronta la terapia, ma questo e vero per tutti i "clienti", quelli dell'avvocato, dell'ingegnere, etc... :)

Link al commento
Condividi su altri siti

 

C'è una questione epistemologica di fondo che va affrontata. Infatti per dare consigli, indicazioni, direttive bisogna che il terapeuta presupponga di avere una conoscenza "oggettiva" della situazione psicologica della persona che vuole aiutare. Ma oggi sappiamo che questa conoscenza "oggettiva" della psiche non ce l'ha nessuno. Poiché la realtà psichica è una costruzione del soggetto conoscente, tutti i punti di vista si equivalgono. Se le cose stanno così, come fa il terapeuta a fare progetti e a dare indicazioni? Procede per tentativi? E se poi va male? Molto meglio una posizione minimalista in cui il terapeuta si limita ad ascoltare e a fare qualche domanda per favorire il processo di elaborazione e di autoguarigione (autopoiesi) del cliente. L'approccio non direttivo, se non altro, rischia meno di fare danno.

Rispetto ad altre professioni, poi, lo psicoterapeuta è l'unico esperto/non esperto, cioè l'unico esperto che ammetta candidamente la propria ignoranza sulla psiche dell'altro perché ha tutto da imparare dal suo cliente (continuo a preferire il termine "cliente", brutto calco dall'inglese "client", perché da' più l'idea di una relazione simmetrica rispetto a "paziente"). E' proprio il suo non sapere che gli permette di fare domande anche ovvie (mai fidarsi dei "falsi amici"!) che possano favorire la riflessione dell'altro.

Link al commento
Condividi su altri siti

 
 

"aioblu"]TIPI DI TERAPIA: quelle che riescono e quelle che non riescono.Punto. Una persona che si reca da un terapeuta"

Si reca per consocere il sesso degli angeli? No!!Perchè ha dei sintomi.

".. ma anche da un'avvocato, da un ingegnere, si "assoggetta" al suo sapere, alla sua professione/professionalità e quindi alle sue indicazioni/progetti."

Non si reca per farsi assoggettare per per esporre un argomento, dall'avvocato per ci va per una causa, dall'ingegnere ci va per una costruzione da un terapeuta per dei sintomi(cefalea, insonnia, colite, ansia...)!!!

"Personalmente trovo che troppo spesso l'incapacità di "dare un indirizzo/consigliare" coincida con l'incapacità del terapeuta di "risolvere" le situazioni, cioè troppo spesso il terapeuta tende a "spiegare" e non a "lavorare su"; questo inevitabilmente è causa di frequenti fallimenti o , peggio, di rafforzamento dei sintomi ( in particolare quelli paranoici, dovuti ad eccessiva "cerebralizzazione" della terapia...la terapia infatti non è "spiegare" i processi da un punto di vista psicologico, se non in parte, ma è soprattutto un "lavorare" su questi processi, sia da un punto di vista fisico che mentale/emotivo, * il chè è lo stesso*..., facendo uso di precise "tecniche" )"

Purtroppo quando si ha confusione sul signifcato dei sintomi il terapeuta cerca di "risolvere" i problemi del paziente, dandogli consigli su come si compoterebbe lui, ma dimentica che il paziente non è andato dall'avvocato o dall'ingegnere ma dal terapeuta con dei sintomi (insonnia, cefalea, colite)...se tizio è timido con le ragazze per es. il terapeuta nond ve consigliare come rimorchiare ma far capire la fuznioen e il ruolo del sintomo timidezzaca, solo così il paziente può divenatre medico dis e stesso...

"Risolvere non vuol dire "dare l felicità" al cliente, ma metterlo in condizione di vivere con equilibrio se stesso, ovvero le proprie sensazioni/emozioni/pensieri, detto altrimenti le sue caratteristiche cognitive, ma se non lo si "aiuta" con il "lavoro/indicazioni" del terapeuta dubito che lui possa mai riuscirci da solo..."

anche il amnifesto dla partito comunsita del 1936 mirava a dare la felicità agli adepti...promettendo di far vivere tutti in equilibrio con se stessi...il paziente uanvolta riconosciuta la funzione del sintomo è invitato a ricercare chi lo ha prodotto, per es. la voglia di fare il predatore con le donne...

