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Paura della psicologia


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Non ha molto senso combattere la criminalità "educando" alla psicologia una società che, almeno in apparenza,

non è in grado di riconoscere un crimine nemmeno quando lo subisce, e che appena si parla di codici si fa venire

l'orticaria e reagisce malissimo, forse proprio per non dover "vedere" cose che teme.

Il problema a cui siamo di fronte è da una parte un problema di strutture adeguate atte a curare e prevenire i

disturbi mentali, problema di per sé di ardua risoluzione in un paese in cui la teoricamente giustissima chiusura dei manicomi

ha portato più male che bene (tutti siamo abituati a notare tantissima gente che vaga per la strada parlando da sola,

quasi sempre SENZA il viva voce). D'altro lato, sarebbe per me molto utile una maggiore diffusione delle tematiche riguardanti la psicologia e la psicanalisi, anche (forse soprattutto) nelle scuole, perché forse, alla fine, datango non ha tutti i torti nel pensare che esista ancora qualche forma di prevenzione (ma più che di prevenzione, direi di ignoranza vera e propria).

Ciò dicendo mi contraddico in gran parte, ma qualcuno diceva che solo i cretini non si contraddicono mai... :winner

Ste ha ragione, educare alla psicologia una società che ha in mente solo fini di egoismo e arrivismo sociale non è facile, ciò che conta di più è l'amore e il buon esempio di tutti, genitori, insegnanti, psicologi...pure lo studio dei meccanismi della mente umana, impostato senza schematismi, a 360 gradi, può essere utile in questa epoca di progresso tecnico senza una vera evoluzione interiore dell'essere. E dovrebbe comportare una sempre più diffusa compartecipazione ai processi di "cura". Pensate a gruppi di donne che si incontrano, legate (ad esempio) dal comune problema della depressione post partum...

Insomma, caro Ste, rivoluzionare il discorso sulle terapie psicologiche significherebbe mettere in primo piano IL FATTORE UMANO. E fare in modo che l'analisi sia legata in modo più profondo alla vita, alla considerazione pratica dei problemi...

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Io pure credo che la psicologia farebbe un gran bene al vivere civile.

Proprio perchè,secondo me, riuscirebbe a collocare nella giusta prospettiva il valore e il senso del "codice".

Per chi "abbraccia" certe convinzioni della psicologia è abbastanza scontato supporre che si trasgredisce il codice per trasgredire, spesse volte, dei dettami interiori potenti e limitanti che hanno poco a che vedere con il codice e molto più ne hanno con babbi, mamme, e zie e suore ecc... che han perseguitato con il loro bel pacchetto di divieti e giudizi.Spesse volte i "rivoluzionari" protestano più contro il loro babbo interno che li costringe e li limita,piuttosto che contro la causa esterna da sostenere, che finisce per essere un pretesto e niente più.

How long shall they kill our profects while we stand aside and look?

Ecco a cosa servono mediamente le conoscenze (non solo quelle di psicologia, ma quelle di psicologia

sono fantastiche per questo genere di applicazioni pratiche! Seconde solo alla giurisprudenza...).

Nulla a che vedere con la civiltà, molto di più con la ricerca di un rifugio interno e qualche scusa per non

aver dato una mano al povero cristo di turno mentre affrontava le cause esterne.

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How long shall they kill our profects while we stand aside and look?

Ecco a cosa servono mediamente le conoscenze (non solo quelle di psicologia, ma quelle di psicologia

sono fantastiche per questo genere di applicazioni pratiche! Seconde solo alla giurisprudenza...).

Nulla a che vedere con la civiltà, molto di più con la ricerca di un rifugio interno e qualche scusa per non

aver dato una mano al povero cristo di turno mentre affrontava le cause esterne.

No, perchè?

Ogni cosa si presta a un uso distorto, bisogna un po' crederci nella buona fede...sia della psicologia che delle "conoscenze" (della giurisprudenza,tanto tanto..)