"Alla fine se ci si riesce bene, altrimenti riprovare altrimenti...magari cambiando terapeuta..."

oppure per proseguire sul modello "risolutivo" e del "consiglio da eseguire" il cliente può cambiare avvocato/mago e provare con i guaritori magici...

"Per quanto riguarda la dizione paziente/cliente, in ogni caso per affrontare una terapia ci vuole molta pazienza sia da parte del terapeuta che della persona che affronta la terapia, ma questo e vero per tutti i "clienti", quelli dell'avvocato, dell'ingegnere, etc..."

una pazienza che dura generalmente per tutta la vita del cliente.... IN ATTESA DELLA GUARIGIONE MAGICA

Link al commento
Condividi su altri siti

 
Che la terapia non serva a trasformare il paziente nel medico/terapeuta di se stesso??....

su questo concordo.

clemente,da quello che mi risulta gli archetipi non vengono usati in terapia,non è che l'analista si mette lì e ti dice "ti si è attivato l'archetipo dela vecchio saggio",per esempio.

credo che sia per questo che non restringono il campo dell'individuazione.

per quanto riguarda la loro veridicità,non so quali pretese scientifiche avesse Jung, ma se ci sono immagini che si ripetono in ogni epoca,luogo,latitudine,longitudine, un motivo ci dovrà pur essere. non credo che abbia peccato di eurocentrismo....anzi.

Link al commento
Condividi su altri siti

 

="Pollicino"]Giustissimo........... ciao Chiara è un pò che non ci si sente..."

volevi dire clemente????

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Vedi, S., tutto dipende dalla capacità del terapeuta di dimenticare ciò che ha imparato. Se uno in seduta riesce a liberarsi delle cose che sa può diventare veramente ricettivo e aprirsi al nuovo che la persona rappresenta. Quando, ad esempio, una persona gli racconta un sogno, il terapeuta deve sgombrare la propria mente e dire a se stesso: “Non ho idea di cosa significhi questo sogno” (regola di Jung). Se l’atteggiamento che il terapeuta riesce a tenere è così aperto, non ha importanza stabilire se le immagini ed i simboli dei sogni degli europei siano davvero universali o invece dipendano dal contesto culturale di appartenenza.

p.s.

Anche se il “Giustissimo” non fosse per me, ringrazio lo stesso Pollicino.

Link al commento
Condividi su altri siti

 

"... tutto dipende dalla capacità del terapeuta di dimenticare ciò che ha imparato."

Volevi dire di ricordare, perchè per ricordare occorre prima dimenticare...

" Se uno in seduta riesce a liberarsi delle cose che sa può diventare veramente ricettivo e aprirsi al nuovo che la persona rappresenta."

il nuovo che lo rappresenta è l'interpretazione che non spetta al terapeuta am al sognatore...il terapeuta dovrebbe ricordare al sognatore cosa è un sogno, cosa è una fantasia, un pensiero, un'allucinazione, una visione, uan paranoia...

" Quando, ad esempio, una persona gli racconta un sogno, il terapeuta deve sgombrare la propria mente e dire a se stesso: “Non ho idea di cosa significhi questo sogno” (regola di Jung)"

infatti il significato lo conosce solo il sognatore.

"Se l’atteggiamento che il terapeuta riesce a tenere è così aperto, non ha importanza stabilire se le immagini ed i simboli dei sogni degli europei siano davvero universali o invece dipendano dal contesto culturale di appartenenza."

i segni, le imamgini e i simboli dei sogni appartengono solo al repertorio del sognatore...occorre però ricordarsi di chiedersi se il sognatore sa cosa è un sogno...L'archetipo può essere utile come modello di sfondo per es. per quanto riguarda certe modalità cannibaliche....preda-predatore...