Non vedo la scena statica: un povero cristo che s'agita e un osservatore che se ne lava le mani...

Penso piuttosto che prima di arrivare ad abbracciare con consapevolezza le cause esterne un po' tutti passino attraverso la fase dei "poveri cristi",e solo in seguito di si diviene capaci d'infervorarsi per le cause esterne in se stesse senza sovrapporvi robe personali.

E, per contro, credo che anche l'adesione al codice possa risentire della stessa deformazione ottica e della consapevolezza...

p.s ah, m'è venuto in mente il libro di James Hillman "Cent'anni di psicanalisi e il mondo va sempre peggio" :)

Bè,si parla della stanza dell'analista come della cellula dove si prepara la "rivoluzione" che dal singolo si allarga al sociale...mo ripiglio il librino ed estrapolo qualche chicca che ti farà rabbrividire :winner

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No, perchè?

Ogni cosa si presta a un uso distorto, bisogna un po' crederci nella buona fede...sia della psicologia che delle "conoscenze" (della giurisprudenza,tanto tanto..)

Non vedo la scena statica: un povero cristo che s'agita e un osservatore che se ne lava le mani...

Penso piuttosto che prima di arrivare ad abbracciare con consapevolezza le cause esterne....

Effettivamente è vero che ogni cosa si presta ad un uso distorto. A parte casi patologici di persone che si "infervorano"

per ogni sciocchezza, normalmente le "cause esterne" affrontate dai poveri cristi sono cose che provocano situazioni

d'allarme, per capire la pericolosità delle quali non serve molto di più di un po' di buon senso e che richiedono reazioni

adeguate in tempi adeguati. Capirai che se una persona deve prima studiare psicologia e poi fare una lunga psicoterapia

(o magari il viceversa) per arrivare ad abbracciare con consapevolezza le cause esterne, ben che gli vada ci arriverà

quando non servirà più la sua attivazione, molto di rado ci arriverà prima, e più probabilmente le conoscenze in materia

gli serviranno per elaborare alibi più o meno originali (spesso poco) e più o meno denigratori (spesso tanto).

E, per contro, credo che anche l'adesione al codice possa risentire della stessa deformazione ottica e della consapevolezza...

Questo discorso sui codici è un po' viziato da un atteggiamento di fondo molto comune nei loro confronti, che tende a

vederli come qualcosa di diverso da quello che sono (essenzialmente dei "patti" degli "accordi" di convivenza) e a metterli

su un piano diverso, alla stregua di teorie o di conoscenze da raggiungere.

Un codice, in quanto accordo di convivenza, va idealmente rispettato dal momento in cui viene sottoscritto e sottoscritto

solo dopo averlo compreso ed approvato. Chiaro che questa situazione ideale viene un po' a cadere dal momento che il

processo di approvazione è implicito ed il codice viene trovato già pronto, com'è e come non potrebbe essere diversamente

nel caso delle leggi di una società. L'unica è leggerli, rispettarli se si è d'accordo, rigettarli se non lo si è (ma mettendosene

al di fuori), o cercare di cambiarli quando ci si rende conto che non vanno bene, diventando riformisti o al limite rivoluzionari

e correndo i rischi connessi.

La pretesa di raggiungere la fantomatica "consapevolezza" prima di rispettare delle regole, anche se fatta in buona fede,

equivale a fottere la controparte che si aspetta che le regole vengano rispettate e si impegna a farlo di conseguenza.

Di solito, poi, almeno nelle cose fondamentali, le regole non richiedono grandi competenze e il raggiungimento di grandi

traguardi psicologici e personali per comprenderne il senso e decidere di approvarle. Si tratta solo di leggerle e se non sono

chiare fare qualche domanda a chi le capisce (qualche esperto affidabile lo si trova sempre).

Prendiamo un esempio abbastanza vicino:

http://www.psiconline.it/prob_prof/codice_deontologico.html

Cosa c'è di tanto complicato in queste 42 regolette da richiedere qualcosa in più delle competenze della scuola dell'obbligo,

per comprenderle? Nulla. Si tratta solo di leggerle e di andare a rileggerle quando ci sono dubbi.

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Effettivamente è vero che ogni cosa si presta ad un uso distorto. A parte casi patologici di persone che si "infervorano"

per ogni sciocchezza, normalmente le "cause esterne" affrontate dai poveri cristi sono cose che provocano situazioni

d'allarme, per capire la pericolosità delle quali non serve molto di più di un po' di buon senso e che richiedono reazioni

adeguate in tempi adeguati.Capirai che se una persona deve prima studiare psicologia e poi fare una lunga psicoterapia

(o magari il viceversa) per arrivare ad abbracciare con consapevolezza le cause esterne, ben che gli vada ci arriverà

quando non servirà più la sua attivazione, molto di rado ci arriverà prima, e più probabilmente le conoscenze in materia

gli serviranno per elaborare alibi più o meno originali (spesso poco) e più o meno denigratori (spesso tanto).

Questo discorso sui codici è un po' viziato da un atteggiamento di fondo molto comune nei loro confronti, che tende a

vederli come qualcosa di diverso da quello che sono (essenzialmente dei "patti" degli "accordi" di convivenza) e a metterli

su un piano diverso, alla stregua di teorie o di conoscenze da raggiungere.

Credo che qui gli aspetti o punti di vista presi in considerazione siano due: uno è quello del povero cristo che denuncia,

l'altro è il destinatario della denuncia (singolo o istituzione che sia).L'intervento e l'utilità "sociale" della psicologia

(lasciamo perdere la psicoterapia per un attimo)credo possa estendersi anche al secondo aspetto. Penso possa-la psicologia- fornire delle spiegazioni sulla debolezza o sulla rigidità delle reazioni che istituzioni organizzazione sociale si producono rispetto a un certo attacco, penso possa - la psicologia- rappresentare un vertice d'osservazione e di intepretazione dei fatti sociali e delle dinamiche che li governano, nel loro complesso, includendo il povero cristo e quant'altri.(e il caso dell'esperimento di Zimbardo ne è un esempio anche se non approfondisce le cause del fenomeno che ossserva, limitandosi a registrarlo)

Il conseguimento della consapevolezza riguarda l'esperienza del singolo, come pure la fase oppositiva. Si tratta forse di tappe evolutive, sempre a leggerla con le lenti della psicologia. Il che non significa che se uno è nella fase proiettiva e infervorata debba starsene muto e zitto:facesse.Si sa che siamo fatti così, e che non si può aspettare d'esser divenuti saggi per agire, ma si può anche mettere in pista dei processi che aiutino e che facilitino l'evoluzione dei comportamenti senza che finiscano col cristallizzarsi e ripetersi sempre uguali.

Mi sembra che fu Winnicott a dire che la società dovrebbe riuscire ad accogliere e contenere le spinte eversive ( si riferiva agli adolescenti e ai giovani, sopratutto) riuscendo a utilizzarne il potenziale creativo.

La pretesa di raggiungere la fantomatica "consapevolezza" prima di rispettare delle regole, anche se fatta in buona fede,

equivale a fottere la controparte che si aspetta che le regole vengano rispettate e si impegna a farlo di conseguenza.

[cut]

Cosa c'è di tanto complicato in queste 42 regolette da richiedere qualcosa in più delle competenze della scuola dell'obbligo,

per comprenderle? Nulla. Si tratta solo di leggerle e di andare a rileggerle quando ci sono dubbi.