Link al commento
Condividi su altri siti

 

"Volevi dire di ricordare, perchè per ricordare occorre prima dimenticare..."

No, volevo proprio dire dimenticare.

Svuotare la propria mente, lasciare perdere tutto ciò che è tipico per vedere ciò che è qui ed ora.

"il nuovo che lo rappresenta è l'interpretazione che non spetta al terapeuta am al sognatore..."

sono d'accordo, anche se il terapeuta può assistere il sognatore nel processo di scoperta.

"il terapeuta dovrebbe ricordare al sognatore cosa è un sogno, cosa è una fantasia, un pensiero, un'allucinazione, una visione, uan paranoia..."

non credo che si possano dare definizioni esatte di queste cose semplicemente perché non esistono definizioni esatte.

"infatti il significato lo conosce solo il sognatore."

sono d'accordo, anche se spesso parlarne ad un altro può essere utile per capirlo.

"i segni, le imamgini e i simboli dei sogni appartengono solo al repertorio del sognatore..."

ok, meglio rinunciare del tutto ai simboli universali, sono dei falsi amici.

"occorre però ricordarsi di chiedersi se il sognatore sa cosa è un sogno..."

non sono d'accordo, il sognatore sa già cosa è un sogno, non occorre insegnarglielo.

"L'archetipo può essere utile come modello di sfondo per es. per quanto riguarda certe modalità cannibaliche....preda-predatore..."

non è necessario ricorrere agli archetipi: le immagini le deve proporre il sognatore, non l'interprete.

Link al commento
Condividi su altri siti

 

"No, volevo proprio dire dimenticare. Svuotare la propria mente, lasciare perdere tutto ciò che è tipico per vedere ciò che è qui ed ora."

Qui ed ora c'è del materiale che deve essere decodificato e se non si possiede un modello si fa salotto...non siamo al bar, siamo uno di fronte all'altro: terapeuta-aspirante terapeuta

"sono d'accordo, anche se il terapeuta può assistere il sognatore nel processo di scoperta."

nel processo di conoscenza attraverso, si spera, l'applicazione di un modello....

"non credo che si possano dare definizioni esatte di queste cose semplicemente perché non esistono definizioni esatte."

neanche con l'esempio?

"sono d'accordo, anche se spesso parlarne ad un altro può essere utile per capirlo."

un altro? Il terapeuta è l'altro?? Si spera che il terapeuta sappia quale è la differenza fra paranoia, sogno, fantasia

"ok, meglio rinunciare del tutto ai simboli universali, sono dei falsi amici."

condivido ma i simboli utilizzati dal sognatore non sono importanti?

"non sono d'accordo, il sognatore sa già cosa è un sogno, non occorre insegnarglielo."

Bene allora ci dici cosa è per te un sogno? La realizzazione di un desiderio rimosso?

"non è necessario ricorrere agli archetipi: le immagini le deve proporre il sognatore, non l'interprete."

Per molti praticare la relazione preda-predatore è proporre una relazione equilibrata....leggi un pò un giro e vedrai...

Link al commento
Condividi su altri siti

 

Unisciti alla conversazione

Adesso puoi postare e registrarti più tardi. Se hai un account, registrati adesso per inserire messaggi con il tuo account.

Ospite
Rispondi

×   Incolla come testo formattato.   Incolla invece come testo normale

  Sono permesse un massimo di 75 faccine.

×   Il tuo link è stato inserito automaticamente.   Visualizza invece come link

×   Il tuo contenuto precedente è stato ripristinato.   Editor trasparente

×   Non puoi incollare le immagini direttamente. Carica o inserisci immagini dall'URL.

  • Navigazione recente   0 utenti

    • Non ci sono utenti registrati da visualizzare in questa pagina.

Pubblicità



×
×
  • Crea nuovo/a...

Informazione importante

Navigando questo sito accetti le nostre politiche di Politica sulla Privacy.