Notiamo che il buon senso spesse volte non è sufficiente a fare rispettare le regole.Vale a dire che una persona anche se ragionevolmente conviene che non sta bene tirare calci a un altro però poi lo fa, capita che lo faccia. Magari poi se ne pente, magari poi dice "non capisco cosa mi sia preso, non ero io, non ero in me, ecc.ecc.".Quante volte abbiamo sentito frasi del genere:ora io qui troverei già pane per i miei denti, ma sorvolo, va...

Vorrei però sapere, dal tuo punto di vista "laico" se non addirittura contrario, rispetto alle robe psicologiche: che spiegazione dai al fatto che le regole, anche le più ovvie e semplici spesse volte, nel vivo delle vicende (perchè a tavolino siam tutti bravi) non vengono rispettate?

Personalmente penso che dipenda dalla motivazione, dal bisogno ultimo che fa da molla dei comportamenti e ritorno a bomba, al fatto cioè che o c'è consapevolezza di quelle robe che sottostanno ai comportamenti o altrimenti le regole son sempre a rischio...

Quanto al fatto che ci sia anche il povero cristo (pure lui,lo è) che passa la sua vita imbrigliato nel rispetto delle regole e che si comporta di conseguenza e che rimane fottuto e sbigottito dal fatto di essere l'unico fesso a fare il bravo...bè condivido in pieno.

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Credo che qui gli aspetti o punti di vista presi in considerazione siano due: uno è quello del povero cristo che denuncia,

l'altro è il destinatario della denuncia (singolo o istituzione che sia).L'intervento e l'utilità "sociale" della psicologia

(lasciamo perdere la psicoterapia per un attimo)credo possa estendersi anche al secondo aspetto.

Soprattutto al secondo aspetto, anche se non mi riferivo tanto (o solo) al povero cristo che denuncia ma più in generale

al povero cristo che affronta e/o che addirittura subisce (pensa ad esempio alle vicende della pedofilia nelle parrocchie

o a casi simili). In realtà è soprattutto una questione di priorità. Le priorità dovrebbero essere note soprattutto a chi ha

certi ruoli: si tratta banalmente della differenza tra essere adeguati o no (per competenza, per tempra personale, ecc..).

Vorrei però sapere, dal tuo punto di vista "laico" se non addirittura contrario, rispetto alle robe psicologiche: che spiegazione dai al fatto che le regole, anche le più ovvie e semplici spesse volte, nel vivo delle vicende (perchè a tavolino siam tutti bravi) non vengono rispettate?

La cosa più degna di interesse, secondo me, non è tanto il fatto che le regole non vengano rispettate... quello accadrà

sempre e nessuno può dirsi candido (anche perché spesso nemmeno le conosciamo o siamo in grado di confrontarci

regole alla mano quando serve). Ciò che è interessante, da tutti i punti di vista incluso quello psicologico, è ciò che

crea le condizioni per cui un'infrazione diventa sistematica, e chi fa in modo che ciò accada, e come lo fa (con che metodi

e usando quali strumenti, siano essi competenze o prerogative di ruolo e/o di posizione).

Semplificando al massimo, ma la schematizazione è solo nelle parole, non nel pensiero, diciamo... ciò che fa sì che un

certo tipo di infrazione venga incentivato o (accade anche questo) indotto o addirittura forzato.

Ah, io non sono né laico né contrario alla psicologia. Sono molto critico su usi perversi della stessa, ma alla stessa stregua

di cui lo sono per tutte le altre materie, con l'unica piccola sottiletta che la psicologia agisce direttamente sulla persona e

spesso sulla persona in situazione di difficoltà, cosa che richiede maggiore attenzione.

Tanto per fare un esempio, se una vittima di violenze sessuali ripetute si rivolge a qualcuno per chiedere aiuto, e la

psicologia viene usata come spesso accade per mettere la vittima al centro dell'attenzione e iniziare ad indagare nella sua

vita per cercare qualche causa per cui l'avrebbe voluto, beh... in casi (rari?) come questi io sono fermamente contrario

all'uso della psicologia, e a chi lo fa. Non certo alla psicologia in sé (poi c'è chi s'approccia alla materia con spirito da "la

psicologia sono io e chi non è d'accordo con ciò che dico è contrario alla psicologia", ma questo è un atteggiamento che

non serve uno psicologo per capire da cosa è indotto). Dicevo... sono fermamente contrario a questo uso, ma non per dei

motivi di opinione, di antipsicologia/psicologi/psicofili o per idealismi di giustizia o legalitari... semplicemente per dei motivi

pratici. E' ancora soprattutto una questione di priorità: se le regole sono fatte per qualcosa (non sempre è così, ma facciamo

finta che lo sia), un'infrazione comporta sempre un danno, e intervenire male può comportare un calvario infinito, se non

proprio una fine.

Personalmente penso che dipenda dalla motivazione, dal bisogno ultimo che fa da molla dei comportamenti e ritorno a bomba, al fatto cioè che o c'è consapevolezza di quelle robe che sottostanno ai comportamenti o altrimenti le regole son sempre a rischio...

Quanto al fatto che ci sia anche il povero cristo (pure lui,lo è) che passa la sua vita imbrigliato nel rispetto delle regole e che si comporta di conseguenza e che rimane fottuto e sbigottito dal fatto di essere l'unico fesso a fare il bravo...bè condivido in pieno.

Io no. Secondo me la consapevolezza e la volontà sono quasi irrilevanti, rispetto al conformismo (nel bene e nel male).

Secondo me, poi, se davvero uno passa la vita in quelle condizioni e dopo un paio di mesi è ancora sbigottito, allora si che

è davvero fesso o idealista. Le regole che gli uomini si danno non esistono in natura. Se un patto viene fatto è perché si è

arrivati a stabilire che serve a qualcosa, e se non è rispettato dalle parti in gioco vuol dire che non serve o che serve ad

altro... quindi ritengo giusto ritenerlo non valido e sentirsi autorizzati a non rispettarlo, almeno fino a quando non torni ad

essere sufficientemente rispettato.

Se poi uno - non necessariamente sempre il solito povero cristo - crede che anche se non è rispettato, sarebbe bene farlo

perché lo ritiene giusto e utile, allora penso che la cosa migliore da fare, pur essendo una scelta soggettiva, sia quella di

attivarsi per ripristinarlo. Non necessariamente dando il buon esempio, però (il buon esempio è solo una strategia e in molti

casi non serve a niente o fa addirittura danni... dipende da "chi" o dà, soprattutto). Un altro modo è provare a farlo prendere

in considerazione, anche solo farlo leggere...

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Io credo che la paura della psicologia, nasca dalla necessità di confermare il proprio io. Aderiamo al nostro modello educativo, perchè crediamo sia quello che ci ha permesso di vivere fino a quel momento. La nostra mente, che elabora questo, considera ogni informazione che metta in discussione queste convinzioni come nemiche della nostra integrità psicofisica. Le informazioni ci destabilizzano nel momento in cui fanno eco nella nostra essenza repressa, la mente crea così infinite barriere nei confronti della libera espressione del nostro io, nella convinzione che servano ad arginare orde barbariche esterne.

Tuttavia il corpo e le sue modalità di comunicazione sono perfetti, esiste la possibilità tramite la psicofisiologia di tradurre questi gesti donando loro un significato. Imparare a osservare e riconoscere quello che il corpo vuole comunicarci può mettreci in comunicazione con la nostra parte più essenziale, la paura li non esiste, non esiste giusto o sbagliato, non esiste il bene e il male.

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Io credo che la paura della psicolagia, nasca dalla necessità di confermare il proprio io. Aderiamo al nostro modello

educativo, perchè crediamo sia quello che ci ha permesso di vivere fino a quel momento. La nostra mente, che elabora

questo, considera ogni informazione che metta in discussione queste convinzioni come nemiche della nostra integrità

psicofisica. Le informazioni ci destabilizzano nel momento in cui fanno eco nella nostra essenza repressa, la mente crea

così infinite barriere nei confronti della libera espressione del nostro io, nella convinzione che servano ad arginare orde

barbariche esterne.

Anche così suona bene:

Io penso che il rifugio nella psicoterapia, nasca dalla necessità di proteggere il proprio io. Aderiamo al nostro modello

terapeutico, perchè crediamo sia quello che ci ha permesso di vivere fino a quel momento. La nostra mente, che elabora

questo, considera ogni informazione che metta in discussione queste convinzioni come nemiche della nostra integrità

psicofisica. Le informazioni ci destabilizzano nel momento in cui fanno eco nella nostra essenza repressa, la mente crea

così infinite barriere nei confronti della libera espressione del nostro io, nella convinzione che servano ad arginare orde

barbariche esterne.

Puro esercizio dialettico? :Thinking:

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Il problema a cui siamo di fronte è da una parte un problema di strutture adeguate atte a curare e prevenire i

disturbi mentali.......................

............rivoluzionare il discorso sulle terapie psicologiche significherebbe mettere in primo piano IL FATTORE UMANO. E fare in modo che l'analisi sia legata in modo più profondo alla vita, alla considerazione pratica dei problemi...

Il problema delle strutture dedicate esiste, Turbo, ed è secondo me conseguenza dall'importanza che viene attribuita all'educazione psicologica, in un epoca di maleducazione sociale. Anche io vedo girare per la strada persone che parlano senza viva voce e annotano quello che accade alla fermata dell'autobus sui loro taccuini, mi chiedo se loro siano quelli pericolosi (come descrive bene anche la canzone che ha vinto il festival di sanremo) mi chiedo se quelli che vengono additati come matti siano utili a noi per tranquillizzarci, e autoconvincerci che non tocca a noi metterci la camicia di forza e andare nella stanza imbottita :Big Grin: ....

Un autentica rivoluzione (come disse qualcuno che conosci), sarà possibile se mettiamo da parte il nostro conosciuto e ci mettiamo ad osservare realmente, magari ne esce fuori qualcosa di interessante.. :Praying:

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la psicologia fa paura si, perchè scende nell'animo e tenta risposte e soluzioni..ma bisogna essere molto attenti perchè non sempre scendere così a fondo è gestibile umanamente..a volte si va oltre erroneamente.. il tentativo della psicologia è assolutamente vero e nobile ma bisogna essere molto attentia a capire che è cosa tanto delicata..

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  • 5 months later...
la psicologia fa paura si, perchè scende nell'animo e tenta risposte e soluzioni..ma bisogna essere molto attenti perchè non sempre scendere così a fondo è gestibile umanamente..a volte si va oltre erroneamente.. il tentativo della psicologia è assolutamente vero e nobile ma bisogna essere molto attentia a capire che è cosa tanto delicata..

Quando ci si avvicina alla psicologia è oramai troppo tardi. Aver vissuto una vita in cui il nostro alfabeto emozionale non è stato mai delineato, rende arida la nostra aiula sentimentale, un terapeuta potrà innaffiare la nostra crosta, ma l'acqua penetrerà realmente solo nello strato superficiale.

L'esperienza della terapia è però necessaria per dissipare la confusione e scorgere che le emozioni possono avere una definizione, mettendo così a tacere le nostre paure dell'ignoto. Abbiamo così la possibilità di donare ai nostri figli la facoltà di riconoscere che oltre allo sviluppo fisico e intellettuale esiste anche uno sviluppo emozionale, la possibilità di far scorrere l'acqua dalla superficie sino alle più profonde cavità umane.

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Quando ci si avvicina alla psicologia è oramai troppo tardi. Aver vissuto una vita in cui il nostro alfabeto emozionale non è stato mai delineato, rende arida la nostra aiula sentimentale, un terapeuta potrà innaffiare la nostra crosta, ma l'acqua penetrerà realmente solo nello strato superficiale.

L'esperienza della terapia è però necessaria per dissipare la confusione e scorgere che le emozioni possono avere una definizione, mettendo così a tacere le nostre paure dell'ignoto. Abbiamo così la possibilità di donare ai nostri figli la facoltà di riconoscere che oltre allo sviluppo fisico e intellettuale esiste anche uno sviluppo emozionale, la possibilità di far scorrere l'acqua dalla superficie sino alle più profonde cavità umane.

Il grado di superficialità della penetrazione dipende da persona a persona. Ci sono esempi tardivi ma anche quelli tempestivi. Sta poi a noi fare le esperienze di cui si dibatte in terapia e (forse) imparare. A qualcuno capita a qualcun'altro no. Ciò è dovuto sia a fattori genetici e che appresi. C'è chi vorrebbe ma non ce la fa, chi na ha paura, chi non vuole, e mille altre possibilità. Non è un caso che non tutte le terapie hanno buoni esiti anche per i migliori specialisti, ci sono pure quelli totalmente impermeabili sebbene essi stessi credano il contrario.

In questo ci vedo dei parallelismi con la poesia, dove solo un animo predisposto a comprenderla è capace di apprezzarne il valore.

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Il grado di superficialità della penetrazione dipende da persona a persona. Ci sono esempi tardivi ma anche quelli tempestivi. Ciò è dovuto sia a fattori genetici e che appresi. C'è chi vorrebbe ma non ce la fa, chi na ha paura, chi non vuole, e mille altre possibilità. Non è un caso che non tutte le terapie hanno buoni esiti anche per i migliori specialisti, ci sono pure quelli totalmente impermeabili sebbene essi stessi credano il contrario.

In questo ci vedo dei parallelismi con la poesia, dove solo un animo predisposto a comprenderla è capace di apprezzarne il valore.

Io credo che l'animo di ciascuno di noi esseri umani, nasce puramente predisposto a fruire delle sue emozioni, siamo noi "i giannati", a dover porre attenzione affinchè quest'animo non si impermeabilizzi e cada nell'oblio dell'insensibile aridità.

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la psicologia condiziona la mente! lei/lui mica me la detto lo psicologo!

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la psicologia condiziona la mente! lei/lui mica me la detto lo psicologo!

Ciao Vasca; secondo me la psicologia contribuisce a fornire una chiave di lettura delle nostre emozioni.

Se non abbiamo ricevuto un educazione emozionale, che va impartita sin dalla nascita, vivamo in balia delle nostre emozioni che non trovano una collocazione e confondono quello che è la nostra percezione di noi e di quello che ci circonda.

La terapia psicologica può aiutare a senitire che quello che abbiamo seppellito nel profondo, in alcuni casi riesce a riportalrlo a galla, regalandoci quella serena quiete che si cela dietro la confusione.

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Ciao Vasca; secondo me la psicologia contribuisce a fornire una chiave di lettura delle nostre emozioni.

Se non abbiamo ricevuto un educazione emozionale, che va impartita sin dalla nascita, vivamo in balia delle nostre emozioni che non trovano una collocazione e confondono quello che è la nostra percezione di noi e di quello che ci circonda.

La terapia psicologica può aiutare a senitire che quello che abbiamo seppellito nel profondo, in alcuni casi riesce a riportalrlo a galla, regalandoci quella serena quiete che si cela dietro la confusione.

quoto, la psicologia è un modo per imparare a conoscersi veramente ed accettarsi, purtroppo a volte può anche essere un arma carica in mano a qualche furbo, questo è possibile ma non sempre è così.....per la maggiorparte dei casi gli psicologi sono competenti e molta gente risolve i suoi problemi, o forse si accorge di non avere dei problemi veri e propri....

E' un luogo comune pensare che gli psicologi influenzano la mente....

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la psicologia condiziona la mente! lei/lui mica me la detto lo psicologo!

Se può sollevarti il morale, anche la mente condiziona la psicologia.

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stè -- ti sei rubato un mio vecchio avatar . .?.. : )

Si, ma era troppo grande...

http://web.prami.cz/by/photo/rubinar_pics/eclipse.jpg

... l'ho dovuto ridimensionare! :huh:

Scherzo... Non lo sapevo che avevi un avatar così. Se vuoi utilizzarlo tu, te lo cedo

volentieri, tanto a me piace cambiare pelle ogni tanto. :huh:

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no grazie.. tienitelo pure..

io lo usai quando stavo tanto male.. l' ultimo periodo di " cuorenero "

Allora mi fa piacere che non lo usi più. :huh:

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  • 4 months later...

Faccio riemergere a favore dei nuovi utenti, con qualche modifica in parte dovuta all'evoluzione darwiniana :B): , il topic da me proposto qualche tempo fa:

MODIFICA TITOLO - SNOBBARE LA TERAPIA PISCOLOGICA

Potete anche concedervi di non essere sinceri :;):

Apro questo topic per cercare di comprendere insieme, a chi parteciperà, questa dinamica che ho riscontrato relazionandomi in questi ultimi anni della mia vita. Scrivo la alcune ipotesi che secondo il mio parere alimentano questa PRATICA:

1)La convinzione che la terapia psicologica sia di sola pertinenza di persone con disturbi a livello connitivo (SCHIZOFRENIA... DEPRESSIONE BIPOLARE ETC).

2)La convinzione che mettere in dubbio il proprio meccanismo psichico possa in qualche modo farci perdere riferimenti sui quali si basa il nostro modo di essere

3) CANCELLATA

4)Gli psicologi sono tutti strambi e magari la stramberia è contagiosa?

5)La convinzione di aver raggiunto un integrazione psicologica, fregandosene se la realtà della relazione mette in discussione questa convinzione.

6)Non riesco a comprendere e quindi me ne distanzio, deleggittimando gli psicologi, il setting terapico e i pazienti

Trovo quanto mai curioso, inoltre come la psicologia si stia leggittimando in Italia attraverso l'avanspettacolo, per cui ci ritroviamo i peli della barba di Andrielli anche dentro i maccheroni. :huh:

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ritroviamo i peli della barba di Andrielli anche dentro i maccheroni. :huh:

bleah che schifo! :B): E morelli dove lo mettiamo?

comunque è vero che tanti non conoscendo e comprendendo come si svolge una psicoterapia, delegittimano...

io ne aggiungerei un' altra, a onor della verità:

- c' è un buon numero di psi incompetenti in giro (è la verità, purtroppo!) sentendo tanti racconti di esperienze negative uno si crea un pregiudizio sull'intera categoria!

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bleah che schifo! :huh: E morelli dove lo mettiamo?

comunque è vero che tanti non conoscendo e comprendendo come si svolge una psicoterapia, delegittimano...

io ne aggiungerei un' altra, a onor della verità:

- c' è un buon numero di psi incompetenti in giro (è la verità, purtroppo!) sentendo tanti racconti di esperienze negative uno si crea un pregiudizio sull'intera categoria!

Nella casistica varia ed eventuale dell'incompetenza, una combinazione errata: paziente-terapeuta, che in teoria dovrebbe essere supervisionata da terapeuta stesso con eventuale invio ad altro terapeuta, potrebbe essere la causa dell'incompetenza.

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Nella casistica varia ed eventuale dell'incompetenza, una combinazione errata: paziente-terapeuta, che in teoria dovrebbe essere supervisionata da terapeuta stesso con eventuale invio ad altro terapeuta, potrebbe essere la causa dell'incompetenza.

giusto! però appunto, lo psi competente (oppure lo psi onesto, a questo punto) dovrebbe rendersi conto di questa combinazione errata, e cercare di risolverla come tu consigli!

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